Cabra Piergiordano
Foto di gruppo
2018/11, p. 11
La canonizzazione di Paolo VI, “in gruppo” con altri “santi minori”, è sembrata a qualcuno uno sgarbo nei confronti del grande Pontefice, già penalizzato dalla debole popolarità. Ma quale sgarbo? Sembra di essere ritornati nel 1622, addì 12 marzo, quando i romani accorrevano alla canonizzazione di Filippo Neri, malcontenti che il loro romanissimo santo fosse messo assieme ad altri spagnoli di cui non ricordavano neppure i nomi. E questi poco simpatici spagnoli erano nientemeno che Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila e Francesco Saverio.

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FOTO DI GRUPPO
La canonizzazione di Paolo VI, “in gruppo” con altri “santi minori”, è sembrata a qualcuno uno sgarbo nei confronti del grande Pontefice, già penalizzato dalla debole popolarità. Ma quale sgarbo? Sembra di essere ritornati nel 1622, addì 12 marzo, quando i romani accorrevano alla canonizzazione di Filippo Neri, malcontenti che il loro romanissimo santo fosse messo assieme ad altri spagnoli di cui non ricordavano neppure i nomi. E questi poco simpatici spagnoli erano nientemeno che Ignazio di Loyola, Teresa d’Avila e Francesco Saverio.
In cielo si entra non per gradi gerarchici, ma per gradi di santità. Si sale più in alto in cielo quanto più si discende in basso sulla terra. La carriera celeste è sovente inversamente proporzionale alla carriera terrestre. E chi in terra sale, deve discendere molto in umiltà, se vuol salire in cielo, dal momento che l’umiltà è la sorella prima della carità.
Vedere il grande Papa accanto a umili preti e ad umilissime suore, per non parlare del giovane laico beatificato proprio da Paolo VI e pescato, sembra, all’ultimo minuto, allarga il cuore. Se la Chiesa visibile è gerarchica, quella invisibile è democratica, retta dal solo potere della santità, che qui da noi raramente viene misurata adeguatamente.
Riunire assieme ad una delle personalità più significative del XX secolo, quale è stato Paolo VI, un Vescovo eliminato come scomodo dal potere del suo piccolo paese e altre persone praticamente ignote al grande pubblico, significa che gli attori della Storia che resta, quella scritta dagli Angeli, sono ben diversi dai protagonisti che appaiono frequentemente sugli schermi televisivi o di cui si parla sui social, attori di una storia che per lo più si dissolve nell’inconsistenza dell’oblio.
Questa foto di gruppo ha anche il vantaggio di poter presentare un volto diverso della Chiesa anche ad un pubblico interessato più ai suoi scandali che ai suoi santi. Qui si trovano riuniti rappresentanti dell’ “Alto Clero”, quelli del “Basso Clero e delle monache”, oltre alla categoria dei “poveri cristiani”.
Il gruppo ha in comune il programma di vivere e di servire nel nome del Signore, “in nomine Domini”, come recita lo stemma episcopale di Giovanni Battista Montini.
Un programma che libera e sostiene meravigliose energie messe al servizio dell’altro, che motiva le dedizioni più costruttive, che risveglia il desiderio di eternità presente in ogni cuore, che rischiara di splendore unico il volto della Chiesa.
Avanti dunque in nomine domini, per creare altre foto di gruppo dove si rende più luminosa la vita cristiana e più cristiana la vita umana.
Piergiordano Cabra