Dall'Osto Antonio
I"cercatori spirituali"
2017/7, p. 18
È un fenomeno poco conosciuto, ma piuttosto ampio. Si tratta di persone sincere, che intendono vivere la loro ricerca liberamente, lontani da ogni istituzione e da ogni forma autoritaria. Questi cercatori interpellano la Chiesa, i suoi metodi pastorali e la visione che essa dà di se stessa.

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Testimoni
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Un’inchiesta che ci interpella
I “CERCATORI
SPIRITUALI”
È un fenomeno poco conosciuto, ma piuttosto ampio. Si tratta di persone sincere, che intendono vivere la loro ricerca liberamente, lontani da ogni istituzione e da ogni forma autoritaria. Questi cercatori interpellano la Chiesa, i suoi metodi pastorali e la visione che essa dà di se stessa.
In Francia li chiamano “Chercheurs spirituels”, cercatori spirituali. Sono donne e uomini, impegnati nella ricerca e in un cammino spirituale, sia all’interno delle tradizioni a cui appartengono, sia al di fuori di ogni comunità di appartenenza. Sono numerosi. I risultati inattesi di un’inchiesta effettuata su questa galassia eterogenea hanno costituito una sorpresa anche per i membri dell’Osservatorio delle nuove credenze, un organismo creato dalla Conferenza dei vescovi francesi, nella primavera del 2013, in seno al Consiglio per le relazioni interreligiose e le nuove correnti religiose.
A partire da questa inchiesta, condotta dal Gruppo di studio per le ricerche e le pratiche spirituali emergenti (GERSPE), collegata con l’università di Strasburgo, Philippe Le Vallois – laico responsabile dal 2013 dell’Osservatorio, e delegato della pastorale delle nuove credenze e derive settarie per la diocesi di Strasburgo, ha pubblicato un articolo di commento, inserito in un dossier intitolato Ricerche spirituali oggi della rivista Spiritus (marzo 2017), giungendo a tre particolari conclusioni: anzitutto che i cercatori spirituali esistono realmente; sono persone che hanno qualcosa da dirci sui cambiamenti riguardanti oggi il mondo, la religione e l’individuo, di cui non abbiamo sempre la piena coscienza; il paesaggio religioso entro cui si muovono ed evolvono interpella in modo particolare la nostra Chiesa.
I cercatori
spirituali esistono
L’inchiesta del GERPSE, è scritto nella prefazione, «è la più vasta mai realizzata per comprendere le aspirazioni spirituali d’oggi». Erano state invitate a rispondere al questionario 50.078 persone di 24 centri spirituali confessionali e non confessionali, all’interno dei quali avevano preso parte a delle sessioni durante gli ultimi cinque anni.
La prima cosa che risalta dall’analisi delle domande filtro proposte è che l’interesse di questi cercatori è veramente di ordine spirituale. Lo dicono esplicitamente il loro modo di porsi rispetto agli altri registri quali la terapeutica; inoltre il loro sviluppo personale e religioso e la percezione estremamente chiara che hanno delle condizioni, degli ostacoli e pericoli del cammino spirituale. Lo rivelano anche le loro pratiche. Al di fuori delle sessioni, degli stage e corsi di formazione – regolari e frequenti – che frequentano, essi continuano a coltivare con costanza delle forme di arricchimento personale e spirituale, come preghiera, meditazione, partecipazione a un gruppo, accompagnamento, lettura.
Principali
caratteristiche
L’essenziale per questi cercatori spirituali consiste in un cammino di interiorità, nella persuasione che tutto si gioca a questo livello: crescere, progredire, divenire sono le loro parole chiave. Sono “persone in cammino”, dei “pellegrini” che operano su se stessi per favorire un lavorio interiore. Si muovono per acquisire una maggiore chiarezza, comprensione e profondità. Conoscono gli ostacoli e i pericoli – interiori ed esteriori – che possono incontrare nel cammino, ma li considerano come qualcosa che fa parte di ogni percorso umano. Tutto ciò che attraversano li rende più responsabili. Il loro è un impegno che abbraccia tutto l’essere: corpo, anima psichica e spirito. Aspirano a sviluppare l’intera persona, convinti che tutto è collegato, connesso in sé e con l’ambiente umano e terrestre. A loro parere, non è possibile alcun cambiamento senza un mutamento profondo di se stessi.
