Terenzi Vittoria
Orizzonti e speranze
2018/2, p. 8
Il Convegno si è svolto alla luce del Messaggio di incoraggiamento di papa Francesco indirizzato ai partecipanti, in cui ha evidenziato le sfide che la pastorale vocazionale si trova oggi ad affrontare. E ha esortato ad avere fiducia nei giovani e fiducia nel Signore.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Convegno sulla pastorale vocazionale alla VC
ORIZZONTI
E SPERANZE
Il Convegno si è svolto alla luce del Messaggio di incoraggiamento di papa Francesco indirizzato ai partecipanti, in cui ha evidenziato le sfide che la pastorale vocazionale si trova oggi ad affrontare. E ha esortato ad avere fiducia nei giovani e fiducia nel Signore.
La Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, in vista del Sinodo dei Vescovi 2018, ha organizzato a Roma, dal 1° al 3 dicembre 2017, un Convegno sul tema: «Pastorale vocazionale e vita consacrata. Orizzonti e speranze». Circa 800 consacrati e consacrate – tra cui Moderatori Maggiori, animatori e operatori di pastorale vocazionale provenienti da tutto il mondo – hanno partecipato all'evento.
Queste le finalità del Convegno: riflettere sulla natura della sequela Christi nel momento storico attuale; proporre una visione vocazionale ampia e articolata nell’approccio alla pastorale giovanile-vocazionale; approfondire la situazione della pastorale delle vocazioni alla vita consacrata nella fase iniziale e nel successivo accompagnamento; cogliere le linee metodologiche più efficaci per l’animazione e la promozione delle vocazioni alla vita consacrata partendo da un’esperienza condivisa.
Il Convegno si è articolato in tre fasi: la prima, nella quale si è cercato di approfondire il tema della pastorale vocazionale dal punto di vista biblico, dell'interculturalità e della situazione giovanile attraverso i contributi di mons. José Rodríguez Carballo, OFM, Segretario della CIVCSVA, Fr Timothy Radcliffe, OP, e Don Pascual Chávez Villanueva, SDB.
Nella seconda fase, sono state esposte alcune esperienze di servizio alle vocazioni; nel terzo momento, si è cercato di indicare alcune piste concrete per orientare la pratica della pastorale vocazionale e aiutare i responsabili dell’animazione delle vocazioni alla vita consacrata. Un prezioso contributo è stato offerto dalle relazioni del card. Lorenzo Baldisseri, Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, che ha presentato un focus su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” e del card. Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero, che ha approfondito il tema della cura della dimensione umana nell'itinerario della vita consacrata.
Occorre fiducia
nei giovani
Ad aprire il Convegno, sono giunte le parole di incoraggiamento di papa Francesco che, nel messaggio indirizzato ai partecipanti, ha evidenziato le sfide che la pastorale vocazionale si trova oggi ad affrontare. Occorre avere fiducia nei giovani e fiducia nel Signore. «Fiducia nei giovani, – ha esortato il Santo Padre – perché ci sono molti giovani che, pur appartenendo alla generazione “selfie” o a questa cultura che, più che “fluida” sembra essere “gassosa”, cercano un senso pieno per la loro vita, anche se non sempre lo cercano là dove lo possono trovare». Bisogna anche avere uno sguardo di fede sul mondo, in particolare sul mondo dei giovani e non temere di proporre il «vieni e seguimi» con audacia evangelica.
Ha fatto eco a queste parole l'intervento del card. João Braz De Aviz, Prefetto CIVCSVA: «Viviamo un momento della storia umana bisognosa di un senso vocazionale della vita che non deluda. (...) Noi consacrati fin dall’esperienza battesimale, inseriti nella vita di Dio e nella sua famiglia, la Chiesa, siamo eredi del patrimonio vocazionale e carismatico della Chiesa e sentiamo la gioia e il dovere di custodirlo e promuoverlo».
