Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2018/7, p. 37
Cina, Filippine, Russia

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Testimoni
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Cina
Distruzione di chiese e immagini sacre
In Cina i funzionari del governo sono guidati da questo slogan: “la chiesa cattolica può esistere , ma non deve svilupparsi”. In ossequio a questo principio vengono demolite chiese, distrutte immagini sacre, abbattute croci. È uno stillicidio di episodi che continuano a ripetersi e che avvengono al riparo dei grandi mezzi di informazione internazionali.
L’ultimo caso, come informa l’agenzia Ucanews, in un servizio da Hong Kong dell’8 giugno scorso, riguarda la distruzione della Via Crucis che introduce i pellegrini al Santuario di Nostra Signora del Monte Carmelo nel villaggio di Tianjiajing della Diocesi di Anyang, situato nella provincia orientale dell’Henan. Una fonte ha rivelato che le autorità avevano inviato del personale un mese fa per dire al Vescovo Joseph Zhang Yinlin di Anyang che la Via Crucis doveva essere smantellata, ma senza dare alcuna motivazione.
E così, alle 8 di sera del 5 giugno scorso, hanno inviato scavatrici e furgoni e hanno demolito tutte le immagini di Gesù. Hanno approfittato del buio perché temevano che durante il giorno si sarebbe radunata troppa gente.
Il santuario di Nostra Signora del Monte Carmelo è l'unico luogo di pellegrinaggio nella provincia di Henan. Fu costruito per iniziativa del p. Stefano Scarsella, del Pontificio Istituto Missioni Estere, allora vicario apostolico del nord dell’Henan, nel 1903-05, per ringraziare la Vergine Maria di avere preservato i missionari locali dal pericolo della persecuzione dei boxer, del 1900.
Il santuario ben presto divenne un luogo di pellegrinaggio molto popolare per la gente delle province dell’Henan, Hebei e Shanxi e ogni anno il 16 luglio, festa della Madonna del Carmelo, veniva celebrata una grande festa. Le cronache informano che il 16 luglio 1986, circa 10.000 pellegrini delle tre province si recarono in pellegrinaggio al santuario con bande e tamburi.
La autorità comunicarono così a tener d’occhio quel santuario. Nel 1987 il governo locale inviò truppe e veicoli blindati, ritenendo che sarebbero giunti 50.000 pellegrini.
Nel medesimo anno il luogo fu dichiarato illegale dal governo dell’Henan. Da allora, il governo ha preso a controllare il numero dei pellegrini e dei veicoli e non consente di accedervi a non più di 300 persone.
Da quando una croce in una chiesa protestante fu smantellata nell’Henan, lo scorso settembre, la chiesa cattolica è diventata il bersaglio di una crescente oppressione nella provincia.
In febbraio, città e villaggi nell’Henan hanno ricevuto una circolare che vietava l’affissione di distici religiosi. Successivamente sono state demolite le croci in una chiesa cattolica e anche gli asili gestiti dalla chiesa furono sequestrati e costretti a chiudere definitivamente.
In aprile, le restrizioni di Pechino si intensificarono con la soppressione di otto diocesi su 10 nella provincia dell’Henan, e cioè: Anyang, Luoyang, Xinxiang, Puyang, Zhengzhou, Shangqiu, Kaifeng e Zhumadian .
Non sono risparmiate nemmeno le comunità religiose sia quelle ufficiali sia quelle clandestine. Una chiesa cattolica e una tomba di un vescovo sono state demolite; i preti clandestini sono stati cacciati dalle loro Parrocchie; gli arredi della chiesa confiscati e ogni domenica funzionari dello stato stazionano davanti alle chiese per impedire ai minori di entrare.
Anche se non sono disponibili le statistiche ufficiali, la popolazione cristiana nella provincia dell’Henan è ritenuta la seconda più numerosa del Paese dopo quello di Zhejiang.
Nel 2009, l’Henan contava circa 2,4 milioni di cristiani, di cui 300 mila cattolici. Alla fine del 2011, c'erano nella provincia 2.525 chiese e 4.002 edifici cristiani.
Filippine
Ucciso un altro prete: il terzo in sei mesi
Il 10 giugno scorso un altro sacerdote è stato brutalmente ucciso nelle Filippine. Si chiamava Richmond Villaflor Nilo, della diocesi di Cabanatuan. È stato ucciso con tre colpi di arma da fuoco sparati attraverso la finestra della cappella di Nuestra Señora della Neve mentre stava preparandosi a celebrare la messa.
È il terzo sacerdote ad essere ucciso negli ultimi sei mesi. Il 4 dicembre 2017 era stato assassinato p. Marcelito Paez nella città di Jaen, nella provincia della Nueva Ecija; il 29 aprile 2018 era stata la volta di p. Mark Ventura, parroco nella città di Gattaran, nel nord delle Filippine, ucciso appena terminato di celebrare la messa; e ora p. Nilo.
Pochi giorni prima, il 6 giugno era sopravissuto a un attacco di due killer, p. Rey Urmeneta, della parrocchia di San Michele Arcangelo della città di Gattaran.
