Minori soli e abbandonati
2018/10, p. 28
In Europa, Italia inclusa, gli equilibri appaiono molto
precari; ma anche in altre zone del pianeta subentrano
sentimenti di perplessità. E, nei vari continenti, mi sembra
abbiano preso piede sentimenti di ostracismo o di ostilità
verso gli stranieri.
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Testimoni
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Emigranti nuovi sulla scena mondiale
MINORI SOLI
E ABBANDONATI
In Europa, Italia inclusa, gli equilibri appaiono molto precari; ma anche in altre zone del pianeta subentrano sentimenti di perplessità. E, nei vari continenti, mi sembra abbiano preso piede sentimenti di ostracismo o di ostilità verso gli stranieri.
Ricordo ancora un professore di sociologia all’università di New York che, nelle sue lezioni sui movimenti migratori a livello internazionale negli anni ’60, soleva ripetere: più uno approfondisce i vari flussi di migranti, più uno tocca il polso della società in cui vive o sogna di vivere. E la scienza sociologica del tempo enumerava e spiegava le varie categorie di migranti: permanenti, temporanei, stagionali e, per ultimo, gli irregolari o clandestini. I governi delle nazioni, come gli USA o il Canada, proponevano e correggevano continuamente soluzioni, secondo le esigenze dei loro mercati e delle loro industrie e, anche se con difficoltà ospitavano gli stranieri che si aggiungevano ad altre comunità già esistenti sul territorio, formate dagli emigranti della prima ora.
In quel tempo sono nate le prime riviste di carattere accademico che si occupavano esclusivamente di emigrazioni (come per es. “International Migration Review” (IMR) o “ Studi Emigrazione” –SE). Dopo interviste, studi e ricerche sul campo, numerosi articoli hanno continuato a spronare autorità pubbliche, partiti politici e associazioni varie (Chiesa inclusa) ad interventi mirati che potessero appianare la strada verso una piena integrazione dell’emigrante nel suo nuovo ambiente. Questi tentativi e sforzi comunitari hanno avuto una serie di ripercussioni benefiche su coloro che avevano intrapreso la strada dell’emigrazione, seguendo percorsi collaudati da esperienze previe. Anche se occorre subito aggiungere che anche allora, alcune frange, come i clandestini, gli irregolari, i “sans papiers”, ecc..., per le loro tattiche elusive, non sempre scelte spontaneamente, venivano a trovarsi fuori dai riflettori normali di osservazione empirica.
Una situazione
cambiata
Nel giro di due o tre decenni, la situazione si è completamente ribaltata. I vari protocolli, i principi regolatori e le convenzioni emanate dall’ ONU e adottate da molti governi del Primo Mondo (non tutti) si sono incrinati. Lo stesso concetto di diritto umano in generale e, specificamente, i principi adottati per la salvaguardia della persona dell’emigrante, hanno subito applicazioni contraddittorie o unilaterali o archiviate da movimenti xenofobi e razzisti che durante gli ultimi due decenni hanno conquistato la simpatia di un pubblico sempre più numeroso. Di conseguenza, ora, in Europa, Italia inclusa, gli equilibri appaiono molto precari; ma anche in altre zone del nostro pianeta subentrano sentimenti di perplessità. E, nei vari continenti, pur con diverse modalità, negli atteggiamenti complessivi di una particolare popolazione stanziale, mi sembra abbiano preso piede sempre più spesso sentimenti di ostracismo o di ostilità verso gli stranieri.
In un momento come l’attuale, non esistono comunità nazionali che non siano interessate da flussi di migranti, rifugiati o sfollati. Il nostro globo è diventato una “casa comune”, come è stato auspicato anche da papa Francesco, ma il numero di coloro che non trovano posto in questa casa comune è salito in modo esponenziale, con un peggioramento continuo della loro sicurezza e delle loro speranze in un futuro migliore. Anzi, l’insicurezza a cui sono sottoposte masse enormi di persone umane in molte zone del nostro pianeta sono tali da far rabbrividire. E c’è un aspetto ancora più drammatico. Tra tutte queste persone, a volte irretite da organizzazioni criminali che agiscono in colluttazione con guardie di frontiera o forze dell’ordine, vi sono i minori soli e abbandonati in aumento vistoso un po’ ovunque. Si tratta di bambine e bambini che nei loro paesi di origine vengono uccisi, mutilati, rapiti, stuprati, che vedono le loro scuole e case distrutte da bombardamenti, che vengono reclutati forzatamente in gruppi armati, minori ai quali sono negati l’educazione e l’accesso a cure mediche (Testimoni 7-8/2018, p.28). Sulla base di informazioni accurate contenute nel rapporto “Piccoli schiavi invisibili 2018” (Save the Children) in Italia, al 31 maggio 2018, 4.570 minori risultano irreperibili, hanno cioè abbandonato le strutture di accoglienza in cui erano stati inseriti, in particolare nelle regioni del sud. Si tratta per lo più di minori eritrei (14%), somali (13%), afgani (10%), egiziani (9%) e tunisini (8%). L’abbandono del sistema di accoglienza e l’ingresso nell’invisibilità, sottolinea il rapporto “Piccoli schiavi invisibili” (2018), espone i minori in transito a rischi notevoli, in particolare per i più vulnerabili come le ragazze nigeriane, provenienti da contesti di forte indigenza dove vengono reclutate con l’inganno e ammaestrate con rituali molto simbolici (voodoo o juju). Ridotte schiave, le ragazze obbediscono alle organizzazioni da cui dipendono per paura delle ritorsioni su di loro o sulle loro famiglie.
