Chiaro Mario
Umanizzare l'educazione
2018/1, p. 29
Il Documento sottolinea quanto sia urgente umanizzare l’educazione, favorendo una cultura dell’incontro e del dialogo. A questo sforzo condiviso possono contribuire scuole e università cattoliche presenti in tutto il mondo, attraverso un’offerta formativa capace di integrare scienza e coscienza.

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Fondazione pontificia "Gravissimum educationis"
UMANIZZARE
L’EDUCAZIONE
Il Documento sottolinea quanto sia urgente umanizzare l’educazione, favorendo una cultura dell’incontro e del dialogo. A questo sforzo condiviso possono contribuire scuole e università cattoliche presenti in tutto il mondo, attraverso un’offerta formativa capace di integrare scienza e coscienza.
La Fondazione pontificia “Gravissimum educationis”, eretta nel 2015 nell’ambito della Congregazione per l’educazione cattolica, vuole essere uno strumento a sostegno della formazione integrale della persona e della fraterna convivenza tra i popoli. Dal lavoro della Fondazione è nato il documento “Educare all’umanesimo solidale. Per costruire una civiltà dell’amore”, che esce ora a 50 anni dalla Populorum progressio. Il titolo presenta già il contenuto, mentre il sottotitolo lo incornicia storicamente. Il documento, infatti, si colloca tra due importanti anniversari: il primo risale al 2015 che ha fatto memoria del 50° anniversario della Dichiarazione conciliare sull’educazione cristiana Gravissimum educationis; il secondo si collega al 50° anniversario dell’Enciclica di Paolo VI Populorum progressio sullo sviluppo integrale dei popoli. Proprio quest’ultimo profetico documento, uno spartiacque nella storia della questione sociale, offre un nuovo modello etico in grado di abbracciare i continenti nell’ottica di una interdipendenza planetaria. Queste ricorrenze hanno fatto nascere l’idea di focalizzare l’attenzione proprio sul messaggio di papa Paolo VI, attraverso la lente dell’educazione, con la realizzazione di un documento orientativo sull’educazione all’umanesimo solidale.
Scenari e rischi
dell’educazione
A ben guardare il campo educativo presenta oggi dati molto allarmanti. Il Rapporto Unicef 2016 sull’infanzia segnala che entro il 2030, senza interventi adeguati, 69 milioni di bambini con meno di 5 anni moriranno per cause prevedibili. Tra 15 anni, oltre 60 milioni di bambini in età scolare saranno esclusi dall’istruzione primaria. La metà di queste cifre sono localizzate nell’Africa sub-sahariana. Le cause che interrompono l’istruzione e che uccidono sono le emergenze umanitarie e la povertà. Emerge il dato dei 17 milioni di bambini rifugiati, sfollati o che si trovano all’interno delle popolazioni a rischio (in cui sono in pericolo soprattutto le bambine). Guerre e crisi umanitarie dimenticate causano enormi flussi di rifugiati in fuga dai loro paesi, ma anche molti sfollati ai quali non viene dato lo stesso peso. Pertanto, conflitti e violenze, uniti ai sempre più numerosi disastri naturali, hanno costretto nel 2016 più di 31 milioni di persone a lasciare le abitazioni per stabilirsi in zone più sicure all’interno dei loro paesi. Come esempio, il Consiglio norvegese dei rifugiati ricorda che l’instabilità politica, solo nell’Africa centrale ha causato 922mila nuovi sfollati interni.
Nuove sfide per i centri
formativi cattolici
Ebbene, è dimostrato che ciò che accade in una parte del mondo può influire su altre e che nessuno può sentirsi al sicuro in un mondo così pieno di sofferenza o miseria. In questo contesto, la Populorum progressio (PP) appare ancora come documento programmatico della missione della Chiesa nell’era della globalizzazione: perciò la Congregazione per l’educazione cattolica (guidata dal card. Versaldi) ha voluto analizzare aspetti non ancora considerati a fondo. Si è così avviata una rilettura di PP. Analizzando gli scenari attuali, il nuovo testo “Educare all’umanesimo solidale” sottolinea quanto sia urgente umanizzare l’educazione, favorendo una cultura dell’incontro e del dialogo. A questo sforzo condiviso possono contribuire scuole e università cattoliche presenti in tutto il mondo, attraverso un’offerta formativa capace di integrare scienza e coscienza.
