Paganoni Tony
Migranti di ieri e di oggi
2018/1, p. 1
L’opinione pubblica italiana guarda sbigottita agli approdi sulle coste italiane dei numerosi barconi, colmi di uomini, donne e bambini (anche cadaveri!) e tutti quegli occhi sbarrati. Ma dimentica che il dramma è stato affrontato dai nostri bisnonni o trisnonni, a partire dall’unità d’Italia.

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Convegno a Piacenza sulle migrazioni
MIgrantidi ieri e oggi
L’opinione pubblica italiana guarda sbigottita agli approdi sulle coste italiane dei numerosi barconi, colmi di uomini, donne e bambini (anche cadaveri!) e tutti quegli occhi sbarrati. Ma dimentica che il dramma è stato affrontato dai nostri bisnonni o trisnonni, a partire dall’unità d’Italia.
Oggi, nel mondo cattolico chi non parla, non pensa o non prega per il dono della misericordia? Anche perché sembra che questo valore e dono evangelico sia diventato, come afferma Andrea Tornielli nel suo recente libro/intervista “Il nome di Dio è misericordia” la cifra di questo pontificato. In una sua omelia, papa Francesco ebbe ad affermare che il nostro mondo “troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato”. Il Papa ha voluto ricordare che «la misericordia non è una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, e rende tangibile il Vangelo». Così twittava il 28 novembre 2016 papa Francesco.
La misericordia è inconcepibile senza le opere di misericordia. E cioè, le opere, le azioni e iniziative rivolte a renderla visibile e tangibile possono essere ideate, organizzate e continuate senza una conoscenza diretta e concreta e, aggiungiamo in fretta, approfondita dei nuovi e vecchi volti della povertà? Le opere di misericordia hanno bisogno di scuola e di alunni che la frequentino regolarmente. È vero ieri come oggi, perché le lezioni della storia sono sempre ricche di spunti e anche di somiglianze con le sfide attuali.
Fenomeni nuovi
e antichi di povertà
Tra i nuovi e antichi fenomeni di povertà vanno annoverate le emigrazioni forzate che oggi dilagano come un fiume in piena sul nostro pianeta. Il Mediterraneo non ne è certo l’unico teatro: occorre subito aggiungere i corridoi che per via mare, percorrendo distanze molto più grandi, interpellano l’Australia e alcune nazioni del sud est asiatico o i grandi flussi di latino-americani che da diverse nazioni dell’America Latina si spostano, ammassati su treni, verso l’Eldorado, el Norte, sperando di poter essere accolti o meglio non intercettati dalle guardie di frontiera degli Stati Uniti.
Sono abbastanza note le piste seguite dagli africani, i nostri antichissimi progenitori (Gian Antonio Stella), per avvicinarsi alle coste sud del Mediterraneo. Queste piste (vedi “Corriere della Sera”, 28/8/2017) fanno venire in mente una ragnatela che spunta nei vari paesi al sud del Sahara, attraversa il deserto stesso e approda sulle coste sud del Mediterraneo. Nonostante percorsi diversi, tutti gli emigranti sono uniti dallo stesso desiderio: tentare la fortuna e salpare diretti per qualsiasi costa della Spagna, Grecia e soprattutto dell’Italia.
L’opinione pubblica italiana guarda sbigottita agli approdi sulle coste italiane dei numerosi barconi, colmi di uomini, donne e bambini (anche cadaveri!) e tutti quegli occhi sbarrati. Così diversi anche per il colore della pelle, son ritenuti un peso di troppo per una nazione già appesantita da problemi quali: scarsa produttività, disoccupazione giovanile, servizi sociali carenti, attività mafiose, disoccupazione giovanile ecc...Chi non si accorge che coloro che arrivano sulle coste siciliane o calabresi han proprio bisogno di tutto! Non dobbiamo forse risolvere, prima di tutto, i problemi di casa nostra?!
Questi ed altri “problemi di casa nostra” come sono stati affrontati dai nostri bisnonni o trisnonni, a partire dall’ unità d’Italia? Alcuni approfondimenti necessari sono avvenuti durante un convegno “Pionieri della sollecitudine pastorale nelle migrazioni” (18 novembre, Piacenza), organizzato dallo scalabriniano p. Gabriele Bentoglio. Al convegno sono intervenuti come relatori: Gian Antonio Stella, editorialista del Corriere della Sera, gli studiosi scalabriniani Gelmino Costa e Andrew Brizzolara, la postulatrice delle Suore scalabriniane Leocadia Mezzomo e la Superiora Generale delle Cabriniane, Barbara Louise Staley. I vari relatori hanno offerto uno sguardo approfondito sui viaggi di Scalabrini e Cabrini e le loro strategie missionarie, collocabili accanto alla pastorale migratoria di oggi. Hanno offerto interessanti spunti anche tre vescovi: mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio e mons. Maurizio Malvestiti, vescovo di Lodi. La direzione generale degli Scalabriniani era rappresentata dal consigliere generale, p. Diaz Lamus Luis Antonio.
