Mastrofini Fabrizio
Ha difeso i poveri e le loro terre
2018/2, p. 1
Il Papa dell’ascolto, del dialogo e decisamente proteso verso la giustizia sociale, contro la corruzione e la povertà, per i diritti delle popolazioni autoctone. Così si è presentato papa Francesco in Cile e in Perù. Nunca mas per la pedofilia.

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Viaggio del Papa in Cile e Perù
ha difeso i POverI
E le LORO TERRe
Il Papa dell’ascolto, del dialogo e decisamente proteso verso la giustizia sociale, contro la corruzione e la povertà, per i diritti delle popolazioni autoctone. Così si è presentato papa Francesco in Cile e in Perù. Nunca mas per la pedofilia.
Una presenza forte, chiara, semplice, efficace, almeno per chi guardi senza pregiudizi. All’arrivo in Cile nel discorso al Presidente della Repubblica e al Corpo diplomatico il Papa ha esaltato le conquiste sociali e culturali del paese che lui stesso ha detto di conoscere bene – e ha avuto parole intense sull’importanza del dialogo. In questo contesto – riporto per intero le sue frasi – ha svolto l’importante considerazione sulla «tolleranza zero» per i casi di pedofilia.
Il caso
della pedofilia
«Tale capacità di ascolto acquista un grande valore in questa nazione, dove la pluralità etnica, culturale e storica esige di essere custodita da ogni tentativo di parzialità o supremazia e che mette in gioco la capacità di lasciar cadere dogmatismi esclusivisti in una sana apertura al bene comune (che se non presenta un carattere comunitario non sarà mai un bene). È indispensabile ascoltare: ascoltare i disoccupati, che non possono sostenere il presente e ancor meno il futuro delle loro famiglie; ascoltare i popoli autoctoni, spesso dimenticati, i cui diritti devono ricevere attenzione e la cui cultura protetta, perché non si perda una parte dell’identità e della ricchezza di questa nazione. (…) Ascoltare i bambini, che si affacciano al mondo con i loro occhi pieni di meraviglia e innocenza e attendono da noi risposte reali per un futuro di dignità. E qui non posso fare a meno di esprimere il dolore e la vergogna, vergogna che sento davanti al danno irreparabile causato a bambini da parte di ministri della Chiesa. Desidero unirmi ai miei fratelli nell’episcopato, perché è giusto chiedere perdono e appoggiare con tutte le forze le vittime, mentre dobbiamo impegnarci perché ciò non si ripeta».
Il tema della pedofilia però ha segnalato anche una “scivolata” di papa Francesco quando in risposta ad una domanda ha detto che non ci sono “prove” contro mons. Juan Barros, il vescovo di Osorno, al centro di polemiche e accuse che lo vorrebbero complice di silenzi a copertura degli abusi commessi in passato da padre Karadima. Il Papa è tornato sull’argomento nella conferenza stampa sull’aereo, nel viaggio di ritorno, scusandosi per avere detto “prove” quando sarebbe stato meglio utilizzare la parola “evidenze”. «Ho sbagliato a usare la parola “prova”, parlerei piuttosto di “evidenze”: so che molta gente abusata non può avere delle prove. Non le ha e non può averle, o se le ha ne prova vergogna: il dramma degli abusati è tremendo. Mi è capitato di incontrare una donna abusata 40 anni fa, sposata con tre figli, che non riceveva la comunione perché nella mano del prete vedeva la mano dell’abusatore. La parola “prova” non era la migliore, direi piuttosto “evidenza”. Nel caso di Barros, ho studiato e ristudiato, non ci sono evidenze per condannarlo. E se condannassi senza evidenza o senza certezza morale, commetterei io un delitto di cattivo giudizio». E tuttavia anche la “tolleranza zero” annunciata mostra come di fronte ad una crisi così grave sia necessario trovare anche altre strade per intervenire.
