Menamparampil Thomas
Un ricco patrimonio di sapienza
2017/5, p. 28
Nelle esperienze delle religioni asiatiche c’è un’ampia convergenza di valori spirituali che hanno plasmato l’anima del continente. Alcuni di essi trovano la loro corrispondenza anche nel cristianesimo e favoriscono l’armonia e l’incontro reciproco. Sono, per così dire, una porta che apre a Cristo.

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Valori religiosi in Asia
UN RICCO PATRIMONIO
DI SAPIENZA
Nelle esperienze delle religioni asiatiche c’è un’ampia convergenza di valori spirituali che hanno plasmato l’anima del continente. Alcuni di essi trovano la loro corrispondenza anche nel cristianesimo e favoriscono l’armonia e l’incontro reciproco. Sono, per così dire, una porta che apre a Cristo.
Il pellegrinaggio interiore costituisce un elemento centrale nella comprensione asiatica della religione. La spiritualità è la rimozione di tutti gli ostacoli in questo viaggio per giungere al proprio vero sé, la purificazione dell’essere interiore in questo processo, e vederlo in relazione con il Sé Universale Secondo le Upanishad, la liberazione interiore viene dal ritiro e dalla riflessione sulla natura più profonda delle cose. “Sedersi in dimenticanza” è considerata la cosa più utile per raggiungere il più alto stato di perfezione, il Nirvana. Anche il pensiero taoista nella tradizione cinese identifica la ricerca religiosa con la liberazione dell’elemento spirituale dell’ego dai suoi limiti fisici allo scopo di raggiungere l’immortalità. Il pericolo di questa forma di spiritualità è che tende a ignorare la dimensione sociale, anche se nei tempi moderni sono state proposte delle correzioni.
Non c’è da meravigliarsi se gli asiatici stimano la profondità e rispettano le persone che sono profonde. Forse Mahatma Gandhi era una di queste, come pure Madre Teresa, san Giovanni Paolo II e altre persone di profonde convinzioni e profondo impegno. Non meraviglia se un evangelizzatore senza profondità personale non ha alcun impatto sulla società asiatica.
Per Buddha, la spiritualità era un viaggio interiore e la rimozione dell’egoismo, degli attaccamenti, dell’avidità, dell’odio e delle illusioni allo scopo di essere “illuminati” e di liberarsi dalle sofferenze. Diverse tradizioni asiatiche suggeriscono varie tecniche pratiche per progredire in questo lungo e faticoso pellegrinaggio: moderazione, diligenza, posizione corretta controllo del respiro, controllo dei sensi, meditazione e concentrazione assorta. Anche i non credenti si servono di queste pratiche per migliorare se stessi. Questi esercizi stanno penetrando anche in occidente.
Profondità, silenzio
contemplazione
La profondità di cui stiamo parlando consiste nel guardare alla vita in tutta serietà, nella sua oggettiva realtà: sofferenze e loro cause, profitti e loro limiti, problemi e possibilità. Si tratta, anziché perdersi nei problemi immediati, di avere una visione olistica delle cose, per es. cause remote, conseguenze a lungo termine, diverse prospettive, attenzione ai problemi degli altri. In una persona religiosa ciò sviluppa solide convinzioni e un impegno irremovibile. Fornisce staminali interiori nel turbamento, assicura un equilibrio intelligente nel successo e conferisce consistenza e coerenza al proprio essere. Fornisce grande capacità di resistenza e forza di sostegno per uno sforzo a lungo termine.
La ricerca di profondità negli asiatici induce a valorizzare il silenzio. Essi sono convinti che la comprensione delle verità più profonde si può ottenere solo nel silenzio e attraverso una diligente autodisciplina. Il silenzio rafforza la propria profondità spirituale, rendendola una risorsa più rigogliosa che non un semplice vuoto. Infatti il silenzio conduce a un’intensa attività nel mondo interiore. Attrezza le persone per scavare nelle insondabili profondità della Verità, da comprendere e da vivere.
La vita religiosa ha le sue prime lontane origini in Asia e continua a prosperare, con vocazioni, attività e servizi di ogni genere. Le persone che vivono nell’isolamento contemplativo non sono rare nel continente, sia sulle cime dei monti, sia ai bordi della strada. Anche le persone secolarizzate in Asia mostrano deferenza verso le comunità contemplative perché sentono che offrono un correttivo alla società secolare. Chi rinuncia al mondo non è considerato un essere strano o un peso per la società, ma una persona che stimola una società ripiegata su se stessa a ripensare i propri valori.
