Chiaro Mario
Guerra ai bambini
2018/7, p. 28
Tra le violazioni più clamorose sono segnalate: uccisioni e mutilazioni, reclutamento forzato nei gruppi e nelle forze armate, violenze sessuali, rapimenti e sequestri di minori. Sempre più frequenti anche gli attacchi in scuole e ospedali e infine la negazione dell’accesso umanitario.

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Rapporto di Save the Children
GUERRA
AI BAMBINI
Tra le violazioni più clamorose sono segnalate: uccisioni e mutilazioni, reclutamento forzato nei gruppi e nelle forze armate, violenze sessuali, rapimenti e sequestri di minori. Sempre più frequenti anche gli attacchi in scuole e ospedali e infine la negazione dell’accesso umanitario.
«Oggi, mentre sul mondo soffiamo venti di guerra e un modello di sviluppo ormai supertao continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale. vediamo Gesù nei bambini del Medio Oriente, che continuano a soffrire per l’acuirsi delle tensioni tra Israeliani e Palestinesi… Vediamo Gesù nei volti dei bambini siriani, ancora segnati dalla guerra che ha insanguinato il paese in questi anni… Vediamo Gesù nei bambini dell’Iraq, ancora ferito e diviso dalle ostilità che lo hanno interessato negli ultimi quindici anni, e nei bambini dello Yemen, dove è in corso un conflitto in gran parte dimenticato… Vediamo Gesù nei bambini dell’Africa, soprattutto in quelli che soffrono in Sud Sudan, in Somalia, in Burundi, nella Repubblica Democratica del Congo, nella Repubblica Centroafricana e in Nigeria. Vediamo Gesù nei bambini di tutto il mondo dove la pace e la sicurezza sono minacciate dal pericolo di tensioni e nuovi conflitti… Vediamo Gesù nei bambini che, insieme alle loro famiglie, patiscono le violenze del conflitto in Ucraina… Vediamo Gesù nei bambini i cui genitori non hanno un lavoro e faticano a offrire ai figli un avvenire sicuro e sereno. E in quelli a cui è stata rubata l’infanzia, obbligati a lavorare fin da piccoli o arruolati come soldati da mercenari senza scrupoli. Vediamo Gesù nei molti bambini costretti a lasciare i propri paesi, a viaggiare da soli in condizioni disumane, facile preda dei trafficanti di esseri umani» (papa Francesco, Messaggio Urbi et orbi, Natale 2017).
Vittime di una
multiforme violenza
È importante ricordare distesamente quest’accorato messaggio del pontefice, perché sintetizza in maniera efficace la situazione disperata di bambine/i che, in diverse parti del mondo, vivono sulla loro pelle le conseguenze di una multiforme violenza. Sembriamo davvero ciechi di fronte al fatto che il mondo in futuro sarà abitato da persone che avranno vissuto dentro un sistema internazionale che non ha protetto i suoi membri più vulnerabili. In questo momento, più di 357 milioni di loro (1 su 6 al mondo) vivono in zone conflittuali, un numero cresciuto di oltre il 75% rispetto all’inizio degli anni 1990, quando i minori in tali contesti erano circa 200 milioni. Purtroppo, di questi 357 milioni quasi la metà (165 milioni) si trovano in aree di guerre ad alta intensità. Si tratta di bambine/i che vengono uccisi, mutilati, rapiti, stuprati, che vedono le loro scuole e case distrutte da bombardamenti, che vengono reclutati forzatamente in gruppi armati, minori ai quali sono negati l’educazione e l’accesso a cure mediche. Questa, in sintesi, la situazione globale denunciata dal nuovo rapporto di Save the Children intitolato “Guerra ai bambini” e redatto in collaborazione con il Peace Research Institute di Oslo.