Il degrado ambientale
e la corruzione
In Perù Papa Francesco ha sottolineato l’importanza di “promuovere e sviluppare un’ecologia integrale come alternativa a «un modello di sviluppo ormai superato ma che continua a produrre degrado umano, sociale e ambientale». E questo «richiede di ascoltare, riconoscere e rispettare le persone e i popoli locali come validi interlocutori. Essi mantengono un legame diretto con il territorio, conoscono i suoi tempi e i suoi processi e sanno, pertanto, gli effetti catastrofici che, in nome dello sviluppo, provocano molte iniziative, alterando tutta la trama vitale che costituisce la nazione. Il degrado dell’ambiente, purtroppo, è strettamente legato al degrado morale delle nostre comunità. Non possiamo pensarle come due questioni separate. A titolo di esempio, le estrazioni minerarie irregolari sono diventate un pericolo che distrugge la vita delle persone; le foreste e i fiumi vengono devastati con tutta la loro ricchezza. Questo processo di degrado implica e alimenta organizzazioni al di fuori delle strutture legali che degradano tanti nostri fratelli sottomettendoli alla tratta – nuova forma di schiavitù –, al lavoro irregolare, alla delinquenza… e ad altri mali che colpiscono gravemente la loro dignità e, insieme, la dignità di questa nazione. Lavorare uniti per difendere la speranza esige di essere molto attenti a un’altra forma – spesso sottile – di degrado ambientale che inquina progressivamente tutto il tessuto vitale: la corruzione. Quanto male procura ai nostri popoli latinoamericani e alle democrazie di questo benedetto continente tale “virus” sociale, un fenomeno che infetta tutto, e i poveri e la madre terra sono i più danneggiati. Quello che si può fare per lottare contro questo flagello sociale merita il massimo della considerazione e del sostegno; e questa lotta ci impegna tutti. (…) Coloro che occupano incarichi di responsabilità, in qualunque settore, li incoraggio e li esorto a impegnarsi in tal senso per offrire, al vostro popolo e alla vostra terra, la sicurezza che nasce dalla convinzione che il Perù è uno spazio di speranza e di opportunità… ma per tutti, non per pochi!”.
Mantenere viva
la memoria
A livello ecclesiale ha ripreso tematiche già presenti in altri viaggi e che oramai formano una costante del suo messaggio: non perdere la memoria, sapere sempre quale è la nostra provenienza. Elementi sintetizzati nel passaggio finale del discorso alle religiose e ai religiosi del nord del Perù.
«Vorrei dire, prima di concludere: essere ricchi di memoria e avere radici. Ritengo importante che nelle nostre comunità, nei nostri presbiteri si mantenga viva la memoria e ci sia il dialogo tra i più giovani e i più anziani. I più anziani sono ricchi di memoria e ci danno la memoria. Dobbiamo andare a riceverla, non lasciamoli soli. Loro [gli anziani], a volte, non vogliono parlare, qualcuno si sente un po’ abbandonato… Facciamolo parlare, soprattutto voi giovani. Quelli che hanno l’incarico della formazione dei giovani, dicano loro di parlare coi sacerdoti anziani, con le suore anziane, con i vescovi anziani… - Dicono che le suore non invecchiano perché sono eterne! – dite loro di parlare. Gli anziani hanno bisogno che facciate loro brillare gli occhi e che vedano che nella Chiesa, nel presbiterio, nella Conferenza episcopale, nel convento ci sono giovani che portano avanti il corpo della Chiesa. Che li sentano parlare, che i giovani facciano domande a loro, e così a loro incominceranno a brillare gli occhi, e incominceranno a sognare. Fate sognare gli anziani. È la profezia di Gioele 3,1. Fate sognare gli anziani. E se i giovani fanno sognare gli anziani, vi assicuro che gli anziani faranno profetizzare i giovani».
