Ghini Emanuela
Compagno di viaggio alla verità
2018/10, p. 32
La sfida portata da Moretti-Costanzi alla filosofia, che costituisce “il contenuto più estremo del pensare morettiano”,1 è la percezione di Cristo come unica possibilità del pensiero. Approdo inattuale, paradossale, perciò profondamente cristiano.

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Cristo nel pensiero di Moretti-Costanzi, filosofo italiano
COMPAGNO
DI VIAGGIO ALLA VERITÀ
La sfida portata da Moretti-Costanzi alla filosofia, che costituisce "il contenuto più estremo del pensare morettiano", è la percezione di Cristo come unica possibilità del pensiero. Approdo inattuale, paradossale, perciò profondamente cristiano.
Il pensiero di Teodorico Moretti-Costanzi (Pozzuolo Umbro 1912- Tuoro sul Trasimeno 1995) nella complessità delle tematiche che abbraccia ha una ricchezza per gran parte ancora inesplorata. Un contributo molto significativo alla sua comprensione è offerto da Martino Bozza, che ha accostato la filosofia di Moretti-Costanzi dal suo centro profondo: la categoria cristologica.
Lo studio, ampio e suggestivo, percorre lo sviluppo del pensiero di Moretti-Costanzi evidenziandone la radice agostiniana sviluppata dalla scuola francescana, in particolare da Bonaventura.
La sfida portata da Moretti-Costanzi alla filosofia, che costituisce "il contenuto più estremo del pensare morettiano", è la percezione di Cristo come unica possibilità del pensiero.
Approdo inattuale, paradossale, perciò profondamente cristiano.
Bozza delinea dal suo inizio il percorso di Moretti-Costanzi, dal 1953 al 1982 docente di filosofia teoretica all'Università di Bologna (dal '57 come professore ordinario).
È significativo che nello scavo del pensiero del filosofo umbro Bozza dia rilievo alla finora troppo ignorata "scuola bolognese", che si sviluppò intorno a Moretti-Costanzi fin dalle sue prime lezioni a Bologna . Una scuola di cui sarebbe doveroso ritrovare le origini e seguire lo sviluppo. Essa ha donato alla società e alla Chiesa professionisti e cultori del pensiero cristiano, da docenti universitari a patrologi, da sacerdoti a monache. Moretti-Costanzi ha sempre affermato di ritenere interpreti più esistenzialmente coerenti del suo magistero, per aver dedicato la vita alla sequela di Cristo, un vescovo e una carmelitana scalza.
Bozza rivisita con penetrazione appassionata la vita del pensatore umbro, mettendo in luce il suo amore, fin dalla prima giovinezza, per santa Margherita da Cortona, atteggiamento già indicativo di una tensione a quella verità, comprensiva di bontà e bellezza, che costituisce un elemento base della filosofia morettiana.
Alcuni maestri
di Moretti-Costanzi
Tra le fonti del pensiero del giovane Moretti-Costanzi, Michelstaedter costituisce un esempio persuasivo della critica alla vanità del mondo e della ricerca di un'autenticità negata alla retorica mondana. La tensione inappagata a un assoluto che condurrà il giovane goriziano al suicidio spingerà il coetaneo umbro a una ricerca di Cristo che diverrà nel tempo criterio fondante del suo pensiero.
Bozza ne ripercorre tutte le stagioni, dal periodo romano (1935-1953) segnato dalla consonanza con Michele Federico Sciacca, Carmelo Ottaviano e soprattutto con il maestro Pantaleo Carabellese allo sviluppo di un pensiero autonomo, espresso in tre scritti fondamentali: La filosofia pura, L'Etica nelle sue condizioni necessarie, L'estetica pia (1959-1966).
Pensiero, etica ed estetica appartengono a un'unità superiore, una sapienza che li fonda. E' il sàpere bonaventuriano, la percezione della verità non come meta di un percorso ma principio dello stesso pensare.
La filosofia non è indagine umana sulla realtà, ma testimonianza di essa: l'ascesi che vi conduce non è volontarismo teso a un assoluto, ma adesione ad esso come accoglienza di un dono. Non distacca dal mondo, ma lo coinvolge nella percezione della sua profondità. Implica la crescita della persona in tutte le sue potenzialità: è immersione nella luce che la criteria e le si rivela per grazia.
Moretti-Costanzi chiama attimi rari i momenti di rivelazione di una verità che è insieme bontà e bellezza.
Già Kierkegaard aveva visto nell'istante l'atto che attraversa il tempo, ma egli valorizzava ogni istante come superamento del tempo. Per Moretti-Costanzi l'attimo raro, l'istante che supera il tempo, è accesso a un assoluto che qualifica l'esperienza. Vi si può riconoscere un richiamo alla durata di Rosmini, apertura all'eterno che contiene e supera gli istanti. E' l'esperienza di tutti i mistici.
L'umbrietà
Non è casuale che il filosofo italiano sia nato e abbia vissuto in Umbria - dove anche la sua scuola bolognese trascorreva con lui molte giornate di studio - al punto che "umbrietà" è stata definita l'ispirazione di un pensiero sorto nei luoghi solitari e incantati del francescanesimo, delle Madonne del Perugino, della pace distesa in piccoli borghi appartati, dove la voce della natura è ancora udibile.
