Glenday David
La preghiera al cuore del Capitolo
2018/11, p. 5
Vivere il Capitolo come un dono di preghiera. Vivere la preghiera come il cuore del Capitolo, non solo come momento di preparazione, ma come luogo dove i Capitoli nascono, da cui sono generati, dove le decisioni e gli orientamenti vengono concepiti.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
P. David Glenday al capitolo delle suore del PIME
LA PREGHIERA
AL CUORE DEL CAPITOLO
Vivere il Capitolo come un dono di preghiera. Vivere la preghiera come il cuore del Capitolo, non solo come momento di preparazione, ma come luogo dove i Capitoli nascono, da cui sono generati, dove le decisioni e gli orientamenti vengono concepiti.
1 riflessione
Desidero iniziare dalla lettura del testo del Vangelo che potrebbe accompagnarvi in questa giornata. Il Prologo del Vangelo di Giovanni. “In principio era il Verbo… E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria… Pieno di grazie e di verità… Dio lo ha rivelato”. E anche voi siete, di fatto, al prologo del vostro Capitolo Generale!
Al cuore di quanto desidero condividere con voi oggi, troviamo un incoraggiamento che è questo: vivere il Capitolo come un dono di preghiera. Vivere la preghiera come il cuore del Capitolo, non solo come un momento essenziale di preparazione, non solo come un accompagnamento essenziale, ma la preghiera come il luogo dove i Capitoli nascono, da cui sono generati, dove le decisioni e gli orientamenti dei Capitoli vengono concepiti. Preghiera come il luogo dove il Capitolo trova coraggio, speranza, forza, immaginazione, creatività. La preghiera come il luogo dove il Capitolo condurrà la nostra famiglia missionaria. La preghiera come destinazione. Potrà la nostra famiglia missionaria divenire una famiglia maggiormente dedita alla preghiera come conseguenza del Capitolo? Saremo noi, come famiglia, più capaci di contagiare alla preghiera, più capaci di infiammare le persone? Una domanda che potreste farvi riguardo alla preghiera è la seguente: Come, questo Capitolo, potrebbe divenire grazie di preghiera per me? Sono stata chiamata al Capitolo. In che modo questo significa che sono stata chiamata alla preghiera? Forse, nella preghiera, potreste anche rivedere il cammino che avete fatto da quando avete saputo che avreste partecipato al Capitolo: Che differenza ha determinato, in che modo ha arricchito, ha messo in discussione la vostra preghiera? Come piccolo aiuto nel pensare al dono di preghiera che ci è dato durante il Capitolo, vorrei brevemente e molto semplicemente, chiedere e rispondere con voi a tre domande: il come, il che cosa e il dove del dono della preghiera nel Capitolo.
Il come: Come posso pregare, quando prego il Capitolo? Per iniziare, suggerisco il passo di Fil 2,13, dove Paolo dice molto semplicemente: È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare! La nostra preghiera è, innanzitutto, Dio che lavora in noi. L’invito, l’iniziativa, la chiamata, l’attrazione, la perseveranza sono sue. In questo momento, nella vostra vita e nel Capitolo come riconoscete Dio che opera in voi? Dio il giardiniere, Dio il costruttore, Dio il vasaio, Dio l’architetto. Penso che questa convinzione, questa fede in Dio che opera in me, possa generare cose belle nella nostra preghiera.
I frutti
della preghiera
Primariamente, pace e serenità. Prima di tutto, la preghiera è opera sua. La preghiera è ciò che Dio fa. Anche nel Capitolo, Dio opera! Quindi iniziate il Capitolo con questa certezza, vera, dettata dall’esperienza: “abbi fiducia, stai in pace… perché il Signore è coinvolto. Il Signore ama la vostra famiglia missionaria, la apprezza, la mantiene viva. Abbiate fede nella sua azione. Il Signore opera in voi, suscitando il “volere e l’operare”.
Il secondo frutto di Dio all’opera in noi è l’attenzione. L’attenzione è una condizione, un modo d’essere. Essere attento, prestare attenzione. Dobbiamo chiedere: Signore che cosa stai facendo? Il prestare attenzione, spesso, richiede silenzio, esteriore e interiore.
