Brevi dal mondo
2018/4, p. 38
Africa, Asia, Vaticano, Sudan
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Testimoni
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Africa
Le donne, forza della Chiesa
“Una cosa che non si può ignorare, quando parliamo della Chiesa africana, è che, se lo Spirito Santo è la forza invisibile della Chiesa d'Africa, le donne, senza dubbio, sono la forza tangibile. Le donne sono più numerose, più coraggiose, più dinamiche, più attive e talvolta più competenti. Senza donne, le nostre chiese in Africa sarebbero quasi vuote, sia come presenza che come forza”: è quanto sostiene in un colloquio con l’Agenzia Fides p. Donald Zagore, della Società delle Missioni Africane. “Senza prestare il fianco a un femminismo radicale e ateo, oggi diventato paladino di un’umanità sfrenata, che intende abolire le differenze di genere, osserva p. Zagore, è opportuno invitare le donne ad assumere più responsabilità nella gestione della vita ecclesiale. Per raggiungere questo livello, si dovrebbe semplicemente re-inventare la teologia delle donne”. Questa riflessione teologica, sottolinea, “dovrebbe prendere la sua origine a partire innanzitutto dalla teologia mariana. In Maria, Madre di Dio, Madre della Chiesa, è la donna che nel suo stesso essere continua a portare la Chiesa nel suo grembo con il suo dinamismo sia spirituale che materiale”. Da un altro punto di vista, afferma p. Donald, l’Africa ha come modello ecclesiologico la “Chiesa Famiglia di Dio”: è una manna dal cielo mandata per rendere la donna ancora più impegnata, dal momento che essa rimane il polmone della famiglia nella cultura africana. Senza la donna, la famiglia crolla. La Chiesa d'Africa certamente guadagnerebbe molto spalancando le braccia alle donne. (Agenzia Fides 9/3/2018).
Obiettivo sull’Asia
I 5 anni di papa Francesco
Fin dagli inizi della sua elezione, avvenuta il 13 marzo 2013, papa Francesco aveva promesso di attribuire grande importanza durante il suo pontificato all’Asia. Da allora sono trascorsi cinque anni e ha mantenuto la sua promessa visitando cinque paesi di quel continente: la Corea del sud in occasione della Giornata mondiale della gioventù, dal 13 al 18 agosto 2014; lo Sri Lanka dal 12-15 gennaio 2015, dove proclamò “santo” Giuseppe Vaz; le Filippine, dal 15 al 19 gennaio 2015, e infine i due paesi confinanti del Myanmar e il Bangladesh, dal 26 novembre al 2 dicembre 2017.
Un gesto significativo che ha, per così dire, introdotto questi suoi pellegrinaggi in Asia fu il telegramma di saluto inviato, mentre sorvolava il territorio cinese in viaggio verso la Corea del sud, al presidente Xi Jinping. Fu un gesto che ebbe come effetto di avviare rapidamente la ripresa dei colloqui tra il Vaticano e la Cina per la normalizzazione dello spinoso problema della nomina dei vescovi.
Sei mesi dopo il pellegrinaggio in Corea, il Papa ritornò nuovamente in Asia in Sri Lanka (12-15 gennaio 2015) per far dono alla piccola comunità cattolica del Paese del primo santo del luogo, san Giuseppe Vaz, e per esortare la popolazione a risanare le profonde ferite lasciate da una lunga guerra civile durata 26 anni. Incontrando i capi religiosi li esortò a lavorare insieme per la riconciliazione, la pace e la giustizia.
Proseguendo quel viaggio raggiunse le Filippine – Paese dove l’80°% dei suoi circa 100 milioni di abitanti è cattolico – e qui rimase dal 15 al 18 gennaio. Una delle sue esortazioni ricorrenti fu l’invito alla Chiesa filippina a diventare “più missionaria, cattolica e generatrice di vita”. Il vescovo Ruperto Santos di Balanga, capo della commissione episcopale per i migranti e gli itineranti, commentando questi viaggi in Asia ha sottolineato che il Papa si è fatto conoscere come una persona che “ha una grande compassione per i più vulnerabili e i senza voce”.
Un grande conforto è stata la sua visita nella Filippine soprattutto per quanti erano stati colpiti dal terribile tifone che aveva devastato un anno prima il paese.
Papa Francesco è tornato in Asia nuovamente nel 2017, dal 26 novembre al 2 dicembre, in un viaggio che lo ha portato prima in Myanmar e subito dopo in Bangladesh. In quest’ultimo Paese l’evento più significativo è stato senza dubbio il raduno interreligioso del 2 dicembre quando il Papa ha pregato fianco a fianco con i rifugiati Rohingya, musulmani, indù, buddisti.
Nel suo pellegrinaggio attraverso questi cinque paesi asiatici, papa Francesco ha incoraggiato le diverse comunità cattoliche a vivere autenticamente la loro fede, in mezzo spesso a tante difficoltà, e a dare il loro contributo ai processi di riconciliazione, di pace e al progresso sociale e civile dei loro popoli. Ma soprattutto ha fatto sentire ai sofferenti, ai poveri e agli oppressi la sua vicinanza e la sua viva partecipazione alle loro sofferenze. Saranno questi i temi che lo accompagneranno anche in futuro in altri viaggi su questo continente che egli ha messo al centro della sua attenzione pastorale.
Vaticano
Saranno proclamati santi Paolo VI e mons. Romero
Saranno proclamati santi Paolo VI, papa del Concilio e grande riformatore della Chiesa dei giorni nostri, e mons. Oscar Arnolfo Romero “martire del Salvador”, ucciso “in odio alla fede” per la sua difesa dei poveri e la denuncia della repressione. Papa Francesco ha infatti approvato la promulgazione dei relativi decreti da parte della Congregazione delle cause dei Santi.
