Gellini Anna Maria
Se ci sei, fatti conoscere
2017/7, p. 34
Il passaggio dall’ateismo alla fede segnò il suo percorso verso la santità. Oblata benedettina fece dell’esperienza mistica della Trinità il centro e il fondamento della sua esistenza e della sua missione; intuì la dimensione trinitaria della vita cristiana come naturale conseguenza del battesimo.

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Testimoni
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Itala Mela, beatificata a La Spezia
“se ci sei
fatti conoscere”
Il passaggio dall'ateismo alla fede segnò il suo percorso verso la santità. Oblata benedettina fece dell'esperienza mistica della Trinità il centro e il fondamento della sua esistenza e della sua missione; intuì la dimensione trinitaria della vita cristiana come naturale conseguenza del battesimo.
Itala Mela, oblata benedettina conosciuta con il nome di Maria della Trinità, è stata proclamata “beata”, la prima della diocesi di La Spezia – Sarzana – Brugnato. La cerimonia ha avuto luogo il 10 giugno scorso nella Cattedrale di Cristo Re, ed è stata presieduta dal cardinale prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, Angelo Amato, davanti a quasi tremila persone. La beatificazione è avvenuta dopo il riconoscimento del miracolo di guarigione ottenuto, per sua intercessione, a favore della piccola Erminia Bertoli, nata nel 1999 in condizioni fisiche disperate e clinicamente irreversibili.
La memoria liturgica della sua festa è stata fissata il 28 aprile, giorno precedente la sua morte, per evitare la sovrapposizione con santa Caterina da Siena patrona d'Italia.
Da una famiglia
atea …
Nata a La Spezia il 28 agosto 1904, da Pasquino e Luigia Bianchini, entrambi insegnanti elementari e non credenti, Itala riceve il battesimo in casa della levatrice. Trascorre l’infanzia e l’adolescenza con i nonni materni. Nel maggio del 1915 riceve la Prima Comunione e la Cresima nella Cappella della Pia Casa di Misericordia. Allo scoppio della prima guerra mondiale, assiste alla partenza del padre e dello zio per il fronte. Frequenta il liceo classico con ottimi risultati. Il 27 febbraio 1920 la vita di Itala è sconvolta dalla morte del fratellino Enrico, di nove anni: un evento da lei ritenuto ingiusto e crudele che la spinge a dichiararsi atea. L’esistenza di Dio è per lei inconciliabile con il dolore innocente e quindi «dopo la morte, il nulla».
Nel 1922 Itala si iscrive alla Facoltà di Lettere a Genova ed è accolta nel pensionato delle Suore di Nostra Signora della Purificazione. Lì, l’8 dicembre 1922, decide di confessarsi e di ricevere l’Eucaristia. Inizia così per lei un travaglio interiore molto profondo: «Signore, se ci sei, fatti conoscere», è la preghiera che le sgorga dal cuore nel momento in cui comincia a vacillare il suo ateismo, tenacemente professato fino ad allora. Intraprende un percorso di fede anche grazie all'aiuto di due sacerdoti genovesi e al sostegno che riceve dalla Federazione degli Universitari cattolici italiani, alla quale si iscrive nel 1923. Determinanti per la sua formazione spirituale sono diversi incontri: con i beati Moscati e Pampuri, i servi di Dio Vico Necchi e Piergiorgio Frassati, con l’allora assistente ecclesiastico nazionale della FUCI, don Giovanni Battista Montini (il futuro papa Paolo VI), con il cardinal Schuster, p. Gemelli e don Divo Barsotti.
Nel 1926 consegue la laurea in lettere classiche con una tesi sulle lettere di san Cipriano: un lavoro ponderoso di trecento pagine, condotto con grande rigore metodologico e importante nel contenuto non solo perché le permette di approfondire la letteratura cristiana, la storia della Chiesa, di dare delle basi teologiche solide al suo pensiero e alla sua spiritualità, ma anche per un aspetto che Itala tratta nella tesi, quello che riguarda la dimensione trinitaria della vocazione battesimale.
