Ferrante Ferruccio
Giovane è chi condivide
2018/5, p. 8
Le Caritas hanno riflettuto sul loro servizio pastorale, che in questa era di crisi e di complessità chiede di esserci, abitare con responsabilità il territorio, sperimentare nuove forme di carità, con un’attenzione particolare ai giovani.

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40° Convegno delle Caritas
GIOVANE È
CHi CONDIVIDE
Le Caritas hanno riflettuto sul loro servizio pastorale, che in questa era di crisi e di complessità chiede di esserci, abitare con responsabilità il territorio, sperimentare nuove forme di carità, con un’attenzione particolare ai giovani.
«I cristiani sono coloro che gridano con la loro vita che è possibile vivere la fraternità, la gratuità, il dono, la giustizia, la pace. Non si tratta di utopia, di buonismo, ma di ciò di cui il mondo ha bisogno per uscire dal pauroso avvitamento su se stesso che lo sta conducendo ad offendere il creato, a strutturare il disordine come regola dei rapporti fra le nazioni, a lasciare indietro i deboli e i poveri all’interno delle società».Così il presidente della Cei card. Gualtiero Bassetti si è rivolto ai circa 600 tra direttori e operatori delle 200 Caritas diocesane e di Caritas Italiana in occasione del 40° Convegno delle Caritas che si è svolto ad Abano Terme (PD), dal 16 al 19 aprile 2018.
Nel solco degli orentamenti
pastorali della CEI
Il Convegno, a partire dal titolo "Giovane è... #unacomunitàchecondivide" si colloca nella prospettiva degli Orientamenti Pastorali della CEI "Educare alla vita buona del Vangelo" e del Sinodo dei Vescovi sul tema "I giovani, la fede e il discernimento vocazionale". Ascolto e movimento, sono le due parole “giovani”, che papa Francesco ha utilizzato per annunciare il Sinodo e sono le parole che segnano l’intero cammino ecclesiale verso una società più giusta e fraterna da costruire insieme, fino alle periferie del mondo.
Anche il luogo del convenire, nella diocesi di Padova, è stato particolarmente significativo, in quanto si tratta della diocesi di mons. Giovanni Nervo, primo presidente di Caritas Italiana e di mons. Giuseppe Pasini, che lo ha affiancato dall’inizio e poi ha diretto la Caritas dal 1986 al 1996. Due sacerdoti che con il loro pensiero e la loro testimonianza di vita hanno lasciato alla Chiesa un'eredità che continua a produrre proposte nuove e frutti di autentica misericordia e carità.
In questo senso la condivisione indica anche una precisa prospettiva di rinnovamento, personale e comunitario, che in maniera sempre giovane, rimette in moto singoli e comunità, come ebbe modo di dire papa Francesco alla FAO in occasione dell’ultima giornata mondiale dell’alimentazione (16.10 2017): «Di fronte all’aumento della domanda di alimenti è indispensabile che i frutti della terra siano disponibili per tutti. Per qualcuno basterebbe diminuire il numero delle bocche da sfamare e risolvere così il problema; ma è una falsa soluzione se si pensa ai livelli di spreco di alimenti e a modelli di consumo che sprecano tante risorse. Ridurre è facile, condividere invece impone una conversione, e questo è impegnativo».
