Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2018/6, p. 36
Nigeria, India, Filippine, Mondo

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Testimoni
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Nigeria
Continuano i massacri. Uccisi anche due sacerdoti
Continuano i massacri nel centro della Nigeria. Come ha riferito l’Agenzia Fides il 25 aprile scorso, due sacerdoti insieme ad almeno 19 parrocchiani sono stati uccisi nella parrocchia di Sant’Ignazio di Ukpor-Mbalom nel villaggio di Mbalom, nella Gwer East Local Government Area nello Stato di Benue, che fa parte della cosiddetta Cintura di Mezzo (Middle Belt), la parte centrale della Nigeria che divide il Nord a preponderanza musulmana, dal sud in gran parte abitato da cristiani.Secondo le testimonianze dei sopravvissuti l’attacco ha avuto luogo durante la messa quotidiana delle 5.30 del mattino, molto frequentata dai parrocchiani. La messa, a cui sarebbe poi seguita una cerimonia funebre, era appena iniziata e i fedeli stavano ancora entrando in chiesa, quando sono stati esplosi numerosi colpi di arma da fuoco da un gruppo armato, entrato all’improvviso nel luogo di culto. La gente, presa dal panico, ha cercato di fuggire. Ma 19 persone, tra cui don Joseph Gor e don Felix Tyolaha, che stavano celebrando la messa sono stati uccisi a sangue freddo. Molte altre persone sono rimaste ferite.
Dopo aver attaccato la chiesa, i banditi sono entrati nel villaggio e hanno razziato e raso al suolo più di 60 tra case e fienili. Gli abitanti sono fuggiti verso i villaggi vicini, sperando di trovare un rifugio sicuro.«Confermiamo la morte di don Joseph Gor e don Felix Tyolaha uccisi nell'attacco mortale da parte di pastori/jihadisti nel villaggio di Mbalom, nella parrocchia di Sant'Ignazio Ukpor-Mbalom», afferma un comunicato firmato da don Moses Iorapuu, direttore delle Comunicazioni Sociali della diocesi di Makurdi. Don Iorapuu afferma che anche in altri villaggi dell’area sono stati commessi dei massacri ma «la polizia sembra non sapere nulla degli attacchi che si sono verificati in altri villaggi dello stato di Benue».Secondo la stampa nigeriana almeno altre 35 persone sono state uccise in un attacco commesso sempre il 24 aprile nel villaggio di Tse Umenger, nel Mbadwem Council Ward of Guma LGA, nello Stato di Benue. Testimonianze locali affermano che il massacro è stato commesso da almeno 50 pastori armati che intorno alle 7 del mattino hanno assalito il villaggio mettendolo a ferro e fuoco.
La voce dei vescovi
Di fronte ai massacri che continuano purtroppo a ripetersi, i vescovi della Nigeria, in un duro comunicato – come riferisce ancora l’Agenzia Fides in un servizio del 25 aprile – hanno chiesto le dimissioni del presidente Muhammadu Buhari. «È giunto il momento – scrivono – che il Presidente scelga di farsi da parte con onore per salvare la nazione dal collasso completo». «Queste persone innocenti – aggiungono i vescovi – sono state uccise per mano di una banda malvagia e disumana; i terroristi hanno trasformato la Middle Belt e altre aree della Nigeria in un enorme cimitero».«Il 3 gennaio scorso – ricordano ancora i vescovi – don Gor aveva twittato: “Viviamo nella paura. I Fulani sono ancora qui nei pressi di Mbalom. Rifiutano di andarsene. Stanno ancora facendo pascolare i loro greggi. Noi non abbiamo armi per difenderci”».
