Ripamonti Camillo
Migranti e rifugiati. La solidarietà fa bene
2018/6, p. 21
Nel mondo sono 65 milioni i richiedenti asilo e i rifugiati. L’anno scorso in Italia sono stati 119.369. Testimonianza del Centro Astalli, avviato dai gesuiti. Le buone pratiche al posto dei pregiudizi.

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Rapporto annuale del Centro Astalli
MIGRANTI E RIFUGIATI
LA SOLIDARIETÀ FA BENE
Nel mondo sono 65 milioni i richiedenti asilo e i rifugiati. L’anno scorso in Italia sono stati 119.369. Testimonianza del Centro Astalli, avviato dai gesuiti. Le buone pratiche al posto dei pregiudizi.
Lunedì 9 aprile è stato presentato a Roma il Rapporto Annuale 2018 del Centro Astalli, una fotografia aggiornata sulle condizioni di richiedenti asilo e rifugiati che durante il 2017 si sono rivolti alla sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati. Riprendiamo alcuni passaggi dell’intervento di p. Camillo Ripamonti, gesuita, presidente del Centro Astalli. Si può leggere integrale in Settimananews.it («Centro Astalli: grido di allarme sui migranti»).
Nel mondo sono oltre 65 milioni i richiedenti asilo e i rifugiati, il trend è rallentato (Global Trends. Forced displacement 2016) così come gli arrivi in Europa: 171.000, meno della metà di quelli del 2016 che furono 362.753. In Italia al 31 dicembre 2017 erano 119.369.
Cifre
e preoccupazioni
Il Centro Astalli, nelle sue diverse sedi territoriali (Catania, Palermo, Grumo Nevano-Napoli, Vicenza, Padova e Trento) ha risposto ai bisogni di circa 30 mila persone, 14 mila delle quali a Roma, con numeri che si mantengono pressoché costanti nonostante la flessione degli arrivi. Le nostre strutture di accoglienza con diverse modalità hanno ospitato circa 900 persone, di cui circa 300 a Roma. I progetti avviati o conclusi nel 2017 sono stati 13. Anche quest’anno abbiamo avuto un’attenzione particolare per le persone più vulnerabili: donne sole, vittime di tortura e di violenza intenzionale, nuclei familiari con particolare riguardo a quelli monoparentali, persone con problemi di salute e problemi psichici o che si trovano a vivere per strada.
Preoccupati del crescente clima di intolleranza, più che in passato abbiamo curato i giovani studenti e la loro formazione, come racconta una specifica sezione del rapporto. I progetti nelle scuole, infatti, hanno raggiunto 28.335 studenti, con un incremento del 7% rispetto al 2016 che già aveva visto un incremento di oltre il 10% rispetto all’anno precedente. È questo il segno di un bisogno da parte di insegnanti e studenti di conoscere e informarsi su ciò che sentono essere parte del loro presente e del futuro e di imparare un modo critico di affrontare il fenomeno migratorio.
I volontari coinvolti nei diversi servizi sono stati 687, 20 i giovani impegnati nel servizio civile e oltre 100 sono ormai gli operatori professionali in tutto il territorio. I costi sostenuti dal Centro Astalli per garantire questa rete di servizi e progetti, pareggiati da corrispondenti entrate, ammontano a circa 3.200.000 euro nella sola sede di Roma, come dettagliato nella sezione «Finanziamenti e risorse».
Oltre a convenzioni e progetti finanziati dall’UE, dal ministero dell’Interno, dalla Regione Lazio e da Roma Capitale, anche per il 2017 circa un quarto dei finanziamenti si deve alla generosità di donatori privati. Spesso si tratta di piccoli donatori che riconoscendo la qualità del servizio e identificandosi nei nostri ideali contribuiscono per quanto possono. Questo ci dà la misura anche del desiderio di condividere quanto si ha per costruire un mondo diverso. Un grazie particolare va poi alla Conferenza Episcopale Italiana, alla Elemosineria del Santo Padre, alla Fondazione Migrantes, alla Federazione Chiese Evangeliche, alla Fondazione BNL e BNL Paribas, a UBI Banca e al Segretariato Sociale RAI.
