Brevi dal mondo
2018/5, p. 36
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Testimoni
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Repubblica democratica del Congo
Un altro prete ucciso nel Nord Kivu
Nella Repubblica democratica del Congo, domenica scorsa 8 aprile, è stato ucciso un altro sacerdote. Si chiamava Étienne Nsengiunva. Aveva 38 anni ed era parroco di Kitchanga, nella provincia del Nord Kivu. Radio Okapi ha riferito che l’assassinio è avvenuto appena amministrato un battesimo, mentre stava distribuendo le comunioni. Un uomo armato, è entrato in chiesa e gli ha sparato un colpo alla testa.
Responsabile dell'azione sembra sia il gruppo Mai-Mai Nyatura, una milizia armata che controlla Kitchanga.
È dal 2016 che la provincia del Nord Kivu è scossa da sanguinosi scontri tra vari gruppi etnici armati. La violenza già ha causato un numero indefinito di morti e provocato una massiccia emigrazione della popolazione civile. La chiesa cattolica, fortemente rappresentata nella Provincia, è spesso presa di mira in questi conflitti.
Lo scorso dicembre, nel Nord Kivu, a cadere vittime della violenza erano stati anche 15 membri delle forze di pace dell’ONU, ad opera del gruppo ribelle islamico Allied Democratic Forces (ADF). Questo gruppo è accusato anche di avere ucciso migliaia di civili tra il 2014 e il 2016.
La morte di Étienne Nsengiunva è avvenuta lo stesso giorno della liberazione del parroco Celestin Nango, della comunità di Karambi, nella diocesi di Goma. Era stato rapito la domenica di Pasqua, a Nyarukwangara (regione di Rutshuru) dopo la messa. Prima di lui, il 3 febbraio, era stato rapito anche il parroco di Saint-Robert, a Kinshasa, Alain Bisema, e poi rilasciato. Étienne Nsengiunva non è il primo sacerdote cattolico ad essere ucciso in Congo negli ultimi due anni. Nell’ottobre 2016 era stato assassinato da due persone mascherate anche il parroco Joseph Mulimbi Nguli, 52 anni, di Katuba, a sud-est di Lumumbashi . E il 2 marzo, il sacerdote religioso Florent Tulanciedi era stato trovato morto nel Kasai, nel Congo occidentale, in circostanze misteriose. Nel frattempo, la Chiesa è ancora in attesa di notizie dei sacerdoti Charles Kipasa e Jean-Pierre Akilimali, rapiti nel luglio 2017, e di tre religiosi di Mbau (regione di Beni), scomparsi dall'ottobre 2014. Fin qui le notizie diffuse dall’agenzia tedesca KNA, il 9 aprile.
Per quanto riguarda l’uccisione di don Étienne Nsengiunva, l’agenzia Fides (9 aprile), da parte sua, ha raccolto le dichiarazioni del vescovo Théophile Kaboy Ruboneka, vescovo di Goma, in cui c’è qualche variante rispetto alla KNA, ma che non cambia in niente la tragica realtà dei fatti. «Dopo aver celebrato la Messa a Kyahemba, una circoscrizione della sua parrocchia, intorno alle 15 – ha raccontato il vescovo – don Étienne aveva riunito i suoi collaboratori, quando un uomo armato, accompagnato da altre persone, è entrato nella sala della riunione e gli ha sparato a bruciapelo alla testa uccidendolo sul colpo. L’omicidio è stato così veloce che gli astanti non si sono resi conto del numero di persone che sono entrate nella sala per uccidere don Étienne».
Nel caos, abbandonati da tutti
Chi sono i responsabili? Secondo il vescovo Kaboy Ruboneka «è difficile individuarli: - La nostra regione – ha detto – è infestata di diversi gruppi armati, almeno 15, che non si riescono a smantellare nonostante la presenza dell’esercito regolare e dei Caschi Blu della Monusco (Missione ONU nella RDC)».«Don Étienne è il terzo prete ucciso nella zona», ha ricordato il vescovo. «Le inchieste sui responsabili di queste morti non concludono mai nulla. Da parte nostra faremo di tutto per identificare gli assassini, anche se non ci facciamo molte illusioni. In questi casi i testimoni temono per la propria vita e quella dei loro cari e difficilmente offrono elementi utili alle indagini».
Il vescovo ha poi concluso: «Qui nel Nord Kivu viviamo nel caos totale. La situazione della mia diocesi di Goma, come quella di Butembo-Beni, è incredibile. Siamo completamente abbandonati da tutti; viviamo solo grazie alla Provvidenza. Chiedo ai fedeli della Chiesa universale di pregare per la nostra regione affinché possa ritrovare la pace».
Cina
Giro di vite sull’editoria
L’agenzia cattolica asiatica Ucanews, il 5 aprile scorso ha pubblicato il seguente servizio dalla sua sede di Hong Kong:
«Dopo che il governo cinese ha vietato le vendite on line delle Bibbie, i gruppi cattolici temono un'ulteriore censura dei libri religiosi e del materiale sia fisico sia su internet, e metta mano a un lavoro di rielaborazione preliminare della Bibbia. Sono preoccupati che Pechino abbia ad applicare una sua pesante censura su internet nel settore della letteratura religiosa. L’accademico di Hong Kong, Ying Fuk-tsang, ritiene che la “nuova era” del presidente Xi Jinping prenderà di mira la circolazione on line della Bibbia, dei libri religiosi e delle altre pubblicazioni religiose.
“Con l’attuazione dei nuovi regolamenti riguardanti gli affari religiosi, il mondo religioso su internet diventerà sicuramente un bersaglio della prossima ondata di rettifica”, ha dichiarato Ying, direttore della scuola di teologia del Chung Chi College dell'Università cinese di Hong Kong.
