Alla scuola del Vangelo
2018/7, p. 21
Le fraternità degli oblati benedettini secolari sono, oggi
più che mai, una incisiva testimonianza di quel primato di
Cristo sul quale è incentrata la Regola di san Benedetto e,
di conseguenza, la vita dei monaci e di quanti trovano in
essa una proposta valida e radicale di vita cristiana.
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Gli oblati benedettini secolari
ALLA SCUOLADEL VANGELO
Le fraternità degli oblati benedettini secolari sono, oggi più che mai, una incisiva testimonianza di quel primato di Cristo sul quale è incentrata la Regola di san Benedetto e, di conseguenza, la vita dei monaci e di quanti trovano in essa una proposta valida e radicale di vita cristiana.
Gli oblati secolari, attratti dal clima spirituale del chiostro, offrono la loro oblazione al Signore nel servizio di quel particolare monastero alla cui spiritualità hanno deciso di orientare il loro cammino di fede. L’oblato ha una sua specifica identità che lo pone, con un ruolo proprio, all’interno della famiglia benedettina, ma sempre nella specificità di laico che vuole approfondire e vivere in pienezza il proprio battesimo. Troviamo infatti scritto nel loro Statuto: «L’oblato benedettino secolare è il cristiano, uomo o donna, laico o chierico che, vivendo nel proprio ambiente familiare e sociale, riconosce e accoglie il dono di Dio e la sua chiamata a servirlo, secondo le potenzialità ed esigenze della consacrazione battesimale del proprio stato; si offre a Dio con l’oblazione, ispirando il proprio cammino di fede ai valori della Santa Regola e della tradizione spirituale monastica».
Nel cerimoniale per l’oblazione, il novizio, rivolgendosi all’abate o all’abbadessa del monastero per cui vuole offrirsi, così dice: «Nel desiderio di approfondire il mio Battesimo, chiedo di poter ispirare la mia vita agli insegnamenti del Santo Padre Benedetto, dandole una maggiore impronta contemplativa e di legarmi con vincoli di fraternità a questa comunità». E di rimando chi accoglie questa richiesta sottolinea: «Ogni battezzato è in Cristo tempio dello Spirito Santo e offerta gradita al Padre: vuoi che la tua vita diventi un’oblazione sempre più perfetta e totale al Padre nell’offerta dell’unico sacrificio di Cristo? Vuoi testimoniare nel mondo con la condotta della tua vita la dignità dell’uomo nuovo rigenerato nel mistero pasquale di Cristo?». Segue poi la lettura della cedola con la quale il neo-oblato promette “di vivere sempre più in conformità con le esigenze del proprio Battesimo, nello spirito del Santo Padre Benedetto e degli Statuti degli oblati secolari”.
Secondo la Regola
di S. Benedetto
La Regola benedettina, configurandosi come intenso percorso catecumenale, è prezioso strumento per vivere in pieno il germe della santità donatoci con la figliolanza divina il giorno in cui siamo stati rigenerati al fonte battesimale. Essere monaci e monache, oblati ed oblate, è vivere in modo radicale, cosciente ed entusiasta il proprio battesimo. La professione monastica, ma anche l’oblazione, è una sorta di ri-consacrazione e di ri-appropriazione di questa nostra originaria peculiarità. Tutto il monachesimo muove in questa direzione che è anzitutto biblica e liturgica.
Dio, creandoci, ci rende partecipi di un progetto, un mandato particolare. Prima di tutto la vocazione battesimale, il sigillo della nostra dignità di figli. E in questa chiamata alla vita naturale e soprattutto alla vita cristiana è innestata la particolare vocazione affidata ad ognuno perché, come tasselli unici e insostituibili di un mosaico policromo, tutti possiamo contribuire al meraviglioso capolavoro della Trinità che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza. E tutti, ciascuno nello stato in cui ha realizzato la propria vocazione, siamo chiamati alla santità.
Il Concilio Vaticano II ci ha maggiormente illuminati sul fatto che tutte le vocazioni sono una speciale consacrazione perché ogni figlio e figlia è per Dio Padre unico e irripetibile. Noi siamo consacrati a Lui con il battesimo e nel segno del suo amore. A tal proposito scriveva la beata Itala Mela (La Spezia 1904 -1957), oblata benedettina: «Il Battezzato, che vive in Grazia, è nello stesso tempo un possessore e un cercatore di Dio. Lo possiede, Uno e Trino, nel tempio della sua anima: lo ricerca senza tregua per possederlo più intimamente […]. Non su vie nuove, dunque, ci conduce la Regola di san Benedetto, ma ci inserisce più a fondo nella vita e nello spirito della Chiesa e ci indica i mezzi per trovare Colui che è oggetto della nostra perenne ricerca». Al novizio che bussa alla porta del monastero, e quindi anche all’oblato, san Benedetto richiede come verifica della propria vocazione e come programma permanente di vita “se veramente cerca Dio” (RB 58).
