Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2017/4, p. 36
Congo, India, Germania, Roma

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Testimoni
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CONGO REPUBBLICA DEMOCRATICA
Sull’orlo della guerra civile
La Repubblica democratica del Congo è sull’orlo della guerra civile. «La situazione, ha dichiarato il superiore provinciale dei missionari comboniani, p. Joseph Mumbere, (AgenSIR 24 febbraio 2017) è precipitata a dicembre quando il presidente Kabila, a fine mandato, non ha lasciato il potere, impedendo le elezioni. Kabila non soltanto ha mantenuto la carica, ma ha tentato anche di cambiare la Costituzione anche se non gli è stato possibile a causa delle manifestazioni e delle pressioni dall’estero. Tutto ciò ha provocato confusione a livello istituzionale». «La Chiesa, ha affermato il padre, ha cercato di promuovere un dialogo allo scopo di predisporre le elezioni al più presto. Il primo tentativo è fallito ma il secondo, guidato dai vescovi, ha portato a un’intesa che ha messo insieme tutti i protagonisti, dall’opposizione alla maggioranza. Per alcune questioni, come la nomina del governo che dovrà preparare le elezioni, sono però previsti accordi da definire. E qui tutto si è bloccato».
Attualmente, anche le chiese sono oggetto di violenza, perché ha sottolineato p. Joseph, «c’è voglia di creare il caos affinché non ci siano le elezioni. In questi giorni ci sono attacchi contro le strutture della Chiesa: a Kinshasa, nel Kasai e anche a Lubumbashi. Chiese e seminari sono stati colpiti da gruppi di giovani che accusano i vescovi di lasciare troppo tempo a Kabila e di non averlo spinto con forza a nominare il primo ministro. In realtà, sembra più un gioco orchestrato per creare uno stato di emergenza che non permetta di indire le elezioni».
I missionari sono al sicuro? «Al momento, ha risposto p. Joseph, non siamo in pericolo, ma sappiamo che tutto può degenerare. Alcuni vescovi stanno invitando alla prudenza, perché la violenza potrebbe dilagare. È fomentata e, dunque, non è facile arginarla. Si vuole portare il Paese allo stato di emergenza».
INDIA
Dialogo interreligioso promosso dalle Suore Francescane
Un’interessante esperienza di dialogo interreligioso è quella promossa in India dalle Suore francescane missionarie di Maria in Tamil Nadu, Andhra Pradesh e in altre aree. È «un’esperienza di liberazione», ha detto all’agenzia AsiaNews suor Mary John Kattikatta. È dal 1986 che, insieme ad un gruppo di consorelle, la suora si adopera a promuovere il dialogo e la conoscenza tra le varie comunità religiose. Uno strumento importante sono i circoli di studio delle fedi, dove si riuniscono appartenenti a comunità diverse. Una volta la settimana, indù, musulmani e cristiani pregano, studiano e riflettono insieme sui libri sacri delle rispettive religioni. Suor Mary John afferma che «questi studi hanno permesso di allargare gli orizzonti mentali e di accettare il buono e il bello presenti nelle altre confessioni». Nel corso degli anni le suore hanno anche creato una rete con gruppi simili che sostengono il dialogo interreligioso e l’approccio interculturale: sono l’Aleyam, la Madras Association of Inter-Cultural Philosophy, la Gandhi Peace Foundation e l’Inter-faith movement for human solidarity. «Grazie a queste attività con persone di altre fedi – afferma sr. Mary – abbiamo costruito relazioni amichevoli. Dialogare su ogni aspetto serve a vivere in maniera armoniosa in ogni contesto». Tra le loro attività, le suore hanno la visita alle famiglie indù e musulmane. Si tratta di «un’esperienza gratificante, perché all’inizio la gente ci guardava in modo sospettoso, ma quando si sono convinti che le nostre visite avevano come obiettivo di creare relazioni sane, il loro atteggiamento è cambiato. Ora sono nostri amici e partner nei dialoghi». Un risultato tangibile ottenuto da queste iniziative delle suore è di essere riuscite a disinnescare gravi attriti tra cristiani e musulmani. Suor Mary John ricorda un episodio in particolare: «Qualche anno fa alcuni fanatici cristiani hanno distribuito volantini religiosi all’esterno di una moschea, mentre i fedeli islamici uscivano dopo la preghiera. Offesi nel loro sentimento religioso e temendo fosse un tentativo di convertirli al cristianesimo, hanno reagito malmenando il pastore. Ma poi la loro violenza è stata sedata grazie all’intervento di un musulmano molto rispettato nella comunità, che è membro dei nostri gruppi di dialogo. Il conflitto si è risolto perché ha saputo riconoscere e apprezzare i nostri sforzi nel costruire l’armonia in quell’area». «Il nostro unico scopo – conclude suor Mary – è comunicare il messaggio di amore di Dio. Siamo qui per rafforzare un atteggiamento di inclusione e per entrare in comunione con tutti, mantenendo sempre la nostra identità di cristiani».