L’Europa
e l’anima perduta
Due considerazioni circa l’Europa. La prima, di cui siamo testimoni indiretti ormai da anni attraverso il racconto di tante persone. Proprio durante la presentazione del Rapporto annuale del 2017 esprimevamo la nostra profonda contrarietà all’accordo con la Turchia che impedisce, di fatto, l’accesso in Europa soprattutto ai siriani in fuga da una guerra che dura ormai da 7 anni e manifestavamo la nostra preoccupazione per accordi simili che avrebbero potuto interessare altri Paesi. La nostra preoccupazione si è puntualmente realizzata. L’accordo con la Libia è stato stipulato a luglio 2017. Esso ha ridotto notevolmente il numero degli arrivi in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, ma il prezzo che viene pagato in termini di violenza sulle persone è inimmaginabile. Quello che viene salutato come un successo, è per noi una grande sconfitta dell’Italia e dell’Europa intera, confermata nei giorni scorsi dalla notizia che la Corte penale dell’Aja sta indagando per crimini internazionali perpetrati contro i migranti in Libia.
La seconda considerazione la traggo dal nostro lavoro di advocacy a livello della rete europea del JRS, il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati e dal lavoro al Tavolo Nazionale Asilo. La proposta di revisione del Sistema europeo di asilo sta portando verso un suo snaturamento: definizione dei concetti di paese terzo sicuro, paese di primo asilo, paese di origine sicuro, procedure accelerate, ritiro implicito della domanda sono solo alcuni degli esempi verso cui ci stiamo muovendo e che parlano di un’Europa in difficoltà proprio su quei diritti che stanno alla base della sua nascita.
Integrare
è possibile
Dopo aver sviluppato il tema della precarietà e della salute dei migranti, p. Ripamonti così prosegue (ndr.).
Lo scorso settembre il Ministero dell’Interno ha pubblicato il Piano integrazione per i titolari di protezione internazionale, un testo importante con indicazioni chiare per una società inclusiva. Negli obiettivi è previsto per i rifugiati un percorso che va dall’accoglienza alla piena autonomia. Un percorso che da anni è uno dei capisaldi del Centro Astalli.
L’obiettivo di un sistema di accoglienza unico è ancora lontano, ma la via per raggiungerlo è quella progressivamente di adottare anche nei CAS standard quantitativi e qualitativi simili a quello degli SPRAR per rendere possibili, attuabili e più semplici passaggi da un percorso all’altro.
Il 2017 ha visto la conclusione del triennio 2014-2016 con proroga al primo semestre 2017 del progetto SPRAR di accoglienza e l’avvio del nuovo triennio 2017-2019. Tutte le sedi territoriali del Centro Astalli sono impegnate nell’accoglienza prevalentemente nel circuito SPRAR (494 persone accolte nel 2017, 255 solo a Roma) ma anche dove, come nelle sedi di Vicenza e Trento, si offre un’accoglienza nei CAS, gli standard sono quelli dell’accoglienza diffusa e non di centri con un numero elevato di persone.
Il triennio 2014 – primo semestre 2017 si è chiuso con un bilancio positivo per quanto riguarda il lavoro di accompagnamento delle persone (un dato su tutti: solo nell’ultimo anno, delle 18 famiglie accolte dal Centro Pedro Arrupe, 10 sono uscite dal progetto ottenendo un’autonomia alloggiativa o proseguendo in percorsi di semi-autonomia) ma anche per quanto riguarda la collaborazione con l’Ente pubblico, Ministero dell’Interno ed Ente locale. Stima reciproca e comuni obiettivi con il Servizio Centrale dello SPRAR hanno visto in più occasioni una collaborazione diretta. Anche la collaborazione con Roma Capitale, in particolare con gli uffici preposti all’accoglienza e all’inclusione, è stata proficua, anche se non priva di qualche difficoltà. Per la creazione di comunità integrate la sinergia tra vari attori dell’accoglienza risulta fondamentale e auspichiamo per il futuro una assunzione di responsabilità, ognuno per la sua parte, ancora più efficace.
