Domenica addio?
2019/10, p. 17
Di fronte alle chiese che si svuotano e all’abbandono della
pratica religiosa, le chiese della Federazione evangelica
tedesca, si stanno domandando se è ancora il caso di
mantenere in piedi la prassi delle celebrazioni liturgiche
domenicali. La risposta per ora è: riformarla sì, ma non
cancellarla.
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Discussione nelle chiese evangeliche
DOMENICA
ADDIO?
Di fronte alle chiese che si svuotano e all’abbandono della pratica religiosa, le chiese della Federazione evangelica tedesca, si stanno domandando se è ancora il caso di mantenere in piedi la prassi delle celebrazioni liturgiche domenicali. La risposta per ora è: riformarla sì, ma non cancellarla.
Secondo uno studio effettuato nell’autunno del 2018 dalla Chiesa evangelica tedesca (EKD), la Chiesa e la fede per i giovani sono in gran parte prive di significato. Anche se il 61% di essi appartiene a una delle grandi Chiese, solo il 19% si definisce religioso. A loro parere, le cose più importanti sono se stessi, la famiglia, gli amici e i colleghi. Dio o la comunità ecclesiale hanno ancora un ruolo soltanto per circa il 5%.
I risultati dello studio sono stati presentati al sinodo dell’EKD lo scorso mese di novembre a Würzburg. Gerhard Wegner, capo dell’istituto di ricerca che ha effettuato lo studio, ha così commentato i risultati: «Abbiamo l’impressione di avere a che fare con una generazione postcristiana che vive una vita indipendente e felice anche senza la Chiesa. È una generazione che ha rotto quasi tutti i ponti con la Chiesa e che non attribuisce ad essa alcun importante ruolo sociale: la Chiesa deve perciò rendersi conto che i giovani adulti non si aspettano più niente da lei».
Abbandonare
il culto domenicale?
Di fronte a una situazione così impressionante, nel sinodo di Würzburg sono state avanzate alcune idee per cercare di modernizzare la Chiesa. In sintesi: la Chiesa deve rafforzare il suo messaggio nel campo digitale; ha bisogno di nuovi luoghi per la comunità e deve trasmettere il suo messaggio in un linguaggio comprensibile ai giovani; anche la musica deve adeguarsi al loro gusto; infine occorre che gli organismi direttivi della Chiesa offrano più spazio alla loro partecipazione attiva.
Lo studioso di scienze sociali di Monaco, Ulrich Schneekloth, in uno studio apparso nel 2015, a cui egli stesso ha preso parte, affermava che circa i due terzi dei giovani ritengono che la Chiesa debba sì esistere, «ma che deve cambiare se vuole avere un futuro»; inoltre, secondo il 57% di essi, la Chiesa non ha risposte ai problemi che stanno loro a cuore.
Da parte sua, la teologa di Münster, Anna-Katharina Lienau, ha affermato che «i giovani non accettano spiegazioni religiose prefabbricate, ma vogliono pensare loro da soli». E ha aggiunto che gli adolescenti, dopo l’età della cresima, trovano gli atti di culto più noiosi rispetto a prima e hanno meno fiducia nella Chiesa.
Sullo sfondo di questa realtà si è aperto nella Chiesa evangelica tedesca un dibattito sulla validità del culto domenicale così com’è o se non è il caso di abbandonarlo. Secondo quanto afferma uno studio della Conferenza liturgica della medesima Chiesa evangelica, risulta che la celebrazione domenicale è ancora attraente solo per le persone più anziane.
I risultati dello studio saranno discussi in una conferenza dal prossimo autunno.
Secondo questo studio, è ritenuta ancora importante la celebrazione del Natale, soprattutto da coloro che vanno in Chiesa raramente o non ci vanno mai. Altrettanto importanti sono considerate, rispetto a quelle domenicali, le cosiddette celebrazioni “casuali”, ossia quelle – in genere molto frequentate – che si celebrano in occasione di particolari eventi della vita come il battesimo, i matrimoni, i funerali.
