Una storia di passione e coraggio
2019/10, p. 23
L’Istituto secolare delle Missionarie delle Regalità di Cristo
ricorda i 100 anni della sua nascita, avvenuta nel
novembre del 1919 ad Assisi, nella chiesa di San Damiano.
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Testimoni
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100 anni dalla fondazione
Una storia
di passione e coraggio
L’Istituto secolare delle Missionarie delle Regalità di Cristo ricorda i 100 anni della sua nascita, avvenuta nel novembre del 1919 ad Assisi, nella chiesa di San Damiano.
Quando sono “approdata” all’Istituto, ho incontrato una storia di passione e di coraggio, di audacia e di fede, vissuta da alcune donne che, agli inizi del Novecento, avevano osato intraprendere una esperienza inedita, tanto che anche la Chiesa faticò a riconoscerla ufficialmente: essere consacrate a Dio rimanendo laiche.
Nel silenzio di una notte di inverno, tra le macerie della prima guerra mondiale, il 19 novembre, donne diverse, per cultura e provenienza, avevano consegnato la loro vita a Dio, promettendo di vivere la consacrazione attraverso la formula classica dei voti (povertà, castità e obbedienza), ma restando nel mondo, sostenendosi con il lavoro delle loro mani, senza una vita in comune, senza la protezione che poteva derivare da un abito o da un ruolo ecclesiale.
Scoprivano nell’esperienza di Francesco di Assisi una indicazione preziosa: vivere e annunciare il Vangelo, portando la pace e vivendo la fraternità universale; liete di scoprire la minorità e la perfetta letizia e credere che anche un lupo può diventare un amico.
L’intuizione di p. Gemelli
e di A. Barelli
Quella notte, l’intuizione di p. Agostino Gemelli e di Armida Barelli trovava concretezza nella scelta di queste donne: il seme piantato avrebbe portato frutto.
Qualche volta mi sono chiesta se l’essere donne avesse influito su questa scelta; credo che abbia dato forza generativa e concretezza di vita a questo ideale.
Un ideale, che per loro valeva più della vita, e che le sostenne, in anni difficili, tra due guerre mondiali, negli anni del fascismo e della nascita della Repubblica, quando le donne per la prima volta poterono partecipare, con il voto, alla vita politica dell’Italia.
Ebbero l’audacia di costruire tra loro una fraternità forte e vera, testimonianza inedita per le donne italiane della possibilità di legami diversi, al femminile, che offrirono il terreno fertile per intraprendere cammini fino ad allora impensabili di promozione e di crescita.
Per le donne, infatti, non è sempre stato facile vivere la loro esistenza e fare le loro scelte con libertà e autonomia; tanti pregiudizi hanno, purtroppo, segnato in questo senso anche il cammino storico dei discepoli di Gesù.
Quando l’Istituto nasce, le giovani donne italiane generalmente non uscivano sole di casa, non parlavano in pubblico, non decidevano della loro vita, non avevano il diritto di voto. Non trovavano molte opportunità per studiare: la stessa Barelli, a differenza dei fratelli, aveva studiato ma solo al fine di prepararsi ad essere una sposa e una madre come richiesto nella società dell’alta borghesia milanese alla quale apparteneva.
È stata perciò anche la determinazione di Armida Barelli e delle prime Missionarie a regalare, alla fine, alla Chiesa, percorsi nuovi nella modalità di vivere la vita consacrata femminile e alle donne una possibilità di vita diversa.
Anch’io, grazie a loro, ho scoperto la bellezza di essere laica, di restare, cioè, dentro le pieghe della vita e della storia, chiamata ad abitare tutto, anche le ferite e le periferie, accogliendo come grazia il quotidiano, per poter dire: «benedetti siano gli istanti, e i millimetri, e le ombre delle piccole cose». (F. Pessoa, Il libro dell’inquietudine)
Ha aiutato anche me la testimonianza di alcune donne dell’Istituto, il loro modo di vivere la vita, da persone libere e responsabili, capaci di analisi e voce critica, ma anche in grado di stare e restare dentro la Chiesa e il mondo con determinazione e originalità.
