Mastrofini Fabrizio
Pellegrino di pace e di fraternità
2017/5, p. 6
I momenti centrali del viaggio: l’incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, con il Grande imam Al- Tayyeb, con il Patriarca copto ortodosso Tawadros II, con la comunità copto–cattolica e l’incontro con il clero, i sacerdoti e i consacrati. All’estremismo dell’odio ha contrapposto quello della carità.

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Il viaggio di Papa Francesco in Egitto
PELLEGRINO DI PACE
E DI FRATERNITÀ
I momenti centrali del viaggio: l’incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, con il Grande imam Al-Tayyeb, con il Patriarca copto ortodosso Tawadros II, con la comunità copto–cattolica e l’incontro con il clero, i sacerdoti e i consacrati. All’estremismo dell’odio ha contrapposto quello della carità.
Senza la civiltà dell’incontro si va verso lo scontro; l’unico estremismo ammesso riguarda la carità; riconoscimento del Battesimo impartito dalle Chiese copta e cattolica. Tra questi tre poli principali si è sviluppato il breve viaggio di Papa Francesco in Egitto. In poco più di 24 ore – un viaggio lampo – il Papa ha riempito di contenuti densi il suo impegno apostolico per la pace, il dialogo ecumenico ed interreligioso, in un’area da cui ha cercato di rivolgersi al mondo musulmano moderato entrando ad Al-Azhar, il “vaticano” dell’ islam sunnita.
La parte politico-religiosa:
l’Islam
All’arrivo, venerdì 28 aprile, il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, in un discorso tenuto di fronte a Papa Francesco al Cairo, ha affermato che «per eliminare il terrorismo c'è bisogno di una strategia globale che non faccia conto unicamente su una soluzione militare e di sicurezza» e possa basarsi «anche su una strategia di sviluppo e una riforma intellettuale e politica per demolire l'infrastruttura del terrorismo stesso». Parlando dal podio dell'hotel "El Massa" (il diamante), Sisi ha aggiunto che «per eliminare il terrorismo c'è bisogno anche di maggiori sforzi unificati, di prosciugare le sue risorse« di finanziamento, «il suo denaro, le sue armi e i suoi combattenti». «Il mondo assiste a sfide senza pari che l'umanità non ha mai conosciuto, dove primeggiano la violenza e l'odio», ha detto ancora parlando di un «terrorismo che colpisce ovunque e in ogni momento senza discrimine: il problema è che le forze del male pretendono di far parte del grande Islam mentre esso non c'entra nulla».
Subito dopo dalla tribuna di Al-Azhar, Papa Francesco ha espresso la sua linea. «In quanto responsabili religiosi, siamo chiamati a smascherare la violenza che si traveste di presunta sacralità», così come «a portare alla luce i tentativi di giustificare ogni forma di odio in nome della religione e a condannarli come falsificazione idolatrica di Dio». È stato un appello forte ai leader di tutte le fedi dalla tribuna di Al-Azhar, la massima università dell'Islam sunnita, centro di formazione di migliaia di imam e predicatori. «La violenza è la negazione di ogni autentica religiosità», ha spiegato il Papa pensando al Monte Sinai – dove i cristiani sono messi in fuga dagli attacchi dell'Isis – da dove fu tramandato il comandamento "non uccidere". Quindi l’invito a ripetere «un no forte e chiaro ad ogni forma di violenza, vendetta e odio commessi in nome della religione o in nome di Dio» e ad affermare «l'incompatibilità tra violenza e fede, tra credere e odiare». Pensando più in generale ai conflitti in corso o alle minacce di conflitti, Papa Francesco stigmatizza l’insorgere di «populismi demagogici che certo non aiutano a consolidare la pace e la stabilità». Dunque «nessun incitamento violento garantirà la pace, ed ogni azione unilaterale che non avvii processi costruttivi e condivisi è un regalo ai fautori dei radicalismi e della violenza».
Il dialogo ecumenico,
il mondo copto ortodosso
Parlando prima del Papa, il grande imam Al-Tayyeb chiede un minuto di silenzio per le vittime degli attentati, che duramente hanno colpito anche qui in Egitto – l'ultimo quello duplice della Domenica delle Palme con oltre 40 morti alle chiese copte di Tanta e Alessandria » – e nel suo discorso afferma che «l'Islam non è una religione del terrorismo», come non lo sono il cristianesimo e l'ebraismo.
