Gellini Anna Maria
Per una nuova primavera ecumenica
2018/5, p. 46
Il libro ricostruisce in dieci capitoli il quadro di riferimento della teologia dell’ecumenismo e percorre la storia del movimento ecumenico, con una specifica attenzione rivolta al decreto conciliare Unitatis redintegratio e alle tappe della sua ricezione.

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NOVITà LIBRARIA
per una nuova
primavera ecumenica
Un’approfondita riflessione sull’argomento è proposta da Simone Morandini, vicepreside dell'Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia e docente alla Facoltà teologica del Triveneto; coordina il Progetto etica, filosofia e teologia della Fondazione Lanza e il gruppo di lavoro “Custodia del creato” dell'Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI; è anche membro della presidenza dell'ATISM (Associazione Teologica Italiana per lo Studio della Morale).
Il suo libro ricostruisce in dieci capitoli il quadro di riferimento della teologia dell'ecumenismo e percorre la storia del movimento ecumenico, con una specifica attenzione rivolta al decreto conciliare Unitatis redintegratio e alle tappe della sua ricezione.
L'intento è individuare i princìpi e le linee emergenti, le linee-guida e le parole-chiave che consentono di affrontare serenamente alcune delle questioni ancora aperte, in particolare quelle relative ai sacramenti, all'ecclesiologia e all'etica.
Cammino ecumenico
tra fratture e dialogo
La speranza, sulla linea dello spirito del Concilio, è quella di veder fiorire una nuova primavera ecumenica, al di là di una faticosa fase invernale, forse in via di superamento. Già papa Giovanni Paolo II, al n. 49 dell'enciclica Ut unum sint, affermava che «la ricerca dell'unità dei cristiani non è un atto facoltativo, ma un'esigenza che scaturisce dall’essere stesso della comunità cristiana». Il libro di Morandini, centrato sulla dimensione teologica del cammino ecumenico, non poteva ripercorrere l'intera storia delle divisioni che hanno interessato la storia del cristianesimo; d’altra parte non poteva nemmeno completamente ignorarle. «Non bisogna dimenticare, in primo luogo, che lo stesso cristianesimo nasce da una rottura originaria: quella che si consuma nei primi decenni della sua esistenza e che vede la progressiva differenziazione dall'ebraismo. Quando poi essa diverrà separazione, emergerà quella che ha potuto essere indicata come l'unica vera fondamentale questione ecumenica».
Gli incontri tra Paolo VI e il patriarca Athenagoras e la relazione accogliente costruitasi tra loro, fecero maturare un nuovo, più sereno rapporto tra Oriente e Occidente, «nel segno di un ecumenismo della carità che pose le premesse per il successivo dialogo teologico».
Comunione
nelle legittime diversità
Nel 2014 papa Francesco e il patriarca ecumenico Bartolomeo I vollero incontrarsi per fare memoria del cammino positivo intrapreso mezzo secolo prima. La dichiarazione comune siglata in tale occasione rinnova «l'impegno a continuare a camminare insieme verso l'unità», in vista del «nuovo necessario passo, quello della comunione nella legittima diversità».
L’ecclesiologia espressa nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, già evidenziava chiaramente che la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, senza però identificarsi con essa (LG 8); dal Concilio nasceva così la prospettiva di una comunione radicata nel mistero trinitario e aperta in prospettiva escatologica (una Chiesa pellegrina) e quindi disponibile a ritrovarsi in relazione con una varietà di soggetti.
Centralità della Parola
e spiritualità ecumenica
La riscoperta della centralità della Parola (bene esemplificata anche dalle traduzioni comuni della Bibbia) costituisce uno dei grandi frutti del dialogo ecumenico: è il vangelo che chiama a unità. Come sottolineava il Direttorio Ecumenico al n. 183, essa «rafforza i legami di unità già tra loro esistenti, li apre all'azione unificante di Dio e dà maggior forza alla testimonianza comune resa alla parola salvifica di Dio». Leggere la Parola, interpretarla, pregarla assieme è quindi una via maestra del dialogo spirituale: su di essa sono chiamati a misurarsi i credenti e le comunità, per scoprire a quale unità le conduca l'unico Signore.
Riferirsi alla Parola, poi, significa anche «praticare un ecumenismo della conversione (UR n. 7), che sa chiedere e accordare perdono per le colpe commesse contro l'unità e disporsi coraggiosamente a cammini rinnovati. L'unità, del resto, cresce assieme a una santità di vita, che interessa in primo luogo le persone, ma anche le istituzioni in cui vivono, rendendole ospitali, accoglienti nei confronti della diversità. Lo stesso ecumenismo spirituale contribuisce a tale dinamica, nella misura in cui orienta alla percezione di un mistero di Dio donatoci in Cristo che va al di là delle diverse espressioni ecclesiali e che pure attraverso di esse si comunica». C'è ormai un vero e proprio martirologio ecumenico che evidenzia la forza donata da un’unica fede vissuta in forme condivise.
Il dialogo ecumenico sarà sempre più vero e fecondo se ci sarà una convivialità delle differenze, nel rispetto dei diversi stili e linguaggi liturgici, nel superamento di stereotipi e pregiudizi, in spazi abitati da collaborazioni interconfessionali, orientati alla crescita di una cultura dell’incontro, consapevoli che a fondamento di ogni percorso sta l’agire dell’unico Dio e l’azione dell’unico Spirito.
Anna Maria Gellini