Lo Spirito Santo e noi
2019/10, p. 46
Sabino Chialà, monaco della comunità
di Bose nella fraternità di
Ostuni, teologo e biblista, ha condotto
i vescovi pugliesi, durante un corso
di esercizi spirituali, in un illuminante
viaggio all’interno del Libro degli Atti
che registra i primi passi di una
Chiesa che impara a definirsi confrontandosi
con le domande degli uomini
e delle donne del suo tempo. Da
tali domande scaturisce l’annuncio
della buona notizia, che da Pentecoste
in poi, da Gerusalemme, attraverso
la Giudea e la Samaria, si estenderà
fino alle regioni di Siria e Asia
Minore e poi alla Grecia, fino a giungere
a Roma.
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NOVITà LIBRARIA
Lo spirito santo
e noi
Sabino Chialà, monaco della comunità di Bose nella fraternità di Ostuni, teologo e biblista, ha condotto i vescovi pugliesi, durante un corso di esercizi spirituali, in un illuminante viaggio all'interno del Libro degli Atti che registra i primi passi di una Chiesa che impara a definirsi confrontandosi con le domande degli uomini e delle donne del suo tempo. Da tali domande scaturisce l'annuncio della buona notizia, che da Pentecoste in poi, da Gerusalemme, attraverso la Giudea e la Samaria, si estenderà fino alle regioni di Siria e Asia Minore e poi alla Grecia, fino a giungere a Roma.
Parole-chiave
Fratel Sabino propone per ognuna delle otto meditazioni una parola chiave. La prima è «sottrazione», quella di Gesù che, ascendendo al cielo, si sottrae agli occhi dei discepoli, aprendo così per loro un «nuovo cammino», in cui sarà lo Spirito a guidarli; ma anche la «sottrazione» di un fratello, Giuda, che ha messo in moto la comunità. La seconda parola è «compaginazione»: dopo la discesa dello Spirito Santo ha inizio, col discorso di Pietro, la missione, fondata sulla compattezza della comunità nelle quattro «perseveranze»: l'insegnamento degli apostoli, la comunione fraterna, la frazione del pane, le preghiere. La terza parola è «crescita», che avviene a opera di missionari, mandati a due a due; una crescita che avviene nonostante le persecuzioni e nonostante le «dissonanze» all'interno della stessa comunità. La quarta parola è «uscita»: un andare per il mondo che comincia col martirio di Stefano, con la missione di Filippo in Samaria, e, soprattutto, con la conversione e la missione di Paolo. La quinta parola è «obbedienza» alla chiamata del Signore, alla voce dello Spirito per Pietro con il centurione Cornelio, per la comunità di Antiochia, per la comunità di Gerusalemme. La sesta parola è «elaborazione», quella che avviene nel concilio di Gerusalemme, dopo il primo viaggio missionario, che ha posto problemi riguardo a quelli che noi chiameremmo i «lontani». La settima parola è «confronto»: protagonista ormai è Paolo e la sua missione. L'ottava e ultima parola è «viaggio», che porta Paolo fino a Roma, la «capitale del mondo»; un viaggio che finisce in una casa presa in affitto dal prigioniero Paolo, casa in cui chiunque può entrare, «ai confini del mondo e al suo centro».
Per una Chiesa di tutti i tempi
«Sottrazione», «compaginazione», «crescita», «uscita», «obbedienza», «elaborazione», «confronto», «viaggio»: sono parole chiave per una Chiesa di tutti i tempi, costituita non da uomini «perfetti», ma da «discepoli che cercano e che proprio per questo sono capaci di aiutare altri a cercare». Rimettersi in ascolto degli Atti significa porsi alla scuola di una comunità che ha saputo trasformare sconfitte e fallimenti in orizzonti inattesi, anche quando la comunione ha rischiato di essere infranta dalla menzogna (è il caso di Anania e Saffira) e dalla mormorazione (è il caso degli ellenisti), o quando la persecuzione ha attentato all'avanzata dell'evangelo (è il caso del martirio di Stefano). Una Chiesa che cresce sotto la guida dello Spirito Santo e grazie a quei primi credenti che, dopo gli eventi della passione, morte e risurrezione del Maestro, hanno saputo riprendere a camminare con fiducia e coraggio.
Un cammino profetico
Ciò che l’evangelista Luca racconta, sono i primi passi di un cammino non ancora finito, che si fa profezia per il futuro e annuncio per l'oggi. È anche un invito a rimetterci in ascolto del Libro degli Atti degli apostoli, per ritrovare quell'essenziale di cui abbiamo bisogno, osservando «come» le prime comunità sono nate, si sono organizzate, si sono edificate. Cosa hanno privilegiato. Quali sono state le loro prime sconfitte, i loro primi fallimenti e come hanno reagito. Cosa ci hanno lasciato in eredità come compito. Si possono privilegiare alcuni aspetti: l'elaborazione, fatta insieme, da fratelli che, pur nella diversità, si riconoscono figli di un medesimo Padre, animati da una stessa vocazione, per cui sanno ascoltarsi e custodire il bene della comunione insieme alle differenze. Il confronto con un mondo diverso e che a volte sembra lontano, refrattario a qualsiasi annuncio evangelico, chiuso nella sua incomunicabilità e distratto, in cui però la Chiesa è chiamata a discernere le tracce di una presenza e di un desiderio. Infine il viaggio, come immagine e invito per una Chiesa che non si fermi mai soddisfatta di se stessa, ma rimanga sempre assetata di una fedeltà più grande e di una comunione più vera.
Un libro aperto
Gli Atti restano un libro aperto, come la vita della Chiesa: tante pagine saranno scritte dalle nuove comunità, quelle di oggi e quelle del futuro. La Chiesa degli Atti ci consegna le fatiche e le gioie dei primi passi, ma anche il sogno di una comunità ancora da realizzare. In un tempo in cui la Chiesa è alla faticosa ricerca di una via per una “nuova evangelizzazione”, le pagine scritte dall’evangelista Luca mostrano tutta la loro attualità e utilità, con la certezza che lo Spirito può continuare a rendere efficace il Vangelo di Cristo.
Anna Maria Gellini