Dopo la laurea, comincia l’insegnamento al Liceo Ginnasio Costa, ma l’instabilità fisica la costringe a periodi di congedo e aspettativa sempre più lunghi, finché dopo qualche anno rinuncia definitivamente.
… alla consacrazione
benedettina
Nella primavera del 1928, Itala esamina con l'abate Ildefonso Schuster un progetto di rinascita della vita monastica femminile in Italia, che porterà alla fondazione del monastero benedettino di Civitella S.Paolo (Roma), con l’apertura di un noviziato al monastero di Amelia (Terni) e poi all’abbazia di Dourgne in Francia. Attirata dalla vita benedettina, sosterrà con forza, sino alla morte, il progetto di fondazione sulla collina spezzina di Marinasco di un monastero femminile di clausura, oggi monastero di S. Maria del Mare delle monache benedettine del Castellazzo.
Itala sente anche per sé il desiderio di entrare in un monastero benedettino (Marie Vierge a Népion sur Meuse, in Belgio), ma per la sua salute molto precaria a causa di pleurite ed endocardite persistenti, deve rinunciare anche a questo progetto. Rimane però ferma nella volontà di consacrare la sua vita al Signore, lasciandosi “inabitare dalla Ss. Trinità”. Il 4 gennaio 1933, sotto la guida dell’abate Vannucci, Itala conclude il noviziato benedettino con la professione come Oblata del Monastero in San Paolo fuori le Mura, a Roma e riceve il nome di Maria della Trinità.
La consapevolezza dell’inabitazione della Trinità nella sua vita la spinge non solo a emettere i voti di povertà, castità e obbedienza, ma anche quello di continua conversione e di totale abbandono a Dio: con il quinto voto, l'Inabitazione trinitaria diventa il centro della sua vita e della sua missione nella Chiesa. Nei suoi appunti Itala scrive: «Non cercherò la Trinità lontana da me, nell’isolamento del cielo, ma in me, nella mia anima, poiché in essa inabita…. Non dimenticare mai che nell’anima nostra è l’abitazione della Trinità SS.ma, come in un nuovo cielo. Noi ci sforziamo spesso di unirci a Dio con mezzi complicati e non pensiamo che abbiamo sempre in noi l’Ospite divino…»
Nel 1941 papa Pio XII rimane sorpreso da «tanta luce, da tanta umiltà e da un così forte radicamento nella tradizione cristiana».
Itala tutto vive con straordinaria umiltà e carità, nella certezza che «vivere l’Inabitazione non è una cosa straordinaria ma la logica conseguenza del nostro Battesimo», perché «sarebbe un grave errore credere che il richiamare le anime a nutrire di questo mistero adorabile la loro vita, sia il richiamarle ad una "devozione" speciale: è piuttosto un invitarle a vivere della grazia che il Battesimo ha loro donato». «Anche se non tutte le anime possono essere oggetto di una tale predilezione divina, tutte possono, in una certa misura, tradurre nella loro vita i frutti della loro consacrazione di battezzate e di cresimate. Tutte possono richiamarsi al segno invisibile della Santa Croce, che più volte fu tracciato sulla fronte e sul petto di ciascuno di noi, finché santificherà i nostri sensi, anche nell’ora ultima, nell’Estrema Unzione... (ndr. così allora era chiamato questo sacramento) ...Questa croce è la nostra gloria e la nostra speranza...»
La consapevolezza dell’inabitazione trinitaria rende Itala Mela serena nello spirito, incrollabile nella fede, forte nella sopportazione della malattia. La carità verso il prossimo è espressa con delicatezza e concretezza. Oltre alla preghiera e al consiglio, Itala è generosa nella beneficenza con collette in denaro, offerte di vestiti e di cibo, aiuto nella soluzione dei tanti problemi della vita quotidiana. Tutto questo fino alla morte, avvenuta nell’aprile del 1957 all’età di 52 anni.
Le sue spoglie riposano dal 1983 a La Spezia, nella cripta della cattedrale di Cristo Re. La causa della sua beatificazione, avviata nel 1976, raggiunge nel giugno 2014 il riconoscimento delle virtù eroiche.