Per le domeniche, nella Chiesa evangelica si sta discutendo e si chiede alla comunità di riflettere se è il caso di continuare. I dati sono impietosi: solo il 3% dei protestanti frequentano il culto domenicale – complessivamente 734.000 su poco più di 21 milioni di fedeli. La domanda che ora molti si pongono è di sapere se la Chiesa evangelica si trovi di fronte ad un “lento addio” alla celebrazione della domenica mattina.
Cambiare sì,
rinunciare no
Molti ritengono che abbandonare la tradizionale celebrazione del culto domenicale costituirebbe una rinuncia alla propria visibilità. Per il sociologo delle religioni di Münster, Detlef Pollack, l’abbandono del tempo da dedicare al culto la domenica mattina sarebbe «pericoloso». In effetti – afferma –, la domenica è il giorno santo. La storia delle religioni mostra l’importanza delle abitudini e dei riti religiosi. Chi desidera frequentare un servizio religioso deve poter contare su tempi e luoghi sicuri.
Di fronte alla crisi attuale, Pollack suggerisce di rendere le celebrazioni più attraenti: «Dobbiamo agevolare alle persone la partecipazione a un servizio liturgico», per esempio, rendendo le celebrazioni più brevi. A suo parere è altrettanto importante curare il più possibile i servizi dal punto di vista professionale in particolare per quanto riguarda il sermone e la musica. «Il culto – sostiene Pollack – è una questione molto complessa».
Commentando queste discussioni in atto nella Chiesa evangelica, Tobias Glenz afferma che il problema esiste in certo senso anche per la Chiesa cattolica. In Germania la frequenza dei cattolici alla messa domenicale è ancora del 9,3%. Si può certo discutere – anzi è necessario – sulle modalità delle celebrazioni. Ma il fatto che si discuta se continuare l’attuale prassi domenicale è certamente un «campanello di allarme». Per i cattolici la domenica, fin dai tempi antichissimi della Chiesa, è il «giorno del Signore», il momento centrale in cui i cristiani celebrano la morte e la risurrezione del Signore. Quale sarebbe l’alternativa: la famiglia, il lavoro, gli hobby? Ma, nei nostri tempi così frenetici come gli attuali, la domenica è anche il modo migliore di incontrarsi e di partecipare insieme alla Messa.
Anche lo studio dell’EKD afferma che il servizio liturgico della domenica mattina è da sempre il luogo in cui la comunità si riunisce. Cosa succederebbe se si abolisse è difficile da immaginare: anche l’ultimo resto di coloro che frequentano si sentirebbe abbattuto e sconcertato.
Proprio per questo – conclude Tobias Glenz – in entrambe le grandi Chiese (evangelica e cattolica) il culto domenicale non può essere messo in questione. Piuttosto occorre chiedersi come renderlo più attraente e arricchirlo attraverso un adeguato programma di base – per esempio, con proposte per i bambini e le famiglie. Per quanto riguarda la qualità, le comunità dovrebbero esaminare regolarmente le loro celebrazioni liturgiche e chiedersi che cosa può e deve essere migliorato. È necessario perciò rafforzare il più possibile il culto domenicale anziché smantellarlo: in questo consiste – conclude Glenz – il nostro impegno come Chiesa.
Che cos’è la Chiesa
evangelica tedesca
In tutto questo dibattito protagonista è la Chiesa evangelica. Ma che cosa s’intende con Chiesa evangelica, cosa significa “evangelica”? Il termine “evangelico” – spiega Tobias Glenz – significa letteralmente «secondo il Vangelo». Nel tempo della Riforma, Martin Lutero (1483–1546) lo impiegò per designare l’ideale di una Chiesa totalmente orientata al Vangelo, ossia alla Buona Notizia della sacra Scrittura. Questa notizia consisteva per lui nel fatto che la redenzione dell’uomo avviene soltanto mediante la fede in Gesù Cristo. Lutero usò a questo proposito il termine “evangelico” per affermare una netta distinzione dalla Chiesa cattolica di allora che egli criticava aspramente. Per definire la sua dottrina, tuttavia, inizialmente respinse il concetto, e anche il termine “luterano” impiegato da parte cattolica per designare lui e i suoi seguaci.