Dopo l’uccisione di p. Nilo, l’arcivescovo di Lingayen-Dagupan, Socrates Villegas, assieme ad altri leader della sua arcidiocesi, ha emanato un energico messaggio al popolo di Dio – che è anche un grave atto di accusa contro il governo delle Filippine – in cui si dice: «Uccidono il nostro gregge. Uccidono i nostri pastori. Uccidono la nostra fede. Uccidono la nostra Chiesa. Uccidono Dio di nuovo come hanno fatto sul Calvario. Uccidere è la soluzione. Uccidere è il linguaggio. Uccidere è il loro modo. Uccidere è la risposta. Uccidere è incoraggiato. Uccidere è il loro mestiere. Gli uccisori sono spalleggiati. Gli uccisori si vantano delle loro uccisioni.
Uccidono per le strade. Uccidono nelle case. Uccidono sui tricycles (piccoli veicoli) e nelle jeep. Uccidono nelle piazze. Uccidono nei centri commerciali. Uccidono nelle cappelle. La nazione è un campo di sterminio. Uccidono dappertutto. Sono contenti di uccidere…
Ma noi non abbiamo paura. Confidiamo nel Signore. Siamo pronti a combattere per l’onore di Dio. Essi dimenticano che noi preti siamo dei semi. Quando ci seppelliscono, noi cresceremo ancor di più e fioriremo. Voi non potete impedire al Vangelo di crescere. Non potete impedire a Dio di essere Dio. Non potete imbavagliare la voce di Dio…
La terra insanguinata grida al cielo per chiedere giustizia. La giustizia di Dio sia su coloro che uccidono i consacrati di Dio. C’è un posto peggiore per coloro che uccidono i preti».
E nel giorno della sepoltura di p. Nilo, il vescovo Pablo Virgilio David di Kalookan ha detto a coloro che desiderano diventare preti di non perdersi d’animo nonostante i recenti attacchi: «Il sacerdozio – ha sottolineato – non è fatto per le persone codarde, non è per le persone paurose… Gesù non vi ha mai promesso un paradiso di rose».
Ha poi sottolineato che se le uccisioni di preti suscitano in loro scoraggiamento anziché ispirazione «allora vi consiglio di dimenticare il sacerdozio e lasciare il seminario il più presto possibile… I preti uccisi hanno optato fin dall’inizio di essere “martiri”, che significa testimoni. Hanno scelto la strada che è quella meno percorsa».
E il vescovo Ruperto Santos, di Balanga, ha affermato che la morte di p. Nilo è stata una “grande sfida” per i filippini «per continuare a seguire le orme di Cristo».
Russia
Forte rinascita della Chiesa ortodossa
La chiesa ortodossa russa, a circa 30 anni dalla fine dell’era sovietica, ha conosciuto una vivace rinascita. Ha costruito circa 30 mila chiese, in media “tre ogni giorno”, ha dichiarato il metropolita Hilarion, incaricato degli affari esteri del patriarcato di Mosca. E con una certa soddisfazione ha aggiunto: «In tutta la storia dell’umanità non conosco nessun esempio uguale al nostro. Prima c’erano solo 3 seminari e accademie teologici; ora sono più di 50».
Questi dati sono stati confermati dal sondaggio pubblicato recentemente dal Centro di ricerche Levada (Левада-Центр). Secondo la ricerca, risulta anche che il 70% dei russi si riconoscono come ortodossi e considerano il cristianesimo ortodosso come fattore determinante e caratteristico dell’identità russa.
Non tutto però è così roseo come potrebbe sembrare. Sono infatti molto di meno coloro che praticano la fede. Secondo un’inchiesta un po’ più vecchia, solo il 3% degli adulti partecipa settimanalmente alla liturgia. Inoltre, secondo i dati del centro Levada relativi al 2016, il 40% afferma che la religione nella loro vita non esercita alcun ruolo. Tuttavia uno su tre la ritiene “importante” o “molto importante”.
Di chi hanno fiducia i russi? L’inchiesta Levada afferma che un terzo della gente dichiara di avere piena fiducia nella Chiesa, e un altro terzo di averne solo un po’. Sono le medesime cifre che si riferiscono al governo e al Parlamento, ma chiaramente inferiori alla fiducia attribuita all’esercito e ai servizi federali della sicurezza (FSB). Al primo posto assoluto nella graduatoria si colloca comunque il presidente Wladimir Putin: solo il 4% infatti dichiara di non avere fiducia in lui.
E per quanto riguarda la chiesa cattolica? Sono circa 800 mila coloro che vi aderiscono (0,6%) su una popolazione di 144 mila abitanti. È una piccola chiesa della diaspora. Il presidente della Conferenza episcopale è mons. Clemens Pickel, originario della Sassonia (Germania), il quale ha a sua disposizione solo un piccolo ufficio. La sua diocesi è estesa quanto i territori della Germania, Francia, Spagna e Portogallo messi insieme. È ramificata in tutto il territorio meridionale della Russia europea. Ma i cattolici sono soltanto 45 mila su 45 milioni di abitanti.
Le parrocchie distano tra loro più di 500 chilometri. Ma ciò che manca è soprattutto un clero locale. Il 90% dei circa 350 ecclesiastici presenti infatti è straniero. E nessuno dei quattro vescovi è nato in Russia, anche se tre di loro vivono qui dal 1993. «Abbiamo bisogno – ha detto mons. Pickel – dell’aiuto di sacerdoti e religiosi/e di paesi in cui la mancanza dei preti è minore rispetto a noi». Solo così, ha precisato, l’attività pastorale tra i cattolici che vivono così lontani tra loro potrà avere successo.
a cura di Antonio Dall’Osto