Mi ha affascinato il “riserbo” come scelta; avvertivo che mi sfidava a liberarmi dal rischio del potere, che mi costringeva a mettermi in gioco per quello che sono, nel diventare più umana, più libera, nel procedere con passo lieto e confidente, nello scoprire il lavoro come la mia modalità di contribuire alla costruzione del Regno…
Varie le fasi percorse
In questi 100 anni il cammino dell’Istituto delle Missionarie della Regalità, come quello di ogni organismo vivente, ha attraversato fasi diverse, ha percorso tappe e vissuto fatiche e speranze … perché ogni vocazione viene svelata solo progressivamente nel tempo, nella nostra esistenza e ciascuna contribuisce, con la sua originalità, all’incarnazione del carisma.
Il vangelo vissuto nella secolarità ci ha spinte ad approfondire di più il significato di un ascolto autentico della storia; ci ha sollecitate a riconoscere non solo che il “mondo” non è un ostacolo alla sequela del Signore, ma che, al contrario, noi abbiamo bisogno del mondo per meglio comprendere la voce di Dio, che risuona nel grido di un cieco che desidera vedere; nel tocco leggero di una donna impura che osa strusciare il mantello nascosta tra la folla; nei volti di chi è stanco come pecora senza pastore; nel rumore di pochi spiccioli gettati nel tesoro del tempio; nelle lacrime silenziose di una madre vedova… nel grido dei poveri e della terra ferita; nello splendore dell’alba; nei volti dei bambini; nel bisogno di pace di popoli interi; nella prossimità di gente che consideravamo lontana…
Dalla nostra prospettiva, collocate dentro la storia, mescolate tra la gente, abbiamo scoperto il bene oltre il sacro, la misericordia oltre la rigidità, cercando di non fare “affidamento unicamente sulle proprie forze, a non sentirci superiori agli altri perché osserviamo determinate norme o perché siamo irremovibilmente fedeli a un certo stile cattolico”.(Cfr. GE 49).
Abbiamo vissuto confronti e dibattiti tra noi, per essere capaci di accogliere anche la vulnerabilità, la diminuzione numerica come una risorsa per riscoprire l’essenziale.
In questi anni abbiamo imparato a rimanere nelle domande, senza pretendere subito risposte chiare in noi e fuori di noi, provando ad aprirci nel dialogo alle molte culture del nostro tempo.
Diffusione
in 30 paesi del mondo
Negli ultimi decenni la nostra comunità fraterna si è diffusa in molti Paesi del mondo (circa 30). Per noi non è solo un dato statistico, ma una chiamata di Dio a essere sempre più a contatto con le grandi sfide della storia di oggi, a sentirle come realtà vivificante della nostra fraternità.
L’Africa ci ha messo a contatto con la grande povertà di interi popoli, ma anche con la loro forza di vita e di speranza. L’America del nord ci ha testimoniato la ricerca della libertà, la possibilità e la sfida dell’integrazione.
L’America latina ci ha sollecitato ad affrontare il tema delle ingiustizie e dell’ambiente, offrendoci uno sguardo diverso sulla stessa fede cristiana.
L’Asia ci ha testimoniato la possibilità di conoscere grandi tradizioni religiose e di interrogarci sul dialogo e sulla testimonianza. L’Oceania ci ha sollecitato a riflettere sulla ricerca di una identità all’interno di diversi vissuti storici.
Per questo anche la nostra formazione iniziale avviene per ciascuna nel proprio Paese e nel proprio ambiente. Non desideriamo “uscire”, ma rimanere, stare, condividere, lasciarci attraversare e provocare per vivere il vangelo nello stile della prossimità; cercando di inculturare il carisma, di scoprire insieme come vivere la laicità in contesti ecclesiali e culturali diversi, di custodire uno sguardo contemplativo e una lettura sapienziale della storia.
Ricordiamo cento anni di vita, consapevoli che il cammino non è concluso, che ci sono cose per le quali chiedere perdono e altre per le quali lodare Dio, ma soprattutto è tempo per ravvivare la scelta di vivere nel mondo lo stile del vangelo.
Portiamo nel cuore il desiderio di restare sulla strada, aperte all’incontro con il misterioso ospite di Emmaus e con tutti coloro che abitano le vie polverose e faticose della vita.
Con le mie sorelle Missionarie, insieme a loro, ho scoperto che è bello affidarsi a Dio, porre in lui la nostra fiducia, accogliendo i cambiamenti che la vita e la storia ci pongono davanti con fiducia, perché crediamo che tutto procede verso il compimento, verso la Gerusalemme celeste e già ora e qui possiamo intravedere piccoli segni straordinari dei cieli nuovi e della terra nuova.
Barbara P.