Come è noto, la Riforma non avvenne in maniera unitaria. Sorsero invece diverse nuove confessioni: quella «luterana» dalla Riforma di Wittenberg, operata da Lutero e Philipp Melantone; indipendentemente nacque la Chiesa «riformata» ad opera dei teologi svizzeri, Ulrich Zwingli e Johannes Calvin. Fin dall’inizio quindi il protestantesimo si presentò diviso e, nel corso del tempo, sorsero in tutto il mondo altre confessioni riformate.
Sulla scia della confessionalizzazione, la definizione «Chiesa evangelica» divenne una specie di termine generico per indicare le Chiese che si ritrovano nella tradizione della Riforma. Il termine “evangelico” fa parte anche oggi della definizione di sé di molte di queste Chiese. Come sinonimo – specialmente da parte cattolica – viene usata l’espressione «Chiesa protestante».
La Chiesa evangelica
in Germania
In sintesi, oggi si parla spesso delle «due maggiori Chiese cristiane in Germania» – quella cattolica da una parte, e quella protestante dall’altra. Ma, a rigor di termini, non esiste la Chiesa evangelica. Esiste piuttosto una federazione a cui appartiene un gran numero di Chiese protestanti indipendenti. Questo tetto comune è la Chiesa evangelica tedesca (EKD). È l’unione di 20 Chiese luterane riformate e di Chiese regionali nella Repubblica federale.
Per quanto riguarda le Chiese unite, si tratta, per così dire, di una «forma mista» sorta più tardi quando, a partire dal sec. 19°, diverse comunità luterane e riformate si unirono in un’organizzazione e/o confessione. Pertanto esistono all’interno della EKD tre “tipi principali” di Chiese, che differiscono tra loro in base alla loro accentuazione teologica. Queste differenze diventano particolarmente visibili nelle forme di culto di ciascuna: la liturgia luterana è sostanzialmente più vicina a quella cattolica – per esempio circa il problema dell’eucaristia – rispetto ai servizi di culto riformati.
Le Chiese regionali non sono solo caratterizzate da una determinata confessione, ma – ad eccezione della Chiesa riformata evangelica – anche dall’appartenenza ad una particolare regione. La loro origine risale al tempo della Riforma. In quella circostanza, diversamente da altri paesi, i vescovi tedeschi non passarono in maggioranza alla Riforma, e perciò il sistema tradizionale diocesano non poté semplicemente continuare con le nuove confessioni.
In seguito a questo fatto i sovrani regionali, come i re, i duchi o i principi che avevano aderito alla Riforma, assunsero la funzione episcopale nei loro rispettivi territori. Riorganizzarono la vita della Chiesa nelle loro aree in base alla confessione luterana o riformata. In questo «regime ecclesiastico regionale» sorsero alcune Chiese regionali chiuse. Nel corso dei secoli, tuttavia, furono soggette a continui cambiamenti territoriali e nominali.
Il fatto che le Chiese regionali si siano sviluppate storicamente si riflette anche oggi nei loro rispettivi territori: i loro confini sono in gran parte identici a quelli degli stati federali e delle province dell’impero tedesco, esistito fino al 1918.
Oggi i governanti non esercitano più la funzione di leadership spirituale delle Chiese membri dell’EKD ma – a seconda della Chiesa regionale – questa è svolta dai vescovi (regionali), dai presidenti (delle Chiese), dai governatori e sovraintendenti regionali. Sui problemi riguardanti la vita ecclesiastica di una Chiesa regionale a decidere è il sinodo della regione. Si tratta di una specie di “parlamento ecclesiastico”, ossia di un gruppo di laici eletti e di membri del clero che si riuniscono a determinati intervalli di tempo.
