Gellini Anna Maria
Ministeri e carismi in comunione
2018/6, p. 46
La lettura del percorso storico e teologico sul ministero diaconale allarga l’orizzonte sul diaconato oggi nella Chiesa, individuando l’ampio campo di servizio dei diaconi che già nel 1967 Paolo VI indicò nel documento Sacrum diaconatus ordinem.

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NOVITà LIBRARIA
ministeri e carismi
in comunione
P. Luca Garbinetto, teologo e psicologo, docente all’Università Pontificia Salesiana e all'Istituto superiore per formatori, collegato all'Istituto di Psicologia della Gregoriana, formatore nella propria congregazione, - la Pia Società San Gaetano,- collaboratore dell'Ufficio nazionale per la Pastorale delle vocazioni e membro del Consiglio della Comunità del diaconato in Italia, propone riflessioni molto interessanti sul tema del diaconato in stretta correlazione al presbiterato. La lettura del percorso storico e teologico sul ministero diaconale allarga l'orizzonte sul diaconato oggi nella Chiesa, individuando l'ampio campo di servizio dei diaconi che già nel 1967 Paolo VI indicò nel documento Sacrum diaconatus ordinem. Esso presenta gli stessi ambiti verso i quali oggi papa Francesco richiama tutta la Chiesa a essere presente; sono gli ambiti di vita e di lavoro degli uomini e delle donne, soprattutto dei poveri e degli emarginati, verso i quali il diacono è chiamato con amore preferenziale. Per questo, afferma p. Luca, egli deve imparare «l'arte della relazione comunicativa, deve dedicarvi molte delle proprie energie, che scaturiscono sia dalle proprie attitudini personali, sia dalle competenze acquisite e coltivate con una seria formazione permanente, sia dall'esperienza della vita».
Preti e diaconi
con pari dignità
Il riferimento che apre la riflessione è all'esperienza concreta della congregazione Pia Società San Gaetano, formata da religiosi, preti e diaconi che condividono i voti di povertà, castità e obbedienza e vivono insieme in comunità assumendo in modo corresponsabile la cura delle parrocchie, pur nella distinzione dei ruoli all'interno della comunità. Nella congregazione, preti e diaconi hanno la stessa dignità, tanto da poter essere indistintamente eletti superiori generali. «Una volta delineato con chiarezza l'orientamento vocazionale del singolo consacrato, allora la proposta formativa si specifica e si specializza, nel rispetto delle attitudini personali, per garantire al futuro diacono competenze e sensibilità distinte e complementari a quelle del presbitero». Viene così scalzata la tentazione di una valutazione del diaconato esclusivamente funzionale alla carenza di preti e conseguente solamente a una necessità pratica di svolgere alcuni compiti nella parrocchia. Il diacono svolge, innanzitutto, un prezioso lavoro di mediazione tra Chiesa e mondo, in contatto con le famiglie e i giovani, con il mondo del lavoro, negli ospedali, e soprattutto in una nuova epoca di scristianizzazione e di neo-paganesimo, in cui anche chi si dice cristiano è spesso privo di ogni autentico e concreto riferimento alla vita della comunità cristiana e ai contenuti della fede. Il diacono è ministro «senza potere»: non acquisisce, in virtù della grazia sacramentale, funzioni o compiti esclusivamente a lui riservati. È di fondamentale importanza, specialmente per la strutturazione e l'attuazione del piano pastorale della parrocchia, che sacerdote e diacono lavorino affiancati fraternamente. L'efficacia e la fecondità del loro lavoro apostolico dipendono in gran parte dal grado di affiatamento raggiunto in questo lavoro "a due". Nella Chiesa mistero, comunione e missione, deve essere chiaro che le due identità si postulano e si richiamano a vicenda, perché non c'è comunione senza diaconia.
Complementarietà
dei carismi
In sintonia con le intuizioni conciliari, si delinea un profilo del ministero ordinato che valorizza sia la comune radice sacramentale di diaconato e presbiterato sia le specificità, ricche di conseguenze dal punto di vista pastorale e teologico.
L'istituzione dei «sette» nella prima comunità cristiana (At 6,1-6), è emblematica a questo proposito: gli apostoli prendono coscienza della loro evidente insufficienza, che non riconosciuta farebbe correre il rischio di trascurare la trasmissione del dono di Dio al popolo. E «inventano» un ministero nuovo per rispondere ai bisogni della Chiesa nella logica della diaconia. Siamo di fronte a un atto costitutivo dell'identità ecclesiale, che nella diaconia trova la sua connotazione specifica: l'avvenimento paradigmatico per la comunità cristiana indica che preti e diaconi sono entrambi a servizio di una Parola che li precede e li custodisce da ogni protagonismo, da ruoli totalizzanti che accentrino il ministero, riducendolo e svilendolo. La consapevolezza e l'accettazione del proprio limite apre alla ricchezza della ministerialità, alla bellezza della condivisione dei carismi, emersi dal riconoscimento e dalla promozione comunitaria. Nessun ministero ecclesiale compie l'intera mediazione di Cristo che si esprime in molteplici diaconie; nessuno possiede in modo esclusivo l'unicità del sacerdozio di Gesù. L'istituzione - e il ripristino conciliare - dei diaconi è quindi finalizzata anche a fare memoria della natura sinfonica della comunione ecclesiale, si pone come testimone della necessità di differenti modalità ministeriali, segno efficace di fraternità e condivisione, «attorno al nucleo della configurazione a Gesù sacerdote servo».
Anna Maria Gellini