La prima Summer School islamo-cristiana: religioni e cittadinanza
2018/11, p. 22
Il “gruppo di interesse sull’islam”, che fa capo all’Unedi,
da alcuni anni promuove iniziative di dialogo e conoscenza
reciproca tra musulmani e cristiani. In continuità
con quanto già fatto (giornate di studio, seminari) e a
completamento di questo percorso, è stata promossa,
con il contributo particolarmente prezioso di Francesca
Forte, docente di islamologia, un incontro residenziale
tra una quarantina di giovani universitari rappresentanti
delle due fedi religiose.
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Testimoni
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La prima Summer School islamo-cristiana: religioni e cittadinanza
“Sappiamo di vivere in un contesto dove abbondano i conflitti e le incomprensioni, ma crediamo nel valore dell’incontro, della discussione e del confronto anche su ciò che resta diverso e continua a dividerci”.
Presso la “Casa per la pace” di Pax Christi ad Impruneta (FI), dal 30 Agosto al 2 Settembre si è tenuta la prima Summer School islamo-cristiana sul tema “Religioni e cittadinanza”. Organizzata dall’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso della Conferenza Episcopale Italiana (Unedi), sotto la direzione di don Cristiano Bettega, ha portato a compimento un mandato particolarmente fruttuoso di direttore dell’Unedi, prima del passaggio del “testimone” a don Giuliano Savina, parroco milanese con lunga esperienza di studi e di pratica del dialogo.
Il “gruppo di interesse sull’islam”, che fa capo all’Unedi, da alcuni anni promuove iniziative di dialogo e conoscenza reciproca tra musulmani e cristiani. In continuità con quanto già fatto (giornate di studio, seminari) e a completamento di questo percorso, è stata promossa, con il contributo particolarmente prezioso di Francesca Forte, docente di islamologia, un incontro residenziale tra una quarantina di giovani universitari rappresentanti delle due fedi religiose. L’obiettivo era la formazione sui temi della cittadinanza e dei valori costituzionali, insieme all’approfondimento di tematiche legate alla convivenza in un contesto pluralista. Tutti i partecipanti hanno ricevuto un attestato di frequenza. La testimonianza di quanto vissuto insieme è ben condensata in queste parole, redatte al termine degli incontri: «Sappiamo di vivere in un contesto dove abbondano i conflitti e le incomprensioni, ma crediamo nel valore dell’incontro, della discussione e del confronto anche su ciò che resta diverso e continua a dividerci.
Accanto alla riflessione accademica è stato prezioso coltivare la preghiera, la convivialità e l’amicizia, il ragionare insieme su situazioni concrete e fare i conti anche con le nostre reazioni emotive ai problemi posti. Tutto ciò che abbiamo vissuto chiede di essere custodito e trasmesso, e con questa convinzione confidiamo in ulteriori proposte, specie se indirizzate alle realtà locali del nostro Paese».
Due riflessioni personali
Merita in particolare dare spazio qui a due riflessioni personali, elaborate a qualche giorno dalla fine dall’evento. La prima è quella di una giovane studiosa musulmana, dottoranda in Germania, Rosanna Maryam Sirignano, che si è espressa in questo modo parlando in rete a nome della sua associazione, la Confederazione islamica italiana: «La Summer School è stata una preziosa occasione per riflettere sulla complessità della realtà, troppo spesso ridotta a banali semplificazioni. Abbiamo riscoperto il valore di parole come “politica”, intesa come cura del bene comune e della propria comunità, di “religione” come pratica per coltivare e accrescere la propria spiritualità. Abbiamo riflettuto a lungo sulla cultura italiana, composta da elementi provenienti da diverse tradizioni e religioni, sul valore della Costituzione, troppo spesso dimenticata. Ci siamo posti importanti interrogativi sulle sfide che si pongono ai credenti delle rispettive religioni nella società odierna. Siamo tornati nelle nostre città con il cuore colmo di gratitudine, con il desiderio di impegnarci nel creare spazi di condivisione nei nostri territori e con la speranza che si dia continuità a questa esperienza».
Sul clima degli incontri Rosanna Maryam aggiunge parole profonde e commoventi: «Sin da subito tra i giovani si sono create relazioni di amicizia, nel rispetto della diversità di ognuno, tenendo conto dell’umanità che ci unisce. Ci siamo guardati negli occhi, ci siamo riconosciuti, abbiamo parlato, mangiato, dormito, passeggiato riscoprendo il valore dello stare insieme. Le due religioni islam e cristianesimo e le diversità culturali, in questo contesto sono state fonte di preziosi insegnamenti e nutrimento spirituale per ognuno di noi».
Da parte sua, Raffaele Ballardini, di Trento, neolaureato in lettere, forte di una lunga esperienza nello scoutismo e ora all’inizio della professione d’insegnante, descrive così la “composizione” quantitativa e qualitativa del team: «Il gruppo della Summer School era formato da 20 ragazzi cristiani e 20 ragazzi musulmani. Per lo più si trattava di studenti universitari, o comunque di persone che hanno da poco terminato l'università. I ragazzi musulmani erano tutti di seconda generazione, o comunque venuti in Italia piuttosto piccoli. C'era una buona rappresentanza delle varie realtà nazionali, con giovani provenienti sia dall'area centro-settentrionale che da quella meridionale (tra le provenienze: Lecce, Taranto, Napoli, Firenze, Modena, Bologna, Parma, Milano, Mantova, Torino, la Liguria, Padova, Brescia, Trento): questo penso ci abbia dato la percezione di una questione che riguarda davvero tutto il nostro paese. Sia tra i cristiani che tra i musulmani si osservavano modalità diverse di vivere la dimensione di fede (diverse modalità di preghiera, l'impressione di una varietà di gradi di “osservanza” – non so se sia il termine corretto – in particolare tra le ragazze musulmane), e il desiderio forte di dialogare e confrontarsi nel rispetto reciproco».