Se tutti si sentono impegnati in un cammino spirituale di Amore e di Pace, molti – più della metà secondo l’inchiesta – rifiutano tuttavia ogni dimensione religiosa e ogni legame con una religione stabilita. Sempre in ricerca, sempre in cammino, mai arrivati, li incuriosisce tutto ciò che in loro e attorno a loro espande e libera l’umano e il divino. Si caratterizzano per un atteggiamento di apertura, in particolare verso le altre spiritualità. Per questo, i loro riferimenti sono molteplici, frutto di partecipazioni e sperimentazioni diverse, vissute come illuminazioni e arricchimenti.
Il mondo, la religione
e l’individuo sono cambiati
Nel giro di alcuni decenni il mondo è profondamente cambiato. È un fenomeno che continua sotto i nostri occhi e implica un nuovo mondo, nuove società, un nuovo paesaggio religioso, un nuovo individuo. È il secondo importante aspetto che l’inchiesta mette in risalto.
Un individuo emancipato
Il cercatore spirituale è un individuo contemporaneo. Ciò significa che si sente padrone della propria vita. Riflette, legge, confronta, vuole capire. Ciò a cui aspira è il proprio benessere, il proprio sviluppo, la propria realizzazione. I suoi primi consiglieri per accedervi sono il corpo, le emozioni, i sentimenti. Di qui l’importanza centrale attribuita all’esperienza personale, quale veicolo di conoscenza e conferma di una certezza. Le affermazioni teoriche e le dottrine non valgono per se stesse, ma perché l’individuo le ha esperimentate come giuste e le ha comprese. Questo individuo “autoreferenziale” si preoccupa delle sue scelte e della sua libertà. Non sente più il bisogno di essere inquadrato entro istituzioni pesanti, stabili che gli offrano un canovaccio di pensiero e di azione. È un individuo emancipato e si tiene volutamente a distanza dalle organizzazioni, istituzioni e autorità – le verticalità – che potrebbero tenerlo assoggettato. Il suo atteggiamento si traduce in partecipazioni piuttosto che in appartenenze. Egli tende ad abbandonare le mediazioni e gli intermediari, soprattutto se gli sembrano non essere all’altezza del loro compito.
Individualizzazione del fatto religioso
Il nuovo religioso si rifà all’individuo, alla soggettività, all’esperienza, all’emozione, agli affetti più che all’autorità di una tradizione ereditata. I due generi di ricerca interiore maggiormente citati nell’inchiesta sono le pratiche corporali e corroboranti (63%), e la meditazione ( 59%). Al terzo posto vengono le attività artistiche di vario genere (47%).
Tratti fondamentali e caratteristici del nuovo uomo religioso sono anche la valorizzazione dell’autonomia personale, una concezione centrata sull’umano e la realizzazione di sé nella vita presente. L’individuo ormai ritiene di poter scegliere anche il modo di credere e il contenuto di ciò che crede. La verità religiosa non si presenta più come un dato ricevuto, ma come il frutto di una ricerca. Il cardine che regola la verità passa dalle autorità religiose all’individuo stesso.
Nella misura in cui la realizzazione di sé diviene primaria, ciò che conta non è tanto il fatto che una credenza sia reale o no, vera o falsa, ma ciò che essa può apportare in termini di benessere, di felicità, di aiuto nelle difficoltà e nella soluzione dei problemi personali incontrati. In questo modo, le frontiere tra fatto religioso, salute, benessere, psicologia... diventano porose. Se si aggiunge che “tutto ciò che nelle nostre società secolarizzate interpella l’uomo circa il suo destino, tutto ciò che parla al cuore degli uomini e delle donne, oggi, riveste questa qualità del sacro”, allora si può facilmente comprendere che le categorie abituali della credenza religiosa sono battute in breccia. Da ciò deriva la diffidenza verso una proposta religiosa, e più ancora spirituale o sapienziale, e verso tutto ciò che è religiosamente autoritario, collettivo o dominante.
