Prezzi Lorenzo
Divisione nell'Ortodossia: lo scisma slavo-ellenico
2018/11, p. 8
Anche se formalmente il tomo dell’autocefalia (il documento dell’autonomia) della Chiesa ortodossa ucraina non è stato ancora firmato, la decisione è già presa. L’11 ottobre il sinodo della Chiesa di Costantinopoli ha deciso di «rinnovare la decisione già presa, che il Patriarcato Ecumenico proceda alla concessione dell’autocefalia della Chiesa di Ucraina». Filarete Denisenko, Makariy Maletych, i due vescovi che dirigono le Chiese ortodosse «scismatiche» dell’Ucraina sono «canonicamente ristabiliti nei loro ranghi gerarchici o presbiterali, e i loro fedeli sono ripristinati alla comunione con la Chiesa».

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Testimoni
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Divisione nell’Ortodossia: lo scisma slavo-ellenico
Al di là delle complesse discussioni storiche, canoniche ed ecclesiologiche vi è un conflitto di egemonia nelle Chiese ortodosse: Mosca intende sostituirsi a Costantinopoli come riferimento.
Anche se formalmente il tomo dell’autocefalia (il documento dell’autonomia) della Chiesa ortodossa ucraina non è stato ancora firmato, la decisione è già presa. L’11 ottobre il sinodo della Chiesa di Costantinopoli ha deciso di «rinnovare la decisione già presa, che il Patriarcato Ecumenico proceda alla concessione dell’autocefalia della Chiesa di Ucraina». Filarete Denisenko, Makariy Maletych, i due vescovi che dirigono le Chiese ortodosse «scismatiche» dell’Ucraina sono «canonicamente ristabiliti nei loro ranghi gerarchici o presbiterali, e i loro fedeli sono ripristinati alla comunione con la Chiesa».
Il 15 ottobre il sinodo della Chiesa ortodossa russa, responsabile della Chiesa ortodossa ucraina fedele al patriarca Cirillo di Mosca, ha scomunicato il patriarca di Costantinopoli e ha proclamato la divisione: «L’accoglienza nella comunione di scismatici e di persone colpite dall’anatema da parte di un’altra Chiesa locale con tutti i vescovi e il clero ordinati, l’ingerenza su territori canonici stranieri, il tentativo di negare le proprie decisioni e obbligazioni storiche, tutto questo colloca il patriarcato di Costantinopoli fuori dello spazio canonico e, con nostro grande dolore, ci rende impossibile mantenere la comunione eucaristica con i suoi gerarchi, il suo clero e i suoi laici. Da oggi e fino a quando il patriarcato di Costantinopoli non rinunci alle sue decisioni anticanoniche, è impossibile a tutti i ministri della Chiesa ortodossa russa di concelebrare con i preti della Chiesa costantinopolitana, e ai laici di partecipare ai sacramenti celebrati nelle loro chiese».
Egemonia
teologia e politica
La storia del conflitto ecclesiale ha lunghe radici storiche (cf. Testimoni 10\2018 p. 26), ma concretamente parte nel 1991 quando l’Ucraina si proclama indipendente dalla Russia e il vescovo Filarete (1992) fonda il Patriarcato di Kiev, la prima Chiesa «scismatica». Da lì a poco nasce la seconda, la Chiesa ucraina autocefala. Nell’ultimo censimento sono 11.392 le chiese e cattedrali e 12.328 le comunità filo-russe. Quelle del patriarcato di Kiev: 3.784 chiese e 5.114 comunità. La chiesa autocefala: 868 chiese e 1195 comunità.
Al di là delle complesse discussioni storiche, canoniche ed ecclesiologiche vi è un conflitto di egemonia nelle Chiese ortodosse: Mosca intende sostituirsi a Costantinopoli come riferimento. Il suo rifiuto a partecipare al grande sinodo di Creta del 2016 e l’organizzazione del concilio a Mosca nel dicembre del 2017 con i rappresentanti di tutte le comunità dell’Ortodossia lo dimostrano. Il conflitto ecclesiale si muove ai confini fra Chiese di ceppo slavo e Chiese di ascendenza ellenica. Sono 14 le Chiese autocefale dell’Ortodossia che, assieme a quelle autonome e indipendenti, raccolgono 250 milioni di fedeli. Di questi 150 sono, finora, legati a Mosca. Alle tensioni ecclesiali si sovrappongono le richieste della politica. Il governo ucraino chiede l’autocefalia per rafforzare l’unità del paese contro le mire espansionistiche della Russia, che ha occupato la Crimea e alimenta la guerra nel Donbass. Ma dietro c’è anche la volontà degli USA di rafforzare l’Ucraina in funzione anti-russa, magari aprendole la porta della Nato. I quattro milioni di cattolici sui 43 di abitanti (prevalentemente greco-cattolici di rito bizantino), pur favorevoli al patriarcato autonomo, non si sono espressi. La loro situazione futura non è priva di ombre. La loro richiesta di un «patriarcato cattolico» non verrà esaudita e la formazione di una Chiesa ortodossa nazionale potrebbe relegarli nello scomodo confine di chiesa straniera.
Per le Chiese cristiane lo scisma è una tristissima notizia. Le incomprensioni e gli scontri intra-ortodossi rallentano il cammino ecumenico e indeboliscono la testimonianza cristiana comune, specialmente in Europa.
Lorenzo Prezzi