Un terzo atteggiamento, che può essere generato dall’operare di Dio in noi, è la Missione. La missione nasce dalla preghiera. “Senza di me non potete far nulla!” Dio è all’opera in noi. Quando siamo attenti a lui, ci renderemo conto che anche noi siamo coinvolti nel suo operare. Il Dio che incontriamo nella preghiera, è un Dio all’opera. Sarà naturale che la nostra preghiera ci disponga, ci convinca a lavorare con lui e a vedere la missione come un favoloso privilegio. Dio il Creatore dell’Universo, mi chiede di essere suo collaboratore! Non dobbiamo sorprenderci di ciò. Dunque il come della preghiera nel Capitolo, comporta una pace profonda, un atteggiamento di attenzione e la disponibilità alla missione.
Il che cosa
Abbiamo l’intera giornata per trovare una risposta a queste domande. Qui trovate la mia. Nel Capitolo preghiamo che il Vangelo accada qui. C’è una frase in Spe Salvi n. 2 che dice: Il Vangelo non è solo informativo, ma performativo. Ciò significa: il Vangelo non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e cambia la vita. Voler pregare il Capitolo, significa desiderare di sentire il Vangelo qui e ora in una forma tale che qualche cosa accada – grazie al Vangelo – e le nostre vite siano cambiate. In altre parole, il Capitolo può essere un evento evangelico. Preghiamo che il Vangelo accada qui e ora. Voglio ricordare tre verbi: 1. Lasciamo che il Capitolo celebri il Vangelo! Dia sapore alla vita delle nostre sorelle. Siamo chiamati a vivere la fase delle relazioni con cuore grato. Celebrate la bellezza del vostro Carisma. Contemplate i frutti dello Spirito in voi stesse. Lasciate che vi sia molta gratitudine nella vostra preghiera, magari anche una gratitudine inattesa. Lo Spirito ci può guidare a ricordare anche cose che avevamo dimenticato o voluto dimenticare. Un buon Capitolo, come ogni buona decisione, scaturiscono dalla gratitudine. Ricordiamo le parole di Ignazio di Loyola: le buone decisioni nascono dalla consolazione, dalla consapevolezza che c’è qualche cosa di reale da celebrare.
Celebrare e ascoltare. Che cosa sta dicendo lo Spirito alla Congregazione. Il primo privilegio che ha un Capitolo è quello di proclamare il Vangelo alla Congregazione. È invitabile che l’ascolto, durante il Capitolo, porti con sé momenti di sofferenza. Tuttavia, si tratta del dolore della crescita. Anche le nostre orecchie e il nostro cuore potranno provare il dolore della crescita. Lo Spirito Santo, generalmente, non è incline a gridare. Sembra che preferisca parlare con calma. Dunque l’ascolto è importante. Terzo, testimoniare. Siamo chiamati a divenire, ad essere trasformati. Citando Papa Francesco, “Io sono una Missione su questa terra!” (EG 273). Ciò che conta è quello che siamo. Lasciamo che il Vangelo avvenga. Il Signore, che Vangelo desidera che io sia? Qui è opportuno suonare la nota di speranza per la grazia di Dio: la storia passata non è mai una prigione, una catena, un condizionamento assoluto. È utile ricordare Geremia 29,11: Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo – dice il Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza. Queste parole sono state scritte mentre il popolo si trovava in esilio. Se preghiamo il Capitolo, come lo preghiamo, che cosa pregheremo e dove ci troveremo pregando? A questo punto, vi raccomando di pregare Gv 1. Giovanni dice che se volete questa grazia, dovete cercarla qui, attenderla qui. Che cosa è questo qui? Vi sono due “qui”: 1) la carne (1,14) “Il Verbo si è fatto carne”. Che benedizione essere deboli! Il gesuita francese Michel de Certeau dice che “le tentazioni sono un privilegio delle persone che sono state scelte“. La preghiera di cui stiamo parlando è quella che dice che siamo deboli. Forse la debolezza è il luogo in cui il Signore ci sta aspettando. Non irritatevi quando scoprite i vostri limiti. Abbiamo letto il Vangelo della Samaritana. S. Agostino, predicando su questo passo si chiedeva: “Perché Gesù ha aspettato la donna vicino al pozzo?”. L’ha attesa perché il pozzo è un grande buco nero. Quando cadremo nel più grande dei buchi neri, egli sarà là. Gesù era stanco…
Il “tutto”
del Capitolo
Un altro luogo di incontro messo in evidenza da Giovanni nel prologo è “tutto”. Verificate quante volte compare la parola tutto nel prologo. Quale sarà il tutto del vostro Capitolo? Sto parlando di aprire i nostri cuori. Stiamo parlando di una visione globale. Come questo tutto sarà presente nelle nostre scelte missionarie? Come permettere alla missione di parlarci? Come permettere al nostro carisma ad gentes di crescere? Carne, tutto è grazia. Grazie e crescita. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia. Forse pregare il Capitolo significherà riconoscere punti di crescita nella grazia che condividerete con le sorelle. Forse significherà prendere a cuore la crescita di ciascuna sorella, credendo nella possibilità di quella crescita. Il carisma è grazia. Se è grazia, cresce. Il Capitolo deve permettere al carisma di crescere, di svilupparsi. È anche importante credere che il Capitolo sarà un momento di crescita personale anche per me!