Secolarizzazione e pluralismo religioso
In questi ultimi decenni, in Francia – ma lo stesso si può dire anche per altre aree del mondo occidentale – il cattolicesimo, “da religione della grande maggioranza dei cittadini” è diventata una religione fra le altre; non è più il polo unificante dei valori, delle opinioni e dei comportamenti. La secolarizzazione combinata con la laicizzazione istituzionale ne ha determinato il crollo in quanto compendio del tessuto sociale e istituzione infallibile e unica della salvezza.
E dall’ultimo quarto del secolo scorso si è imposto anche un altro fenomeno socioculturale, legato a una nuova tappa del processo di mondializzazione: il pluralismo nel campo religioso e l’allargarsi della proposta religiosa. Questo fenomeno è all’origine della rottura dei legami tra le religioni e le loro culture, le collettività e gli spazi tradizionali. Il pluralismo religioso suscita problemi, atteggiamenti e comportamenti nuovi. È la porta aperta al confronto, alla scelta, alla relativizzazione attraverso un “mercato” in cui si giocano ormai lotte e competizioni, confronti e tensioni, sia sul piano generale sia su quello di ciascuna tradizione.
In questo modo, sottolinea la rivista Spiritus, la modernità ha contribuito a introdurre una dinamica impressionante di cambiamento: dispersione delle credenze, mobilità delle appartenenze, fluidità delle identificazioni, instabilità dei raggruppamenti comunitari. Non è più questione di tramonto o ritorno del fatto religioso, ma del suo cambiamento.
Quali insegnamenti
per la Chiesa?
Per i cercatori spirituali, e molti nostri contemporanei, la chiesa cattolica è ostacolata da seri handicap. Il cattolicesimo, infatti, si presenta come una religione internazionale con i suoi chierici, i suoi dogmi, la sua gerarchia; come un’istituzione pesante, un modello di verticalità e di uniformità, un esempio in termini di autorità di funzione e di intransigenza. Sono tutti termini che contrastano con ciò che attira questi cercatori.
Inoltre, il cattolicesimo trasmette di sé delle immagini offuscate attraverso varie realtà: la sua storia, in particolare certi episodi violenti e dolorosi, ma anche la sua collusione con i poteri, le sue compromissioni. L’impressione che ha dato, e che a volte dà ancora, è fatta di sufficienza, presunzione, superiorità; di voler essere l’autostrada, il centro, la verità, il menu... in un mondo di individui “fuori strada”, alle “periferie”, che credono “a la carte”, che sono religiosamente dei “senza dimora”.
Inoltre suscita diffidenza dei cercatori e dei contemporanei lo sguardo che il cattolicesimo ha avuto – e che a volte ha ancora – sull’individuo peccatore, la sua soggettività, il suo corpo, i suoi sensi, le sue emozioni, e in senso più ampio, sul mondo perverso con tutto ciò che ne deriva.
Come non bastasse, molte disposizioni e proposte della Chiesa cattolica – celebrazioni liturgiche, formazioni intellettuali, percorsi catechetici e sacramentali – non rispondono più alle aspirazioni contemporanee e sono percepite come non significative. Alcuni cercatori spirituali aggiungono anche il contrasto che essi avvertono tra la persona di Gesù, l’accoglienza che egli riservava a tutte e a tutti, e i discorsi e gli atteggiamenti di certi rappresentanti della chiesa cattolica.
L’immenso atout
della Chiesa
Per i cercatori spirituali, l’atout della Chiesa non sta nella sua lunga storia, e nemmeno nella sua esperienza multisecolare; non sta neanche nei suoi tesori liturgici teologici che certi ecclesiastici amano mettere avanti. Il suo grande asso vincente è Colui che la fonda. Il Dio trino, “Colui che, essendo comunione di Amore”, non esiste che nell’atto di donarsi”; è il mistero del Figlio “Via”, “Verità” e “Vita”. Consiste nella sua identità in quanto “comunità spirituale” (Lumen gentium 8). Il discorso teologico afferma che, a partire dalla Scrittura, Dio è amore e che la carità è la parola prima e ultima di tutto. È su questa affermazione che riposa il prodigioso edificio dogmatico, culturale e istituzionale che si chiama cristianesimo, elaborato a partire dall’evento Gesù di Nazaret e dall’esperienza dei suoi discepoli. Se Dio è amore, egli non può essere che amore. La Chiesa deve proporre e contribuire a rivelare questo amore, e invitare a farne l’esperienza. È proprio qui che è attesa la Chiesa cattolica, come sono attese qui anche le altre Chiese nel loro insieme: offrire i mezzi per fare l’esperienza dell’amore, della misericordia, senza attendersi nulla di ritorno. Invitare a percorrere il cammino che conduce verso questo Amore al cuore di sé (Gaudium et spes 16). Le chiese dispongono a questo scopo delle risorse di innumerevoli testimoni, santi, persone spirituali e mistici.
