I giovani e la fede
2018/10, p. 46
Savagnone, insegnante di Storia e
Filosofia nei licei statali, docente
di Dottrina sociale della Chiesa alla
Lumsa di Palermo e direttore dell’Ufficio
diocesano per la pastorale della
cultura di Palermo, propone nel suo libro
un percorso che non è frutto di
una riflessione puramente teorica, ma
viene da un’esperienza di un gruppo
nato nell’autunno del 2007 nell’ambito
della parrocchia di Sant’Espedito, a
Palermo. Oggi il gruppo «Exodos» è
diventato una piccola comunità di più
di ottanta giovani, quasi tutti universitari,
oltre ad alcuni liceali, ed è in continua
crescita, sia dal punto di vista
numerico sia da quello spirituale.
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NOVITà LIBRARIA
I GIOVANI E LA FEDE
Savagnone, insegnante di Storia e Filosofia nei licei statali, docente di Dottrina sociale della Chiesa alla Lumsa di Palermo e direttore dell'Ufficio diocesano per la pastorale della cultura di Palermo, propone nel suo libro un percorso che non è frutto di una riflessione puramente teorica, ma viene da un’esperienza di un gruppo nato nell'autunno del 2007 nell'ambito della parrocchia di Sant'Espedito, a Palermo. Oggi il gruppo «Exodos» è diventato una piccola comunità di più di ottanta giovani, quasi tutti universitari, oltre ad alcuni liceali, ed è in continua crescita, sia dal punto di vista numerico sia da quello spirituale.
Ripensare insieme
la fede
Fin dall'inizio lo stile delle riunioni, invece di basarsi sulla proposta di contenuti di fede precostituiti, ha assunto la forma di una ricerca che prendeva le mosse dall'esigenza di senso dei partecipanti, accettando il rischio di percorsi inesplorati e avendo come orizzonte la proposta evangelica. E la ricerca è stata l'elemento che ha accomunato i credenti, insoddisfatti della superficiale adesione di una fede «ereditaria», e i non credenti disposti a esplorare con onestà intellettuale una prospettiva religiosa fino a quel momento ignorata o esplicitamente rifiutata. L’esperienza dimostra che oggi i giovani non sono impermeabili al richiamo della fede, anche quando ne sembrano lontani.
Ripartire
dall’umano
Il punto di partenza sono stati i temi antropologici. L'ipotesi di base è stata che molti giovani (ma anche molti adulti!) non riescono ad avere un rapporto con Dio perché non ce l'hanno con se stessi. L'incapacità di pregare ha a monte, in molti casi, una fuga dalla propria interiorità, che consegna la persona a un superficiale attivismo esteriore, impedendole di avere un centro interiore. Da qui la necessità di prendere le mosse da problemi come l'omologazione e la soggezione alle mode, la perdita dell'unità interiore, la banalizzazione dei rapporti con gli altri, che consentono un primo approccio alla dimensione evangelica in ciò che ha di più immediatamente umano.
Il riferimento all'umano è sempre rimasto presente anche quando, col progredire del cammino, ci si è rivolti alla lettura della Bibbia, per trovare in essa delle risposte alle domande che oggi, implicite o esplicite, sono nel mondo giovanile.
Per un percorso che parta dalle esperienze e dagli interrogativi degli uomini e delle donne in carne e ossa ci si è mossi nella prospettiva sapienziale della sacra Scrittura, ripresa ampiamente nella carta programmatica di Exodos, attualizzandola e traducendola nei termini della cultura contemporanea, anche con l'apporto di film, canzoni, romanzi che esprimono questa cultura.
Cammini personali
e condivisi
Il ritmo delle riunioni settimanali del gruppo è stato scandito da periodici momenti di convivenza (di tre giorni) e da altri di ritiro silenzioso (un giorno). Un ruolo fondamentale ha avuto e ha l'accompagnamento personale da parte dell’autore che, come docente di storia e filosofia nei licei statali, ha maturato una lunga esperienza del mondo giovanile. Gli impegni comunitari del gruppo non sono gli unici: ai membri è chiesto di avere una vita personale di preghiera e di riflessione, a partire dal vangelo o da testi spirituali dell'antica o recente tradizione della Chiesa.
Nell'ultimo anno e mezzo ha trovato attuazione un'esigenza che già da tempo maturava nella comunità e che ha dato il suo pieno significato al suo nome - Exodos, «uscita» - perché ha portato i suoi membri a impegnarsi non solo nell'ambito delle attività spirituali e nel servizio alla parrocchia, ma a livello cittadino. Due sono state le direttive di questo impegno: da una parte un consistente sostegno nei confronti di giovani migranti non accompagnati, desiderosi di continuare gli studi; dall'altra un'attenzione al mondo delle carceri e alle condizioni dei carcerati.
Dalle parole
alla Parola per la vita
La nostra è una società che i sociologi definiscono «post-cristiana», convinta di conoscere a memoria ciò che il vangelo propone e di averlo in parte accolto e metabolizzato, ma che, proprio per questo, ha perso ogni interesse nei suoi confronti. Oggi, perciò, con i giovani, il problema non è il conflitto, ma l'indifferenza; non è la contestazione, ma la noia. La lettura della situazione odierna suggerisce una possibile via d'uscita. Si tratta di «riorganizzare l'annuncio e di mostrarne la fecondità non a partire dall'ordine della fede e della sua coerenza teologica, ma dalla logica della vita con i suoi passaggi e le sue traversate», che rigeneri una prossimità significativa, che accompagni la ricerca e aiuti i giovani a dare un senso alla vita. «La preoccupazione primaria infatti non è quella che la Chiesa abbia perduto i giovani, ma che essi non si perdano, non è che essi ritrovino la Chiesa, ma che trovino se stessi», in sane dinamiche di libertà e in un rinnovato approccio alla Parola che diventi scuola di desiderio, annuncio di riconoscimento e di perdono, esperienza di leggerezza e di reciprocità, promessa di unità interiore e di liberazione, gusto e passione per la vita.
Anna Maria Gellini