Il cap. V della Lumen gentium, dal significativo titolo Universale vocazione alla santità nella Chiesa, così asserisce: «La santità della Chiesa costantemente si manifesta e si deve manifestare nei frutti della grazia che lo spirito produce nei fedeli; si esprime in varie forme in ciascuno di quelli che tendono alla carità perfetta nella linea propria di vita ed edificano gli altri» (n. 39). Tutti siamo chiamati alla santità perché tutti siamo “pietre vive” (1 Pt 2,5) nella Chiesa vivente che è Corpo di Cristo. Già sant’Agostino affermava: «Il bel giardino del Signore, o fratelli, possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria di persone deve dubitare della propria chiamata: Cristo ha sofferto per tutti».
L’oblato, pertanto, è chiamato a vivere in modo deciso e forte il Vangelo nel mondo odierno, nello sforzo di una crescente armonizzazione di sé, così da rendere evidente quella maturazione umana alla sequela di Cristo che la spiritualità benedettina incoraggia offrendo strumenti e indicando percorsi alla portata di tutti. Scrive ancora Itala Mela: «L’Oblato è particolarmente impegnato a irradiare nel mondo in cui vive lo spirito del Vangelo testimoniando il cristianesimo vissuto secondo lo spirito della Regola […]. L’Oblato sia pertanto testimone della vera libertà, quella dei figli di Dio».
Confrontandosi con la quotidianità e l’ambiente in cui è inserito, l’oblato è chiamato a riprendere sempre nuovo slancio e rinnovare con crescente fedeltà il proprio sì al compito che ha scelto di realizzare. Essere oblato secolare è vivere in una condizione di risposta, è permettere al Signore di servire la Chiesa e i fratelli attraverso la propria personale e generosa collaborazione. Egli vive la sua vita cristiana come un “darsi” rendendosi strumento della Parola di Dio mediante il prolungato ascolto di Lui nella preghiera, lasciandosi trasformare dalla partecipazione all’Eucaristia e vivendo la sua quotidianità nella dimensione contemplativa che è stupore per la grandezza di Dio. In quanto testimone della dignità dell’uomo nuovo rigenerato nel mistero pasquale di Cristo, è una persona attiva, fattiva, è un cristiano che vive la dimensione della propria laicità come segno vivo di una ecclesialità coerente, impegnata, aperta alle sfide dell’oggi. Afferma infatti lo Statuto: «L’oblato si impegna ad una forma di vita che sia progressiva conformazione a Cristo, unico scopo della sua oblazione e della spiritualità benedettina, che con la sua stessa vita cercherà di irradiare nel mondo, diventando testimone della perenne vitalità della vita monastica nell’esperienza cristiana».
Il percorso
interiore
Ed è a partire dal Vangelo e dalla Regola benedettina che l’oblato acquisisce una capacità di lettura sapienziale del suo vissuto imparando a considerare la vita personale, familiare, di lavoro e le relazioni umane come luogo della manifestazione di Dio, avendo di mira quella priorità della cura dell’anima che è lo specifico della spiritualità che ha scelto di seguire come faro di luce proiettato sulla propria storia personale e collettiva. Questa cura del proprio percorso interiore, che non prescinde mai dalla carità e dalla comunione con gli altri, fa sì che il suo intimo si apra per essere abitato dalla grazia divina in un modo particolarmente intenso e che non lo distoglie dalle cure e dagli affanni del mondo, ma lo equilibra, strutturandolo nella dimensione dell’offerta di sé che costruisce. Un dono che si arricchisce nell’incontro con la Regola, con i monaci e monache della comunità di appartenenza, con gli altri oblati con cui si confronta e con i quali instaura un rapporto profondamente esistenziale. Il suo cuore diventa così il chiostro monastico, quella piccola fetta di cielo che lo apre alla Trascendenza, preziosa cellula di un contesto più grande nel quale si sente gioioso e irripetibile membro vivo, chiamato ad apportare il suo contributo, la sua creatività, i talenti che il Signore gli ha affidati da trafficare per il meglio. La vita interiore dell’oblato diventa quasi una immagine di Maria, la Vergine Madre che porta in sé, contemplandolo e adorandolo, il mistero dell’Incarnazione e che, proprio perché si mette in ascolto, si accorge dei bisogni degli altri senza pensare più a sé.