Il governo cinese da lungo tempo sta seguendo con occhio vigile i contenuti religiosi dei siti web cinesi e in particolare sui siti mediali Wiebo e WeChat, chiudendo regolarmente account di persone e gruppi che pubblicavano notizie e materiale religioso.
Secondo un documento ufficiale emanato dall’Amministrazione statale cinese per gli affari religiosi, uno dei compiti più importanti dei prossimi anni consisterà nel migliorare “lo stile cinese del cristianesimo e della teologia”, reinterpretando e ritraducendo la Bibbia.
Il documento, intitolato “Principi per la promozione del cristianesimo in Cina per i prossimi cinque anni (2018-2022)” è stato ufficialmente lanciato il 28 marzo a Nanjing nella Cina orientale. Alcuni utenti dei social media hanno dichiarato che il 30 marzo le Bibbie hanno cominciato a diminuire nei siti web. La data è coincisa con un enorme picco di ricerca nella parola chiave “Bibbia” sulla piattaforma social mediale Weibo, il giorno prima, per scendere a zero il 1 aprile quando la parola è stata censurata.
Il documento afferma inoltre che uno degli impegni principali dei prossimi cinque anni sarà di costruire un cristianesimo e una teologia cinese in modo da “far crescere dei talenti nello studio della Bibbia e così gettare un solido fondamento per la reinterpretazione e la ritraduzione della Bibbia o scrivere libri di riferimento”.
Alcuni cattolici sono preoccupati perché potranno essere presi di mira anche i libri e il materiale di chiesa, ripetendo gli errori della Rivoluzione Culturale.
Le autorità hanno ordinato ai gestori dell’e-commerce e del micro-commerce di eliminare la Bibbia dai loro cataloghi e la vendita a partire dal 30 marzo.
Taobao, Jingdong, Weidian, Dangdang e Amazon China non vendono più la Bibbia. Sono stati bloccati anche i libri sul cristianesimo e cancellate le licenze commerciali di alcuni negozi.
La piattaforma cristiana di acquisti Baojiayin ha smesso anch’essa di vendere la Bibbia, ma ha fatto sapere che potrebbe smerciare legalmente libri di riferimento che possono aiutare i clienti a leggerla.
L’agenzia Ucanews, in un successivo servizio del 20 aprile, scrive che in forza del “Principio della separazione tra religione ed educazione” nessuna istituzione religiosa potrà offrire ai minori proposte formative. Il divieto comprende anche di condurre in chiesa i bambini. Sempre secondo informazioni dell’agenzia, almeno nella provincia dell’Henan le autorità hanno già iniziato ad applicare questa ordinanza incaricando un funzionario a vigilare sulle celebrazioni delle messe e di invitare i minori ad uscire.
India
Lo yoga è incompatibile con il cristianesimo
La pratica dello yoga è incompatibile con la dottrina cristiana. Lo afferma, come informa l’agenzia Asia News, il documento Yogayum Katholika Vishvasavum”, cioè “Lo yoga e il credo cattolico”, a firma della Commissione per la dottrina della Chiesa siro-malabarese, uno dei tre riti della Conferenza episcopale indiana (Cbci). Pubblicato nell’ultimo bollettino dell’eparchia di Mananthavady, il rapporto sostiene che lo yoga e il cristianesimo non possono andare insieme e che le organizzazioni nazionaliste indù del Sangh Parivar “tentano di sfruttare lo yoga per raggiungere i propri scopi politici e settari”.
Non è la prima volta che i vescovi di rito orientale intervengono su questo argomento. Lo yoga è una pratica di rilassamento mentale e fisico nato in India e diffuso in tutto il mondo. Viene abbinato ad esercizi fisici e tecniche di respirazione. Secondo la religione indù, è anche un percorso di ricerca spirituale tramite il quale si sperimenta il contatto con il divino.
In India il suo insegnamento è obbligatorio nelle scuole e ogni anno, nella Giornata internazionale dello yoga (che ricorre il 21 giugno), tutto il sistema educativo si blocca per lasciare spazio a programmi, eventi e iniziative dedicate a questo argomento. Da tempo attivisti e intellettuali indiani affermano che l’obbligo di osservare la festa nelle scuole, costringendo gli studenti a cantare sonetti e mantra sacri indù, limita la libertà di culto delle minoranze e rappresenta una mancanza di “sensibilità” nei confronti degli alunni cristiani e musulmani.
La Commissione, presieduta da mons. Joseph Kallarangatt, osserva che “nello yoga non c’è posto per Dio, creatore e sostenitore, persino quando si prendono in considerazione le esperienze spirituali degli esseri umani […] Sebbene sia nato e cresciuto all’interno delle tradizioni laiche dell’India, in seguito ha acquisito i toni nella religione indù con il predominio della casta dei brahmini”. La nota mette in guardia dal rischio che “gli esercizi fisici diventino idolatria fine a se stessa” e dalla facile tendenza a “paragonare l’esperienza fisica che deriva dallo yoga all’opera dello Spirito Santo”.
Nella sua circolare il card. George Alencherry, arc. di Ernakulam-Angamaly dei Siro-Malabaresi e capo del Sinodo, chiarisce così la posizione della Chiesa sul tema: «Il Dio in cui crediamo è un Dio personale. Dio non è qualcuno che può essere raggiunto tramite una particolare posizione del corpo. Non è corretto pensare che l’esperienza di Dio e l’incontro personale con il Signore siano possibili attraverso lo yoga». Inoltre il Sinodo invita i sacerdoti a «non unirsi a gruppi di preghiera e movimenti spirituali che sono contro la fede cattolica e non riconoscono gli insegnamenti ufficiali della Chiesa»”.
a cura di Antonio Dall’Osto