Dall'Osto Antonio
Chiesa e cattolici in Vietnam
2018/2, p. 18
Mentre si parla molto della Chiesa e dei cristiani in vari paesi dell’Asia, come la Cina, l’India, il Pakistan, i paesi del Medio Oriente, il Vietnam compare invece poco nei media. Eppure è una Chiesa che ha anch’essa i suoi problemi, ma è ben organizzata.

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Oltre 9 milioni di fedeli
CHIESA E CATTOLICI
IN VIETNAM
Mentre si parla molto della Chiesa e dei cristiani in vari paesi dell’Asia, come la Cina, l’India, il Pakistan, i paesi del Medio Oriente, il Vietnam compare invece poco nei media. Eppure è una Chiesa che ha anch’essa i suoi problemi, ma è ben organizzata.
La Chiesa cattolica in Vietnam è costituita da circa 9 milioni di fedeli distribuiti in 3 arcidiocesi e 23 diocesi. Secondo i dati relativi al 2014, il numero totale dei sacerdoti (diocesani e religiosi) in Vietnam è di 4.635, a cui vanno aggiunti 2.357 seminaristi, 19.717 tra religiosi e religiose e, soprattutto, 50.448 catechisti laici. Un totale di oltre 88 mila persone che sono considerate “forza evangelizzatrice”, in quanto attivamente coinvolte nell’annuncio del Vangelo. Inoltre, nel 2014, il numero dei nuovi battezzati è stato di 41.396.
È tuttavia difficile avere una visione oggettiva della situazione dei cristiani nel loro insieme, tante sono le realtà che variano da una regione all’altra. Alcune organizzazioni, come Open Doors, pongono il Vietnam tra i paesi nei quali i cristiani sono maggiormente perseguitati (17° posto nel mondo su 50).
Con questi dati non si trova d’accordo p. Frédéric Hòa – il cui vero nome è Frédéric Rossignol – sacerdote belga delle Missioni Estere di Parigi, che vive da dieci anni nel paese e attualmente è maestro dei novizi di una provincia che conta una cinquantina di giovani in formazione, originari del Vietnam e dell’India.
In un articolo pubblicato lo scorso settembre sulla rivista Spiritus – un trimestrale fondato nel 1959 dai padri spiritani e gestito da 12 istituti missionari – egli ci descrive una Chiesa, con le sue luci e le sue ombre. Secondo p. Hòa, la persecuzione dei cristiani per la loro fede rimane un fenomeno assai limitato. Esistono certo fenomeni persecutori, ma si tratta di fatti isolati. I problemi di questa Chiesa si pongono altrove.
Una cultura
da interpretare
«Il Vietnam – scrive p Frédéric – è un paese che, come i suoi vicini dell’Asia del sud-est, è segnato dal confucianesimo. Questa saggezza, vecchia di oltre duemila anni, attribuisce molta importanza nelle relazioni interpersonali alla cortesia, alla buona educazione e al rispetto, compreso il rispetto dell’autorità».
È un fatto, questo, molto importante, perché caratterizza anche il modo con cui la Chiesa e i cristiani resistono nelle avversità che incontrano, anche sul piano sociale e politico.
Un secondo fatto da considerare è che la società vietnamita, e la stessa Chiesa, danno prova di un dinamismo ammirevole. I vietnamiti sono, allo stesso tempo, lavoratori intraprendenti e persone semplici e buone. Il loro livello di vita è notevolmente migliorato da due decenni a questa parte. È una società molto giovane e in fermento.
L’azione dei cristiani
I cristiani sono orgogliosi della loro fede radicata nella pietà familiare e caratterizzata da un forte radicamento parrocchiale. Le vocazioni alla vita consacrata (religiose e diocesane), benché in diminuzione, continuano a godere di buona considerazione. E a giusto titolo. Infatti, i preti, i religiosi e le religiose sono seri nella loro vocazione; la loro vita è esigente e, con la molteplicità dei loro impegni ecclesiali e sociali, suscitano la benevolenza delle popolazioni locali, cristiane o no.
