Boni Elena
Fede, bellezza e moda
2018/11, p. 9
Il cattolicesimo si è posto spesso in posizione contraddittoria di fronte al tema della bellezza, specie nella sua espressione più effimera: la moda. Una mostra internazionale e il X Festival francescano ci invitano a riflettere su un approccio ambivalente che riguarda soprattutto il femminile.

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Mostra sulla moda e X edizione del Festival francescano
FEDE, BELLEZZA
E MODA
Il cattolicesimo si è posto spesso in posizione contraddittoria di fronte al tema della bellezza, specie nella sua espressione più effimera: la moda. Una mostra internazionale e il X Festival francescano ci invitano a riflettere su un approccio ambivalente che riguarda soprattutto il femminile.
Il prestigioso Metropolitan Museum of Art di New York (MET) ha dedicato quest’anno una colossale mostra al rapporto tra il sacro, la moda e la bellezza con specifico riferimento al cattolicesimo. La mostra era intitolata Heavenly Bodies. Fashion and the Catholic Imagination (Corpi celesti. Moda e immaginario cattolico) ed è rimasta aperta dal 10 maggio all’8 ottobre, preceduta da una presentazione a Roma, nella Galleria di Palazzo Colonna, a febbraio e da una controversa inaugurazione-sfilata (l’annuale MET Gala) a New York lo scorso 7 maggio. Nelle sale del museo americano sono state esposte 150 creazioni dei più importanti stilisti mondiali, tutte accomunate da un’ispirazione legata alla religione cattolica. Gli abiti di alta moda erano accostati agli “originali” da cui traggono ispirazione: arte sacra, oggetti liturgici e soprattutto paramenti sacri. Per l’occasione il Vaticano ha concesso in esposizione più di quaranta pezzi provenienti dalla sacrestia della Cappella Sistina e mai usciti, prima d’ora, dalle mura vaticane: oggetti unici come le scarpe rosse di Giovanni Paolo II, la mitra di Leone XIII, le tiare di Pio IX e il piviale di Benedetto XV.
Un interesse
mondiale
La mostra Corpi celesti ha superato, nei sei mesi di apertura, il milione e mezzo di visitatori, risultando la più visitata di sempre al Museo. Al netto delle congiunzioni socio-economiche (il lusso, l’arte e il turismo culturale stanno vivendo una stagione particolarmente florida, anche come beni-rifugio di investimento) possiamo domandarci il motivo di tanto interesse del pubblico per il connubio tra religione e moda, tra sacro e profano.
Se, da un lato, l’arte e la moda si sono sempre ispirati ai temi della sacralità e della religione, anche in modo implicito o dissacratorio, dall’altro non è affatto pacifico il rapporto tra fede e moda: anzi, il pontificato di papa Francesco è fortemente orientato alla sobrietà e i discorsi del papa invitano spesso a guardarsi dalla mondanità, dal lusso, dalla ricerca della ricchezza e dell’ostentazione. Non sono mancate, del resto, forti critiche interne ed esterne alla Chiesa per l’accostamento di temi sacri e lusso sfrenato, in particolare per le mises sfoggiate da artisti, modelle, ospiti vari alla mondanissima serata di presentazione a cui ha partecipato anche il card. Dolan. L’evento, il cui biglietto d’ingresso costava ben 30.000 euro, ha suscitato nei media ammirazione o indignazione, fino a essere da alcuni tacciato di blasfemia.
Fede
e bellezza
In questo contesto non appare banale che i francescani si siano interrogati in forma pubblica sul rapporto tra fede e bellezza. L’ordine che più di ogni altro, nell’immaginario collettivo, rispecchia nella Chiesa i canoni della sobrietà e del rifiuto della mondanità ha voluto dedicare la X edizione del Festival francescano proprio al tema della bellezza.La manifestazione ha visto susseguirsi dibattiti culturali di alto livello, momenti liturgici e di preghiera, approfondimenti tematici e feste di piazza. Come ha ricordato fr. G. Cavalli nella presentazione del festival, il titolo Tu sei bellezza deriva dalle Lodi di Dio Altissimo, preghiera che san Francesco compose alla Verna nel 1224 quando ricevette le stimmate. Ma è la stessa espressione che Francesco usò – ricorda sempre Cavalli – quando, all’inizio della propria conversione, si avvicinò al lebbroso.
Per Francesco il concetto di bellezza nel rapporto con Dio passa necessariamente attraverso gli uomini e le altre creature. “Bello” è, prima di tutto, Dio. E già l’espressione ci risulta inusuale, poiché siamo abituati a definirlo, piuttosto, “buono” o “santo” o “grande”... Anzi, nell’iconografia cristiana la bellezza può essere un attributo di Gesù o di Maria, ma in quanti quadri della Trinità troviamo rappresentato un Dio che risponda ai nostri canoni estetici di bellezza? “Bello” però è anche il mondo creato da Dio: se nella traduzione italiana della Genesi “Dio vide che era cosa buona”, nella traduzione greca dei Settanta il termine kalòs (bello) accentuava un altro aspetto del termine ebraico originario tôv che riunisce in sé i significati di “buono”, “utile” e “bello”. Allora “molto bello” (oltre che “molto buono”) è l’uomo, creatura prediletta di Dio. Il titolo del festival Tu sei bellezza si può, quindi, leggere anche come rivolto all’uomo, al pubblico, all’ascoltatore, al partecipante.
Quale bellezza?