GERMANIA
Torna a rivivere l’antica abbazia di Neuzelle
A distanza di 750 anni dalla fondazione, l’antica abbazia cistercense di Neuzelle, situata nel Brandeburgo, nel nord est della Germania, ai confini con la Polonia, tornerà presto a essere abitata da una comunità di 8 monaci cistercensi, provenienti dall’abbazia austriaca di Heiligenkreuz. Il loro arrivo è previsto per il 2018, dopo che saranno state espletate tutte le pratiche necessarie e risolti i problemi che restano ancora sospesi. La decisione di tornare in questo luogo è stata presa dal Capitolo dei monaci di Heiligenkreuz nel novembre scorso, aderendo a un espresso invito del vescovo di Görlitz, mons. Wolfgang Ipolt. L’arrivo dei monaci, ha affermato il vescovo, rappresenta per la diocesi un “avvenimento storico nel senso più vero della parola”.
L’abbazia era stata fondata il 12 ottobre 1268 dal conte Heinrich l’Illustrissimo per onorare la memoria della moglie Agnes, scomparsa due giorni prima. Fu distrutta nel 1429 durante la guerra degli Hussiti, perché i monaci si erano rifiutati di aderire alla dottrina del riformatore Jan Hus. Quasi tutti i monaci furono torturati e uccisi e altri trascinati via. Da quel tempo sono venerati come “i martiri di Neuzelle”. In seguito, l’abbazia sopravvisse alla bufera della Riforma protestante, rimanendo l’unica cittadella cattolica della zona, ma venne gravemente danneggiata durante la guerra dei trent’anni (1618-1648). Tuttavia, due anni dopo la pace di Westfalia, nel 1650 i monaci poterono tornare e vi rimasero fino al 1817, quando l’abbazia fu secolarizzata dal re di Prussia Federico Guglielmo III, e i monaci furono costretti ad andarsene. L’amministrazione del complesso fu affidata ad un organismo statale chiamato Stift Neuzelle, che nel 1955 fu incamerato dalla Repubblica democratica tedesca, della Germania dell’est, e quindi sciolto.
Dopo la caduta della Repubblica, nel 1993 l’abbazia fu ampiamente risanata e venne riaperta al pubblico, divenendo un luogo molto visitato dai turisti, circa 120 mila all’anno, per le sue bellezze architettoniche. Da vedere sono soprattutto le due chiese barocche, un chiostro tardo gotico, un giardino in stile barocco. L’abbazia è stata definita “la meraviglia del barocco del Brandeburgo”. Attualmente il complesso è affidato a una Fondazione del Brandeburgo. La chiesa dell’abbazia, dedicata a Maria Assunta, è anche chiesa parrocchiale, ed è un frequentato luogo di pellegrinaggio.
Ora, a distanza di 200 anni dalla chiusura, e a 750 dalla fondazione, l’abbazia, con l’arrivo degli 8 monaci da Heiligenkruz riprende lo scopo per cui era stata fondata, o come ha detto il vescovo Ipolt, con questa venuta «si riannoda il filo di una lunga storia di fede». E ha aggiunto: in un tempo in cui si parla solo di diminuzione del numero dei credenti, “si apre questa porta”. La notizia dell’arrivo dei monaci è stata salutata con grande gioia anche dal parroco protestante Martin Gross il quale vede in questa presenza l’opportunità per stringere ancora di più i legami con la Chiesa cattolica.