Distacco
e rinuncia
Per gli asiatici, la serietà spirituale si esprime soprattutto nel distacco. Anche i non cristiani capiscono subito il modello monastico della povertà, del celibato e dell’obbedienza quali espressioni di religioso distacco. Questa è la ragione per cui i missionari cristiani, che vivono autenticamente questi valori, sono altamente rispettati nella società asiatica. La tradizione della rinuncia al mondo risale a diversi millenni nella storia religiosa del sud dell’Asia. Se questa qualità manca in una persona religiosa, le manca qualcosa di essenziale nella concezione asiatica, anche se possiede delle competenze in altri aspetti.
L’umile stile di vita di Gandhi e il suo modo di vestire alla contadina gli conferirono un’enorme autorità morale e un potere di persuasione tra la sua gente. Egli consapevolmente aggiunse una dimensione sociale alla sua spiritualità di distacco, di silenzio e profondità. La sua rinuncia e gli sforzi di miglioramento personale erano a beneficio della sua società; più concretamente, per la libertà nazionale. Affermava che il libro sacro indù Bhagavadgita gli insegnava come dedicarsi in maniera assoluta alla sua attività con perfetto distacco dai suoi frutti. Un modo di vedere del genere gli conferì energie per sostenere una lotta pacifica per decenni nonostante il successo limitato, di resistere a difficoltà di ogni genere, e di infondere gioia in tutta la sua fatica. Il suo incontro con il cristianesimo in Inghilterra deve avergli suggerito di aggiungere questa dimensione sociale a un antico valore indiano.
Non violenza,
Ahimsa
Senza dubbio la nonviolenza rimane al cuore della tradizione spirituale asiatica. Non che gli asiatici siano meno violenti degli altri, ma il desiderio della pace ha pervaso i loro cuori anche nei tempi più violenti. Buddha sviluppò un messaggio di pace quando le tribù di invasione ariane premevano duramente sulle comunità indigene, eliminando i gruppi più deboli ed esercitando violenza sulla natura. Ahimsa, nonviolenza rimase un tema di ispirazione in Asia, sia tra i seguaci di Gesù, sia tra i connazionali di Buddha e i discepoli di Lao Tse. Di qui la grande tragedia quando questo messaggio è dimenticato nel continente.
Fu il genio di Mahatma Gandhi a portare il concetto della nonviolenza nel campo politico quando decise di combattere il potentissimo potere imperiale del giorno con il suo stile pacifico. La nonviolenza non era per lui pura passività o debolezza, ma un indice della forza dello spirito. Consiste nel mostrare rispetto per l’avversario e tutti i suoi legittimi interessi, rifiutando di piegarsi a un trattamento ingiusto.
Egli sviluppò il concetto di “forte persuasione” facendo appello alla coscienza dell’avversario in rispettosa protesta ed esprimendo la non accettazione in una maniera gentile e cortese.
Ahimsa esclude anche l’uso della violenza nel linguaggio, nelle affermazioni provocatorie, nella critica sleale e nei rilievi privi di sensibilità; ed esclude persino le forme violente di protesta contro l’ingiustizia, e l’indifferenza verso la sofferenza. Più ancora dovrebbe escludere l’aborto, l’eutanasia, l’irresponsabilità sessuale, l’indulgenza debilitante verso se stessi, e ogni forma di sperimentazione sul corpo umano che danneggi la dignità della persona. Oggi dovrebbe essere estesa allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, che danneggia l’ambiente, e la competizione che mira ai profitti senza freni. Ahimsa sarebbe in pieno accordo con i concetti espressi in Laudato si’, soprattutto riguardo all’ecologia.
Veridicità,
onestà
La veridicità è considerata la più alta virtù tra gli asiatici. C’è un antico detto sanscrito che afferma: “la verità trionferà”. Tuttavia, l’onestà è probabilmente il valore spirituale più dimenticato nella vita pubblica. La tragedia dei nostri tempi sta nel fatto che la corruzione ha raggiunto un livello mondiale. Nessuno può dire di essere del tutto innocente. Questa è la ragione per cui dobbiamo unire le nostre energie per eliminare questa piaga dalla nostra società.
La spiritualità
della responsabilità
La spiritualità della responsabilità ci ricorda che i nostri destini sono collegati tra loro e che tutti noi dobbiamo preoccuparci gli uni degli altri e far crescere una sensibilità reciproca: “conoscere la sofferenza degli altri, vuol dire sentirla come nostra”.
La correttezza confuciana (li) e la rettitudine (yi) ci insegnano a contribuire all’armonia e alla relazione. L’umanità confuciana (ren) propone la regola d’oro dell’amore. In questo modo, il messaggio confuciano dell’armonia sociale e la dottrina taoista dell’armonia con la natura si completano a vicenda. Si tratta di un invito a diventare pienamente umani, calmi, fiduciosi, affidabili, aperti. Lo scritto buddista Dhammapada insegna a “evitare ogni male, a coltivare il bene e a purificare il proprio spirito”.
