Santità sotto ogni cielo
2018/11, p. 38
Con l’andare del tempo, il concetto di santità si è impoverito,
fino a ridursi a una sorta di eroicità, appartenente
a una corte di figure eccezionali, oggetto di venerazione
e d’improbabile imitazione. Le vie della santità
sono molteplici, ma tutte sgorgano dalla relazione
profonda che Dio stabilisce con gli uomini, trasformandoli
in creature nuove, capaci di vivere - al pari del santo
- di alterità e di amore.
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Testimoni
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VOCE DELLO SPIRITO
SANTITà
SOTTO OGNI CIELO
Con l'andare del tempo, il concetto di santità si è impoverito, fino a ridursi a una sorta di eroicità, appartenente a una corte di figure eccezionali, oggetto di venerazione e d'improbabile imitazione. Le vie della santità sono molteplici, ma tutte sgorgano dalla relazione profonda che Dio stabilisce con gli uomini, trasformandoli in creature nuove, capaci di vivere - al pari del santo - di alterità e di amore. I «santi», «tutti i santi», sia del Primo come del Nuovo Testamento, sono coloro che hanno deciso di accogliere Dio e il suo amore, in una relazione indelebile, che fa del popolo «il popolo di Dio» e di Dio «il Dio del suo popolo».
I santi non appartengono a una classe, a una cultura, a una lingua, e non abitano dentro i confini costruiti dalle mani dell'uomo: dalle nazioni, dagli enti culturali e religiosi... Essi appartengono solo al mistero di Dio, che è insondabile. Si tratta della moltitudine dei poveri e degli afflitti, dei miti e dei puri di cuore, dei costruttori di pace e di giustizia, sotto ogni cielo. Per questa ragione, l'associazione della festa dei santi con il ricordo dei morti non è un accessorio casuale. Nella visione cristiana chi muore per amore entra nel grande regno del Dio santo e inaccessibile, con l'Agnello che ci ha redenti e con la moltitudine immensa che nessuno può contare. Le beatitudini evangeliche esprimono in modo mirabile questa speranza.
L’evangelista Matteo (5,1-12) legge la beatitudine nell'ottica del Regno annunciato da Gesù. Questo significa che il vangelo non assolutizza nessuna condizione storica e a nessuna connette indissolubilmente la gioia cristiana. L'assoluto per il cristianesimo non è la condizione economica o sociale in cui una persona si trova, ma il regno di Dio e la sua giustizia. In questa prospettiva, la beatitudine sugli anawîm contesta radicalmente le gerarchie umane - secondo le quali la felicità è indissolubilmente legata alla ricchezza e al potere - e stabilisce un altro ordine, una situazione nuova, in cui al primo posto sono Dio e la sua sapienza.
Nel pensiero di questo evangelista l'avvento del Regno nella persona di Gesù capovolge le categorie della sapienza umana, secondo la quale i poveri, gli afflitti, i miti, i perseguitati sono dei perdenti. Matteo annuncia un capovolgimento, dovuto all'irruzione del mondo di Dio: i perdenti diventano i beneficiari della salvezza messianica. Si può ben dire che il fondamento della gioia dei poveri, degli afflitti, dei miti... non è la situazione che vivono, ma la speranza che il regno di Dio proietta sulla loro situazione.
Esattamente il contrario del sonno delle coscienze, perché si tratta della contestazione radicale delle categorie del mondo: al primo posto nel Regno non sono i sapienti e gli intelligenti, ma i piccoli... Questo capovolgimento fa di essi dei protagonisti della storia della salvezza, e non dei succubi.
Ed è proprio qui che il discorso della santità s'intreccia con quello delle beatitudini. Il mondo chiede ricchezza e forza, astuzia e competizione... La santità nasce dalla consapevolezza che tutto è grazia e che il mondo con le sue astuzie e i suoi miti è destinato a perire, mentre rimane l'amore dei santi: di quelli che ci hanno preceduto e di quelli che ci accompagnano. Essi c'insegnano a guardare la realtà con altri occhi, nella persuasione che la pace non scaturisce dall'inganno, ma dalla certezza che il progetto di Dio viaggia sui sentieri dei miti e dei pacificatori, dei perseguitati e dei giusti.
Massimo Grilli
da In ascolto della Voce
EDB, Bologna 2011