Inoltre – scrive p. Hòa – dovunque in Vietnam sorgono nuove chiese, si costruiscono case religiose e luoghi di pellegrinaggio…
La prima messa della giornata viene celebrata alle 5.00 del mattino e non è raro vedere nelle parrocchie la presenza di diverse centinaia, per non dire parecchie migliaia, di fedeli.
Le comunità religiose sono impegnate, nella misura del possibile, nell’educazione e nei progetti caritativi: accesso all’acqua potabile, costruzione di strade e di ponti, formazione professionale, aiuto materiale per i più poveri….
Oggi come ieri, non è senza fatica mantenere questo dinamismo ecclesiale. La Chiesa vietnamita ha resistito a suo modo ai venti contrari e questo continua ancora…
Il Vietnam, diversamente dalla Cina, non ha fortunatamente sofferto della perniciosa separazione tra Chiesa ufficiale e Chiesa clandestina. La Chiesa ha sempre dato prova di pazienza quando lo Stato le ha messo il bastone tra le ruote. Ha sopportato e sopporta tuttora con sufficiente pazienza e umiltà un certo numero di ingiustizie, convinta che ciò che non è realizzabile oggi lo sarà domani. La storia, in parte, le dà ragione.
Ci sono comunità religiose che si stabiliscono, poco alla volta, dove qualche anno prima non erano state bene accolte.
Si promuovono progetti educativi e sociali e vengono edificati dei luoghi di culto, come il santuario di La Vang, in piena ristrutturazione dopo anni di immobilismo dovuto ai freni dell’amministrazione locale. «Questa umile pazienza – sottolinea p. Hòa –, questo rispetto del ritmo dell’altro, questa volontà di non urtare le autorità politiche locali o nazionali ma di dialogare con esse è un modo di resistere tutto impregnato di saggezza asiatica».
Non mancano
le tentazioni
Ma non bisogna adagiarsi sugli allori. Siccome si parla di resistenza vediamo come la Chiesa è chiamata ad essere più autentica, più fedele al Vangelo. Se il materialismo e il suo corollario e il divario tra i poveri e i ricchi non cessano di crescere nella società vietnamita, bisogna riconoscere che l’attrattiva per i segni esteriori della ricchezza ha contagiato anche la Chiesa. Potendo fare affidamento sulla solidarietà ammirevole dei cristiani vietnamiti locali ed espatriati, la Chiesa ha la possibilità di realizzare le sue ambizioni: ogni Chiesa parrocchiale vuole essere più bella e più grande di quella del campanile vicino; le congregazioni religiose puntano anch’esse su edifici sempre più grandi e, per questo, sempre meno accessibili al mondo esterno, a scapito di una scelta più profetica di inserimento di piccole comunità religiose semplici più a contatto con la vita del quartiere. Anche se, nelle comunità religiose, il comfort rimane generalmente modesto, la mensa è sempre ben fornita di cibo e bevande, cosa ben lontana dalla gente che vive nel bisogno nelle città e nei villaggi.
L’impegno
sociale
Per quanto riguarda l’impegno sociale, c’è una generosità reale e spontanea delle comunità cristiane. Ne abbiamo una prova nelle centinaia di orfanotrofi gestiti oggi dalle comunità religiose, che sopravvivono grazie alle offerte materiali e finanziarie dei fedeli.
Tuttavia, nella Chiesa, le questioni sociali non sono affrontate in maniera sistematica. Il senso del bene comune è spesso molto deficitario nella società e la Chiesa raramente si distingue su questo punto.
In Vietnam, la solidarietà si limita spesso alla cerchia familiare e parrocchiale. Temi come l’ecologia, i migranti interni, le problematiche legate all’alcolismo, alla violenza verso le donne, all’abbandono scolastico, alla condizione di lavoro degli operai… sono argomenti realmente affrontati da piccoli gruppi nella Chiesa, ma non trovano un’eco nel popolo cristiano in generale.
