Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2018/10, p. 35
Città del Vaticano, Bangladesh, India

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Testimoni
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Città del Vaticano
Rischio per la presenza dei cristiani in Iraq
Il Papa è tornato a denunciare «il rischio che la presenza cristiana sia cancellata proprio nella terra da cui si è propagata nel mondo la luce del Vangelo». Nel corso di un’udienza agli organismi caritativi cattolici presenti in Iraq e Siria, ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché ponga fine alla guerra e superi «la logica degli interessi». «Non possiamo chiudere gli occhi, ha affermato, sulle cause che hanno costretto milioni di persone a lasciare, con dolore, la propria terra». Occorre impegnarsi «in favore del rientro sicuro degli sfollati alle loro case». Francesco ha espresso il suo apprezzamento in particolare per il progetto di sostegno al rientro dei cristiani nella piana di Ninive, in Iraq, e per “Ospedali Aperti” che assicurano le cure sanitarie a tanti malati poveri in Siria.
«Da troppi anni i conflitti insanguinano quella regione e la situazione delle popolazioni in Siria e in Iraq e nei Paesi vicini continua a destare grande preoccupazione», ha detto il Papa. «Ogni giorno, nella preghiera, porto davanti al Signore le sofferenze e le necessità delle Chiese e dei popoli di quelle amate terre, come pure di coloro che si prodigano per dare loro aiuto. Con la vostra terza indagine sull’aiuto umanitario delle entità ecclesiali, state apportando un importante contributo per meglio comprendere le necessità e meglio coordinare gli aiuti in favore di queste popolazioni».
«In collaborazione con le Chiese sorelle, la Santa Sede lavora assiduamente per garantire un futuro a queste comunità cristiane» e «la Chiesa intera guarda a questi nostri fratelli e sorelle nella fede e li incoraggia con la vicinanza nella preghiera e la carità concreta a non rassegnarsi alle tenebre della violenza e a tenere accesa la lampada della speranza», ha assicurato il Papa: «La testimonianza d’amore con cui la Chiesa ascolta e risponde al grido di aiuto di tutti, a partire dai più deboli e poveri, è un luminoso segno per il presente e un seme di speranza che germoglierà nel futuro». E «tra le molte lodevoli iniziative promosse», ha voluto in particolare citare quest’anno «il grande lavoro per sostenere il rientro delle comunità cristiane nella piana di Ninive, in Iraq, e le cure sanitarie assicurate a tanti malati poveri in Siria, in particolare attraverso il progetto “Ospedali Aperti”».
Il Papa ha poi chiesto «con forza, alla Comunità internazionale di non dimenticare i tanti bisogni delle vittime di questa crisi, ma soprattutto di superare la logica degli interessi e di mettersi al servizio della pace ponendo fine alla guerra. «Non possiamo – ha detto – chiudere gli occhi sulle cause che hanno costretto milioni di persone a lasciare, con dolore, la propria terra. Nello stesso tempo incoraggio tutti gli attori coinvolti e la Comunità internazionale a un rinnovato impegno in favore del rientro sicuro degli sfollati alle loro case. Assicurare loro protezione e futuro è un dovere di civiltà. È asciugando le lacrime dei fanciulli che non hanno visto altro che macerie, morte e distruzione – ha detto il Papa citando quanto aveva detto a conclusione dell’incontro ecumenico sul Medio Oriente che ha presieduto a Bari lo scorso 7 luglio – che il mondo ritroverà la dignità. A tale proposito ribadisco il mio apprezzamento per i grandi sforzi a favore dei rifugiati compiuti da diversi Paesi della regione e dalle varie Organizzazioni tra cui alcune qui rappresentate». (Agenzia Fides 4/09/2018).
Bangladesh
Il Vangelo in una nazione a maggioranza islamica
La Chiesa cattolica in Bangladesh ribadisce la sua missione di testimoniare il Vangelo in un paese a maggioranza musulmana: è quanto emerso dall'incontro che ha visto riuniti recentemente a Dacca vescovi, sacerdoti, suore e laici, giunti da tutta la nazione, impegnati in un confronto sul tema "Comunione: la testimonianza cristiana della Chiesa in Bangladesh". Come appreso dall’agenzia Fides, il cardinale Patrick D'Rozario, arcivescovo di Dacca e Presidente della Conferenza Episcopale del Bangladesh, ha ribadito che «la Chiesa in Bangladesh ha grandi speranze per il futuro». «Tutti abbiamo bisogno di testimoniare la Buona Novella nel nostro paese con parole e azioni», ha sottolineato. Il cardinale ha anche messo in risalto le numerose sfide che il paese e la chiesa bengalese affrontano, esortando i partecipanti a «collaborare con i funzionari governativi e con tutte le persone di buona volontà per il bene comune».Durante il seminario, sono emersi anche i nodi e le prospettive attuali della presenza della Chiesa: «Viviamo in un paese a maggioranza musulmana. In questo contesto sociale, il contributo della Chiesa all'educazione, allo sviluppo sociale e ad ogni attività culturale è orientato a testimoniare l'amore e la pace, doni di Dio», ha detto a Fides Sagar Sonjib Corraya, uno dei partecipanti. La comunità cattolica in Bangladesh «guarda con attenzione a giovani, donne e bambini per educarli e rafforzarli nella fede, con amore e impegno», ha spiegato.Il Bangladesh è la quarta nazione musulmana più popolosa del mondo. Circa il 90% dei 160 milioni di abitanti sono musulmani e circa l'8% indù. I cristiani sono circa 600.000, 350.000 dei quali cattolici. (Agenzia Fides 5/9/2018).
