Dall'Osto Antonio
Cosa pensano i giovani europei?
2017/5, p. 4
Che cosa pensano i giovani europei riguardo ai loro desideri, alle speranze e paure? All’interrogativo hanno cercato di rispondere un progetto multimediale e uno studio europeo attraverso un questionario in cui i giovani erano invitati a parlare di se stessi e ad esprimere le loro opinioni. Si chiama Generation What? e rappresenta un ulteriore sviluppo di Generation Quoi promosso in Francia nel 2013, e ora esteso ad altri paesi dell’Unione Europea. Per giovani si intendono coloro che sono compresi nella fascia che va dai 18 ai 34 anni.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
COSA PENSANO I GIOVANI EUROPEI?
Che cosa pensano i giovani europei riguardo ai loro desideri, alle speranze e paure? All’interrogativo hanno cercato di rispondere un progetto multimediale e uno studio europeo attraverso un questionario in cui i giovani erano invitati a parlare di se stessi e ad esprimere le loro opinioni. Si chiama Generation What? e rappresenta un ulteriore sviluppo di Generation Quoi promosso in Francia nel 2013, e ora esteso ad altri paesi dell’Unione Europea. Per giovani si intendono coloro che sono compresi nella fascia che va dai 18 ai 34 anni.
Gli argomenti a cui il questionario invitava a rispondere riguardavano il lavoro e la formazione, la fiducia nelle istituzioni, l’Europa, la famiglia, il sesso e il futuro.
Il rapporto Generation What? ora reso pubblico è rappresentativo di circa 80 milioni di giovani dell’Europa.
Un primo dato che emerge, scorrendo le risposte, è quello di un certo ottimismo riguardo al futuro nella maggioranza dei giovani europei: il 55 % si dichiara infatti ottimista e il 43% pessimista. Ma 9 su 10 esprimono però anche delle riserve per il fatto che la disuguaglianza sociale è in crescita e a causa del sistema finanziario mondiale.
Ciò nonostante rimangono ottimisti e non si lasciano prendere dal panico. Del resto, rileva lo studio, i giovani europei sono abituati alle crisi dopo le esperienze dell’11 settembre 2001, lo scoppio della bolla internet, il crollo dei mercati finanziari, i problemi riguardanti il clima e ora quello dei profughi. Risulta, sottolinea lo studio, che «la giovane generazione ha imparato a comportarsi in maniera pragmatica di fronte alle incertezze».
Un altro dato è la poca fiducia dei giovani nelle Istituzioni sia statali che religiose. La maggioranza, infatti, nutre diffidenza verso la politica, i media e la giustizia. Questa fiducia, rileva lo studio, è più bassa nei paesi dell’Europa del sud rispetto ai paesi dove la situazione economica è più stabile, e ciò è dovuto alla corruzione. Di conseguenza nei paesi del sud tra i giovani sono anche più numerosi i pessimisti riguardo al futuro.
Ma ciò che impressiona nell’indagine è il fatto che, per i giovani, la Chiesa e la religione non hanno praticamente alcun ruolo. Solo il 3% afferma di avere piena fiducia in esse, mentre il 58% dicono infatti di non avere nessuna fiducia nelle Istituzioni religiose e un altro 28% di averne molto poca: sommando i due dati , sono l’86% coloro che guardano alle istituzioni religiose con sfiducia: gli uomini più delle donne e gli anziani più dei giovani. Questo atteggiamento, secondo gli autori della ricerca, dipende soprattutto dagli scandali, ma anche dal fatto che le strutture della Chiesa sono incrostate e prive di trasparenza e infine dalla mancanza di volontà di modernizzare la Chiesa.
Non solo la fiducia nelle istituzioni religiose è molto bassa, ma risulta anche che per molti la fede in Dio non esercita alcun influsso sulla loro felicità personale. Circa l’85% afferma infatti di poter vivere felici anche senza la fede in Dio.
Un po’ diversa invece è la situazione tra coloro che si dicono credenti, nei quali la fiducia nella Chiesa è più alta e più numerosi sono coloro che dicono che senza la fede in Dio non possono essere felici.
