Schröder Jeremias
“Cor Orans” con uno strascico di… frustrazioni tra le monache
2019/1, p. 16
Lo scorso mese di maggio è stato pubblicato il documento vaticano Cor Orans con nuove regole per gli ordini femminili. È un testo che ha suscitato frustrazione e amarezza, ha commentato l’arciabate Jeremias Schröder OSB, presidente della Congregazione di St Ottilien (cf. Testimoni 10/2018, 38).

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“Cor Orans” con uno strascico di… frustrazioni tra le monache
Lo scorso mese di maggio è stato pubblicato il documento vaticano Cor Orans con nuove regole per gli ordini femminili. È un testo che ha suscitato frustrazione e amarezza, ha commentato l’arciabate Jeremias Schröder OSB, presidente della Congregazione di St. Ottilien (Testimoni 10/2018, 38).
Anche nei monasteri alla fine dell’anno viene dato uno sguardo retrospettivo a quello appena trascorso. Tra le monache l’una o l’altra cronista si è trovata davanti all’interrogativo se riferire di una frustrazione che ha suscitato una certa amarezza nei conventi.
A provocarla è stato il documento Cor Orans emanato nel maggio scorso. I circa 4.000 monasteri femminili indipendenti sono invitati a formare delle federazioni per poter regolare internamente le questioni importanti e per sostenersi a vicenda in molti settori. Le nuove regole hanno una grande portata e sostituiscono in molti punti la legge canonica generale finora vigente. Sono norme che esercitano una pressione a cambiare e in alcuni casi particolari non sono facili da attuare.
Non è questo tuttavia la pietra d’inciampo. Si tratta piuttosto della disposizione che stabilisce la durata del tempo della formazione di una monaca che deve essere almeno di nove anni. Finora per tutte le religiose era richiesto un minimo di circa quattro anni e mezzo.
Le monache di clausura devono ora aspettare almeno un tempo doppio prima che venga decisa definitivamente la loro sorte claustrale. Ciò costituisce un grande ostacolo quando – come è spesso il caso in Germania – non sono delle giovani studentesse che hanno appena terminato gli studi a chiedere di entrare in monastero, ma donne mature che hanno già iniziato una carriera e che ora verificano se questa scelta è loro adatta. Una donna che rinuncia al suo posto di lavoro a 35 anni per entrare in monastero, si rende conto, all’età di 44 anni, che per lei eventualmente è meglio ritornare alla sua vita di lavoro. L’ingresso in monastero diventa così per lei un rischio.
Il risentimento tuttavia è più avvertito a causa della disparità di trattamento: agli Ordini femminili viene richiesto di aver collettivamente bisogno di un tempo più lungo rispetto agli uomini.
A Roma si è sentito dire che questo trattamento selettivo è stato voluto “altrove” – espressione curiale per dire il Papa. Ciò è plausibile perché i gesuiti hanno altre modalità di formazione senza le consuete scadenze. Qui tuttavia non si tratta di gesuite, e le numerose benedettine, cistercensi, clarisse, carmelitane, trappiste, ecc. a cui è destinata questa regola, oscillano tra irritazione e amarezza. Noi monaci uomini dobbiamo frattanto domandarci come è possibile una forma di solidarietà cattolica con il loro risentimento.
Jeremias Schröder OSB
arciabate di St. Ottilien