Nel corso della mattinata, mons. José Rodríguez Carballo, OFM, arc. Segretario CIVCSVA, a partire dalla Parola del Nuovo Testamento, ha evidenziato alcune caratteristiche della vocazione: non è una “professione” o una “attività” ma è la scelta di mettere al centro dell'esistenza la persona di Gesù e scegliere una radicalità di vita. "Gesù oggi, conoscendo la nostra storia personale, passa accanto a noi e a tanti giovani, ci guarda e li guarda con infinito amore, e ci ripete ancora una volta: seguimi". La vocazione è una chiamata personale, che ciascuno riceve in un determinato momento della vita, che porta a riconciliarsi con la propria storia personale e a leggerla come “storia di salvezza”. Chi si occupa dell'accompagnamento vocazionale deve essere innanzitutto testimone con la propria vita, deve rispettare la libertà di scelta del giovane e aiutarlo a fare un incontro personale con Gesù che lo sosterrà, poi, nel momento della prova.
Un cambiamento
d’epoca
Trattando il tema del rapporto tra i giovani e la vita consacrata oggi, don Chávez Villanueva ha presentato un'attenta analisi dei nostri tempi e, citando le parole di papa Francesco, ha affermato che oggi viviamo non in un’epoca di cambiamenti, ma in un cambiamento di epoca: ci troviamo al sorgere di un nuovo umanesimo. Ai giovani, per lo più, basta vivere nel presente senza radici nelle quali fondare la fede e senza un futuro che possa ancorare una speranza e ciò ha ovvie ripercussioni sulla scelta della vocazione alla vita consacrata. C’è una diversa concezione del tempo della vita: i consacrati guardano la storia come un cammino verso un fine escatologico, in cui il presente è un momento di passaggio. Nei giovani, invece, il presente assume un valore quasi assoluto: ciò che conta è l’oggi, per cui l’impegno verso una scelta che dura una vita esula dal loro orizzonte. Nonostante ciò, sostiene il religioso, resta sempre valido il pensiero di don Bosco: i giovani sono capaci di grandi sogni e di imprese impegnative e il compito di un educatore è proprio quello di fare leva sul bene presente per costruire forti personalità. L'animatore vocazionale ha il compito di aiutare i giovani a comprendere che «Dio non è una minaccia per la loro felicità, anzi che solo Lui può appagare i loro aneliti più profondi, riempire di dinamismo la loro esistenza e dare loro la capacità di essere felici e buoni». Bisogna, quindi, presentare con chiarezza la radicalità della scelta personale, che non omologa ma valorizza ciascuno nella propria identità ed essere testimoni credibili in modo che i giovani possano scoprire il senso della vita come dono, possano essere motivati a "sognare in grande". L’importante, infatti, non è «la ricerca di vocazioni come se questa fosse la missione, ma la raccolta di vocazioni come frutto della nostra missione».
Anche Timothy Radcliffe, affrontando il tema dell'interculturalità, ha sottolineato l'esigenza di una testimonianza di vita coerente da parte dei consacrati, che devono essere "uomini e donne mossi dalla vita stessa di Dio". Anche le comunità di vita consacrata devono essere luogo in cui si risponde, insieme, alla chiamata di Dio, in cui si cerca di vivere una sintesi di comunione tra persone che hanno modi diversi di vivere; in cui si cerca di ascoltarsi e comprendersi, pur nelle diversità non soltanto di culture etniche e nazionali, ma anche nella varietà generazionale.
Ciascuno deve essere accolto con la propria particolarità ed essere, poi, chiamato ad andare “oltre”, ad aprirsi a ciò che è differente, anche se l’incontro con ciò che è diverso può, a volte, spaventare. L’altro può essere considerato come una minaccia alla propria identità e, quindi, essere rifiutato o evitato ma si deve comprendere che è proprio nel confronto con l’altro che si può scoprire la propria identità. «Scopriamo chi siamo lentamente – ha affermato T. Radcliffe – mentre diveniamo fratelli e sorelle di persone di altre culture e generazioni. Lasciamo cadere identità piccole e limitate. Chi siamo deve essere ancora rivelato! E spero che la smettiamo di preoccuparci di sapere chi siamo! Perché siamo di Cristo, e chi Lui è, supera la nostra conoscenza». Tre i suggerimenti da lui proposti: capire che la vita consacrata è una chiamata radicale a lasciare tutto per seguire Gesù; sviluppare una teologia forte dei voti come fonte di vita e, infine, maturare una forte leadership creativa.