India
Cresce la discriminazione verso le minoranze
In India la discriminazione verso i cristiani, i musulmani, i dalit e i tribali è in continuo aumento. Lo denuncia un nuovo Rapporto delle Nazioni Unite presentato il 12 settembre scorso da Tendayi Achiume – un esperto indipendente dei diritti umani, nominato dal Consiglio dei diritti umani dell’ONU – il quale ha raccolto le testimonianze sulle attuali forme di razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e la conseguente intolleranza presenti nel Paese.
Principale responsabile di questa situazione è il governo del Primo Ministro Narendra Modi, giunto al potere a Nuova Delhi nel 2014, sulla spinta dell’affermazione del Bharatiya Janata Party (BJP).
Le testimonianze raccolte da Tendayi Achiume documentano «il ripetersi di dichiarazioni incendiarie da parte del BJP contro gruppi minoritari» e «l’aumento delle forme di sorveglianza a carico dei musulmani e i dalit» nel Paese.
Il rapporto, richiesto da una risoluzione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2017, aveva lo scopo di analizzare «le minacce del populismo nazionalista contro i principi fondamentali dei diritti umani di non-discriminazione e di eguaglianza».
Gli attivisti dei diritti umani in India affermano che i leader del BJP continuano a diffondere i loro pregiudizi contro i musulmani e i cristiani nei discorsi pubblici e nei media, affermando il predominio induista in un paese dove l’80% del miliardo e 200 milioni di individui sono indù.
Il leader cristiano A.C. Michel, commentando il rapporto, ha dichiarato: «Prendete in mano non importa quale giornale e guardate le notizie della televisione. Ogni volta che scrivono o parlano, si pronunciano sempre contro quei gruppi che già soffrono, e mai una volta che siano interessati a difenderli». I capi del BJP, ha aggiunto, considerano le minoranze, compresi i dalit e i tribali come cittadini di seconda classe, e vogliono tenerli fuori dalla corrente dominante. «Ci sono state persino richieste di bandire i cristiani e i musulmani e spedirli in altri paesi, istigando alla violenza contro di essi».
Durante il 2017, i cristiani sono stati oggetto di violenze in 24 dei 29 stati indiani, secondo un rapporto del Persecution Relief – un gruppo cristiano che documenta la violenza anticristiana in India. Lo scorso anno l’India ha registrato 736 episodi di attacchi anti-cristiani, vale a dire più del doppio dei 348 segnalati nel 2016.
Nel Madhya Pradesh, dove il BJP governa da 15 anni, sono stati segnalati 52 attacchi, con un aumento del 54% rispetto al 2016.
Il rapporto di Achiume scrive che in molti paesi sono state introdotte delle riforme amministrative che comportano l’esclusione dei gruppi minoritari. Si riferisce a un programma di registrazione dei cittadini attuato nello stato dell’Assam che rende senza patria milioni di persone – in gran parte musulmani giunti dal vicino Bangladesh alcuni decenni fa. «La discriminazione e le dichiarazioni incendiarie sono talmente flagranti, che anche le agenzie internazionali hanno iniziato a parlarne», afferma Shabnam Hashmi, un attivista di Nuova Delhi, impegnato nella difesa dei diritti umani e di quelli musulmani. E ha aggiunto che è vergognoso che coloro che detengono il potere propaghino la violenza contro le minoranze e altri gruppi emarginati, inclusi i dalit, i tribali e le donne.
Negli ultimi quattro anni il sistema di vigilanza per la protezione delle mucche – animali venerati nell’induismo – ha provocato l’assassinio di diversi musulmani. Secondo quanto è scritto nel rapporto di quest’anno del gruppo Amnesty che opera per la difesa dei diritti umani, ameno 10 musulmani sono stati linciati e molti altri sono stati feriti da gruppi per la protezione delle mucche, con il sostegno apparente del BJP.
Mukti Prakash Tirkey, direttore di un settimanale per i dalit e gli affari tribali, edito a Nuova Delhi, ha affermato che «è giunto il momento che i dalit, i musulmani e i cristiani si uniscano per combattere in difesa dei loro diritti».
Tirkey, attivista e leader tribale, ha sottolineato che le politiche di welfare annunciate dal governo di Modi per i tribali «sono solo chiacchiere sulla carta mentre le condizioni della gente sono solo peggiorate». (UcaNews)
a cura di Antonio Dall’Osto