Gaetani Luigi
La frontiera delle relazioni
2018/12, p. 9
Occorre sottoporsi alla cura del Vaticano II, passare attraverso l’emersione dell’essere popolo di Dio, dentro cui siamo “figli” e “pastori” e chiesa pellegrinante e sinodale. E dentro questo popolo viviamo le reali mutue relazioni che aprono alla comunione.

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Testimoni
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58a assemblea generale CISM
LA FRONTIERA
DELLE RELAZIONI
Occorre sottoporsi alla cura del Vaticano II, passare attraverso l’emersione dell’essere popolo di Dio, dentro cui siamo “figli” e “pastori” e chiesa pellegrinante e sinodale. E dentro questo popolo viviamo le reali mutue relazioni che aprono alla comunione.
Narrare l’esperienza della 58ª Assemblea Generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM), rappresenta una opportunità per intrecciare le storie delle nostre chiese particolari con quelle di oltre 18.000 religiosi, espressione degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, che spendono le loro esistenze per il Regno dei cieli e per il Popolo di Dio, di cui sono parte.
Ben 110 Superiori Maggiori sono convenuti ad Assisi, dal 4 all’8 novembre 2018, presso la “Domus pacis”, sotto la protezione della Regina degli Angeli e dei santi Francesco e Chiara, per confrontarsi sul tema di fondo: “Le relazioni tra Vescovi e Superiori Maggiori. Percorsi di condivisione ecclesiale”.
Finalità
dell’assemblea
La finalità della 58ª Assemblea Generale CISM è stata quella di perseguire un cammino di riflessione sul tema delle “relazioni” intra-ecclesiali, partendo dal documento “Mutuae relationes”, scegliendo, però, di non rincorrere le legittime, quanto parziali, rivendicazioni dei vescovi nei riguardi dei Superiori maggiori e di questi ultimi nei riguardi dei Pastori delle nostre Chiese, ma di allargare le relazioni dall’ambito meramente duale – vescovi e Superiori maggiori – a quello multidirezionale, collocandoci sulla frontiera ecclesiologica del popolo fedele di Dio e della sinodalità, su questo spazio relazionale scomodo e in continuo movimento, dove tutti siamo carovana solidale impegnati in un santo pellegrinaggio, perché è solo su questa striscia di terra teologale, sospesa tra un già e un non-ancora, che le relazioni interpersonali ed istituzionali maturano e divengono di tutto un popolo, di tutto il Popolo di Dio e di tutti nel Popolo di Dio. In questo senso abbiamo applicato le parole di papa Francesco: “Se potessimo seguire questa strada, sarebbe una cosa tanto buona, tanto risanatrice, tanto liberatrice, tanto generatrice di speranza! Uscire da se stessi per unirsi agli altri fa bene. Chiudersi in se stessi significa assaggiare l’amaro veleno dell’immanenza”.
L’asimmetria
relazionale
In questo orizzonte si è sviluppato l’intervento introduttivo del Presidente della CISM, p.. Luigi Gaetani, che ha evidenziato l’asimmetria relazionale come possibilità di essere nella Chiesa, come condizione indispensabile per vivere relazioni mutue multidirezionali perché “il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si deve essere ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi”.
Certo, le differenze tra le persone e le comunità sono fastidiose, ma lo Spirito Santo salda le differenze, riconcilia la diversità essendo Egli stesso il promotore della pluralità nella comunità credente: “solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, al tempo stesso, realizzare l’unità”.
Sappiamo quanto difficili siano le relazioni, a qualunque livello dell’agire umano accadano, sappiamo anche come un “eccesso antropocentrico… continua a minare ogni riferimento a qualunque cosa di comune e ad ogni tentativo di rafforzare i legami sociali”, eccesso che la nostra gente, noi religiosi, forse la stessa Chiesa, ha incarnato come cultura della forza e della contrapposizione, del carrierismo e della sopraffazione; “Questo mondo è la volontà di potenza e nient’altro. E anche voi siete questa volontà di potenza e nient’altro”.