Occorre un attento
discernimento
Nel corso della seconda giornata, il card. Baldisseri, Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, descrivendo il cammino sinodale e presentando l'esperienza di alcuni giovani, ha offerto interessanti spunti di riflessione. Riguardo la pastorale vocazionale, ha spiegato, occorre un attento discernimento tra le modalità che ormai sono obsolete e quelle che, invece, possono essere ancora proposte ai giovani. Bisogna anche cercare forme nuove di trasmissione della fede e iniziative che siano capaci di suscitare l’entusiasmo dei giovani e la loro partecipazione.
«Siamo invitati ad andare ancora più in profondità, – ha aggiunto – a partire dal modo in cui viviamo la nostra sequela di Cristo. Non basta essere noi sinceramente convinti che il Vangelo, e in specie la persona di Gesù Cristo, sia l’unica via valida per raggiungere la vera gioia o felicità, occorre che questa via della felicità diventi “attraente”, “affascinante”». È, infatti, necessario che i giovani possano dire: "questa bellezza è per me", nella convinzione che tale cammino possa riempire di senso la loro vita.
L'intervento del card. Stella, Prefetto della Congregazione per il Clero, ha posto l'accento sulle linee elaborate nella nuova Ratio formationis e sull'importanza della crescita umana dei sacerdoti e consacrati: «Questa - ha detto - sarà una grande sfida per il futuro della vita religiosa: avere consacrate, consacrati e sacerdoti profondamente umani». In una costante e serena sinergia tra il formando e il formatore, i giovani devono essere aiutati a conoscere se stessi, ad essere interiormente liberi per sviluppare le virtù umane e raggiungere quella maturità psico-affettiva che li renda persone capaci di relazioni d’amore autentiche e gratuite. È, inoltre, fondamentale un attento discernimento, soprattutto nella fase iniziale del percorso vocazionale e che, successivamente, "deve concretizzarsi in un costante accompagnamento personale e comunitario anche nella formazione permanente".
Nel corso delle giornate, ulteriore elemento di concretezza sono state la presentazione di best practices di pastorale vocazionale, iniziative in collaborazione con la Chiesa locale, progetti inter-congregazionali e i lavori di gruppo dai quali sono emerse sia proposte per la Pastorale Vocazionale nei diversi Paesi, sia alcune proposte che saranno poi elaborate e presentate al prossimo Sinodo sui giovani.
Priorità della pastorale
vocazionale
A conclusione dei lavori del Convegno, mons. Carballo ha offerto una sintesi di quelle che devono essere le priorità della Pastorale delle vocazioni. Ha sottolineato la necessità di proporre sempre ciò che si vive, di ricordare che la cura pastorale delle vocazioni è inseparabile dal compito di evangelizzazione, in particolare dell'evangelizzazione della famiglia. Ha ribadito anche la necessità di condurre i giovani ad un incontro personale e profondo con il Signore e proporre loro la "misura alta" della vocazione. Fare la proposta vocazionale significa credere nella bellezza e nell'attualità della vita consacrata, credere che Cristo possa riempire la vita di significato e credere nei giovani. La cura pastorale delle vocazioni implica mettere in pratica la metodologia di Emmaus: essere presenti nella vita dei giovani e camminare con loro, accompagnarli nelle vie di Dio.
«E se tutto ciò che abbiamo detto è vero – ha concluso mons. Carballo – e lo è, la preghiera è il migliore e il primo servizio che possiamo fare alla causa delle vocazioni».
Vittoria Terenzi