Nell'incontro col Patriarca copto ortodosso Tawadros II, che lo saluta come «uno dei simboli della pace in un mondo tormentato dai conflitti e dalle guerre» che ricorda il precedente di 800 anni fa di san Francesco dal sultano, ricorda l’ "ecumenismo del sangue", l'unione sancita tra cristiani dal "sangue innocente di fedeli inermi". Insieme i due capi religiosi concludono la giornata ricordando nella chiesa copta di san Pietro le vittime dell'attentato kamikaze dell'Isis che l'11 dicembre scorso vi fece 29 morti e 31 feriti. Da rilevare la Dichiarazione congiunta del Papa e del Patriarca copto ortodosso. Soprattutto nella parte, verso la fine, in cui le due Chiese riconoscono reciprocamente valido il Battesimo somministrato ai fedeli. Un gesto sulla via di un ecumenismo che ha bisogno di nutrirsi di gesti concreti, per dare ad un mondo diviso il segno che le Chiese, anche loro divise dalla storia, cercano in tutti i modi la strada dell’unità. «Obbedienti all’azione dello Spirito Santo, che santifica la Chiesa, lungo i secoli la sorregge e conduce a quella piena unità per la quale Cristo ha pregato, oggi noi, Papa Francesco e Papa Tawadros II, al fine di allietare il cuore del Signore Gesù, nonché i cuori dei nostri figli e figlie nella fede, dichiariamo reciprocamente che con un’anima sola e un cuore solo cercheremo, in tutta sincerità, di non ripetere il Battesimo amministrato in una delle nostre Chiese ad alcuno che desideri ascriversi all’altra. Tanto attestiamo in obbedienza alle Sacre Scritture e alla fede espressa nei tre Concili ecumenici celebrati a Nicea, a Costantinopoli e a Efeso». Uno sforzo comune riecheggiato in un passaggio del discorso del Papa. «Copti ortodossi e cattolici – ha detto – possiamo sempre più parlare insieme la lingua comune della carità; prima di intraprendere una iniziativa di bene, sarebbe bello chiederci se possiamo farla con i nostri fratelli e sorelle che condividono la fede in Gesù». «Così edificando la comunione nella concretezza quotidiana della testimonianza vissuta, lo Spirito non mancherà di aprire vie provvidenziali e impensate di unità».
Nella giornata di sabato, con la messa davanti a 30 mila fedeli e con l’incontro con clero e vita consacrata, il Papa si è rivolto al mondo cattolico, chiedendo una scelta coraggiosa a favore di un unico “estremismo”: quello della carità. E ribadendo ai sacerdoti che i seguaci di Gesù non sentono la stanchezza, la demotivazione, il richiamo della mondanità.
Il messaggio
al mondo cattolico
Nell’omelia – partendo dal Vangelo della domenica, la vicenda dei due discepoli in cammino verso Emmaus lasciando Gerusalemme dopo la morte di Gesù – Papa Francesco ha ribadito che la pagina evangelica «si può riassumere in tre parole: morte, risurrezione e vita». Papa Francesco ha spiegato che «l’esperienza dei discepoli di Emmaus ci insegna che non serve riempire i luoghi di culto se i nostri cuori sono svuotati del timore di Dio e della sua presenza; non serve pregare se la nostra preghiera rivolta a Dio non si trasforma in amore rivolto al fratello; non serve tanta religiosità se non è animata da tanta fede e da tanta carità; non serve curare l’apparenza, perché Dio guarda l’anima e il cuore. Per Dio, è meglio non credere che essere un falso credente, un ipocrita!». «La fede vera è quella che ci rende più caritatevoli, più misericordiosi, più onesti e più umani; è quella che anima i cuori per portarli ad amare tutti gratuitamente, senza distinzione e senza preferenze; è quella che ci porta a vedere nell’altro non un nemico da sconfiggere, ma un fratello da amare, da servire e da aiutare; è quella che ci porta a diffondere, a difendere e a vivere la cultura dell’incontro, del dialogo, del rispetto e della fratellanza; ci porta al coraggio di perdonare chi ci offende, di dare una mano a chi è caduto; a vestire chi è nudo, a sfamare l’affamato, a visitare il carcerato, ad aiutare l’orfano, a dar da bere all’assetato, a soccorrere l’anziano e il bisognoso (cfr Mt 25,31-45). La vera fede è quella che ci porta a proteggere i diritti degli altri, con la stessa forza e con lo stesso entusiasmo con cui difendiamo i nostri. In realtà, più si cresce nella fede e nella conoscenza, più si cresce nell’umiltà e nella consapevolezza di essere piccoli». Il Papa sottolinea che «Dio gradisce solo la fede professata con la vita, perché l’unico estremismo ammesso per i credenti è quello della carità! Qualsiasi altro estremismo non viene da Dio e non piace a Lui!». Quindi conclude così l’omelia: «Ora, come i discepoli di Emmaus, tornate alla vostra Gerusalemme, cioè alla vostra vita quotidiana, alle vostre famiglie, al vostro lavoro e alla vostra cara patria pieni di gioia, di coraggio e di fede. Non abbiate paura di aprire il vostro cuore alla luce del Risorto e lasciate che Lui trasformi la vostra incertezza in forza positiva per voi e per gli altri. Non abbiate paura di amare tutti, amici e nemici, perché nell’amore vissuto sta la forza e il tesoro del credente! La Vergine Maria e la Sacra Famiglia, che vissero su questa terra benedetta, illuminino i nostri cuori e benedicano voi e il caro Egitto che, all’alba del cristianesimo, accolse l’evangelizzazione di san Marco e diede lungo la storia numerosi martiri e una grande schiera di santi e di sante! Al Massih Kam / Bilhakika kam! – Cristo è Risorto / È veramente Risorto!».