Abbiamo creduto che potevamo vivere le relazioni con avidità e possesso e che questo non avrebbe creato grandi squilibri, mentre la relazione malata del rapporto uomo-uomo, uomo-terra di questi ultimi cinquant’anni ci ha narrato un’altra storia, quella di una devastazione che si è tramutata in disequilibrio relazionale, sociale, ecologico, perché non accade l’uno senza l’altro, e che l’immagine del “Viandante in un mare di nebbia”, di Caspar David Friedrich (opera del 1818), lo rappresenta come l’icona di chi domina senza temere il confronto sebbene, alla fine del cammino, quell’uomo si ritrovi solo.
L’ “urlo di Munch”come icona
A questa immagine di potenza di Caspar, ne è stata affiancata un’altra: l’ “urlo di Munch” (opera di Eduard Munch – 1893). In quel fotogramma esistenziale e cosmico, Munch mostrò in anticipo il volto di un essere umano devastato, perché senza relazioni. Il dramma raffigurato è come uno snodo storico che denuncia l’antropocentrismo dispotico, una denuncia che, nonostante l’urlo straziante, restò inascoltata e generò due guerre mondiali.
L’icona del “grido” di Munch diviene così l’istantanea di tanti assordanti silenzi, di tante relazioni mute o “urlate”, ma pur sempre segnate da “incomunicabilità”; l’immagine di tante forme di ecclesiologia –discendente, funzionale, unidirezionale, giuridica – che sovente tracciano le relazioni tra i vescovi e i Superiori maggiori, senza generare comunione, co-essenzialità dei doni gerarchici e carismatici, correlazione, complementarietà, reciproco riconoscimento dei carismi e delle funzioni istituzionali, della giusta autonomia o esenzione, della pluriformità poliedrica che, come insegna papa Francesco, riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità.
Avremmo potuto presentare una istantanea biblica, come quella dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35), perché anche quella è una storia di relazioni che, ad un certo punto, diventano sorde, difficili e hanno bisogno di un’intera giornata di cammino fatto insieme (composto dalla preposizione σύν, con, e dal sostantivo όδός, via, indica il cammino fatto insieme dal Popolo di Dio), di sinodalità dialogica, per essere recuperate; oppure avremmo potuto soffermarci su una vicenda ecclesiale di grande impatto: le relazioni tra Barnaba e Paolo (At. 9, 26-31; 11, 19-30) ma, alla fine, abbiamo preferito una immagine laica, perché ci è sembrata più pertinente rispetto alla coscienza ecclesiale di popolo che occorre recuperare.
Un disagio
diffuso
Sì, occorre ritornare a scrivere la teologia del popolo, va riformulata una ecclesiologia organica e non settoriale, perché non bisogna credere che il problema delle mutue relazioni riguardi solo i rapporti tra religiosi e vescovi; questi rivelano solo la punta dell’iceberg di un disagio più diffuso e di un bisogno più profondo e allargato, quello che tocca tante componenti della Chiesa che vogliono comprendere la loro vocazione e missione. È la questione posta dai movimenti ecclesiali, dalle comunità di base, dalle donne cristiane, dai laici, dalla Chiesa dei poveri, dai teologi, dalle Chiese particolari, dai giovani al Sinodo, da tutti coloro che si interrogano sulla rilevanza dei doni gerarchici e dei doni carismatici a partire dalla loro co-essenzialità. È la domanda che sale da tutte quelle risorse ecclesiali che segnalano difficoltà di relazione e indicano l’insorgere di una patologia che intacca la comunione del “corpo” ecclesiale, manifestandosi come clericalismo, autoreferenzialità e mondanità spirituale e che rischia di divenire metastasi.