Paolo VI, Giovanni Battista Montini nacque a Concesio, in provincia di Brescia, il 26 settembre 1897. Uomo di grande cultura – aveva tre lauree, in filosofia, diritto canonico e diritto civile – e sensibilità, venne eletto papa il 21 giugno 1963. È stato un grande riformatore, colui che ha portato a compimento il Concilio Vaticano II, del quale guidò personalmente i lavori, con l’approvazione dei suoi principali documenti.
Anche solo per grandi linee – scrive l’Agenzia Fides (07/03/2018) – va ricordato che a lui si debbono gesti di particolare significato, come la destinazione della tiara papale ai poveri, l’incontro, nel 1964, con il patriarca ortodosso Athenagoras e la successiva dichiarazione cattolico-ortodossa del 1965, dopo oltre nove secoli di reciproche scomuniche. Ancora, alla chiusura del Concilio annunciò la creazione del Sinodo dei vescovi, del quale stabilì le competenze; nel 1966 abolì l’“Indice dei libri proibiti” e l’anno dopo decise l’istituzione della Giornata mondiale della pace. Nel 1966 confermò in una enciclica il celibato sacerdotale e l’anno successivo pubblicò la Humanæ Vitæ. Quell’anno abolì tutte le funzioni attribuite alla nobiltà nella corte papale, esclusi gli assistenti al Soglio, furono abolite anche la Guardia nobile e la Guardia palatina. Istituì, invece, la Commissione per le comunicazioni sociali, il Consiglio per i laici, la Commissione Giustizia e pace, la Commissione teologica internazionale e Cor Unum. Nel 1968 riformò la Curia romana, nella quale introdusse non poche personalità non italiane. Nel 1969 approvò la riforma della Messa, da allora detta “in volgare”, ossia nelle lingue moderne, per facilitarne la comprensione da parte dei fedeli.
Nel 1970, a Manila, fu il primo Papa vittima di un attentato, ferito non gravemente con un pugnale. Morì a Castel Gandolfo il 6 agosto 1978.
Mons. Romero è il martire del Salvador. Nato nel 1917. Divenuto sacerdote nel 1942, nel 1970 fu nominato vescovo ausiliare di San Salvador. In tale ruolo fu uno dei protagonisti della Conferenza dell’episcopato latinoamericano di Medellin (1968), ritenuta momento fondamentale nella storia della Chiesa del sub-continente.
Nel 1977 divenne arcivescovo di San Salvador. In un periodo segnato dalla sanguinosa repressione dei movimenti popolari, fu il vescovo dei poveri. Esercito, polizia e movimenti paramilitari si accanivano anche contro sacerdoti e fedeli definiti “comunisti”. Ad Aguilares fu distrutta la chiesa e uccisi 200 fedeli.
Si schierò contro tutto questo. Le sue catechesi trasmesse dalla radio diocesana avevano vasto ascolto. Fu ucciso il 24 marzo 1980.
Sudan
Le suore comboniane
e l’assistenza alle pregnanti
In Sudan, scrive l’Agenzia Fides in un servizio del 12/3/2018, la sanità è a pagamento e in ogni ospedale pubblico di Khartoum, capitale del Paese, si deve pagare tutto: visita nel pronto soccorso, farmaci, flebo, siringhe e cerotti; si pagano gli esami, il ricovero e – una volta ricoverati – non si ha diritto ai medicinali necessari, ma nemmeno al cibo e all'acqua. A patire in forma più evidente di queste condizioni, sono le tante donne di diverse culture e realtà sociali stabilitesi nei villaggi della periferia, soprattutto di Khartoum e Omdurman, spesso per sfuggire a situazioni insostenibili nei loro paesi di origine, prevalentemente Ciad, sud Sudan e Darfur. Secondo le stime si calcolano 2 milioni di profughi interni e più di 706.000 nei paesi limitrofi. Si tratta di uno dei posti col più alto tasso di mortalità materna e infantile al mondo. In molte comunità la tradizione del parto in casa è molto forte, e lo è altrettanto la diffidenza verso la medicina e le cure fornite dalle strutture mediche. Spesso, inoltre, le cliniche sono molto lontane e difficili da raggiungere a causa del pessimo stato delle strade e dell’alto costo dei trasporti.Per far fronte a questa emergenza, le suore Comboniane si sono impegnate nel St. Mary Maternity, aperto a Khartoum già nel 1954, con un progetto specifico per assistere le donne incinte. “Indipendentemente dal loro credo religioso, sono molte le donne che affollano gli ambulatori del St. Mary’s per esami clinici e visite mediche in preparazione al parto”, si legge in una nota inviata all’Agenzia Fides dalla responsabile del progetto, suor Elizabet Robles Ibarra. “Nell’area prenatale della clinica – scrive sr. Elizabet – sono accolte donne bisognose a partire dal quarto mese di gravidanza. Vengono per una prima visita, per esami di laboratorio e per le ecografie prima del parto. Diverse volte riscontriamo situazioni a rischio e interveniamo. L’amministrazione dell’ospedale provvede a coprire le spese, grazie all’aiuto dato dei donatori. Molte volte, poi, i neonati hanno bisogno di cure specifiche e rimangono sotto osservazione. Anche queste spese, che possono essere un peso per la famiglia, vengono ridotte al minimo o la prestazione medica è offerta gratuitamente per venire incontro a queste persone disagiate”. “Tra gli obiettivi del nostro Centro, ci impegniamo ad offrire assistenza alle mamme sia durante la loro gravidanza e nel periodo post-parto, sia per aiutare le famiglie povere a coprire le spese mediche e sostenere le famiglie nei primi mesi di vita dei nascituri”, conclude la suora comboniana.
a cura di Antonio Dall’Osto