Quanto al contenuto e all’andamento del programma, Raffaele aggiunge nella sua testimonianza: «Abbiamo riflettuto, in generale, sui rapporti tra religione e politica, sul legame tra religioni-violenza-nonviolenza, su come il nostro essere credenti possa influenzare il nostro essere cittadini e in quale senso, sulla convivenza e gli strumenti per attuarla e in generale sul ruolo delle religioni nella costruzione di una società di pace. In alcuni momenti avremmo sentito il bisogno di tempi un po' più distesi, e di maggiori spazi per confrontarsi in gruppo, in modo da poter sviluppare e approfondire gli stimoli ricevuti (veniva sempre lasciato ampio spazio per le domande al termine di ogni sessione, ma forse poteva servire proprio un momento dedicato al dibattito/confronto in gruppo). Gli organizzatori ci hanno fatto giustamente osservare che la preoccupazione era un po' quella di dare dei dati precisi per inquadrare bene i problemi, così da evitare di parlare di tutto e di nulla. Forse per il futuro si potrà cercare di equilibrare meglio queste due esigenze».
Non solo idee ma anche preghiera
Non solo idee e discussioni, ma anche preghiera, come ancora nota Raffaele: «Le giornate sono state molto dense, secondo una formula che univa alle sessioni i momenti di preghiera: per i ragazzi musulmani le cinque preghiere quotidiane, per noi una sorta di mattutino light, le lodi seguite dalla messa, ora media, vespro e compieta (secondo il modello della liturgia delle ore). In alcune occasioni, come ad esempio la preghiera del venerdì e la messa della domenica, abbiamo partecipato gli uni alle preghiere degli altri; per molti di noi è stato un momento significativo, e anche i nostri coetanei musulmani hanno gradito molto la partecipazione alla messa. Ci siamo detti che pregare insieme, pur nelle differenze di credo e di culto, o comunque essere presenti dove l'altro prega, è davvero qualcosa di significativo e ci fa percepire ancora di più come siamo tutti fratelli (o almeno cugini) nel nostro padre Abramo e nell'unico Dio».
Il “Viaggio intorno al mondo”
Proprio in apertura delle quattro giornate di studio, confronto, visite e spettacoli, è stato presentato “Viaggio intorno al Mondo”, il progetto avviato dall’Ufficio ecumenismo e dialogo interreligioso della Chiesa di Bologna, grazie a un contributo della Cei e di diversi altri donatori: un gruppo di otto studenti universitari, che fanno base nella parrocchia di san Sigismondo, si sono messi alla ricerca dei tesori spirituali, religiosi e culturali delle comunità di “nuovi cittadini”. I ragazzi, quattro uomini e quattro donne, delle quali due sono musulmane, sono accompagnati da don Fabrizio e da una giornalista, Giulia Cella. Dietro di loro, “invisibilmente”, il documentarista sociale Marco Santarelli, già noto nazionalmente e internazionalmente per Dustur, li segue nelle loro esplorazioni con la cinepresa. Dall’esperienza, iniziata a febbraio e in conclusione a ottobre, sortirà dunque un film, una mostra fotografica e un libro scritto dai protagonisti. Il messaggio del progetto, che nelle sue tre “restituzioni comunicative” inizierà a circolare dall’inizio del 2019, vuol essere semplice, ma “forte e chiaro”: senza volere disconoscere i nodi legati all’integrazione dei nuovi arrivati, l’apporto positivo dei migranti non è riducibile al puro calcolo economico, ma a un di più di umanità, cultura e spiritualità che possono e devono rendere la città più bella, profonda, affascinante.
La Summer School di Firenze è stata dunque una “prima volta” nazionale, che non è nata dal nulla e della quale si spera che non finisca nel nulla. È segno della volontà di scommettere sul dialogo e l’integrazione, senza facili scorciatoie ma anche senza paura di andare avanti in un “mondo plurale”. Il “laboratorio di dialogo” bolognese è partner a pieno titolo di questo percorso: esso lo sostiene in modo creativo e, si spera, costruttivo.
Tre le possibili sfide per il prossimo anno: mettere a frutto l’esperienza di Viaggio intorno al Mondo, portandola nelle parrocchie, nei gruppi giovanili, nelle scuole e nei quartieri; organizzare una Summer School locale, regionale e interdiocesana, facendo tesoro e sviluppando l’esperienza fiorentina; immaginare una nuova istanza formativa per il dialogo e l’integrazione, diretta sia a operatori professionali di vari settori (assistenza sociale, ospedale, scuola, carcere, Caritas) sia alla cittadinanza nel suo insieme. L’obiettivo perseguito: contribuire a fare delle fedi e delle religioni una risorsa e non un ostacolo o peggio una minaccia per la buona cittadinanza.
Ignazio De Francesco