Sinodo dei giovani: l'altra Chiesa
2018/11, p. 4
Un testo di 167 paragrafi, strutturato sull’icona dei
discepoli di Emmaus, sintetizza i lavori del sinodo
dei giovani, che si è svolto dal 3 al 28 ottobre a Roma.
Il primo frutto della discussione, messo in evidenza
da papa Francesco, è – non sembri scontato – la capacità
di assumere come Chiesa uno stile sinodale, cioè
di restare aperta alle domande e alle sfide provenienti
sia dall’interno della vita di fede che dal contesto socio-
culturale senza irrigidirsi nelle posizioni, senza essere
«dottrinalisti» o moralisti, ma sviluppando la capacità
di un autentico dialogo.
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Sinodo dei giovani: l’altra Chiesa
Un testo di 167 paragrafi, strutturato sull’icona dei discepoli di Emmaus, sintetizza i lavori del sinodo dei giovani, che si è svolto dal 3 al 28 ottobre a Roma. Il primo frutto della discussione, messo in evidenza da papa Francesco, è – non sembri scontato – la capacità di assumere come Chiesa uno stile sinodale, cioè di restare aperta alle domande e alle sfide provenienti sia dall’interno della vita di fede che dal contesto socio-culturale senza irrigidirsi nelle posizioni, senza essere «dottrinalisti» o moralisti, ma sviluppando la capacità di un autentico dialogo.
Il documento finale stigmatizza gli atteggiamenti e le situazioni in cui, talvolta, la Chiesa non è stata capace di rendere evidente l’atteggiamento del Risorto sulla strada di Emmaus, facendo prevalere «la tendenza a fornire risposte preconfezionate e ricette pronte, senza lasciar emergere le domande giovanili nella loro novità e coglierne la provocazione» (n. 8).
La crisi degli adulti
Un tema messo a fuoco riguarda un urgente e impellente sforzo rinnovato nel campo dell’evangelizzazione e della trasmissione della fede. Le giovani generazioni – con numeri che destano non poca preoccupazione – spesso non riescono a essere affascinate dalla proposta del Vangelo e dalla pratica ecclesiale; i percorsi dell’iniziazione cristiana, così come quelli della catechesi, non sempre riescono a far intravedere la bellezza della proposta e ad integrarsi con una vita – quella dei giovani – modulata su ritmi veloci, in un mondo che cambia rapidamente e che offre una diversificata offerta di criteri, di stili e di modelli.
L’assemblea sinodale chiama in causa la crisi dell’adulto: madri e padri che spesso non hanno più tra le priorità familiari la trasmissione della fede ai propri figli, ma anche conflitti generazionali crescenti tra giovani e adulti, anche dovuti al fatto che «talora gli adulti non cercano o non riescono a trasmettere i valori fondanti dell’esistenza oppure assumono stili giovanilistici, rovesciando il rapporto tra le generazioni. In questo modo la relazione tra giovani e adulti rischia di rimanere sul piano affettivo, senza toccare la dimensione educativa e culturale» (n. 34).
Volendo ribadire che ciascun uomo ha una vocazione da realizzare per esprimere pienamente la propria umanità e offrire il proprio originale contributo alla società, il sinodo sottolinea le parole chiave dell’azione ecclesiale, che riguardano in generale ogni ambito pastorale e, in special modo, la pastorale giovanile e quella vocazionale.
Né enfasi, né disillusione
Penso che si possa dire che il sinodo sia riuscito almeno nell’intento di «scompigliare» il clima talvolta imbrigliato, che aleggia su certe discussioni ecclesiali. Da oggi in poi, nessun pastore o consacrato, nessun operatore pastorale o laico attivamente impegnato potrà trascurare nella propria riflessione e azione il pensiero di come raggiungere i giovani e di come far loro spazio.
Certamente, quanto il sinodo è andato discutendo ed elaborando deve essere visto come un punto di partenza e non come una mèta: non si faccia l’errore, cioè, che celebrata una bella assise come questa e magari rilasciato un bel documento, il problema sia risolto. Non occorrono né l’entusiasmo senza radici, che si spegne in fretta, tantomeno la disillusione e la sfiducia di chi pensa che, tutto sommato, stiamo bene così e tutto presto tornerà come prima.
Al contrario, il sinodo è anzitutto una sfida aperta sul futuro della Chiesa. La comunità cristiana si è impegnata a riconoscere il volto vero dei giovani e intende porre in atto quella conversione pastorale e spirituale in chiave missionaria, che deve mettere in moto i singoli e le strutture, aprendole a nuove elaborazioni e nuovi percorsi di evangelizzazione non solo per i giovani, ma anche con i giovani. Il cuore di questa conversione dovrebbe essere una pastorale giovanile in chiave vocazionale, cioè un superamento dell’attuale frammentazione degli ambiti e degli uffici pastorali al fine di tenere insieme la cura dei giovani con la questione della chiamata specifica a ciascuno di essi rivolta, sia nella Chiesa che nella società, facendo intravedere, così, che l’ambito della fede non è separato dalla vita reale che essi vivono e che il fascino della figura di Gesù è una possibilità buona e degna per sviluppare la propria vita.
Francesco Cosentino