Un convegno sulla moda
All’interno del festival, il tradizionale appuntamento di formazione dedicato ai giornalisti ha scelto proprio il tema della moda: È la bellezza, stampa! Parlare alla moda. Dal medioevo alle influencer, passando “sul” corpo delle donne. Sono intervenuti esperti di varie discipline, provenienti dal mondo cattolico e dal mondo della moda; ne è risultato un quadro composito e affascinante di cui presentiamo alcuni dettagli.
La giornalista D. Trotta ha ricordato lo strettissimo nesso tra la bellezza e la questione femminile (con il suo naturale risvolto: la questione maschile) ma anche tra la bellezza e il mondo dell’infanzia. Infatti i modelli estetici di cui soprattutto le donne sono oggetto (e spesso anche soggetto) si riflettono anche sull’educazione dei bambini e delle bambine, che da sempre tendono ad “assomigliare ai grandi”. Se Umberto Eco ci ha insegnato, con un approccio interdisciplinare, che il concetto di bellezza cambia nel tempo e nello spazio, nondimeno ogni epoca e società cercano di far passare come “normali” i propri canoni estetici. Compito del buon giornalista è “dare voce a chi non ce l’ha”: nel campo in questione si tratta dei “brutti”, ovvero di chi non risponde ai canoni estetici dominanti; ma anche di chi li subisce esageratamente (si pensi alla diffusione dell’anoressia tra le giovanissime a partire dagli anni ’90); dei vari personaggi mediatici vessati dall’obbligo di apparire, sempre e comunque, esteticamente perfetti; infine dei bambini/e, vittime inconsapevoli delle proiezioni estetiche degli adulti. L’invito è quello di riportare l’est-etica alla sua dimensione etica, anche nel giornalismo di moda.
La prof.ssa M.G.Muzzarelli ha svolto un’interessante panoramica storica sul corpo e la bellezza. Nella ricerca storica statue e dipinti si rivelano preziosissimi per rivelare le mode dell’epoca in cui nascono; ma anche testi di medicina, prediche e sermoni, trattati di cucina e di musica, leggi e statuti possono svelarci molto dell’immaginario sul corpo, sulla moda, sull’estetica. Una cifra distintiva della moda attraverso i secoli è il suo legame con il sacrificio e persino con la sofferenza. “Per abbellire bisogna soffrire” è un motto che ritroviamo in ogni epoca e latitudine e che sovente si è tradotto in vere e proprie torture imposte soprattutto alle donne (zeppe altissime, corsetti strettissimi, acconciature invalidanti, trattamenti estetici dolorosi...). Oggi si assiste all’eccessivo ricorso alla chirurgia estetica, che mira all’eterna giovinezza; ma abbiamo anche, nella cultura e nella moda, timidi segni di speranza nel senso di una maggiore consapevolezza di sé e accettazione della propria bellezza naturale.
A conclusioni simili sono giunti gli interventi dei giornalisti di moda L.Ballio e D. Bresciani: dopo decenni di moda imperante oggi si assiste a una sorta di sincretismo estetico che valorizza molte bellezze possibili, anche diverse fra loro. Ballio ha raccontato come negli ultimi anni, per motivi non solo etici ma anche commerciali (l’invecchiamento della popolazione più agiata, quindi dei potenziali clienti) la moda stia cercando di superare anche il grande tabù dell’epoca consumistica: la paura di invecchiare e, in definitiva, di morire. La recentissima “scoperta” delle modelle anziane ha ovvi scopi economici, ma produce il benefico effetto di diffondere la cultura dell’imperfezione: siamo tutti imperfetti, tutti diversi e per questo, in fondo, tutti uguali. La massificazione dei comportamenti sui social network ha informato l’intervento di Bresciani, il quale lega la diffusione spasmodica dei selfie a una “cultura della prima persona” che non accetta immagini e opinioni differenti dalla propria. Le famigerate fake news ne sono un prodotto.
La teologa A.P. Viola ha sviscerato il significato di “corpo” in teologia e in filosofia. A differenza della fisicità, che indica una presenza spaziale oggettiva, la corporeità concerne ciò che il soggetto sente della propria fisicità; è dunque una nozione soggettiva e aperta a un significato. Il corpo rivela l’essere: quindi è una parte fugace e transitoria, ma non illusoria della persona, perché ne manifesta l’essenza invisibile. Il mondo della moda esprime bene il rapporto tra l’invisibile e il visibile: come l’arte, l’alta moda sa stupire perché evoca sentimenti e desideri sempre nuovi, riesce a interpretare la vita che sempre si rinnova.
Con questa riflessione ritorniamo alla controversa provocazione lanciata dal MET Gala 2018. In occasione della presentazione della mostra a Roma, il card. Ravasi ha dato alcune importanti chiavi di lettura: “L’uomo non è solo ciò che mangia, ma anche ciò che veste”. Dio stesso si fa sarto quando, prima della cacciata, dota Adamo ed Eva di tuniche di pelle (Gen 3,21). “Nel vestire (...) c’è un aspetto morale, poiché il vestito ha lo scopo di difendere, celare e tutelare il mistero della sessualità e della vita, e c’è un aspetto metaforico (...) poiché la veste rinvia (...) alla funzione sociale di chi la porta, e alla rappresentazione simbolica che ne consegue”. Infine “il desiderio di dissacrare è innato nell’animo umano. C’è però un aspetto positivo: si dissacra solo ciò che conta, solo ciò che è importante”. Evidentemente, molte persone ritengono importante approfondire il legame tra la fede e la bellezza – che questa si esprima nell’arte, nella moda o nella “semplice” bellezza di ogni creatura di Dio.
Elena Boni