Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2018/2, p. 35
Russia Ricostruzione delle chiese Germania-Baviera Un servizio di consulenza vocazionale Siria È rifiorito Deir Mar Musa

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Testimoni
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RUSSIA
Ricostruzione delle chiese
Mentre in Europa occidentale si stanno vendendo migliaia di chiese, ormai inutilizzate, la Chiesa ortodossa russa negli ultimi 30 anni – come riferisce la Fondazione viennese “Pro Oriente” ha ristrutturato o costruito ex novo più di 30.000 chiese. Lo ha dichiarato di recente nel corso della trasmissione televisiva “Chiesa e mondo” il metropolita Ilarion (Alfejev), responsabile degli affari esteri del Patriarcato di Mosca.
«Noi – ha detto Ilarion – non ristrutturiamo o costruiamo nuove chiese per avere un numero statisticamente impressionante di edifici, ma perché è la gente che lo chiede». Complessivamente, ha aggiunto, ci sono oggi 40.000 chiese ortodosse russe in 60 Stati. Se l’attività edilizia continuerà con questo ritmo, tra 25/30 anni il numero delle chiese ortodosse raddoppierà, raggiungendo nuovamente quello del 1914.
Non bisogna dimenticare – ha aggiunto Ilarion – che la costruzione o ristrutturazione della maggior parte delle chiese è finanziata dalla gente, «sia da quella semplice sia anche dagli imprenditori». «Le chiese non vengono costruite per avere dei monumenti architettonici o artistici, ma per la gente del luogo. In genere, all’inizio c’è una comunità che si riunisce in un garage o in un’officina per celebrare la liturgia. Da qui comincia la raccolta di denaro per la costruzione di una degna casa di Dio. Questo fatto dovrebbero ricordarselo quei critici che pensano che le nuove chiese o quelle ristrutturate rimarranno vuote.
Il patriarca Kirill, nella recente assemblea diocesana di Mosca, ha dichiarato che il numero delle chiese ortodosse nell’Eparchia moscovita, nel 2017, da 24 è salito a 1.154. Il clero è cresciuto da 23 a 1.711 membri, 26 sono i vescovi, 1.289 i preti e 396 i diaconi, Nel 2018, secondo i dati del patriarca, saranno ordinati per l’Eparchia di Mosca 33 nuovi preti. Kirill, sempre nella stessa circostanza, ha aggiunto che nella capitale russa ci sono attualmente 15 monasteri maschili con 1.029 monaci e 18 femminili con 970 monache.
Passando all’Ucraina: a Kiev, il metropolita Onufrij (Berezovskij) durante l’assemblea diocesana ha affermato che nell’Eparchia ucraina della capitale ci sono attualmente 396 comunità parrocchiali, nella cura pastorale 777 preti e diaconi, e sono più di 1.000 i monaci e le monache in servizio. Il numero dei preti e dei diaconi nel 2017 è cresciuto di 19 unità e quello dei monaci e delle monache di 45. Delle 396 comunità parrocchiali, 163 si trovano nella capitale Kiev, 233 nelle regioni circostanti. Sempre secondo i dati del metropolita, nell’Eparchia di Kiev si trovano 13 monasteri maschili (compreso il famoso Pechersk Lavra o Monastero delle grotte) e 10 monasteri femminili. Inoltre, nove monasteri stauropegici, cioè direttamente dipendenti dal Patriarca.
Secondo i dati del ministero ucraino per il culto, la Chiesa ucraina-ortodossa autonoma del Patriarcato di Mosca ha complessivamente 12.653 comunità parrocchiali in tutto il Paese, mentre nei 208 monasteri vivono 4.807 monaci e monache. La Chiesa gestisce 3.986 scuole domenicali e 135 media (sia nel settore della stampa sia in quello elettronico).
GERMANIA-BAVIERA
Un servizio di consulenza vocazionale
“Sono idoneo per abbracciare la vita monastica o celibataria, per diventare sacerdote o religioso?”. Da circa un anno la Recollectio-Haus dell’abbazia bavarese benedettina di Münsterschwarzach offre un servizio di consulenza a chi desidera trovare delle risposte. Il programma è diretto dal teologo e psicoterapeuta Ruthard Ott. In una intervista ha spiegato la ragione per cui egli non bada solo alle disposizioni ascetiche, ma anche alla capacità di saper godere.
Nella vita religiosa, ha detto, esiste un legame tra le varie tappe di avanzamento: la vita religiosa ad tempus, il postulantato, il noviziato... La maggioranza di chi chiede consiglio lo fa nel passaggio da una fase all’altra. Alcuni prendono loro stessi l’iniziativa per chiedere consiglio, altri lo fanno attraverso il responsabile della formazione che desidera avere un parere. L’esame comunque è sempre libero.
All’inizio ci chiediamo: questo individuo è psichicamente stabile o soffre di patologie, come per esempio, la depressione? Inoltre guardiamo anche alle sue competenze in campo sociale.
La consulenza avviene attraverso quattro dialoghi. Uno è guidato da una psicologa; io, in quanto teologo e psicologo faccio attenzione ai temi pastorali. Segue poi un colloquio con un fratello o una sorella dell’Ordine che conoscono la vita del chiostro. Alla fine facciamo una valutazione aperta con l’interessato e con il responsabile della formazione.