Occorre
più formazione
Un modo privilegiato di opporre resistenza consiste nel formare le coscienze. Anche su questo punto c’è molto da fare. Se il tasso di alfabetizzazione in Vietnam è abbastanza alto (secondo in dati dell’Unicef, il tasso totale degli adulti, dal 2008 al 2012, era del 93,4% e il quoziente netto di scolarità nella scuola primaria, sempre negli stessi anni, del 99,4%), c’è una scarsa formazione allo spirito critico.
L’insegnamento consiste troppo spesso in contenuti da ingurgitare e da restituire parola per parola. Nelle parrocchie e, in misura minore – forse!? – nei seminari, è la stessa cosa.
Un esempio che colpisce è quello della preparazione al battesimo degli adulti e al matrimonio. Molti vengono battezzati per poter sposare una persona cattolica senza che la fede metta radici nel loro cuore prima del battesimo. Per quanto riguarda la preparazione al matrimonio, si impara in tre mesi un contenuto catechistico – in se stesso valido –, ma si affrontano poco problemi cruciali come la sessualità, la crisi della coppia, l’equilibrio tra vita di lavoro e vita di famiglia, l’educazione dei figli…
Il problema è globale, ma riguarda in particolare la formazione dei preti. I seminaristi sono dei giovani seri nella loro vocazione; hanno un buono spirito di servizio e sono coscienti del compito che li attende. Tuttavia, vivono durante i loro lunghi anni di formazione nel più completo isolamento e dialogano poco con i laici. Una volta ordinati, non hanno sempre gli strumenti o la sensibilità per essere vicini alle preoccupazioni della gente.
Opporre resistenza vuol dire anche passare attraverso la pubblica denuncia delle ingiustizie. Su questo punto la Chiesa è lontana dall’impegnarsi. La libertà di stampa è ridotta al minimo. Secondo Reporter senza frontiere, il Vietnam si colloca al 175° posto su 180 paesi per la libertà di stampa. È una posizione più che critica, quasi sullo stesso piano della Cina che occupa il 176° posto.
Nei giornali ufficiali, alcuni giornalisti provano tuttavia a criticare, denunciando certi affari di corruzione o problemi della società mal gestiti dal governo come il sovraffollamento negli ospedali, l’inquinamento ambientale, lo scandalo alimentare…
Nei rari giornali cattolici tollerati o nei siti delle diocesi o delle congregazioni religiose il tono è sempre ammorbidito e si evitano i problemi che possono disturbare. Si parla di celebrazioni religiose, di costruzione di chiese e di anniversari di ordinazioni, ma si passano sotto silenzio gli attentati alla libertà individuale e a quella di culto, come anche i problemi sociali, salvo rare eccezioni.
I vietnamiti – scrive p. Frédéric – sono molto orgogliosi della loro storia ecclesiale, specialmente di quelle centinaia di migliaia di martiri che hanno contribuito allo sviluppo della fede nel paese. Che ne è oggi? Quanti cristiani soffrono a causa della loro coraggiosa posizione sui problemi della giustizia e della pace?
La domanda è legittima, ma la risposta non è semplice, è lontana. Ci sono senza dubbio, in mezzo alle ombre, iniziative che portano frutti concreti, ma è sufficiente? Che ne è, per esempio, della condizione operaia in Vietnam? È normale che la gente lavori settanta ore alla settimana per un salario di 200 euro? Ne parla la Chiesa? Gli operai vengono informati dei loro diritti? Si verrebbe a conoscere meglio la loro vita quotidiana.
Andare verso
le periferie
Opporre resistenza vuol dire anche prendere l’iniziativa. La percentuale dei cristiani in rapporto alla popolazione generale ristagna. In certe parti del Vietnam, i giovani nelle riunioni non sono che una minoranza. Altrove, la fede cristiana è una grande sconosciuta per la maggior parte della popolazione.