I dieci paesi
più pericolosi
La crescita di guerre che si combattono dentro le città, l’utilizzo di armi esplosive in aree popolate, le modalità più complesse e durevoli dei conflitti odierni con civili in prima linea, rappresentano le cause principali del peggioramento delle condizioni dei bambini nei conflitti. In particolare, emergono tattiche sempre più brutali per colpire i più piccoli, come i bombardamenti diretti su scuole e ospedali o l’utilizzo intenso di bombe a grappolo o ordigni esplosivi improvvisati. Secondo il Rapporto, Siria insieme ad Afghanistan e Somalia sono in cima alla classifica dei dieci paesi segnati dalla guerra, dove le conseguenze sulla vita dei più piccoli diventano ancora più gravi. Nella lista seguono Yemen, Nigeria, Sud Sudan, Iraq, Repubblica Democratica del Congo, Sudan e Repubblica Centrafricana. In questo modo Medio Oriente e Africa risultano le macro-regioni con i tassi più alti al mondo di minori che si trovano in zone colpite da conflitti (il 39% nella regione mediorientale e il 21% nel continente africano).
Secondo Daniela Fatarella (vice Direttore generale di Save the Children Italia): «I bambini stanno subendo sofferenze che non dovrebbero mai vivere sulla propria pelle, dagli stupri all’essere utilizzati come kamikaze. Le loro case, scuole e campi da gioco sono diventati veri e propri campi di battaglia. Crimini come questi rappresentano abusi intollerabili e sono una flagrante violazione del diritto internazionale. I leader mondiali devono fare di più per assicurare alla giustizia i responsabili di questi abusi. L’incapacità di proteggere i bambini nei conflitti, infatti, non soltanto ha come conseguenza quella di negare il futuro agli stessi minori, ma anche ai loro paesi». È urgente insomma compiere subito una scelta decisa, affrontando la cultura dell'impunità per mettere fine una volta per tutte alla guerra che massacra i più deboli.
Le sei gravi
violazioni
Il Rapporto, con il supporto di dati offerti da molte e autorevoli fonti internazionali (Onu, Unicef ecc.) dettaglia le violazioni più pesanti contro i minori nei conflitti in atto. In primo luogo ci sono uccisioni e mutilazioni: dal 2010, queste violenze registrano un aumento di quasi il 300%, dal momento che i minori sono sempre più diventati un “bersaglio intenzionale” per infliggere un “forte danno emozionale” alle comunità o per estirpare alla radice le future generazioni appartenenti a un determinato “gruppo etnico o religioso”. Nel periodo 2005-2016 oltre 73mila bambini sono stati uccisi o hanno subito mutilazioni in 25 conflitti (oltre 10mila i casi registrati nel solo 2016): per esempio in Afghanistan, dove il conflitto si protrae da quasi 17 anni, nel 2016 le vittime tra i minori sono state oltre 3.500, il 24% in più rispetto all’anno precedente.
Un’altra violazione consiste nel reclutamento forzato nei gruppi e nelle forze armate, che ha coinvolto quasi 50mila minori tra il 2005 e il 2016: bambini e bambine (anche sotto gli 8 anni di età) costretti a combattere, a trasportare provviste e forniture militari, spesso a uccidere o a compiere gravi atti di violenze e, nel caso delle ragazze, a diventare mogli e compagne di soldati. La Nigeria detiene il primato con più di 2mila bambini combattenti, seguita da Somalia e Siria. Sono reclutati anche bambini particolarmente vulnerabili, come nel caso del reparto giovanile creato da Al-Qaeda in Iraq, chiamato “Uccelli del paradiso”, composto da orfani, disabili mentali e bambini di strada da utilizzare in attacchi suicidi.
Si registrano poi le violenze sessuali: nel periodo1989-2009 si calcola che nel 35% dei conflitti si sia fatto ricorso a forme di violenze sessuali contro i minori che comprendono stupro, schiavitù sessuale, prostituzione, gravidanze, sterilizzazione e aborto forzati, mutilazioni e torture sessuali. I casi documentati ammontano a oltre 17.500 tra il 2005 e il 2016: di questi, più di un terzo sono registrati in Somalia.
Sempre nel periodo 2005-2016, come emerge sempre dal Rapporto Save the Children, ci sono stati oltre 14.300 casi di rapimenti e sequestri di minori, con il numero più alto in Sud Sudan. Bambini e bambine sono sottratti con la forza ai propri villaggi e alle famiglie per diverse ragioni (reclutamento forzato, sfruttamento sessuale, lavori domestici) con effetti devastanti sulla loro vita e sulle famiglie.