Lasciatemi concludere con alcune frasi da EG 11: Come affermava S. Ireneo: “Cristo, nella sua venuta ha portato con sé ogni novità”. Egli sempre può, con la sua novità rinnovare la nostra vita e la nostra comunità, e anche se attraversa epoche oscure e debolezze ecclesiali, la proposta cristiana non invecchia mai. Gesù Cristo può anche rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo… Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte… spuntano nuove strade.
II riflessione
Spero che la mattinata vi abbia aiutato ad entrare nella preghiera che il Signore aveva preparato per voi. Spero che ciò che dirò ora possa completare quanto già presentato. Questa giornata di silenzio è un pozzo dal quale abbiamo bisogno di attingere. È un tempo prezioso per il Capitolo. Voglio iniziare con la lettura del brano di Vangelo proposto alla vostra riflessione e preghiera: Gv 4,43.54.
Questa mattina abbiamo detto che il capitolo è grazia di preghiera. Pregare il Capitolo. Abbiamo tentato di suggerire che cosa questo possa significare. Come: Dio opera in voi, prestate attenzione; lasciate che il Vangelo accada, lasciate che il Capitolo sia il Vangelo che accade. Questa è l’unica vera ragione per spendere tutto questo tempo qui! In noi, per noi, attraverso di noi. Dove: la carne (fragilità, povertà, piccolezza, inadeguatezza) e tutto (cuore aperto a tutti, con tutti mezzi).
Un incontro
col Signore
In questo Vangelo, possiamo vedere la grazia di un incontro. Possiamo anche dire questo di un Capitolo Generale! Innanzitutto un incontro con il Signore: sappiamo che possiamo trovare il Signore qui e desideriamo incontrarlo anche per le nostre sorelle.
Potremmo entrare in dialogo con l’ufficiale del re (Gv 4,43ss.) e chiedergli: caro ufficiale del re, che cosa ha significato per te l’incontro con Gesù? Che cosa è successo nella tua vita? Forse, la prima cosa che potrebbe condividere con noi è “quando ho incontrato Gesù, ho incontrato una persona in cammino”. Vi suggerisco di rileggere il Vangelo facendo attenzione a quanti verbi di movimento ci sono. Giudea, Galilea, Samaria. Un uomo in cammino. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù è un missionario. Un incontro autentico con Gesù, è un incontro con un missionario. Nella nostra preghiera, possiamo chiederci: che cosa ha significato nella mia vita l’incontro con Gesù, l’uomo in cammino, l’uomo in viaggio? È ovvio che Gesù, l’uomo in cammino, porta con sé un virus altamente contagioso, così che, quando iniziamo ad interagire con quest’uomo in cammino, ci troviamo noi stessi in cammino come possiamo vedere con la donna samaritana, i samaritani, i discepoli stessi, anche se un po’ più tardi. Tutti noi qui siamo stati “infettati”, altrimenti non saremmo qui. Quanti testi sono capaci le MdI di infettare altri con la fede? Si tratta di generare una testimonianza missionaria. Siamo un gruppo variegato, e siamo l’icona di ciò che accade quando si incontra l’uomo Gesù, l’uomo in cammino. Possiamo pregare questo passo con un senso di gratitudine, ma forse anche dicendo, con un certo timore: “Gesù, come vuoi che ci muoviamo?” Che tu voglia che ci muoviamo è fuori discussione. È sicuro! È raro trovare un passo dove Gesù dice alla gente di rimanere dove si trova. In questo passo c’è un versetto bellissimo, il v. 50b: Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino. Non sarebbe grande se il Capitolo fosse in grado di dire: “Questa è la Parola che abbiamo udito, abbiamo creduto e questo è il cammino sul quale la Parola ci ha indirizzato”. Sarebbe anche meraviglioso se ciascuno di noi potesse dire questo. Questa è la Parola nella quale ho creduto e questo è il cammino sul quale mi ha indirizzato.
