Basso Aldo
Salute mentale ed esperienza di gioia
2018/1, p. 20
Non ci si deve illudere che la vita consacrata assicuri facilmente di per se stessa l’esperienza della gioia. La possibilità che la vita consacrata testimoni “la profezia della gioia” è legata anche ad alcuni accorgimenti e condizioni che non si possono affatto ignorare.

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Testimoni
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La gioia nella vita consacrata (2)
SALUTE MENTALE
ED ESPERIENZA DI GIOIA
Non ci si deve illudere che la vita consacrata assicuri facilmente di per se stessa l’esperienza della gioia. La possibilità che la vita consacrata testimoni “la profezia della gioia” è legata anche ad alcuni accorgimenti e condizioni che non si possono affatto ignorare.
Cura della salute mentale ed esperienza della gioia. Il sentimento della gioia non è come una specie di vestito che si può indossare facilmente a nostro piacimento, quando e come vogliamo. Riuscire a sperimentarlo in modo autentico e abbastanza stabile dipende certamente dal temperamento che abbiamo ereditato, senza però pensare che tutto si risolva in definitiva nell’avere o meno un carattere fortunato. La gioia non è neppure un sentimento che possa essere comandato, quasi il risultato di uno sforzo di tipo volontaristico (“sii felice!”, era scritto sulla parete del refettorio di un convento).
Ci sono anche
i momenti di buio
Immaginare che si debba sperimentare sempre la gioia anche in modo sensibile e immediato, tale che appaia pure esteriormente, non è ragionevole e realistico. È Qoèlet a ricordarlo: “Per ogni cosa c’è il suo momento… Un tempo per piangere e un tempo per ridere; un tempo per gemere e un tempo per ballare”. Una cosa è la pace intima del cuore di chi, ad esempio, è consapevole della continua vicinanza del Signore, altra cosa è avvertire sul piano sensibile gioia e allegrezza. Anche i santi hanno sperimentato momenti di buio intenso e di angoscia interiore.
Detto tutto ciò, si deve però aggiungere che ciascuno di noi può – e deve, se vuole vivere una vita il più possibile serena e tranquilla – creare le condizioni per vivere nella gioia, accogliendo l’invito di Qoèlet: “Anche se vive l’uomo per molti anni se li goda tutti… Caccia la malinconia dal tuo cuore, allontana dal tuo corpo il dolore”. È possibile a questo riguardo proporre qualche spunto concreto.
Come una vita fisica sana e serena è condizionata dal rispetto di certe regole igieniche (riguardanti, ad esempio, il mangiare, il vestire, l’attività, il riposo ecc.), così anche la nostra ‘salute mentale’ deve essere custodita rispettando determinate ‘regole’, se vogliamo sperimentare benessere, pace e autentici momenti di gioia. Si possono richiamare alcune di queste ‘regole’, frutto di buon senso e confermate da studi psicologici. Ad esempio: cercare di concentrarsi nel presente senza inutili rimpianti per il passato e inutili tormenti per il futuro; sforzarsi di vedere il lato meno triste delle cose (senza naturalmente voler chiudere gli occhi sugli aspetti dolorosi e talvolta tragici dell’esistenza); considerare i sentimenti che ci affliggono come provenienti da noi e non dalla realtà, perché la nostra sensibilità dipende essenzialmente da come valutiamo l’ambiente (“A turbare l’uomo non sono propriamente le cose, ma le rappresentazioni delle cose” Epitteto); rimanere sempre disponibili ad imparare e a cambiare; bloccare il rimuginare e i soliloqui negativi; imparare ad ascoltare e a comunicare; sviluppare un’autentica capacità di “amare e lavorare” (Freud).
Curare le esperienze
positive
Dedicarsi ad esperienze positive e coltivare il gusto delle gioie autentiche è di fondamentale importanza: vale dunque la pena che ci si impegni in questo senso. Durante e dopo esperienze e pensieri lieti noi siamo più efficienti psichicamente e fisicamente (s. Tommaso afferma che ciò che veramente riposa è il piacere...). Sarà dunque utile, ad esempio, curare i contatti interpersonali e l’amicizia, godere della natura e del silenzio, coltivare hobby, avere sentimenti di gratitudine. Benedetto XVI dà un’indicazione preziosa quando afferma che dobbiamo «imparare o re-imparare il gusto delle gioie autentiche della vita. Non tutte le soddisfazioni producono in noi lo stesso effetto: alcune lasciano una traccia positiva, sono capaci di pacificare l’animo, ci rendono più attivi e generosi. Altre invece, dopo la luce iniziale, sembrano deludere le attese che avevano suscitato e talora lasciano dietro di sé amarezza, insoddisfazione o un senso di vuoto. Educare sin dalla tenera età ad assaporare le gioie vere, in tutti gli ambiti dell’esistenza – la famiglia, l’amicizia, la solidarietà con chi soffre, la rinuncia al proprio io per servire l’altro, l’amore per la conoscenza, per l’arte, per le bellezze della natura –, tutto ciò significa esercitare il gusto interiore e produrre anticorpi efficaci contro la banalizzazione e l’appiattimento oggi diffusi. Anche gli adulti hanno bisogno di riscoprire queste gioie, di desiderare realtà autentiche, purificandosi dalla mediocrità nella quale possono trovarsi invischiati. Diventerà allora più facile lasciar cadere o respingere tutto ciò che, pur apparentemente attrattivo, si rivela invece insipido, fonte di assuefazione e non di libertà».