Per quanto riguarda il risultato della consulenza, non viene scritta alcuna perizia. Vengono fatte soltanto alcune raccomandazioni ai responsabili della formazione. Per esempio, noi parliamo spesso con persone che hanno già un’identità professionale, che hanno lavorato in maniera autonoma e hanno acquisito una loro competenza. Per questo non va bene per nessuno in comunità uno debba limitarsi a pulire i corridoi o occuparsi di altri servizi molto elementari.
In questo caso raccomandiamo di affidare dei compiti in cui la persona interessata possa esplicare la ricchezza che porta con sé. Ciò contrasta evidentemente con le idee tradizionali del chiostro, ma i maestri dei novizi moderni sono generalmente sensibili al riguardo.
È stato chiesto a Ott se sono cambiati i requisiti che devono avere oggi i religiosi. I conventi, ha risposto, nel corso dei secoli hanno sempre accolto persone che erano handicappate non solo fisicamente, ma anche dal punto di vista caratteriale. Oggi, la linea di tolleranza nelle comunità religiose è molto minore. Le comunità nei contatti con l’esterno desiderano avere “persone in gamba”.
Tutti gli individui consigliati, diventano poi preti o vanno in convento? Penso, ha risposto Ott, che tutti coloro che hanno terminato qui da noi la valutazione psicologica - spirituale siano poi anche stati accolti. Non abbiamo naturalmente un quadro di come poi prosegua il cammino.
Un’ultima domanda riguardava la qualità che dovrebbero possedere i religiosi o i parroci. Un tempo era chiaro – è stata la risposta. Le persone dovevano superare la loro povertà ed essere per gli altri. Ciò comprendeva anche la disciplina e l’ascesi. Oggi facciamo spesso l’esperienza che si tratta della necessità di una sana cura di sé. Chi entra in convento non deve rinunciare ai suoi hobby e alla sua personalità. Alcuni hanno bisogno di un regolare esercizio anche ad avere il gusto delle cose. Devono imparare cioè a concedersi qualche cosa. A questo proposito sono importanti la stabilità emotiva e l’empatia. Il postulante deve mostrare di avere il contatto con la natura e un amore verso la realtà del creato. In una parola: deve amare il prossimo.
SIRIA
È rifiorito Deir Mar Musa
Il monastero siro-cattolico Deir Mar Musa Al-Habashi (Monastero di San Mosè l'Etiope), in Siria, ha ripreso a vivere, ma del padre gesuita Paolo Dall’Oglio che l’aveva fondato nel 1982 non si hanno più notizie. Il padre, nel luglio del 2013, aveva cercato di contattare i terroristi dell’Isis per ottenere la liberazione dei due metropoliti di Aleppo. Mar Gregorios Youhanna e Boulos Yazigi. Ma mentre si trovava a Raqqa venne egli stesso rapito dai terroristi e da allora non si è saputo più niente.
Si hanno invece buone notizie dai monaci e dalle monache della comunità monastica, a carattere ecumenico, di Khalil Allah (Amici di Dio) che p. Dall’Oglio aveva fondato nel monastero restaurato di Mar Musa. Pur essendo dispersi nel mondo a causa della guerra, in occasione del Natale i monaci e le monache hanno diffuso una lettera, pervenuta anche all'Agenzia Fides (12.12.2017), in cui raccontano ad amici e conoscenti i sentimenti e le opere che hanno segnato quest’anno il loro cammino verso la festa del Natale.
Nella lettera vengono fornite anche notizie sulle iniziative promosse nell'ultimo anno dagli appartenenti alla Comunità. Si racconta che anche la “casa madre” di Deir Mar Musa ha registrato una ripresa dell'attività pastorale e dell'accoglienza dei pellegrini, sia cristiani che musulmani. «La valle del nostro monastero» si legge nella lettera, «si è vestita di un affascinante abito rosso, tessuto di fiori di papavero sparsi dovunque. Con l’arrivo della primavera abbiamo provato quest’anno, per la prima volta dopo i lunghi anni della guerra, un’enorme gioia nel vedere la strada che sale al monastero (sorge a 1.300metri di altitudine) piena di movimento per la presenza di tante famiglie in visita da Nebek. I venerdì sono stati giorni in cui abbiamo accolto centinaia di visitatori. Quanta gioia nel vedere famiglie cristiane e musulmane salire di nuovo insieme per ricevere la benedizione nel luogo santo. Quanta consolazione nel ricevere le visite di ragazzi e ragazze musulmani di Nebek che vengono per far conoscere il “loro” monastero ad amici e colleghi cristiani di altre zone che non lo conoscevano! E quanta commozione, quando alcune donne musulmane si sono avvicinate alle suore per chiedere preghiere per una loro intenzione».
I monaci e le monache di Deir Mar Musa ricordano anche le visite di tanti gruppi (giovani, donne, famiglie, catechisti, scout…) delle diverse parrocchie e anche delle scuole delle città vicine. E manifestano gioia per l’entusiasmo del parroco della chiesa siro cattolica di Nebek, padre Saed Massouh, e per la sua frequente presenza al monastero, accompagnato da diversi gruppi di parrocchiani, specialmente di giovani. «Le stanze del monastero dell’Hayek sono state ripulite della polvere lasciata dalla guerra e hanno aperto le loro porte per accogliere i visitatori venuti a passare un periodo di preghiera e di meditazione, lontani dal rumore della città e dalle preoccupazioni della vita, per tornare poi rinfrancati ad affrontare le sfide della vita quotidiana».
a cura di Antonio Dall’Osto