Se continuiamo a conversare con l’ufficiale e diciamo: “Dunque, ti sei messo in cammino. Perché?”. Il Vangelo ci dice che è perché ha permesso alla carne di diventare parola per lui. Nella carne di Gesù egli ha udito la parola che gli ha permesso di fidarsi. Mi sembra che questa sia una parte estremamente importante del cammino capitolare. Nella carne, nella realtà, negli eventi, nella storia, nei poveri, nella gente con la quale lavoriamo per percepire una parola che ci metta in cammino. Che parola sta pronunciando Gesù per me? Questo è terribilmente importante, perché è fonte di energia. Permettere alla Vita di darmi vita, vivere in modo che questo mi doni vita. Non viviamo sulla luna, e neppure in Paradiso, ma voi capite che cosa intendo. Questo è ciò che l’ufficiale ha fatto. Un’altra cosa bella della sua esperienza, che gli esperti ci fanno notare è questa: Quando Giovanni si riferisce a quest’uomo, in ogni occasione, utilizza un termine sempre più umano. La prima volta viene chiamato un ufficiale del re. Ha un ruolo. La seconda volta viene definito come l’uomo (l’essere umano). La terza volta, viene definito il padre. Basiliscus, anthropos, pater. Il suo viaggio lo rende più umano. È interessante, guardando al materiale di preparazione a vari Capitoli, notare come vi sia una fame di questo tra i religiosi/e. Siamo religiosi per diventare umani. Non vale il contrario. Nel libro di Ratzinger Introduzione al Cristianesimo troviamo un passaggio in cui dice “Bene, ora che abbiamo spiegato tutto questo sul cristianesimo, se qualcuno chiedesse che cosa significa essere cristiani? Diremmo che significa diventare umani”.
Quindi, forse il nostro Capitolo può prestare attenzione a questa sete, a questo desiderio di umanità, di giungere, con tutti i nostri limiti, ad essere più umane. Questo è un modo molto breve di parlare di un argomento che potrebbe essere trattato in modo più approfondito. Vi sto invitando a guardare al viaggio dell’uomo, prima ancora che egli venga raggiunto dalla notizia. È una storia estremamente umana.
Una fede
contagiosa
Ci sono ancora due cose. Il fatto che la fede è contagiosa. L’uomo arriva a casa e tutta la sua famiglia crede.
Infine, in Giovanni, la “fede” è menzionata 98/99 volte, ma mai usando il sostantivo. È sempre in forma di verbo: credere. Credere in (cammino), credere che (fiducia), credere punto. Fede incondizionata. Lasciatemi terminare con una piccola storia personale (e poi con un paragrafo da EG).
La storia si riferisce al mio papà. Sono nato in India. La mia mamma e il mio papà si sono incontrati su una nave. Papà era scozzese (presbiteriano) e mamma irlandese (cattolica al 110%). Papà era molto comprensivo. Si sono sposati nella Cattedrale di Bombay. Quando papà è andato in pensione dalla marina mercantile, ogni domenica andava a Messa con mamma. Così abbiamo iniziato a sperare che un giorno sarebbe diventato cattolico. Il giorno della mia ordinazione diaconale, ho regalato ai miei una Bibbia, ma ho pensato che sarebbe diventata un soprammobile della casa. Al contrario, ogni volta che andavo a casa trovavo la Bibbia vicino alla poltrona di papà. Questo è avvenuto 5 anni prima che prendesse la decisione di divenire cattolico. La Parola ci aveva messo in cammino. Giunti alla conclusione che papà non sarebbe mai diventato cattolico e che questo andava bene, un mese prima che partissi per l’Uganda (la mia prima missione) ho concelebrato la Messa durante la quale mio papà, a 71 anni, ha ricevuto il Battesimo, prima comunione e confermazione. Pensate alle vostre storie. A come siete state e siete quell’ufficiale del re. A tutti gli ufficiali del re che conoscete.
Con una Chiesa
“in uscita”
Desidero concludere con il famoso numero 49 dell’EG, che parla del cammino.
“Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37)”.
David Glenday