Fedeli al mandato di Paolo VI e alla testimonianza di mons. Nervo e mons. Pasini, le Caritas hanno riflettuto sul loro servizio pastorale, che in questa era di crisi e di complessità chiede di esserci, abitare con responsabilità il territorio, sperimentare con coraggio nuove forme di carità, sempre orientate allo sviluppo di comunità, con un’attenzione particolare ai giovani. In poche parole chiede «una dedizione sempre più piena alla causa degli ultimi e dei poveri, giungendo fino alle periferie umane ed esistenziali dell’odierna società per essere autentici apostoli della carità, animati dagli stessi sentimenti dell’unico Maestro e Buon Samaritano dell’umanità» come auspicato da papa Francesco in un messaggio di saluto ai convegnisti fatto pervenire al card. Francesco Montenegro Presidente di Caritas Italiana. Al messaggio del Papa si è aggiunto anche quello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «La nostra comunità nazionale – ha sottolineato il Presidente - ha apprezzato negli anni il lavoro tenace delle Caritas diocesane, la fedeltà quotidiana alle persone, l’impegno sincero ad includere, ad emancipare dal bisogno, a rispettare la dignità e la libertà di ciascuno…Costruire insieme un umanesimo condiviso richiede dialogo e apertura, amicizia e impegno, solidarietà e progettualità, capacità di affrontare il tempo nuovo con visione e ideali, superando sterili spinte all’individualismo che rischiano di alimentare egoismi, paura, sfiducia».
Proprio per questo il card. Francesco Montenegro nel suo intervento ha sottolineato che «non solo occorre innovare lo stile della prossimità e delle relazioni, ma bisogna mettere a disposizione il capitale fiduciario, sociale e relazionale che le Chiese locali rappresentano, come strumento per costruire coesione e come premessa per forme di sviluppo locale in parte ignorate e in parte da riscoprire, al fine di contribuire alla ricostruzione di comunità territoriali consapevoli, solidali e capaci di speranza…Per opporre alla società dello scarto un nuovo modello che non metta da parte gli esclusi; per costruire un ecosistema favorevole all’uomo, verso quella ecologia integrale indicata da papa Francesco nella Laudato Si’, in cui il valore della solidarietà unito a quello dell’assunzione di responsabilità, personale e collettiva, possono produrre risultati concreti».
«I poveri – ha aggiunto il cardinale - da noi oltre al servizio si aspettano l’amicizia. Dobbiamo avere uno sguardo nuovo, imparare a stare accanto a loro, anche senza dare risposte e costruire insieme comunità frizzanti, aperte e non chiuse come ripostigli».
Giovani, comunità,
condivisione
Giovani, comunità, condivisione sono state le parole-chiave che hanno orientato le giornate di confronto in cui è stato dato spazio a esperienze e voci di giovani.
Parole ribadite anche dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. Gualtiero Bassetti, nel suo intervento dal titolo “Per uno sviluppo di comunità: il ruolo dei giovani”.
«Una volta che come Chiesa – ha sottolineato il cardinale - abbiamo chiarito la necessità di un accompagnamento e un’accoglienza autenticamente eucaristica dei giovani, possiamo provare, sulla base della nostra esperienza e della nostra storia, ad aiutarli ad individuare le sfide che si trovano a dover affrontare… Si tratta di vivere concretamente le beatitudini, e dire ai giovani “Guarda che la tua sorte mi interessa, per quanto mi è possibile denuncio il male che ti è fatto e soprattutto: la tua lotta è la mia lotta, e la mia solidarietà, assieme a te, è capace di sviluppare dinamiche creative incredibili. Non sei solo!”». Ha poi aggiunto: «Per questo esprimo la mia gratitudine per le iniziative preziose e coraggiose che la creatività pastorale della nostra chiesa sa mettere in campo» con un approccio non paternalistico, fondato «sul rigore dello studio e dell’approfondimento, sulla consapevolezza della dimensione internazionale delle sfide, ma anche delle risorse per affrontarle. Infine un’osservazione e un auspicio:«Se prendiamo la nostra carta costituzionale troviamo una magna carta: il progetto del superamento della democrazia liberale per la democrazia sostanziale, quindi solidale. Vi sono i valori, fondati sul rispetto della dignità della persona, che hanno permesso al nostro paese di affrontare le crisi più difficili; essi sono, per di più, il cardine di una crescita economica – in un passato non così lontano - fra le più sorprendenti del mondo. Uno sviluppo tanto più solido e forte quanto più inclusivo e capace di esprimere la cultura solidale del nostro paese… Occorre mettere in moto la speranza: l’umanità nel suo insieme è capace di dare risposte coerenti alle sfide che la riguardano… Davvero o ci si salva tutti insieme o non si salva nessuno».