ROMA
Comboniani: corso di rinnovamento 2017
Come già in altri anni, anche per questo 2017 i Comboniani hanno organizzato a Roma un corso di rinnovamento, una specie di “piccolo anno sabbatico”, per quei missionari che desiderano fermarsi alcuni mesi per un rilettura sapienziale della loro vita, prima di ripartire per la missione. Il corso è coordinato da p. Siro Stocchetti e fr. Guillermo Casas. Vi partecipano 12 missionari, 9 padri e 3 fratelli provenienti da tre diversi continenti: Africa, America ed Europa. Durante questo periodo, informa uno dei partecipanti, fr. Alberto Degan, vengono proposte varie conferenze su un’ampia gamma di tematiche: l’autoconoscenza, la vita spirituale, il discernimento comunitario, il carisma comboniano, la visione della missione in papa Francesco, l’interculturalità, la dimensione sociale della fede, ecc.
Caratteristica del corso è che tutti questi temi non sono trattati in maniera accademica ma in chiave esperienziale. In quest’ottica, come ha detto padre David Glenday, ex superiore generale dei comboniani e attuale segretario generale dell’Unione superiori generali (USG), «il carisma non è più visto come un oggetto, ma come un avvenimento, una relazione, un dialogo. Il carisma è “grazia”, cioè è Dio che agisce con amore. Dovremo dunque domandarci: dove sono stato amato e oggetto di grazia? Il carisma è lì, dove mi sono sentito amato».
Della visione che ha papa Francesco della missione ha parlato fr. Enzo Biemmi, della Congregazione dei Fratelli della Sacra Famiglia. Priorità dell’evangelizzazione, ha affermato, è fare in modo che tutte le persone, in qualsiasi situazione si trovino, possano entrare in contatto con la grazia di Dio. È quindi molto importante, per aiutare gli altri a entrare in contatto con la carezza di Dio, rinnovare prima di tutto in noi la consapevolezza della presenza di questa carezza nella nostra vita, una carezza che non ci è mai venuta meno, sia nei momenti di “gratificazione” che nei momenti di buio.
Fr. Enzo ha sottolineato anche la novità del linguaggio di papa Francesco. In primo luogo, è un linguaggio “implicativo”, nel senso che Francesco si coinvolge sempre nel tema che tratta: non si pone mai fuori dal problema come se stesse parlando da una cattedra, ma parla a partire dalle sue esperienze personali ed ecclesiali. In secondo luogo, è un linguaggio “ospitale”, nel senso che accoglie il punto di vista di chi legge, partendo sempre dalla “carne sofferente” della gente (EG 270). In terzo luogo, è un linguaggio “significativo”, nel senso che fa sempre riferimento alla misericordia e all’amore di Dio, che dà significato al nostro camminare, in qualunque situazione ci troviamo. E questa non è solo una questione di linguaggio; così è come dovrebbe essere anche la Chiesa:
a) pellegrina, cioè una Chiesa che non sta fuori dei problemi fornendo ricette preconfezionate, ma una Chiesa che vive in prima persona certi interrogativi, ma è anche lei in ricerca di come vivere la pienezza nel mondo di oggi;
b) ospitale, cioè una Chiesa che ascolta la gente e vive in mezzo alla gente;
c) misericordiosa, cioè una Chiesa che, che con il suo modo di essere e di fare, testimonia sempre la presenza della carezza e della misericordia di Dio.
Oltre all’ascolto di questi temi, il corso riserva ampio spazio alla condivisione delle esperienze missionarie di ciascuno. Inoltre ad ognuno è offerta la possibilità di un incontro settimanale di accompagnamento spirituale e, per chi vuole, anche di accompagnamento psicologico.
Il corso terminerà il prossimo 31 maggio.
a cura di Antonio Dall’Osto