Ma, prosegue il comunicato, «le loro disperate richieste di aiuto e di sicurezza sono rimaste inascoltate da coloro che avrebbero dovuto ascoltarle». I due sacerdoti uccisi «avrebbero potuto fuggire, ma, fedeli alla loro vocazione, sono rimasti a servire il proprio popolo fino alla morte». L’8 febbraio una delegazione di vescovi aveva reso visita al Presidente per rilanciare l’allarme della Conferenza Episcopale sulla sicurezza della nazione (vedi Fides 9/2/2018). «Da allora – sottolinea il comunicato – il bagno di sangue e la distruzione di case e di fattorie sono aumentati in intensità e in efferatezza».
E «visto che il Presidente non riesce a garantire la sicurezza del Paese, e ha perso la fiducia dei cittadini» i vescovi gli chiedono «di farsi da parte».
India
45mila suore a servizio dei malati
Sono 45.443 le suore cattoliche di numerose congregazioni, impegnate nell'assistenza sanitaria a servizio dei malati e dei più poveri. La loro opera, intesa come partecipazione alla missione guaritrice di Cristo, costituisce un prezioso contributo della Chiesa cattolica in India alla società e raggiunge in particolare i poveri nelle aree rurali, dove non vi sono strutture statali.Secondo i dati forniti all'Agenzia Fides dall’Associazione cattolica per la salute dell'India (CHAI), da ottobre 2015 a oggi 34 congregazioni religiose femminili hanno rafforzato il loro servizio sanitario nel paese: sono oggi in tutto 38.336 le suore, 7.244 le suore infermiere e 363 le religiose che sono anche medico.
La loro opera costituisce un prezioso contributo della Chiesa cattolica in India alla società e raggiunge in particolare per i poveri nelle aree rurali, dove non vi sono strutture statali.Milioni di persone nel paese lottano per avere cure mediche di qualità. L'India ha delle carenze gravi nella salute pubblica e attualmente spende poco più dell'1% del PIL per l'assistenza sanitaria pubblica, uno dei livelli più bassi al mondo. La scarsa assistenza sanitaria e il conseguente stato di salute precario spinge dal 3% e il 5% della popolazione al di sotto della soglia di povertà. Le famiglie rurali sostengono le loro spese sanitarie tramite prestiti o vendita di beni.Il tasso di malattia in India, soprattutto tra i poveri, è più alto che in molte economie emergenti. Gli ospedali statali di qualità sono pochi e lontani tra loro, le strutture di assistenza primaria sono scarse e le cliniche private hanno costi proibitivi. In tale cornice, ospedali e centri sanitari cattolici costituiscono una salvezza, offrendo gratuitamente servizi sanitari ai poveri nelle aree più remote.Mettendo in atto il "piano d'azione 2020", l'Associazione cattolica per la salute dell'India (CHAI) sta cooperando con molte congregazioni religiose. Oltre il 90% delle strutture sanitarie cattoliche sono gestite da congregazioni religiose femminili. Nella formazione delle suore-infermiere si insiste molto sulla preghiera, la vicinanza spirituale al paziente come parte della missione di guarigione di Cristo. Le tirocinanti acquisiscono anche conoscenze e abilità in rimedi erboristici e in terapie naturali. (Agenzia Fides 20/4/2018)
Filippine
Ucciso un altro sacerdote
Un sacerdote cattolico filippino, p. Mark Anthony Yuaga Ventura, 37 anni, è stato ucciso il 30 aprile scorso, dopo aver celebrato la messa nella città di Gattaran nella provincia di Cagayan, nell’isola di Luzon, nel nord delle Filippine. Il sacerdote stava benedicendo i bambini che avevano partecipato alla santa messa e mentre parlava con il coro dei cantori. Un assassino, giunto in motocicletta, mascherato con un casco, gli si è avvicinato e gli ha sparato alla testa e al petto uccidendolo sul colpo. L’aggressore è poi uscito dal luogo dove era stata celebrata la messa, dandosi alla fuga. P. Ventura, ordinato sacerdote nel 2011, era conosciuto per il suo impegno contro l’industria mineraria e la sua attività fra i tribali della provincia di Cagayan. Era direttore della stazione missionaria di San Isidro Labrador situata nel vicino villaggio di Mabuno e rettore del seminario maggiore di San Tommaso d'Aquino nella città di Aparri. Saputa la notizia, i vescovi cattolici hanno emanato un comunicato, firmato dall’arcivescovo Romulo Valles, di Davao, presidente della conferenza episcopale, per “condannare questo atto criminale” e per chiedere alle autorità di agire prontamente per assicurare alla giustizia chi l’aveva perpetrato. L’assassinio del sacerdote, scrive in una dichiarazione il gruppo di attivisti Makabayan, «ha impresso un nuovo impulso all’epidemia di impunità e alla barbarie che dilaga nel paese». Anche il partito liberale di opposizione ha condannato l’uccisione e chiesto alle autorità di “arrestare e consegnare alla giustizia gli assassini e di non trattare la morte del sacerdote come un’altra morte qualsiasi sotto inchiesta. Il comunicato aggiunge: «Speriamo che la morte di p. Ventura non sia un riflesso del carattere della nostra nazione alla luce delle recenti azioni del governo contro Patricia Fox».