Ai sacerdoti, in un paese dove è difficile predicare il Vangelo, è difficile dialogare, dove la minaccia del terrorismo è fortemente presente, il Papa ha esortato il clero a superare scoraggiamento, negatività e disperazione. «Siate una forza positiva, siate luce e sale di questa società; siate il locomotore che traina il treno in avanti, diritto verso la meta; siate seminatori di speranza, costruttori di ponti e operatori di dialogo e di concordia». Poi ha elencato alcune tentazioni alle quali i consacrati devono resistere; prima di tutto, quella di lasciarsi trascinare e non guidare. «Il Buon Pastore ha il dovere di guidare il gregge, di condurlo all’erba fresca e alla fonte di acqua. Non può farsi trascinare dalla delusione e dal pessimismo». Poi bisogna superare la tentazione di lamentarsi continuamente, per le mancanze altrui, le condizioni difficili e le scarse possibilità. «Il consacrato è colui che, con l’unzione dello Spirito, trasforma ogni ostacolo in opportunità, e non ogni difficoltà in scusa! Chi si lamenta sempre è in realtà uno che non vuole lavorare». Così anche è da evitare la tentazione del pettegolezzo e dell’invidia o del paragonarsi con gli altri. E ancora bisogna guardarsi da un’altra pericolosa tentazione: «La tentazione del “faraonismo”, cioè dell’indurire il cuore e del chiuderlo al Signore e ai fratelli. È la tentazione di sentirsi al di sopra degli altri e quindi di sottometterli a sé per vanagloria; di avere la presunzione di farsi servire invece di servire» (cf. fuoritesto).
Il punto di vista
del Papa
Infine sull'aereo, nel viaggio di ritorno, incontrando i giornalisti e rispondendo alle loro domande Papa Francesco ha presentato il suo punto di vista sul viaggio. Sul piano politico-sociale, di fronte al fondamentalismo e al conflitto, ha ribadito di aver sempre parlato di “valori”. “Difendere la pace, difendere l’armonia dei popoli, difendere l’uguaglianza dei cittadini, qualsiasi sia la religione che professino: sono valori. Io ho parlato dei valori. Se un governante difende uno o difende l’altro, è un altro problema. Ho fatto 18 visite in parecchi Paesi; di quelli ho sentito: ma, il Papa là, andando là, fa l’appoggio a quel governo, perché sempre un governo ha le sue debolezze o i suoi avversari politici, gli uni dicono una cosa o l’altra … io non mi immischio. Io parlo dei valori e ognuno veda e giudichi se questo governo o questo Stato, o quello di là o quello di là, porta avanti quei valori».
Rispondendo poi ad una domanda sul pericolo del “populismo”, pure tornato in questo viaggio, ha ribadito che quando si applica al tema dei migranti si dimentica che l'Europa è stata terra di migranti e di migrazioni (e forse quasi tutti i paesi lo sono, pensando ognuno alla storia dell'altro, ndr). Ed ha poi offerto uno spaccato interessante sul suo pensiero di fondo. Ha rivelato che in una conversazione in Egitto gli è stato detto che la grande politica si fa con un partito cattolico. «Ma, questo signore è buono ma vive nel secolo scorso. Per questo … i populismi hanno un rapporto con i migranti, ma questo non è del viaggio. Se c’è tempo posso tornare su questo. Se c’è tempo, tornerò».
Rispondendo ad altre domande ha rivelato che la Santa Sede sta agendo per la pace su molti scenari: in Egitto, tra l'altro, è intervenuta per la verità sul caso Regeni; sta lavorando per il dialogo per scongiurare conflitti in Asia (leggi Corea del Nord) ed in diverse aree. Dunque ci sono molteplici scenari aperti, alcuni palesi, altri molto discreti. Motivo in più per seguire con attenzione Papa Francesco e la Santa Sede.
Fabrizio Mastrofini