Un crescente
allarme
Alza l’allarme l’australiano John McCarthy, ambasciatore alla Santa sede (2012-16 e, successivamente) fondatore a Sydney di “Anti-slavery Task Force”, quando afferma: “la tratta degli schiavi o delle schiave annovera diverse decine di milioni, gli arresti delle schiere di trafficanti di carne umana (GB. Scalabrini) non va oltre i 10.000! È sorprendente e colpisce l’inaffidabilità di statistiche offerte sul fenomeno di minori non accompagnati detenuti in varie località del continente. L’esempio più eclatante è quello di un’isoletta, Nauru, di poco più di 20 Km quadrati nel pieno dell’Oceano Pacifico, convertita in nuova cittadella per accogliere(!) i migranti intercettati al largo delle coste australiane. Per tanti minori non accompagnati, trascorrono anni prima che le pratiche di asilo politico o di un’altra sistemazione siano completate (vedi trafiletto su L’Osservatore Romano 22.8.2018).
Per tanto tempo si è ripetuto: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Ma non sempre la lontananza è possibile, non sempre è possibile chiudere gli occhi e non sapere proprio perché i minori non accompagnati sono intraprendenti e sanno scoprire e collaudare nuove piste di terra o per mare. Noi diremmo spericolati, specialmente a quell’età! A volte corrono, senza saperlo, il rischio di smarrire i sentieri giusti, come accade piuttosto di frequente nel deserto del Texas, dove volontari seminano bidoni di acqua in zone solitarie per dissetare coloro le cui scorte d’acqua sono al minimo. Ma ciononostante sono state ritrovate decine di cadaveri giovani! Morti per disidratazione! Concordi su un tipo di assistenza, liberamente data e liberamente ricevuta, sono anche le forze missionarie scalabriniane, attraverso una serie di Casas dos Migrantes (Nuevo Laredo, Tapachula, Tijuana..) in Messico o altre nazioni del Centro America (Guatemala o El Salvador). Queste offrono vitto e alloggio alle masse di emigranti (molti i minori) diretti verso il ricco El Norte. Gli stessi servizi sono offerti da altre persone, a tanti minorenni non accompagnati a Roraima, al confine fra Venezuela e Brasile o a Joannesburg in Sud Africa o Batam Island in Indonesia, a pochi km da Singapore.
I siti cattolici negli USA hanno dato un certo rilievo a una delegazione di vescovi americani che si sono recati nel Texas vicino al confine con il Messico per essere vicini alle famiglie di immigrati separati dai loro bambini, perché accusate di aver varcato illegalmente la frontiera. L’arcivescovo di Los Angeles, ha celebrato la Messa in spagnolo per un gruppo di 250 bambini e bambine. Sulla politica di tolleranza zero dell’amministrazione Trump, il card. Joseph Tobin ha parlato di “cardiosclerosi e indurimento del cuore”.
Che fare?
Sorge spontanea la domanda: che fare? Né completa chiusura, impossibile da attuare e né, aggiungiamo subito, completa apertura. Succederebbe il finimondo. In ambedue i casi, ritornerebbero gli stolti che si precipitano sempre dove gli angeli temono di posare il piede. L’unica strada che rimane percorribile è quella che viene guardata tradizionalmente con disprezzo malcelato: cercare di fare il possibile, tutto il possibile, il meglio possibile. Non potremo mai controllare il numero dei richiedenti asilo. Non ci siamo riusciti in passato, tanto meno sarà possibile in futuro, perché cresceranno a dismisura. Potremmo però fare un censimento di posti letto disponibili al momento e accrescere la loro capacità e seguire poche regole per accedervi senza esosità di nessuna specie, limitare al massimo i tempi nei quali queste domande vengono valutate. e, soprattutto, avere e investire fiducia in quei nuovi volti, alla ricerca di una vita migliore in tutti i sensi. Loro come noi e noi come loro.
Antonio Paganoni, scalabriniano