I minori che vivono nelle aree di conflitto sono poi sempre più a rischio anche quando subiscono attacchi in scuole e ospedali: oggi, nel mondo, 27mln di bambini sono tagliati fuori dall’educazione a causa dei conflitti. Tra il 2005 e il 2016, si sono infatti registrati oltre 15.300 attacchi a scuole e strutture sanitarie. Il 2017 si è rivelato uno degli anni peggiori con almeno 2mila attacchi verificatisi in Yemen e nella Repubblica Democratica del Congo. Colombia, Siria, Afghanistan, Pakistan e Sudan sono i paesi maggiormente colpiti, mentre nel 2016 nei Territori palestinesi occupati si sono realizzate 256 violazioni collegate all’educazione che hanno coinvolto più di 29mila bambini. In almeno 29 paesi le strutture scolastiche sono state utilizzate per scopi militari; per quanto riguarda gli ospedali, in Siria dal 2011 ci sono stati oltre mille attacchi, mentre in Yemen dal 2015 al 2017, ci sono stati più di 160 casi che tra l’altro hanno contribuito alla diffusione dell’epidemia di colera.
Un’ultima grave violazione concerne la negazione dell’accesso umanitario: dal 2010 si è verificato un incremento del 1.500% dei casi in cui è stato negato l’accesso umanitario per raggiungere i bambini coinvolti nei conflitti. Nel 2016 vi sono stati oltre mille casi, con più di 250mila bambini in aree sotto assedio in Siria, che sono stati regolarmente privati dell’urgente assistenza umanitaria; così in Yemen, tutte le parti in conflitto hanno impedito l’accesso nel paese di beni e aiuti salva-vita, come vaccini contro la difterite (che nel 90% dei casi vede bambini tra le vittime) e forniture alimentari indispensabili in un paese dove 8,4mln di persone soffrono la fame.
Per dare futuro
ai bambini delle guerre
Nel 1989 il mondo adottava all’unanimità la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. C’è da chiedersi dove sia andata a finire quella scelta politica. L’ultimo decennio passerà alla storia come una “guerra ai bambini” mai vista prima. Come abbiamo visto, si tratta di una corsa feroce fino al punto più basso dell’orrore e della brutalità. Save the Children chiede agli Stati, alle forze militari e a tutti gli attori coinvolti di impegnarsi urgentemente a mettere in pratica azioni concrete in quattro aree chiave per proteggere i bambini che vivono in aree di conflitto: misure per prevenire che i bambini siano messi a rischio, per garantire il rispetto delle leggi e degli standard internazionali, per assicurare alla giustizia i responsabili delle violazioni e per offrire ai minori il necessario supporto perché possano recuperare dai traumi subiti e ricostruire le loro vite.
In particolare, a riguardo di minori con disabilità e di coloro che sono colpiti dalla guerra, l’Unicef chiede alle parti in conflitto, a coloro che esercitano influenza su di esse e alla comunità internazionale, di intraprendere iniziative urgenti per i bambini che vivono in Siria e per i bambini siriani rifugiati all'estero: ampliare un accesso inclusivo ai servizi di base (salute, acqua, nutrizione, istruzione e protezione); aumentare l'assistenza finanziaria alle famiglie con bambini disabili, per aiutarli ad avere accesso a beni indispensabili quali sedie a rotelle, protesi e prodotti ortopedici; rendere prioritari i bisogni dei bambini nella ricostruzione della Siria: prima che di mattoni e pietre, la ricostruzione e una pace duratura necessitano di interventi per ricucire il tessuto sociale lacerato e rifondare una cultura di tolleranza e rispetto della diversità, che tenga unite le comunità; assicurare finanziamenti flessibili e pluriennali per rispondere ai bisogni di tutti i bambini siriani. Per aiutare i bambini vittime della guerra, in Siria e nei paesi confinanti, l’Unicef ha lanciato un appello umanitario per il 2018 da 1,3 miliardi di dollari.
In questa direzione si muove il progetto-pilota dei “Corridoi umanitari per i profughi”, realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e la Tavola Valdese. Ha i seguenti principali obiettivi: evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini; impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini; concedere a persone in “condizioni di vulnerabilità” (vittime di persecuzioni, torture e violenze; famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale in Italia con visto umanitario e possibilità di presentare domanda di asilo. Dal febbraio 2016 a oggi attraverso questi “corridoi” sono già arrivati mille siriani in fuga dalla guerra.
Mario Chiaro