Le scuole cattoliche nel mondo sono oltre 216mila con una popolazione studentesca che supera i 60 milioni di alunni di ogni fede e appartenenza etnica. L’Africa è in prima fila per la presenza di oltre 24 milioni di allievi; seguono le Americhe con circa 12 milioni, l’Asia con oltre 13 milioni, l’Europa con circa 8 milioni e 600mila, l’Oceania con 1 milione e 200mila. Nonostante i cali in alcuni paesi occidentali, in questi ultimi anni vi è una costante crescita di iscrizioni a livello mondiale. A questo patrimonio di esperienze educative si aggiungono le circa 1.800 università cattoliche e le circa 500 antiche e nuove facoltà ecclesiastiche. Si profila oggi l’impegno per far convergere le iniziative educative e di ricerca verso i fini dell’umanesimo solidale.
Verso un’educazione
integrale e solidale
I contenuti del Documento fanno riferimento, oltre agli interventi magisteriali già indicati, anche al magistero di papa Francesco, in particolare al discorso conclusivo del Congresso mondiale sull’educazione (2015) e all’enciclica Laudato sì’. In questi autorevoli documenti ecclesiali si riscontra un concetto di educazione aperto e dinamico, capace di misurarsi con le grandi questioni della cultura e della società di oggi. Riprendendo il messaggio della PP, papa Francesco, nella “Laudato sì’”, afferma che occorre compiere ogni sforzo per rendere possibile il processo di umanizzazione, presentando modelli di pensiero che influiscano realmente sui comportamenti: «l’educazione sarà inefficace e i suoi sforzi saranno sterili se non si preoccupa anche di diffondere un nuovo modello riguardo all’essere umano, alla vita, alla società e alla relazione con la natura» (n. 215). In questo senso occorre contrastare le concezioni antropologiche che intendono l’educazione come un percorso di addestramento alla vita pubblica, con una formazione tesa all’affermazione della cultura del consumo, del conflitto, del pensiero relativista.
Con tali fonte ispiratrici si presenta il testo “Educare all’umanesimo solidale”, costruito su sette capitoli tra loro connessi. Le linee-guida proposte mirano a sostenere il lavoro dei formatori dinanzi alle sfide di oggi e di domani: la sfida dell’identità e della cultura relativistica; la sfida del dialogo in un contesto multireligioso e multiculturale; la sfida delle disuguaglianze economiche e occupazionali, delle emergenze umanitarie e delle marginalità; la sfida ecologica. Questo sguardo complessivo rivela il grande paradosso della post-modernità: nonostante i traguardi raggiunti nel campo della scienza e della tecnica, l’uomo contemporaneo è carente nella capacità di progettare una convivenza per una vita accettabile e dignitosa. La questione sociale dunque si presenta come una questione antropologica (cf. Benedetto XVI nella Caritas in veritate), che chiama in causa una funzione educativa non più rinviabile.
Dei contenuti proposti dal documento del Dicastero, mons. Zani (segretario della Congregazione per l’educazione cattolica) ha sottolineato le tre proposte principali. La prima sviluppa l’aspetto fondamentale della questione antropologica, affermando che l’educazione deve essere al servizio di un nuovo umanesimo per promuovere tutto l’uomo e gli scopi più alti dell’umanità. Umanizzare l’educazione significa mettere la persona al centro, in un quadro di relazioni che costituiscono una comunità viva, interdipendente, legata a un destino comune in modo da qualificare l’umanesimo solidale. Esso richiede la necessità di aggiornare il patto educativo fra le generazioni, partendo dalla famiglia per arrivare all’intero corpo sociale. Inoltre, umanizzare l’educazione significa occuparsi dei risultati del servizio formativo considerando il quadro complessivo delle attitudini personali, morali e sociali di tutti i soggetti che partecipano al processo educativo: docenti, studenti, istituzioni del territorio, luoghi e spazi di incontro, per un’educazione non selettiva ma aperta alla solidarietà e alla condivisione (formazione dei formatori).