Criticità
e convivenza
Non mancano tuttavia alcune criticità tra cui il fatto che stia diventando prassi consolidata (almeno per Roma) che gli SPRAR siano sempre più utilizzati per chi ha già un riconoscimento della protezione. Questo se da una parte mette al riparo da un’eccessiva dilatazione dei tempi di accoglienza, dall’altra esclude quasi del tutto i richiedenti asilo da questo tipo di percorso (con ripercussione sul loro inserimento nel nostro Paese). Inoltre i tempi per chi ha già un riconoscimento, ridotti di regola a sei mesi, possono risultare troppo ridotti per immaginare una reale integrazione.
Ancora sull’accoglienza, un dato che mi sembra significativo è che la sede di Roma del Centro Astalli ha dimostrato, smentendo ogni pretestuosa strumentalizzazione, di saper tenere degli standard alti di qualità, nello stile dell’accoglienza, senza sprechi, sia nel triennio 2014 – 2016 in cui venivano corrisposti dall’Ente Locale 28 euro al giorno come spesa (si prevedeva un cofinanziamento al progetto del 20%) sia nell’attuale triennio in cui vengono corrisposti 33 euro al giorno (il cofinanziamento è al 5%): tutte le risorse aggiuntive vengono destinate per una buona accoglienza e integrazione delle persone. Questo dimostra come non sia la quantità del finanziamento che determina lo stile dell’accoglienza, ma il porre le persone al centro. D’altro canto sostenere ideologicamente con sempre maggior frequenza che si spendono troppi soldi per l’accoglienza e giocare al ribasso, non favorisce altro che i mestieranti dell’accoglienza, cioè coloro che cercano grandi numeri e offrono bassi costi facendo economia di scala, ma non hanno come obiettivo l’integrazione delle persone.
Questo è dimostrato anche dal progetto comunità di ospitalità cioè posti in accoglienza messi a disposizione dalle congregazioni religiose che, senza costi aggiuntivi per l’Ente Pubblico, accompagnano le persone verso un’autonomia integrata.
Nel corso del 2017 si è registrato un aumento del 37% in questa tipologia di accoglienze, da 127 persone del 2016 a 161. 75 persone sono uscite da tali accoglienze nel corso del 2017, di cui 9 nuclei familiari e 46 singoli: di questi, 6 famiglie e 34 singoli hanno raggiunto una piena autonomia. Questi risultati sono incoraggianti e ci dicono come le persone, se accompagnate, riescono a diventare autonome. Nel corso dell’anno abbiamo avviato anche esperienze di cohousing tra italiani e rifugiati, proprio nella prospettiva della creazione di comunità integrate. Il lavoro continua a essere anche per i rifugiati una grande questione che ha bisogno della creatività di tutti oltre che della competenza di alcuni. Ogni giorno persone qualificate hanno aiutato i rifugiati a cercarlo. Il Centro Astalli ha iniziato poi su tale tema una riflessione interna e ha attivato una piattaforma che sarà sperimentata nel corso del 2018, il cui obiettivo è un maggiore coordinamento interno e un maggiore raccordo esterno con enti pubblici e aziende private.
Costruire
ponti
Diceva papa Francesco: «Le forze centrifughe che vorrebbero dividere i popoli non sono da ricercarsi nelle loro differenze, ma nel fallimento nello stabilire un percorso di dialogo e di comprensione come il più efficace mezzo di risposta a tali sfide» (Discorso di Presentazione delle lettere credenziali degli ambasciatori di Yemen, Nuova Zelanda, Swaziland, Azerbaigian, Ciad, Liechtenstein e India, 14 dicembre 2017).
Ecco perché nel corso del 2017 abbiamo lavorato intensamente per abbattere muri e costruire ponti, soprattutto dal punto di vista della sensibilizzazione, per uscire dalla dicotomia noi-loro e essere sempre più comunità solidale. Lo abbiamo fatto con un impegno civile serio che abbiamo dimostrato come promotori della campagna Ero straniero. L’umanità che fa bene. Siamo convinti che il fenomeno migratorio è cambiato e anche l’assetto legislativo vada adeguato ai nuovi scenari, ma con un atteggiamento culturale che sappia essere aperto, inclusivo e rispettoso delle differenze.
p. Camillo Ripamonti