Occorre sottoporsi alla cura del Vaticano II, in particolare bisognerà passare attraverso l’emersione e l’affezione dell’essere popolo di Dio. Dentro questo popolo siamo “figli” e “pastori”, dentro questo popolo siamo Chiesa pellegrinante e sinodale, dentro questo popolo viviamo le reali e mutue relazioni che riconoscono l’alterità e aprono alla comunione, rendendo co-essenziali i doni carismatici e istituzionali – come ha ricordato il prof. Gianfranco Ghirlanda, nel suo intervento su “Ordinario del luogo e Superiore Maggiore. I tria munera a confronto”. Infatti, bisogna osare e spingere a tal punto la co-essenzialità da considerare quegli stessi doni non più due ma un unico e inscindibile dono impastato di grazia e storia, di componente umana e divina, in una sorta di consustanzialità che rende visibile e storica la grazia soprannaturale del carisma attraverso la sua coniugazione istituzionale e l’esercizio organico e complementare dei tria munera.
L’ Assemblea generale CISM è stata anche l’esperienza del confronto delle prospettive canoniche (prof. P. Luigi Sabbarese) e pastorali (mons. Calogero Peri) che devono orientare il generoso e strutturato impegno di testimonianza profetica dei religiosi nelle parrocchie, nelle rettorie e cappellanie, facendo della vita religiosa una forma attualizzata della “chiesa domestica”, una nuova Betania per il Signore e i suoi discepoli, luogo teologico in cui Marta e Maria (Lc 10, 38-42) non siano più due soggetti ma il soggetto plurimo, il noi della comunità e della fraternità, sapendo apportare alla Chiesa particolare la specificità dei carismi, dando respiro missionario, mistico, fraterno; facendo dell’azione pastorale lo spazio dove l’uomo si lascia incontrare da Dio e dove la storia diviene storia redenta, riscattata, sapendo accordare il reale all’ideale, la sete di Dio e quella dell’uomo (Gv. 4).
Confronto tra quattro
rettori di Santuari
È quanto è emerso, ancora più chiaramente, nel confronto tra quattro Rettori di santuari animati pastoralmente dai religiosi (P. Alfredo Avallone – Assisi, Sacro convento; P. Giuseppe Renda – Assisi, S. Maria degli Angeli; P. Natale Panetta – S. Gabriele dell’Addolorata; P. Francesco Di Leo, S. Giovanni Rotondo, S. Pio da Pietralcina), dove ha positivamente impressionato la passione, la dedizione e l’intelligenza pastorale-ecclesiale che anima tutti coloro che sono chiamati a reggere questi importanti santuari, trasformandoli in veri luoghi della presenza di Dio dove la dimensione mistica della fede si concilia con la religiosità popolare e colma l’assenza istituzionale. In questo senso, il santuario è luogo della grazia e del pellegrinaggio verso Dio e non solo spazio dove approdano milioni di persone, luogo teologico dell’esperienza della religiosità popolare, della fede semplice e inculturata, quella legata al mistero dell’incarnazione, alla concretezza della carne del Verbo e degli uomini che ha bisogno di trovare “traccia” del passaggio di Dio nel tempo e nello spazio, trasformando quei punti di approdo in veri percorsi di spiritualità, in opportunità per saldare lo straordinario all’ordinario del cammino di fede, che poi continua nelle parrocchie e nelle comunità cristiane.
Le relazioni come percorsi di condivisione ecclesiale ci hanno portato a considerare, inoltre – grazie all’apporto e alla presentazione degli Orientamenti “Economia a servizio del carisma e della missione” da parte di mons. José Rodiguez Carballo, Segretario della CIVCSVA, e all’approfondimento del tema “I beni immobili degli IVCSVA e la Chiesa particolare. Percorsi di condivisione”, da parte di mons. Baturi, Sottosegretario della C.E.I. – quanto l’economia e i beni immobili debbano restare a servizio della missione perché sono beni della Chiesa, senza tuttavia trascurare che il capitale più consistente affidato alla vita religiosa non sia rappresentato da quei beni materiali o dalle opere ma dai carismi e dalle persone. Tutto deve essere ridato per l’evangelizzazione del popolo di Dio e per i poveri, sapendo che “il denaro deve servire e non governare”, che siamo solo amministratori di una multiforme grazia (1 Pt 4, 10). Infatti, solo chi dona generosamente, fidandosi di Dio, come la vedova di Zerepta di Sidone, sa che la farina e l’olio non verranno meno (1 Re 17, 1-16).