Imparare
gli uni dagli altri
Il leader buddista tibetano Dalai Lama ricorda un dibattito avuto con Thomas Merton su come le grandi religioni del mondo possono imparare dalle reciproche tradizioni spirituali. In questo tempo di rapida secolarizzazione è diventato più che mai necessario. È spesso nell’incontro con gli altri che scopriamo noi stessi. Mahatma Gandhi ammette quanto egli dovesse a Tolstoi e ad Emerson, i quali gli ricordavano che il concetto di nonviolenza era una tradizione dell’India. Mentre persone come Martin Luther King e Mandela guardavano all’India per studiare il modello di Gandhi, gli indiani spesso guardano all’America e al Sud Africa per imparare dalle loro esperienze in quanto promotori del modello di pace. Abbiamo bisogno di imparare continuamente gli uni dagli altri in un’epoca in cui stiamo rapidamente abbandonando molti valori ereditati, come il senso di comunità, della comune appartenenza, della famiglia, del rispetto per gli anziani e le donne, e della modestia. È tempo che ci ricordiamo a vicenda le nostre preziose tradizioni.
Se leggessimo i “segni dei tempi”, potremmo sviluppare una lungimirante strategia per entrare in una felice relazione con l’islam globale e le altre tradizioni religiose in maniera intelligente e rispettosa. Ciò aprirebbe le porte a miliardi di persone.
Nostro dovere primario è di imparare a vivere insieme in pace e armonia e di collaborare nelle comuni imprese per la crescita e lo sviluppo di società delle quali insieme siamo parte, di lavorare in gioiose relazioni, rispettando le differenze; e non indulgendo in atteggiamenti come il reciproco disprezzo, la violenza, le esagerazioni e le frettolose generalizzazioni.
Risposta
alla secolarizzazione
L’assenza di Dio negli spazi pubblici in molte parti del mondo ha indotto la gente a credere che l’epoca della fede sia finita. In un’era scettica, l’ateismo militante gode di grande considerazione intellettuale. Tuttavia la passione per l’eterno permane nei cuori poiché c’è in essi un vivo desiderio di guardare oltre a ciò che si vede e si sente. La stessa scienza è nata da questo desiderio di trascendere le apparenze immediate e comprendere la realtà nascosta (Il futuro di Dio di Deepak Chopra). Einstein scrisse nel 1930: «Ciò che io credo è: sentire che, dietro ad ogni cosa che può essere sperimentata, c’è qualcosa che le nostre menti non possono afferrare, la cui bellezza e sublimità ci raggiungono solo indirettamente, questa è la religiosità».
Non c’è nessun esempio nella storia umana di società senza religione. Ma ci sono stati periodi in cui degli individui si sono interrogati nel loro intimo e periodi in cui ci si è interrogati collettivamente nelle società. Qoelet si domandava: “Chi sa quel che è bene per l'uomo durante la sua vita, nei pochi giorni della sua vana esistenza, che passa via come un'ombra?” (Qo 6,12). Questi erano momenti di seria ricerca religiosa. Chi è superficiale può imparare dalla profondità asiatica.
Reciproca
condivisione
Gli studiosi religiosi indiani hanno trovato estremamente interessanti le esperienze dei mistici cristiani. Hanno scorto in essi un fondo comune. I sud asiatici intendono la religione come una continua ricerca della Realtà Ultima. Si può ricordare il libro di Gandhi , Experiments in Truth.
Espressioni buddiste, come “vuota pienezza”, trovano un’eco nei pensieri cristiani come: gli ultimi saranno i primi, i poveri saranno ricchi, la forza si esprime nella debolezza, possedere tutto e non avere niente. Le esperienze religiose, quando vanno in profondità, sono piene di paradossi. Invitano spontaneamente all’umiltà.
La comprensione olistica della spiritualità asiatica chiede alle persone religiose di non essere super-assertive e costringe gli scienziati a non disprezzare ciò che non conoscono. Gli asiatici sentono che la spiritualità deve essere estesa a tutti i campi. Quando è applicata alla politica, uno capisce che la democrazia non consiste solo nell’occupare il potere ma anche nel servire le cause della giustizia e del diritto. Nel mondo secolare la spiritualità favorisce il dialogo, la ricerca, la fiducia, la reciproca accettazione, la tolleranza e la curiosità rispettosa.
Tutto questo lascia una porta aperta anche a Gesù.
mons. Thomas Menamparampil, sdb
arcivescovo emerito di Jowa, India