Esiste sì un movimento missionario verso le periferie; qua e là alcune comunità religiose si stabiliscono nei luoghi ancora poco cristianizzati. Ciò avviene spesso secondo la strategia del “non richiesti, non rifiutati”; ciò significa che ci si stabilisce senza il permesso dell’autorità locale e, con il tempo, la comunità si ingrandisce. Si passa da una Chiesa di bambù a una Chiesa in cemento… Ma abbiamo l’impressione che poche congregazioni abbiano veramente una dinamica missionaria al cuore dei loro orientamenti.
L’apertura di nuove comunità corrisponde spesso a un bisogno vitale di espansione delle congregazioni i cui membri non cessano di crescere. Ma, il più delle volte, il criterio di stabilità prevale sull’assunzione del rischio. L’installazione in una zona urbana costituisce la norma rispetto all’invio nelle zone più emarginate che avrebbero maggior bisogno di operai per la missione.
E che dire della missione ad extra? Impressiona vedere che certe diocesi, evangelizzate da coraggiosi missionari venuti dall’estero, pronti a qualsiasi sacrificio per il Vangelo, le quali oggi abbondano di vocazioni non hanno il senso della missione universale. La stessa costatazione vale per le congregazioni religiose saldamente stabilite in Vietnam. Si mandano certo dei preti a formarsi all’estero – in quantità significativa!– e capita a volte che alcuni rimangano in quei paesi.
Ma sono troppo poche le congregazioni che si dedicano generosamente alla missione ad extra. Essere pionieri nelle regioni remote del Vietnam o avere il coraggio di andare lontano a servire un’altra Chiesa locale sono belle avventure, ma richiedono una buona dose di coraggio, di fiducia in Dio, di compassione verso tutti coloro che non hanno mai sentito parlare del Vangelo o che sono ancora sordi ai suoi appelli. «Il missionario – sottolinea p. Frédéric – è un resistente nell’anima!».
Una Chiesa
perseguitata?
«Leggendo questo articolo – scrive p. Frédéric – il lettore accorto non mancherà probabilmente di chiedersi perché non abbiamo messo al cuore del discorso il problema delle persecuzioni dei cristiani in Vietnam. È perché pensiamo e costatiamo che la persecuzione dei cristiani per la loro fede in Vietnam rimane, a nostro umile parere, una realtà piuttosto limitata nella vita della Chiesa locale.
Ci sono, effettivamente, dei gravi attentati alla libertà della fede dei cristiani, ma sono episodi relativamente isolati.
I vietnamiti in genere sono tolleranti e anche benevoli verso i cristiani. La legge può essere dura nei loro riguardi, ma i rapporti interpersonali hanno la meglio sui testi della legge.
Le autorità locali e nazionali sono costituite da una molteplicità di persone: alcune chiaramente malevole, altre indifferenti, altre ancora benevole e pronte a collaborare con le autorità ecclesiastiche. I problemi tra la Chiesa e lo Stato raramente riguardano la pratica della fede.
Ciò che fa problema – e, in questo, le difficoltà che le autorità ecclesiastiche devono fronteggiare non differiscono da quelle delle popolazioni locali – sono le questioni legate al diritto di proprietà e alla difesa dei poveri e dei cittadini di fronte agli abusi di potere, alla corruzione, agli scandali finanziari. Da parte dello Stato c’è un certo timore nei confronti dei cristiani, perché questi hanno il vantaggio di formare un corpo omogeneo, capace di prevenire gli abusi e di denunciarli.
«Ma – sottolinea ancora p. Frédéric –, anche se gli abusi dei detentori del potere sono reali e le vittime più numerose di quanto si pensi, per mancanza di informazioni affidabili e rese pubbliche, noi siamo restii a definire la Chiesa del Vietnam come una delle più perseguitate del mondo. Pensiamo che la resistenza da attuare in Vietnam riguardi più l’ambito della fedeltà ai valori evangelici che non quello dell’opposizione a un nemico come il potere costituito. Abbiamo il coraggio di chiederci: la Chiesa vietnamita è sufficientemente autentica al punto da soffrire la persecuzione? O non è forse a volte poco impegnata, e quindi oppone poca resistenza alle correnti che contrastano la verità del Vangelo?»
A.D.