Anche la fiducia nella giustizia non gode di migliore reputazione. Solo infatti il 6% di tutti i giovani europei dicono di nutrire piena fiducia e il 19% di non averne alcuna. Diverso però è l’atteggiamento a seconda delle categorie. Le persone con una cultura molta alta sono meno pessimiste (14%); lo sono invece maggiormente quelle di media cultura (18%) o di bassa formazione (27).
Bassa è la fiducia dei giovani anche nella politica. Solo l’1% dichiara di avere piena fiducia e il 16% di averne appena un po’. Ma l’82% afferma di non averne nessuna. La differenza non passa tra i sessi, ma tra il diverso grado di formazione culturale: più bassa è la formazione maggiore è la sfiducia. Il 50% dei meno colti infatti dichiara di non averne nessuna, mentre le classi più colte si fermano al 41%.
Evidentemente gli strati più bassi si sentono maggiormente abbandonati dalla politica. Ma in questo un ruolo gioca anche l’età: tra i giovani di 17-19 anni solo il 37% dice di non avere nessuna fiducia nella politica, mentre nella fascia tra i 30 e i 34 anni la mancanza di fiducia raggiunge il 50%.
E cosa pensano i giovani riguardo all’Europa? Solo una piccola frazione, il 6%, risponde di avere “piena “fiducia, mentre il 21%, ossia quasi quattro volte tanto, afferma di non averne molta. Sono soprattutto gli uomini più delle donne che tendono verso le posizioni estreme, mentre la maggior parte degli interpellati esprime una opinione più moderata. Il 34% dice di avere più o meno fiducia nell’Europa, e il 38% propende invece su per giù per il no.
Dall’insieme delle risposte risulta che più alto è il grado culturale, più convinta è anche la fiducia: mentre cioè solo il 34% dei meno istruiti e il 39% del gruppo di cultura media dicono di avere fiducia, più alta è invece la percentuale tra i più istruiti, ossia il 46%, che hanno fiducia nell’Europa. Tuttavia, nonostante, la mancanza di fiducia, due terzi (72%) si sentono europei, ma non si può del tutto dire che accanto all’adesione geografica e politica esista anche il senso dell’appartenenza ideologica.
Inoltre, a prescindere dall’età e dal sesso, il 65% della giovane generazione si dice preoccupata per l’aumento in Europa del nazionalismo.
Per quanto riguarda la famiglia, i giovani europei in maggioranza ritengono buono il loro rapporto con i genitori. Circa la metà (47%) afferma che è sereno, e il 22% lo ritiene addirittura ideale. Ciò si rincontra in particolare in paesi come la Repubblica Ceca, la Svizzera, l’Austria e l’Olanda, mentre in Italia e in Spagna il rapporto è giudicato così e così. Ciò può dipendere, osserva l’inchiesta, dal fatto che i giovani rimangono più a lungo con i loro genitori e si sentono per così dire sotto tutela fino all’età adulta.
Un’ultima domanda chiedeva ai giovani che cosa pensano del futuro. Dalle riposte, la tendenza della grande maggioranza risulta ottimista: 54% di ottimisti contro il 43% di pessimisti. Questi ultimi sono il doppio rispetto alla fascia più istruita (13% contro il 7%). Il pessimismo è invece più diffuso nei paesi sud europei, come Grecia, Spagna, Francia e Italia, rispetto ai paesi mitteleuropei. Ciò dipende in gran parte dall’alta quota di disoccupazione.
Infine, se il 30% ritiene che il loro futuro sarà simile o migliore di quello dei loro genitori, un numero piuttosto alto (40%) prevede invece un relativo peggioramento. Si tratta di un pessimismo che aumenta con il crescere dell’età. Infatti mentre il 28% dei giovani tra i 18–19 anni parla di un peggioramento rispetto ai loro genitori, tra coloro compresi tra i 30-34 anni la percentuale sale addirittura al 47%.
Una domanda riguardava anche il futuro dei figli. Indipendentemente dall’età, sesso e istruzione, la maggior parte dei giovani (39%) è del parere che per essi la situazione sarà peggiore. Solo il 23% parla di condizioni migliori, ma tale cifra non va mai oltre un terzo in nessun paese.
Antonio Dall’Osto