Il lavoro
dei gruppi
Significativo per far emergere piste di lavoro è stato il lavoro nei gruppi di confronto, orientati da un lato dalla volontà di sollecitare il protagonismo dei giovani, dar loro voce, non come spettatori del convegno, ma come attori principali con le loro esperienze, dall’altro lato dalla necessità di considerarli non come categoria sociologica, ma avendo la fortuna come Caritas di incontrarli in vari ambiti del nostro agire, partire proprio dalle loro storie, dal loro vissuto, dalla ricchezza dell’incontro che abbiamo con loro.
A tutto questo si è aggiunto anche un momento specifico di confronto su rischi e opportunità di web e social media dove c’è stato spazio per progetti diocesani di coinvolgimento e protagonismo dei giovani.
Orientamenti per
un cammino comune
Infine il direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu, ha delineato gli orientamenti per un cammino comune. «Già nel titolo questo Convegno – ha sottolineato don Soddu - ha voluto essere l’emblema di quanto la Chiesa avverte come urgenza nel focalizzare la propria attenzione: i giovani, la comunità e la condivisione. Ciascuno dei termini che compongono il titolo costituisce e porta in sé una peculiare attenzione del mondo Caritas; coordinati tra loro costruiscono la traccia per un più ampio campo d’azione, affinché la nostra attenzione ai tempi e ai bisogni possa sempre veicolare l’aspetto della prevalente funzione pedagogica che caratterizza il nostro mandato all’interno della Chiesa, nella società e nel mondo».
In particolare è stato evidenziato come la condizione giovanile presenti incognite, preoccupazioni e minacce per il futuro. La precarietà del mercato del lavoro ha riflessi molto pesanti sulla possibilità di fare progetti di vita “solidi”. Se si vuole dare – o restituire – speranza ai giovani è necessario che le comunità riscoprano la dimensione “educante”, con un rinnovato investimento nella formazione, mentre la seconda parola d’ordine non può che essere “alleanza”, perché neanche la Chiesa, da sola, può assolvere in pieno a questo arduo compito.
«Occorre pertanto – ha proseguito don Soddu – una carità a 360°, aperta a tutti quelli che possono essere gli ambiti di lavoro prevalenti, definiti dall’orizzonte statutario: quello della carità educativa… quello della carità concreta… quello della tutela dei diritti, cioè della carità politica… quello della carità interna…al fine di sviluppare anche la comunione ad intra, segno e simbolo di quella generale».
Infine il direttore ha sottolineato che «oggi le comunità entro cui viviamo sono realtà fragili, che sempre più si sfaldano e si spopolano, che cambiano, si arricchiscono di nuove persone, spesso giovani, migrate da altri Paesi, e quindi si ricompongono e si ripensano, non senza tensioni. Mutano e quindi anche noi dobbiamo mutare con loro, senza però omologarci alle mode o alle tendenze». Lasciandoci guidare da alcune parole trasversali: coesione, riconciliazione, inclusione e, soprattutto, ripetendo sempre l’interrogativo dell’indimenticato don Giovanni Nervo: “Le nostre presenze di carità esprimono condivisione, promozione, coinvolgimento comunitario, impegno sociale e politico, preferenza per i più poveri?”… Solo così potremo riuscire ad avere un’attenzione particolare e costante al “novum”, ossia al futuro auspicato-voluto e tessuto con la presenza rigenerante di Dio.
Solo così saremo anche in grado di ristabilire alcuni primati che, oggi, appaiono invertiti rispetto al loro ordine: il Vangelo sulla legge; l’uomo sulle regole dei codici; il servizio sul potere.
Utopie? Forse. Ma – come sottolineava don Tonino Bello– “così a portata di mano, che possono finalmente diventare carne e sangue sull’altare della vita”.
Ferruccio Ferrante