Patricia Fox era una missionaria che aveva lavorato negli ultimi 27 anni nelle comunità povere delle Filippine: aveva ricevuto l’ordine di lasciare il paese per aver partecipato a manifestazioni di protesta.
Il gruppo giovanile Anakbayan ha incolpato l'amministrazione del presidente Rodrigo Duterte dell’uccisione del sacerdote; un governo «fascista, tiranno, di stile mafioso». Nella dichiarazione si legge inoltre: «La sua campagna fascista ha trasformato le persone del settore religioso in obiettivi legittimi di uccisioni, intimidazioni e vessazioni perché parlano non solo contro la sanguinosa guerra alla droga ma anche contro le ingiustizie sociali e politiche perpetrate dal regime". I rapporti tra la Chiesa cattolica e il governo sono particolarmente burrascosi.
Padre Ventura è il secondo sacerdote ucciso nel giro di quattro mesi nelle Filippine. Prima di lui, nel dicembre 2017 infatti era stato assassinato p. Marcelito Paez, 72 anni, in un’imboscata nella città di Jaen, nella provincia di Ecija.
Mondo
Diminuita la libertà religiosa
La libertà religiosa è diminuita in tutto il mondo. In molti Paesi i credenti sono perseguitati e le religioni oppresse. In 16 Stati si riscontrano restrizioni particolarmente gravi.
Lo rileva il 2018 Annual Report – pubblicato mercoledì 25 aprile dalla Commissione statunitense per la libertà religiosa internazionale (United States Commission on International Religious Freedom – USCIRF). «Purtroppo – ha dichiarato il presidente della Commissione Daniel Mark – le condizioni della libertà religiosa in molti Paesi sono peggiorate nel 2017, spesso a causa di un rafforzamento dei sistemi autoritari e sotto pretesto di contrastare il terrorismo»,
Al governo degli Stati Uniti, la Commissione raccomanda che la libertà religiosa diventi una priorità nella politica estera e nel campo della sicurezza.Nel rapporto annuale, USCIRF nomina 16 Countries of Particular Concern (CPC), – Paesi che preoccupano particolarmente. Questi sono classificati secondo un criterio graduale a seconda se la libertà religiosa è ristretta in maniera «sistematic, ongoing and egregious», ossia sistematica, persistente e pesante.
La lista del 2017 è invariata rispetto a quella dell’anno precedente. L’elenco comprende: Myanmar, Repubblica Centrafricana, Cina, Eritrea, Iran, Nigeria, Corea del Nord, Pakistan, Russia, Arabia Saudita, Sudan, Siria, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam.
Vi sono però altri Stati che non rientrano in tutti e tre i criteri, ma anche in uno soltanto. In questo gruppo, definito di livello 2, rientrano i seguenti Stati: Afghanistan, Azerbaigian, Bahrain, Cuba, Egitto, India, Indonesia, Iraq, Kazakistan, Laos, Malesia e Turchia.
a cura di Antonio Dall’Osto