Chiaro Mario
Achille Ardigò: il soffio potente del Vangelo e l’ampio dialogo sociale
2018/4, p. 28
Nel mondo cattolico, Achille Ardigò è stato centrale per i molteplici ruoli svolti per diversi decenni. Si affermò come importante intellettuale, politico e sociologo di punta. Lo si ritrova tra i fondatori (con Andreatta e Alberigo) della Facoltà di Scienze politiche e sociali in Bologna. Esponente di spicco nella Democrazia cristiana, vive il sodalizio fraterno e severo con Dossetti nell’esperienza amministrativa bolognese, collaborando al Libro bianco su Bologna e alla proposta della creazione dei quartieri. Successivamente, divenne un protagonista tra i riformatori delle politiche agrarie, urbanistiche, industriali e soprattutto di welfare.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Achille Ardigò: il soffio potente del Vangelo e l’ampio dialogo sociale
Nel mondo cattolico, Achille Ardigò è stato centrale per i molteplici ruoli svolti per diversi decenni. Si affermò come importante intellettuale, politico e sociologo di punta.
Lo si ritrova tra i fondatori (con Andreatta e Alberigo) della Facoltà di Scienze politiche e sociali in Bologna. Esponente di spicco nella Democrazia cristiana, vive il sodalizio fraterno e severo con Dossetti nell’esperienza amministrativa bolognese, collaborando al Libro bianco su Bologna e alla proposta della creazione dei quartieri. Successivamente, divenne un protagonista tra i riformatori delle politiche agrarie, urbanistiche, industriali e soprattutto di welfare. Ardigò si coinvolse anche nella realizzazione del primo convegno ecclesiale promosso dalla CEI (1976) su “Evangelizzazione e promozione umana” (con figure quali Lazzati, mons. Franceschi, mons. Riva, mons. Nervo, p. Sorge, Scoppola, Rosati, De Rita e Bachelet): gli fu affidata in particolare la relazione sulla Chiesa e la società italiana, in un momento storico che portava in primo piano le indicazioni conciliari della Costituzione Gaudium et spes e della Lettera apostolica di Paolo VI Octogesima Adveniens (1971).
La figura di Achille Ardigò appare importante ancor oggi per i credenti che desiderano vivere con impegno e responsabilità verso il paese, contro la sfiducia e l'assenza di partecipazione. A dieci anni dalla morte, la Chiesa bolognese e l'Istituto De Gasperi (24/2/2018) hanno voluto ricordare un credente (a lungo “centrale” per la Chiesa cattolica, ma che negli ultimi anni è risultato purtroppo “marginalizzato”), un laico che ha vissuto e testimoniato come indivisibile proprio l'impegno per l'evangelizzazione e la promozione umana. Le tante lezioni che egli ha lasciato con la sua intelligenza e fede «ci aiutano a capire meglio il presente e a guardare con determinazione il nostro futuro… A partire dall’inizio della Gaudium et spes, in cui ho trovato il filo che ha condotto tutta la vita del prof. Ardigò» (mons. Matteo Zuppi). Lungo tutti gli anni 1950-60 anche Ardigò deve convivere con la forma storica del rapporto fede politica (dominante nella cattolicità italiana fino agli anni 1990) della cosiddetta “quarta posizione”, in cui si svolge l’azione civica unitaria, con appoggio esplicito della gerarchia, per un partito non confessionale e interclassista che raccoglie la grande maggioranza dei credenti di un paese.
In modo specifico il convegno bolognese si è incentrato sulla riflessione contenuta nel saggio di Ardigò “Fede e politica nelle posizioni della cattolicità contemporanea”, contenuto in un volume sul Toniolo del 1978. Come ha sottolineato il presidente dell’Istituto De Gasperi, Domenico Cella, «la quarta posizione in Italia ha avuto tanti meriti storici per il paese, ma ha depresso a lungo un vero discernimento del “popolo di Dio” intorno alle cose della politica (la profezia dei cristiani!): coabitando con l’azione, nella mia memoria il discernimento si è risolto spesso in una pittura ideale delle opportunità e talora degli opportunismi del potere». L’apporto dello storico Fulvio De Giorgi ha poi confermato autorevolmente la «lezione fondamentale di etica civile» di Ardigò, la «serietà della coscienza e del dovere, radicati e fondati nella carità evangelica, cioè in Cristo». Una lezione «radicalmente laica, senza ombre di integralismo, eppure che ha il suo fondamento di senso nella fede cristiana: Resistite fortes in Fide (1 Pt 5, 9)».
Dopo la caduta del Muro di Berlino, Ardigò notava che la Chiesa doveva assumere la «missione di far superare le dilacerazioni sociali e culturali – connesse alla globalizzazione senza freni e agli eccessi integristici e xenofobici in esasperata difesa. E però la missione non può ricondursi in prevalenza all’efficacia di una mediazione culturale perché nessuna lezione morale razionalmente proposta può avere efficacia, nelle scristianizzate moltitudini di persone, senza che prima nelle coscienze e nelle volontà più lontane siano insorte domande personali e interpersonali di senso, per merito di carismi religiosi. Non possiamo convertire la gente del post-moderno solo o tanto con precetti e sillogismi. Occorrono carismi e creatività personali e interpersonali» (cf il volume Dottrina, culture, senso: a proposito del «progetto culturale» della CEI, Bologna 1998).
Nella tavola rotonda finale dell’incontro bolognese – animata da esponenti di realtà laicali con i loro diversi approcci al rapporto fede e politica – è emersa l’attualità di questa visione che arriva a prospettare una originale e decisiva conclusione: il discernimento cristiano intorno al bene comune storico dovrebbe previamente avvenire nelle comunità della Chiesa locale guidate dai propri Vescovi, indipendentemente dalle diverse opzioni politiche degli stessi credenti (cf. la già ricordata Lettera apostolica di Paolo VI Octogesima Adveniens). Infatti, nel saggio sul Toniolo già citato, Ardigò fa riferimento anche al Decreto conciliare sulla libertà religiosa e di coscienza, che abilita a un discernimento del bene comune storico fatto di libertà, dialogo e fraternità innanzitutto nel corpo ecclesiale. L’auspicio è dunque che oggi la Chiesa popolo di Dio reagisca con “metodo” al disimpegno, all’astensionismo, alla sospensione di giudizio e di solidarietà verso le istituzioni della politica e il bene comune. In un momento in cui il rapporto fede-politica è scomparso dal radar della comunità cristiana e l’evangelizzazione prescinde dall’impegno per la giustizia e la trasformazione del mondo, giunge infatti da papa Francesco al Convegno nazionale di Firenze (2015) una spinta decisiva: «Per favore, non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell’ampio dialogo sociale e politico».
Mario Chiaro