Facciamo attenzione a questo invito di papa Benedetto: «educare sin dalla tenera età ad assaporare le gioie vere”». Sono parole che richiamano quanto già insegnavano i filosofi greci. Scrive ad esempio Aristotele: «Occorre fin dall'infanzia essere stati guidati, come dice Platone, a trovare gioia e dolore là dove è conveniente trovarli. È questa la vera educazione». Gli fa eco s. Tommaso, quando scrive che «l’educazione è veramente un’educazione del gusto, del “buon gusto” (gustus bene dispositus). Per l’esercizio della virtù stessa del carattere, nulla è più importante che godere di ciò che merita di essere goduto e di odiare ciò che merita di essere odiato. Perché le cose piacevoli o ripugnanti ci assediano in permanenza, durante tutta la nostra vita, e hanno un gran peso, cioè una grande influenza sulla virtù e la vita felice, poiché si decide per le cose piacevoli e si fuggono quelle spiacevoli».
Nell’infanzia non è possibile provare piaceri di livello superiore e si conoscono soltanto i piaceri sensibili; procedendo verso la maturità, possiamo e dobbiamo scoprire le gioie della bellezza morale e le gioie più autentiche dello spirito, senza peraltro trascurare le gioie e i piaceri ‘corporali’, che secondo Aristotele sono un rimedio alla tristezza e contribuiscono alla quiete dell’anima.
Dipende da noi – aiutati, si spera, dall’educazione ricevuta nei primi anni di vita e facendo tesoro delle esperienze che nel trascorrere degli anni ciascuno di noi ha modo di fare – imparare ad appassionarci sempre più per tutto ciò che è bello, vero e buono, dato che noi siamo fatti per la bellezza, la verità e l’amore. Ogni volta che ne facciamo esperienza, proviamo le gioie più belle della vita, ma dobbiamo ricordarci che la via che porta ad esse richiede cura della vita interiore; capacità di rinuncia; scelta oculata di ciò che vediamo, leggiamo, ascoltiamo.
Dipende, in definitiva, da noi cercare di gustare «la gioia che si vive tra le piccole cose della vita quotidiana, come risposta all’invito affettuoso di Dio nostro Padre: “Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene… Non privarti di un giorno felice» (Sir 14,11.14).
La visione di fede
fondamento della gioia
Le parole sopracitate di papa Francesco ci portano a riflettere sul fondamento ultimo della gioia. Non si può, infatti, ignorare la domanda: Qual è il fondamento ultimo della gioia per il credente?
La risposta viene dalla Bibbia, dai santi e dal magistero della Chiesa. Leggiamo in un salmo: “Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore” . A questo invito fa eco s. Agostino, ricordando che «nessuno è felice come Dio, nessuno fa felici come Dio». Anche il Catechismo della Chiesa cattolica richiama questa verità:«Il desiderio di Dio è inscritto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è stato creato da Dio e per Dio; e Dio non cessa di attirare a sé l’uomo e soltanto in Dio l’uomo troverà la verità e la felicità che cerca senza posa».
La fede, dunque, come sorgente di gioia. Deve però trattarsi di fede autentica. Viene alla mente un pensiero di don Milani che fa riflettere: «Quelli che si danno pensiero di immettere nei loro discorsi a ogni piè sospinto le verità della Fede sono anime che reggono la Fede disperatamente attaccata alla mente con la volontà e la reggono con le unghie e coi denti per paura di perderla perché sono interiormente rosi dal terrore che non sia poi proprio tutto vero ciò che insegnano». E sempre don Milani sottolinea che «quando ci si affanna a cercare apposta l’occasione di infilar la fede nei discorsi, si mostra di averne poca, di pensare che la fede sia qualcosa di artificiale, aggiunto alla vita e non invece modo di vivere e di pensare».
Le parole di papa Benedetto esprimono in modo convincente come la gioia trovi la sua sorgente ultima e decisiva nella fede in Dio. Ecco le sue parole in un discorso alla Curia Romana: «Infine… vorrei menzionare la gioia. Da dove viene? Come la si spiega? Sicuramente sono molti i fattori che agiscono insieme. Ma quello decisivo è, secondo il mio parere, la certezza proveniente dalla fede: io sono voluto. Ho un compito nella storia. Sono accettato, sono amato. Josef Pieper, nel suo libro sull’amore, ha mostrato che l’uomo può accettare se stesso solo se è accettato da qualcun altro. Ha bisogno dell’esserci dell’altro che gli dice, non soltanto a parole: è bene che tu ci sia. Solo a partire da un “tu”, l’“io” può trovare se stesso. Solo se è accettato, l’“io” può accettare se stesso. Chi non è amato non può neppure amare se stesso. Questo essere accolto viene anzitutto dall’altra persona. Ma ogni accoglienza umana è fragile. In fin dei conti abbiamo bisogno di un’accoglienza incondizionata. Solo se Dio mi accoglie e io ne divento sicuro, so definitivamente: è bene che io ci sia. È bene essere una persona umana. Dove viene meno la percezione dell’uomo di essere accolto da parte di Dio, di essere amato da Lui, la domanda se sia veramente bene esistere come persona umana non trova più alcuna risposta. Il dubbio circa l’esistenza umana diventa sempre più insuperabile. Laddove diventa dominante il dubbio riguardo a Dio, segue inevitabilmente il dubbio circa lo stesso essere uomini. Vediamo oggi come questo dubbio si diffonde. Lo vediamo nella mancanza di gioia, nella tristezza interiore che si può leggere su tanti volti umani. Solo la fede mi dà la certezza: è bene che io ci sia. È bene esistere come persona umana, anche in tempi difficili. La fede rende lieti a partire dal di dentro».
La gioia, in definitiva, è l’espressione di una vita sana e tranquilla, abbellita e animata dalla grazia divina.
Aldo Basso