Due esperienze
storiche
Durante il convegno di Piacenza due esperienze storiche di emigrazioni forzate si sono incontrate e rispecchiate a vicenda: la prima, dei nostri giorni, in entrata nel nostro paese e la seconda, in uscita, quella della grande emigrazione, dall’unità d’Italia (1861) fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. In maniera schematica, descriviamo ora le caratteristiche (non sono poche le somiglianze) di chi oggi bussa alla porta di casa nostra e di chi (emigranti italiani) han bussato alla porta altrui.
Barconi e bastimenti a vapore. I barconi li vediamo in televisione o sulla stampa laica e cattolica: pigiati all’inverosimile, strapieni di uomini, donne e bambini. Non mancano i cadaveri! E su quei barconi così pigiati di volti e corpi scuri, con quegli occhi sbarrati si teme che si nascondano malattie tropicali o incurabili.
Sulla scorta di foto del tempo, non è difficile immaginare le stive dei bastimenti del tempo, sovraffollate di corpi letteralmente accatastati uno accanto all’altro, al chiuso, senza la minima privacy, con malattie come il tifo, la malaria, la dissenteria e altre malattie che la facevano da padrone. I numerosi morti (fonti attendibili han suggerito il 25% degli imbarcati) venivano semplicemente gettati in mare, durante viaggi che duravano, non due o tre giorni, ma varie settimane. Per evitare il contagio per le proprie popolazioni, diversi bastimenti sono stati rispediti in Italia dalle autorità portuali americane.
I numeri di passeggeri. Oggi parliamo di un massimo annuo, almeno finora di 170.000 richiedenti asilo politico. La nostra grande emigrazione ha registrato un crescendo spettacolare (400.000 nel 1900) fino a raggiungere quasi un milione nel 1913. Gian Antonio Stella, nel suo libro, la definisce appunto come il titolo annuncia: un’“orda”.
Scafisti, “mercanti di carne umana” (Scalabrini), migration agents, recruiters nel lontano Oriente (“Victims of traffickingExodus V, Singapore, Graziano Battistella, cs) o in America del Sud e in Africa (“Benin City. L’orrore che ignoriamo”, in ‘Corriere della Sera, novembre 2017). Prima di mettere piede su un aereo, su un bastimento o su un barcone, l’emigrante perché privo di protezione, è vessato da speculatori esistenti un po’ ovunque. È soprattutto nei movimenti clandestini che si incontrano sopraffazioni di ogni genere. Nell’Italia del 1982 si contavano 5.172 agenti, aumentati a 7.169 nel 1985 e più di 10.000 nel 1900 (Luigi de Rosa, Consiglio Nazionale delle Ricerche). Queste cifre possono essere interpretate come la punta di un iceberg!
Minori emigranti: soli, abbandonati e non protetti. Uno sviluppo tragico: quante altre sorprese inaspettate e dolorose ci riservano i flussi contemporanei?! La schiavitù è stata abolita con l’approvazione, sia a livello nazionale che sovranazionale, di leggi che hanno vietato il commercio di schiavi. L’articolo 4 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 vieta la schiavitù in tutte le sue forme. Ma la situazione dei minorenni in emigrazione suscita enormi perplessità. E non sono pochi: 14.579 giunti finora quest’anno e 18.491 schedati dal sistema di accoglienza in Italia. Cosa pensare poi dei tanti minorenni, gli orfani di ieri: i numerosi sciuscià (= shoe shiners), che si davano da fare agli angoli delle grandi metropoli americane per dare una lustratina alle scarpe altrui; o ai numerosi spazzacamini, piccoli di statura, sporchi come non mai che ripulivano i camini di tante case d’oltralpe?
Gli emigranti di ieri e di oggi: quali e quanti pesi o vantaggi, quale potrebbe essere un’analisi dei costs and benefits’ ratio.
Nel nostro mondo, così profondamente diseguale a livello economico (i pochi sempre più ricchi e i troppi e tantissimi poveri), vale la pena mettere in risalto i vantaggi economici derivanti dalle “camicie sudate” di tanti emigranti. È inutile citare i numerosi studi pubblicati sul valore aggiunto dei flussi migratori italiani finiti nel Nord e Sud America e in Australia. Per quanto riguarda i nuovi arrivati in Italia ricordiamo quanto la Fondazione Moresca ha recentemente (“Avvenire”, 19/10/17) evidenziato: i 2.4 milioni di stranieri occupati in settori non certo ricercati dagli italiani (servizi ed edilizia) rappresentano il 9% della ricchezza nazionale, versano 11.5 miliardi di contributi. Non solo: le 570.000 imprese da loro gestite rappresentano un valore aggiunto di 102 miliardi.
Ci sono state diverse persone, come il beato Giovanni Battista Scalabrini (1838-1905) e Santa Francesca Cabrini (1850-1917) che si sono rimboccate le maniche per assistere i “loro e nostri” connazionali in procinto di partire dai loro paesi o una volta giunti a destinazione. Cabrini e Scalabrini hanno conosciuto da vicino, condiviso ed intrapreso numerose iniziative rivolte a rimediare situazioni di estremo abbandono e miseria deplorevole in cui versavano i poveri e sbandati emigranti di allora. Anche se con volti e identità multiple e diverse, oggi, gli stessi emigranti poveri di tutto, come i nostri di ieri, continueranno ad essere presenti sul nostro territorio.
Tony Paganoni, Scalabriniano