Il desiderio delle Chiese regionali di parlare a una sola voce e di approfondire il senso della comunione si è manifestato già in precedenti tentativi di fondare una federazione. Tuttavia una collaborazione istituzionalizzata a lungo andare fallì a causa delle differenze o delle realtà politiche presenti in Germania. Soltanto dopo la seconda guerra mondiale fu costituita una federazione del genere delle Chiese regionali con la fondazione dell’EKD.
Secondo lo statuto entrato in vigore nel 1948, l’EKD è intesa espressamente non come una Chiesa nazionale centralmente amministrata, ma come un’alleanza di Chiese indipendenti e confessionalmente diverse. Tuttavia, nonostante la loro diversità confessionale, le Chiese membri oggi hanno una comunione senza limiti di «pulpito e altare»; ciò significa una piena comunione di Chiese in cui i membri di una determinata Chiesa regionale possono partecipale alla cena eucaristica di tutte le altre Chiese dell’EKD. Sul piano federale, l’EKD sostiene le Chiese regionali nell’adempimento dei loro doveri e promuove attività che sono rilevanti per l’intera Chiesa evangelica come per esempio la diaconia, la missione, la formazione e la cooperazione con le altre Chiese. Inoltre l’EKD prende pubblicamente posizione nei dibattiti sociali.
Gli organismi
dell’EKD
Senza pregiudicare l’indipendenza delle Chiese regionali, l’EKD cura i compiti comunitari che le sono delegati. Ciò viene compiuto attraverso organismi composti e scelti democraticamente: la federazione è guidata e amministrata da un Consiglio di 15 membri. A capo sta il presidente del Consiglio in veste di rappresentante dell’EKD nei rapporti esterni: dal 2014 questi è il vescovo regionale della Chiesa evangelica bavarese, Heinrich Bedford-Strohm. Il Consiglio viene eletto ogni sei anni dal Sinodo e dalla conferenza della Chiesa. Il sinodo è il parlamento dell’EKD: consiglia e decide in merito alle leggi della Chiesa e al bilancio dell’EKD, discute i problemi riguardanti la Chiesa e la vita sociale e decide al riguardo. Il sinodo, al cui vertice sta un presidente eletto, si riunisce una volta all’anno.
La cosiddetta Conferenza della Chiesa è composta di esperti teologi e giuristi delle Chiese membri, consiglia sui problemi comuni delle Chiese regionali ed elabora progetti di lavoro per il Consiglio e il sinodo. L’autorità amministrativa centrale, infine, funge da ufficio dell’EKD e ha sede ad Hannover. È l’ufficio del Consiglio, del Sinodo e della Conferenza della Chiesa e cura i loro affari.
All’interno dell’EKD, a loro volta, diverse Chiese regionali sono riunite in confederazioni confessionali separate: così, per esempio, la Chiesa Evangelica Luterana Unita di Germania (VELKD), l’Unione delle Chiese protestanti (UEK) – che è composta principalmente di Chiese regionali riformate e unificate – e la più piccola confederazione delle Chiese evangeliche della Bassa Sassonia. VELKD e UEK dispongono di un proprio parlamento che si riunisce durante la preparazione di un sinodo della EKD.
Come risulta dai dati statistici pubblicati lo scorso mese di luglio, ne facevano parte al 31 dicembre 2016 circa 21,9 milioni di persone che aderiscono a una delle Chiese regionali, membro dell’EKD. Pertanto l’EKD rappresenta numericamente la seconda entità religiosa della Germania. Al primo posto si colloca la Chiesa cattolica con circa 23,6 milioni di aderenti. La Chiesa dell’EKD col numero più alto di membri è quella evangelica luterana di Hannover con circa 2,6 milioni di aderenti. La Chiesa regionale evangelica dell’Anhalt, invece, è quella che ha il numero minore di membri, 34.000, alla fine del 2016. La vita ecclesiale all’interno dell’EKD, considerando tutta la Germania, si svolge in 14.000 comunità ecclesiali.
Antonio Dall'Osto