L’incontro con i cercatori, scrive la rivista Spiritus, siano essi credenti cristiani, cattolici praticanti o lontani dal cristianesimo, suscita necessariamente nuovi problemi pastorali: è un invito per la Chiesa a ridurre le distanze tra il tesoro di cui è depositaria e ciò che dice, vive e manifesta; un invito a ridurre le distanze tra se stessa e questi cercatori che aspirano all’essenziale...
Ci sono oggi dei cercatori spirituali e altre persone che, nel paesaggio religioso contemporaneo, si volgono verso ciò che appare loro autentico e capace di nutrirli; vanno a abbeverarsi alle sorgenti che si manifestano ai loro occhi.
La ricerca di questi cercatori spirituali non è rivolta in primo luogo a un’appartenenza, a verità da credere, a rituali, cerimonie e a un’istituzione che ha attraversato i tempi dando buona prova di sé; e nemmeno a dei punti di riferimento, a delle certezze e a dei paradigmi. Essi cercano piuttosto un di più di essere, dei testimoni coerenti di vita interiore, dei compagni di strada. Desiderano essere risvegliati e nutriti nel più intimo di sé. Di qui la domanda: quali proposte fa la nostra Chiesa per essere più vicina a queste diverse ricerche e aspirazioni? Come sostiene e accompagna le iniziative che vengono prese in questo senso?
La chiesa cattolica è consapevole che la sua storia, la sua immagine e ciò che essa dà a vedere – ancora oggi – non sono in totale armonia con quello che annuncia? Comprende che l’immagine che ha di sé non corrisponde necessariamente a quella che viene percepita? Come rimediarvi e fare in modo che l’evangelizzazione si presenti realmente come una buona notizia per colui o colei a cui viene proposta?
I cercatori spirituali, conclude Spiritus, costituiscono una sorpresa per molti. Lo sono anche per la chiesa cattolica per l’inadeguatezza di molti suoi dispositivi pastorali nei riguardi delle loro aspirazioni e attese. Di fronte al calo di tutti gli indici del cattolicesimo che ha rappresentato la nostra infanzia e quella dei nostri genitori, siamo legittimamente inquieti. Forse auspichiamo, costi quello che costi, di riprodurre e prolungare ciò che abbiamo sempre conosciuto, magari in forme rinnovate, eventualmente con dei ministri venuti da fuori. I nostri sguardi si volgono gelosamente verso le chiese piene dell’Africa, America latina e Asia... Dimentichiamo che ciò che abbiamo conosciuto è un modello legato a un certo contesto storico... I nostri contemporanei, tra i quali i cercatori spirituali, non sono attirati dalle espressioni più vistose del cattolicesimo ereditato. Hanno sete di gustare ciò che lo fonda.
Ora, è commovente scoprire che la Chiesa cattolica, attraverso i testi del magistero degli ultimi decenni si è data dei mezzi per vedere questi cercatori, capirli, andare loro incontro e servirli. Secondo un’espressione dei Padri del Vaticano II (Gaudium et spes 24,4), noi abbiamo la certezza che lo “Spirito di Dio... è presente in questa evoluzione” che da parte loro manifestano questi cercatori. È un’evoluzione che riguarda anche il futuro della vita cristiana e della nostra Chiesa; una Chiesa invitata da questi ricercatori a diventare sempre più ciò che costituisce la sua essenza: quella spirituale.
A.D.