Lo stile
monastico
L’oblato, attratto inoltre dal silenzio e dalla pace irradiante dal monastero, vive e fa proprio lo stile di vita della comunità monastica: vita liturgica, lectio divina, raccoglimento, condivisione fraterna, lavoro volto alla glorificazione di Dio ecc. Di conseguenza la sua vita personale e quanto fa parte del suo mondo, riflettono l’ambiente monastico dal quale si sente affascinato e che ha scelto come modello di spiritualità. La sua vita si caratterizzerà allora per sobrietà e semplicità, per il gusto delle cose fatte bene, sempre orientata alla ricerca dell’essenziale; il suo parlare e il suo agire illuminati dalla Parola di Dio e tutta l’esistenza trasformata in lode e adorazione. Come afferma don Reginald Gregoire osb, «l’oblazione benedettina secolare è veramente un sussidio per la crescita spirituale e le varie forme di apostolato, a servizio di Cristo stesso».
In un mondo frenetico, rumoroso, desacralizzato, la testimonianza degli oblati secolari diviene incisiva, sicuro messaggio di una vita cristiana possibile, avvincente, pur con le sue difficoltà, pacificata, pur tra le continue lotte contro le proprie passioni e debolezze. L’oblato è chiamato ad essere uomo orante continuamente trasformato dallo Spirito, attivista del dialogo e della crescita nell’amore, operatore di giustizia e di pace, custode del creato, costruttore di comunione con Dio e con il mondo. A lui è rivolto l’invito ad accogliere sempre con entusiasmo l’esortazione che san Benedetto rivolge nel Prologo: «E poiché tra la folla degli uomini il Signore cerca il suo operaio, di nuovo dice: “Chi è l’uomo che vuole la vita e brama di vedere giorni buoni?”. Che se tu, all’udirlo, rispondi: “Io”, così Dio ti soggiunge: “Se vuoi possedere la vera ed eterna vita, frena la tua lingua dal male, e le tue labbra non proferiscano inganno; allontanati dal male e fa’ il bene; cerca la pace e seguila”».
Bella l’immagine dell’operaio che papa Benedetto XVI, proprio il giorno della sua elezione, aveva lanciato come programma incisivo a tutta la Chiesa: essere un umile operaio nella vigna del Signore. Questo è il cristiano, questo deve essere a maggior ragione l’oblato. Così si esprimeva Norvene Vest nella sua relazione al primo Congresso mondiale degli oblati benedettini (Roma 19-25 settembre 2005): «La vita benedettina non è rumorosa, non è una spiritualità di estremi, incarna invece l’approccio paziente e tollerante con cui Gesù visse la sua quotidiana coerenza nella semplicità di Nazaret. La santità è vista principalmente non come separazione dal mondo, ma come vicinanza a Dio. La fedeltà al Vangelo non consiste tanto nel rinunciare al mondo, quanto nel lavorare alla sua trasformazione».
Comunità monastica
come risorsa
Ed ecco che l’oblato, “stabile” scolaro nella «scuola del servizio divino» (RB, Prologo), si pone alla ricerca di Dio nell’impegno quotidiano di una vita spesa per la Sua gloria, tesa alla propria e altrui umanizzazione. In tutto questo è aiutato dalla guida dell’Abate (Abbadessa) o dell’assistente, è incoraggiato dall’esempio di vita dei monaci (o delle monache) e sostenuto dalla loro preghiera. Ma se da un lato la comunità monastica è risorsa e ispirazione per gli oblati, in quanto ne impregna il cammino di fede e il modo in cui vivere la propria spiritualità, gli oblati, a loro volta, sono dono per la comunità monastica, non solo in quanto ne costituiscono il prolungamento nel mondo, ma anche perché con le loro richieste spirituali ne tengono continuamente desto lo stile di vita, l’urgenza di una coerenza sempre fedele alla loro consacrazione. Anche la presenza degli oblati secolari è lievito e ricchezza per la Chiesa. Ed è per tutti gli oblati ed oblate benedettine che rivolgiamo al Signore la nostra preghiera prendendola da uno dei formulari proposti per il rito di oblazione: «O Padre, che in Cristo ci hai mostrato come possiamo e dobbiamo vivere in Te e per Te, ascolta la preghiera che oggi ti rivolgiamo per [i nostri fratelli e sorelle oblati]. Accetta benigno l’offerta di [questi tuoi figli]. Fa’ che essi, sorretti dalla forza del tuo Spirito, crescano sempre più nel dono della loro vita, amandoti in tutti e al di sopra di tutti. Guidati dal Vangelo, percorrano, nell’ineffabile dolcezza dell’amore, la via dei tuoi precetti, e giungano al regno promesso ai tuoi servi fedeli, dove tu, o Padre, vivi e regni con il tuo Figlio e lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen».
suor Maria Cecilia La Mela OSBap