La testimonianza
della conversione
La beata Itala Mela trasmette una testimonianza luminosa, attraverso la lettura della sua conversione. In uno dei suoi manoscritti, dice: «Vi sono nature che, anche dopo lunghi anni di grazie, restano dinanzi a Dio nella loro dura interezza, come blocchi di marmo in cui l’artefice trovi sempre nuove asperità.» È evidente che scrive per esperienza personale! «Lo scalpello divino continua a creare il capolavoro, ma l’opera è lunga e sembrerebbe in certe ore disperata, se non ne avesse assunto la responsabilità l’artista che non fallisce. L’importante è che queste nature tenaci restino offerte alla mano di Gesù, immobili anche sotto i colpi più forti e più dolorosi. L’importante è che l’anima non si ritragga per timore e per stanchezza. Bisogna aver fiducia non nella materia soggetta al lavorio divino, ma nell’onnipotente e sapientissima abilità dell’artefice. Egli è certamente il solo che possa far balzare il capolavoro da questa materia selvaggia. Ed egli sembra compiacersi di sceglierla, di prediligerla, forse perché sa che, una volta creata, l’opera durerà per sempre». Scrive ancora: «Dio può compiere in un’anima un laborioso travaglio non solo per staccarla dal peccato, ma anche per riformare la sua visione di santità e portarla più in alto...» È evidente che Dio vuole che noi ci stacchiamo dal peccato, ma come siamo attaccati, affezionati ai nostri progetti spirituali! E quando Dio si compiace di distruggerli, perché, appunto, la santità consiste nel seguire Dio e non i nostri progetti, anche buoni, noi tendiamo a resistere. «L’ascesa è la parte che tocca all’anima: le grazie mistiche sono la parte di Dio. Noi non dobbiamo occuparci delle grandi grazie d’unione, ma solo “dei piccoli passi” per spogliarci di noi stessi. Questo è importante: il resto lo farà Dio…». «La mia vocazione speciale è vivere il mio quotidiano “sì”, la “parola” di lui, quella del momento, con perfetto amore...».
Paolo VI
ha detto di lei
Quando era cardinale di Milano, Giovanni Battista Montini così scrisse: «Itala Mela presenta, nella sua esperienza e nei suoi scritti, elementi religiosi di particolare valore, per la singolarità, per l’intensità, per il contenuto dottrinale, per le componenti morali che vi si intrecciano, per la semplicità e la sincerità con cui si raccomandano. Che Itala Mela abbia vissuto, inizialmente, fugacemente almeno, alcuno di quei momenti in cui l’anima, non più per via di ragionamenti e tanto meno per via di commozioni sentimentali, avverte la Presenza, sente la Realtà del Dio vivente, ce lo dice lei stessa…. E ce lo diceva un maestro, quanto mai esperto e autorevole, mons. Adriano Bernareggi, il quale seguì per anni quell’anima eccezionale, lui così positivo, così informato delle dottrine spirituali, e così avveduto davanti alle molteplici e spesso equivoche espressioni della sensibilità interiore. Egli era persuaso che qualche cosa di ineffabilmente oggettivo fosse passato nelle percezioni soggettive religiose di Itala Mela…
Itala Mela ci offre qualche cosa, nel campo specificamente religioso, di singolare, che va meditato e che molto al nostro tempo può dire.
Innanzi tutto può dire che sotto lo schermo astratto e opaco delle verità spirituali, quale appare ordinariamente la nostra dottrina religiosa ai nostri occhi miopi e distratti, palpitano per chi ha la virtù e la fortuna di scorgerle, realtà spirituali, divine anzi, d’immenso interesse, d'immenso valore. Tutto sta a saperle percepire. L’anima mistica assume allora funzione di testimonio. La sua luce rischiara la stanza dove sono i fratelli nell’oscurità. Al suo bagliore tutti si fanno fiduciosi e attenti: vale la pena di credere, vale la pena di cercare… Non già che l’esperienza religiosa privata, per veritiera che sia, costituisca argomento alla fede, la quale attinge da ben altra fonte la sua sicurezza, ma testimonianza sì, consolazione sì, esempio sì, speranza sì».
Anna Maria Gellini