Moretti-Costanzi dopo la giovinezza ricca, mondana, anche libertina degli anni romani ha vissuto sempre a Tuoro sul Trasimeno nel Palazzo di famiglia una vita totalmente ritirata, in grande solitudine. Il suo distacco dagli ambienti accademici, la non partecipazione a convegni e incontri filosofici non avevano una causa elitaria, ma connaturale alle esigenze di silenzio e di meditazione che hanno forgiato l'uomo e il pensatore, segnato fin dalla giovinezza da Gesù Cristo.
Seguace di Platone e di Agostino, Moretti-Costanzi vede la persona nella sua unità essenziale: fondata cioè in una realtà che si esperisce come intelligenza, volontà, sensibilità. La verità si apre al vivente anche come volontà e bellezza. Non è distacco dall'umano, ma incontro con la sua valenza originaria, quella ratio superior nella quale il pensante si scopre fondato nell'assoluto, e si accorge degli occhi nuovi che gli sono dati. Essi consentono una visione del mondo che è esperienza pacificatrice e saziante.
Teologia
sapienziale
La filosofia del maestro umbro è di fatto teologia: discorso su Dio - o meglio in Dio - non solo accademico, ma sapienziale. Ecco mostra anche la grande modernità dei filosofi medievali, e prima dei Padri della Chiesa, che la scuola bolognese imparò a conoscere a una profondità certo singolare da una cattedra di filosofia teoretica, non a caso frequentata anche da giovani patrologi e studenti di letteratura cristiana antica.
Il pensiero del filosofo italiano si è evoluto negli anni. Il suo criterio fondamentale, l'incontro con Cristo, è divenuto nel tempo sempre più coinvolgente, superando la tentazione del docetismo. L'Etica culmina nel riferimento alla concretezza della vita di Cristo fino alla "verticalità conclusiva della croce", dove la realtà profonda del sacrificio approda alla gioia, mèta di una pienezza appagante a ogni livello.
Cristità
Cristo è la via per la quale la verità giunge all'uomo come pienezza di vita. Giustamente Bozza ritiene che l'approdo del pensiero di Moretti-Costanzi non è una cristologia come riflessione su Gesù Cristo, ma piuttosto l'apertura offerta da Cristo all'uomo di innalzarsi, con tutta la sua creaturalità e il mondo, sul suo limite. Di accogliere cioè la redenzione, la vita nuova.
Bozza definisce cristità questa accoglienza della realtà cristiana, che è insieme pensiero e vita. Il cristianesimo è in sé filosofia.
La seconda trilogia di Moretti-Costanzi riguarda lo sviluppo della percezione del cristianesimo come filosofia. La fede sapiente e il Cristo storico (1981) mostra Cristo come criterio ed esperienza di verità, bontà, bellezza. L'uomo incontra Cristo nel fondo della sua umanità, che supera il peccato, la conoscenza angusta della realtà ed entra nella sapienza della Rivelazione. Essa non è realtà altra e lontana, ma fondante e vicina: è l'umile sàpere della fede, esperienza "di luminosità, di gioia serena che è letizia, di trasparenza verso l'attesa vibrante e placida della speranza certa".
Fede come dotta ignoranza: "il silenzio di Gesù alla domanda di Pilato (...). Il credente sa che nella fede che non si ha, ma si è, e che perciò si dice dono, frutto grazioso(...), si è diversamente da ciò che siamo conoscendo".
La fede non è religione, ma vita. E la vita è Cristo. Ma la vita è anche pensiero: Cristo è l'unica filosofia, la via che immette nella verità, la guida, il compagno di viaggio che nello Spirito conduce al Padre.
Cristo è salvatore per tutta l'umanità, ma solo nella fede lo si comprende. Chi lo comprende - diremmo: ne è compreso - entra nella gioia della Rivelazione in indistruttibile comunione con i credenti di ogni generazione, i santi e i martiri lontani nel tempo e nello spazio ma vicini nella comune esperienza della fede. Essa è eternità già sperimentata e segno incancellabile del suo compimento al finire dei giorni terreni.
Alla conclusione della sua vicenda umana, di cui vede i limiti e le "deturpazioni", Moretti-Costanzi sintetizza così il suo pensiero: "Era mio compito filosofico rendere conto di me stesso nel prevalere di una fede senza primati ed equilibri; perentoria e assoluta nella sua critica rispetto a razionalismi e fideismi: l'opera si è estesa per quasi tutto il corso della vita, sovrastandola con un suo tempo di purità. E nella fede medesima, immutata, che ha presieduto al suo inizio, ora conclude".
Conclusione
Questi brevi richiami mortificanti a un pensiero, o piuttosto alla testimonianza cristiana di un pensatore italiano solitario e poco compreso, vorrebbero essere un invito alla frequentazione dell'opera di Moretti-Costanzi. Lo studio di Martino Bozza ne costituisce un invito illuminante. Vede il centro di questo pensiero nella cristità, "possibilità dell'esperienza del Cristo anche là dove Cristo non sia conosciuto in maniera esplicita". Cristità come "fondamento essenziale dell'esistere umano", perciò aperta a tutti, modalità dell'uomo in quanto persona.
Marco Moschini, discepolo di Moretti-Costanzi, definisce la cristità del maestro come "il riconoscimento di Dio in Cristo, ma soprattutto di noi stessi in lui, e in lui come ciò che sostanzia e fonda il nostro stesso pensare".
Il personalismo ontologico di Moretti-Costanzi è espressione attualissima della tradizione dei Padri della Chiesa e dei dottori cristiani, in particolare di Agostino, Anselmo, Bonaventura, rivisitati con la sensibilità dell'oggi da un pensatore inattuale perché modernissimo, animato da spirito profetico e ancora tutto da scoprire.
Emanuela Ghini