La cultura del dialogo
e l’inclusione
Un’altra linea-guida particolarmente attuale, in una società in cui convivono cittadini di tradizioni, culture e religioni differenti, è quella di promuovere un’educazione basata sulla formazione alla cultura del dialogo richiamata costantemente da papa Francesco (dalla cultura dello scarto alla cultura del dialogo). L’autentico dialogo avviene in un quadro etico di requisiti e atteggiamenti formativi e di obiettivi sociali, in cui i pilastri fondamentali sono la libertà e l’uguaglianza, valori proclamati con gesti che colleghino i principi etici con le scelte sociali realmente compiute. In questo contesto le religioni possono essere al servizio della pubblica convivenza, a partire dai loro valori positivi di amore, speranza e salvezza: essi non possono essere ridotti alla sfera individuale e privata, ma vanno vissuti e testimoniati negli spazi pubblici e di fronte alle leggi dello Stato, come anima di una cittadinanza attiva e responsabile.
Per corrispondere alla propria funzione, i progetti formativi dell’educazione all’umanesimo solidale mirano ad alcuni obiettivi fondamentali. Lo scopo prioritario non è la selezione delle classi dirigenti, ma l’inclusione, che consente a ogni cittadino di sentirsi partecipe nella costruzione dell’umanesimo solidale, a partire da un quadro di istanze etiche e normative condivise. Preparare le classi dirigenti presuppone questo livello di base per tutti i soggetti della società. Perciò occorre che il processo inclusivo compiuto oggi sia in grado di influire sugli stili di vita delle future generazioni: questo esige un’educazione basata su un’etica intergenerazionale, fornendo le competenze necessarie per effettuare le scelte decisive per gli equilibri dei sistemi sociali (vedi la democrazia) o dei sistemi naturali e ambientali (vedi l’ecologia), per garantire anche le esigenze delle generazioni future.
Una vera inclusione però deve compiere anche l’ulteriore passo di entrare in un rapporto di solidarietà con le generazioni che ci hanno preceduto. Nel dominante paradigma tecnocratico va rivalutato il sapere storico e umanistico: una visione della storia e dello spirito con cui i nostri antenati hanno affrontato e superato le loro sfide può aiutarci grandemente. Così soprattutto nelle università cattoliche va implementata anche l’apertura alla società e alle sue problematiche: un aspetto che è un’espressione ancora del principio di inclusione applicato a livello istituzionale, che apre nuove prospettive alle specializzazioni accademiche, stimolate a misurarsi con una società in continua evoluzione.
Il Documento conclude riprendendo le ultime indicazioni della Dichiarazione conciliare Gravissimum educationis. Per promuovere un umanesimo solidale e incisivo, le istituzioni non devono più agire in modo dispersivo o isolato, ma promuovendo programmi concertati. «Si tratta di favorire la formazione di gruppi di ricerca integrati fra personale docente, giovani ricercatori e studenti, e anche di sollecitare la collaborazione fra istituzioni accademiche situate in un contesto internazionale. Le reti di cooperazione dovranno istituirsi fra soggetti educativi e soggetti di altro genere, per esempio dal mondo delle professioni, delle arti, del commercio, dell’impresa e da tutti i corpi intermedi della società nei quali l’umanesimo solidale ha bisogno di propagarsi». I temi e gli orizzonti da esplorare – a partire dalla cultura del dialogo, dalla globalizzazione della speranza, dall’inclusione e dalle reti di cooperazione – sollecitano l’esperienza formativa e d’insegnamento, l’attività di studio e di ricerca. Sarà necessario nel futuro favorire la comunicazione di tali esperienze e dei risultati delle ricerche, così da consentire a ciascun soggetto impegnato nell’educazione all’umanesimo solidale di cogliere il senso della propria iniziativa nel processo globale di costruzione del mondo.
Mario Chiaro