Gellini Anna Maria
Sinodalità e vita cristiana
2018/11, p. 46
Michele Giulio Masciarelli, prete dell’arcidiocesi di Chieti-Vasto, docente di Teologia dogmatica al Marianum di Roma e di Teologia fondamentale e dogmatica nell’Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti, esamina la «sinodalità» dal punto di vista della sua giustificazione teologica. Senza tuttavia escludere una considerazione della sinodalità come testimonianza e impegno di missione per ogni cristiano e per l’intera Chiesa.

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NOVITà LIBRARIA
SINODALITà
E VITA CRISTIANA
Michele Giulio Masciarelli, prete dell'arcidiocesi di Chieti-Vasto, docente di Teologia dogmatica al Marianum di Roma e di Teologia fondamentale e dogmatica nell'Istituto Teologico Abruzzese-Molisano di Chieti, esamina la «sinodalità» dal punto di vista della sua giustificazione teologica. Senza tuttavia escludere una considerazione della sinodalità come testimonianza e impegno di missione per ogni cristiano e per l'intera Chiesa: «Ciò che chiede papa Francesco, quando parla della sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, è di superare l'autoreferenzialità dei ministri ordinati per tornare a concepire i vescovi come coloro che - secondo l'insegnamento di LG 23 - rappresentano singolarmente la propria Chiesa e collegialmente la Chiesa intera, rendendo il collegio episcopale l'epifania della communio Ecclesiarum».
Sinodalità, parola antica
e sempre nuova
Nel greco profano, sinodo è la combinazione di due parole: syn (con, insieme) e odòs (strada, cammino), cioè un camminare insieme e costruire un'assemblea. Nel greco biblico dei Settanta ekklesia deriva da ek-kaleo che per solito traduce l'ebr. qahal, la convocazione o assemblea divina. Nel greco patristico, invece, sinodo indica l'assemblea o la chiesa. Qui l'etimologia comincia a qualificarsi ancora di più in senso cristiano: il termine greco synodos, che nella sua trascrizione latina (synòdus) è sempre stato usato come sinonimo perfettamente equivalente a concilium, alla cui etimologia (cum-calere, «chiamare insieme») molto si avvicina. Ne deriva che “l'arco di apertura del significato di sinodalità coincide con quello di tutta la Chiesa, con tutti i suoi soggetti, e si estende a tutti i suoi tempi, a tutti i suoi ambiti, a tutti i suoi temi. Si può dire che il suo perimetro coincida con quello della Chiesa.” Sinodalità è «un criterio basilare, condiviso significativamente da tutte le grandi tradizioni cristiane, sia pure con accentuazioni e fasi diverse» e soprattutto perché si pone come «espressione e strumento della comunione ecclesiale». Fedeli e gerarchia, teologi e magistero, qualche volta non sembrano costituire una unità, nella diversità di ruoli e di carismi. Per eliminare questi difetti, serve una cura di sinodalità, che è l'intendersi nello Spirito.
Cantiere
mai chiuso
Sinodalità può essere considerata una «parola-seme» (capace di germinare e ramificare con frutti); una «parola-fonte» (che la si trova innervata nei temi più importanti); una «parola-conchiglia» (in grado di echeggiare tante tematiche teologiche). La difficoltà a definirla è sicuro indice di notevole effervescenza vitale. “Tuttavia ha senso e serve molto cercarne una definizione aperta, come in un cantiere mai chiuso, dove si elaborano continuamente spostamenti, gerarchizzazioni dei suoi elementi, puntualizzazioni, integrazioni, sottrazioni, abrasioni, ristrutturazioni, decostruzioni, ricostruzioni, rifiniture e altro”. Dunque, è importante capire che cosa essa sia, quali siano i suoi fini, le sue forme, le sue funzioni ma soprattutto quale ne sia la giustificazione teologica.
Sinodalità
e carismi
L'esperienza sinodale non è marginale nella vita di Chiesa, ma la pervade totalmente ed è all'interno di questa sinodalità permanente che rientra l'esercizio e il governo dei carismi: è lo Spirito che aiuta i discepoli di Gesù di ogni ora a porsi in modo confacente alla loro natura e a farli fruttificare. I carismi sono una dotazione dello Spirito offerta ai christifideles; essi sono di tipo operativo-comunitario in quanto li rendono adatti e pronti ad assumere uffici e responsabilità sia per il rinnovamento della Chiesa, sia per la sua espansione missionaria. Il loro carattere pubblico-operativo è sottolineato dal fatto che, per il loro discernimento, essi hanno bisogno di riferirsi ai pastori della Chiesa, ai quali «spetta soprattutto di non costringere lo Spirito» e di orientare tutto all'unità e alla missione. Così, una forte dimensione sinodale sta nel fatto che, nell'esercizio e nel governo dei carismi, si esige da parte di tutti la stessa obbedienza allo Spirito, sebbene osservata in forme differenti: il sentire comunionale da lui ispirato, inoltre, aiuta a non reprimere i carismi (cf. 1 Cor 14,27-40) e a non opporre carismi a istituzione (cf. 1 Cor 12,4-10.28). Dati per il servizio alla Chiesa, se non li soffochiamo, i carismi sono risorse di grazia per l'esistenza cristiana, per la vita di Chiesa, per l'opera di missione; soprattutto, lo Spirito non li fa mancare mai, insieme ad altri suoi doni, per orientarli all’edificazione e all'animazione del Corpo di Cristo.
Sinodalità
sapienza di vita
La sinodalità della Chiesa si mostra come una sapienza di vita, tanto necessaria al nostro tempo, segnato dalla fretta, dall’attivismo, dall’arrivismo, da tante altre malattie dello spirito. Dentro la famiglia ecclesiale (e oltre essa) occorre coltivare ogni giorno lo spirito sinodale tenendo vivo il senso dell'uguaglianza basata sulla pari dignità filiale. La sinodalità è virtù, è comunione, è ricerca di armonie di vita, è convivialità, è umanità affidabile, è cultura, è ascolto, è discepolato e sequela, è pellegrinaggio in cui non ci sono né esuli né vagabondi, ma fragili fratelli che camminano insieme verso un’unica direzione.
Anna Maria Gellini