Infine, l’Assemblea ha dedicato una particolare attenzione, grazie all’apporto del prof. don Giacomo Incitti, alle “Ammissioni, riammissioni di candidati al sacerdozio e alla vita religiosa. Orientamenti ecclesiali”. Si è trattato di far emergere una situazione che vede non pochi soggetti, spesso in fase di formazione iniziale o già presbiteri, vagare e passare da una condizione vocazionale ad un’altra; si è tentato di dare forma ai tanti orientamenti ecclesiali delle diverse Congregazioni e degli stessi Istituti religiosi, perché coloro che sono chiamati a discernere – vescovi e Superiori maggiori- su persone che vivono come una instabilità identitaria e necessitano di una ricomprensione della loro vocazione e missione nella Chiesa o nella società, abbiano elementi certi e condivisi.
Una grande ricchezza
di contenuti
La 58ª Assemblea Generale della Conferenza Italiana Superiori Maggiori (CISM) è stata ricca di contenuti, una vera scuola di formazione permanente, di fraternità serena e impegnata a pensare insieme; una esperienza di spiritualità vissuta nei luoghi di Francesco e Chiara di Assisi, due campioni di mutue relazioni vissute nella Chiesa e con la Chiesa, che ci hanno aiutati a valorizzare la presenza e la parola del Nunzio in Italia, mons. Emil Paul Tscherrig, del vescovo del luogo mons. Domenico Sorrentino, di mons. Gualtiero Sigismondi, Vescovo di Foligno e Presidente della Commissione Mista, del card. Gualtiero Bassetti, Presidente della C.E.I. che, con la sua paterna presenza e la sua parola pacata, ci ha ricordato che le relazioni esigono l’arte del ricostruire le relazioni interiori con il Signore, ricucire l’umanità del consacrato e pacificare le relazioni nella comunità. Il cardinale ha trasmesso un respiro di Chiesa attraverso la sua persona, e di questo tutti i Superiori maggiori sono grati, ci ha detto come la Chiesa possa essere casa di comunione, luogo di ascolto e di dialogo, luogo abitato e da far abitare, soprattutto dai giovani.
In tutto questo percorso, non abbiamo dimenticato che le mutue relazioni toccano l’ambito della scuola cattolica, perché non possiamo lasciare soli tanti Istituti, tanti confratelli che continuano l’opera sociale di formazione e costruzione dell’umano. Le scuole cattoliche, infatti, sono risorsa della società e della Chiesa, luogo riconosciuto di libertà ed integrazione multiculturale.
Non ci siamo dimenticati degli Istituti impegnati nell’ambito del “terzo settore”, in quello spaccato sociale della dedizione operosa e umanizzante di tanti religiosi nei confronti dei giovani e di tanta umanità che rischierebbe di vivere al margine.
Infine, non abbiamo dimenticato l’attenzione ai poveri e ai migranti perché l’impegno dei religiosi in questo ambito è lodevole e senza calcoli, come esige il Vangelo e come ci ha chiesto papa Francesco nell’udienza concessa alla CISM. Abbiamo messo a disposizione immobili, risorse finanziare e di personale per far fronte alle necessità degli ultimi, consapevoli che la compassione nei riguardi dell’uomo resta un valore che dà dignità all’altro, perché ti fa percepire che la tua vita è una vita in debito (Rm 13, 8) rispetto alla sua, rispetto a tutto quello che a te è stato elargito dalla vita e da Dio.
p. Luigi Gaetani, OCD
Presidente Nazionale della CISM