Ai giovani
un invito a parlare
I giovani e le popolazioni autoctone sono stati anche al centro di importanti momenti nei due paesi. Importanti dunque le parole ai giovani al santuario nazionale di Maipù: «vorrei annunciarvi che ho convocato il Sinodo sulla fede e il discernimento in voi giovani, e inoltre l’Incontro dei giovani. Perché il Sinodo lo facciamo noi vescovi, riflettendo sui giovani, ma, sapete, io ho paura dei filtri, perché a volte le opinioni dei giovani per arrivare a Roma devono passare attraverso varie connessioni e queste proposte possono arrivare molto filtrate, non dalle compagnie aeree, ma da quelli che le trascrivono. (…) A noi spetta aiutarvi perché siate coerenti con quello che dite, questo è il lavoro con cui vi possiamo aiutare; ma se voi non parlate, come potremo aiutarvi? E parlate con coraggio, e dite quello che pensate. Questo dunque lo potrete fare nella settimana di incontro prima della Domenica delle Palme, in cui verranno [a Roma] delegazioni di giovani da tutto il mondo, per aiutarci a far sì che la Chiesa abbia un volto giovane». Il riferimento è all’incontro convocato dal Dicastero Laici Famiglia Vita la settimana prima della domenica delle Palme e che vedrà almeno 300 giovani da tutto il mondo, in rappresentanza delle diverse Conferenze episcopali, organismi ecumenici e di dialogo interreligioso, non credenti.
Valori autoctoni
e ospitalità
A Iquique, nel nord, prima di lasciare il Cile, Papa Francesco si è riferito ai valori autoctoni e al tema dell’ospitalità. «Fratelli, Iquique è una “terra di sogni” (questo significa il nome in lingua aymara); una terra che ha saputo ospitare gente di diversi popoli e culture, gente che ha dovuto lasciare i loro propri cari e partire. (…)Siamo attenti a tutte le situazioni di ingiustizia e alle nuove forme di sfruttamento che espongono tanti fratelli a perdere la gioia della festa. Siamo attenti di fronte alla precarizzazione del lavoro che distrugge vite e famiglie. Siamo attenti a quelli che approfittano dell’irregolarità di molti migranti, perché non conoscono la lingua o non hanno i documenti in regola. Siamo attenti alla mancanza di casa, terra e lavoro di tante famiglie. (…) Tutto quello che è della nostra cultura originaria, dobbiamo condividerlo con la nostra tradizione, con la nostra sapienza ancestrale perché colui che venga, incontri sapienza. Questa è la festa. Questa è acqua trasformata in vino. Questo è il miracolo che fa Gesù».
Il matrimonio
celebrato in volo
Sul piano della cronaca forse occorre sottolineare ancora due aspetti. Il primo riguarda gli incontri con i vescovi del Cile e del Perù: per esigenze interne e senza dubbio comprensibili, non è stata data informazione sui contenuti trattati nei due appuntamenti. È una mancanza notevole perché si sarebbe potuto comprendere di più il rapporto tra Papa Francesco e gli episcopati locali.
Il secondo aspetto riguarda la curiosità del matrimonio celebrato in volo. «Uno di voi – ha spiegato il Papa ai giornalisti – mi ha detto che io sono matto a fare queste cose. La cosa è stata semplice. Il signore (Carlos Ciuffardi, ndr) aveva partecipato al volo del giorno prima. Lei (Paula Podest, ndr) invece non c’era. Lui mi ha parlato. Mi sono accorto che mi aveva sondato… è stata una bella chiacchierata. Il giorno dopo c’erano tutti e due e quando abbiamo fatto le fotografie mi hanno detto che erano sposati civilmente e che otto anni prima stavano per sposarsi in parrocchia, ma la chiesa è crollata per il terremoto il giorno prima delle nozze. E così non c’è stato matrimonio. Dicevano: lo facciamo domani, dopodomani. Poi la vita va avanti: viene una figlia, poi un’altra. Io li ho interrogati e mi hanno detto di aver fatto i corsi prematrimoniali. Ho giudicato che fossero preparati. I sacramenti sono per gli uomini, tutte le condizioni erano chiare. Perché non fare oggi quello che si può fare? Aspettare domani magari avrebbe significato attendere altri dieci anni. Entrambi si sono preparati davanti al Signore con il sacramento della penitenza. Mi hanno detto che avevano anticipato ad alcuni di voi questa loro intenzione: “Andiamo dal Papa a chiedere che ci sposi”. Non so se è vero. Bisogna dire ai parroci che il Papa li ha interrogati bene, era una situazione regolare».
Fabrizio Mastrofini