In risposta a nuovi problemi
2017/4, p. 25
La Nuova Carta degli operatori sanitari, pur non risultando
esaustiva, intende offrire linee-guida nel giudizio morale il
più possibile chiare per singoli e più evidenti problemi
etici, nel consenso dottrinale dal magistero della Chiesa.
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Nuova “Carta” degli operatori sanitari
IN RISPOSTA
A NUOVI PROBLEMI
La Nuova Carta degli operatori sanitari, pur non risultando esaustiva, intende offrire linee-guida nel giudizio morale il più possibile chiare per singoli e più evidenti problemi etici e che godono del consenso dottrinale dal magistero della Chiesa.
La proposta di revisione e di aggiornamento della Carta degli operatori sanitari, edita nel 1994 dall’omonimo Pontificio consiglio, ha iniziato ufficialmente il suo iter nel giugno 2010 per volontà di mons. Zygmunt Zimowski, con l’intento di giungere, nel corso dello stesso anno e in coincidenza con il 25° anniversario di istituzione del Dicastero, alla redazione di un’Appendice alla suddetta Carta, la quale che si era dimostrata come un valido e utile sussidio per gli operatori sanitari, tanto che, nel corso degli anni, è stata tradotta in ben diciannove lingue. L’idea, quindi, era di ampliare il testo originale, apportandovi gli elementi nuovi in seguito alle conquiste della ricerca biomedica, farmacologica…, così come ad una sempre più incisiva presa di coscienza della dimensione “sociale” della salute.
Inoltre, si rendeva imprescindibile leggere questi elementi innovativi anche alla luce degli interventi magisteriali successivi al 1994, mantenendo comunque la struttura originaria della Carta, ovvero la vocazione degli operatori sanitari – “ministri della vita” –, che si stempera nel generare, nel vivere e nel morire, e adottando un linguaggio più accessibile, scientificamente corretto e accompagnato da una rivisitazione delle note teologiche dei documenti citati nell’apparato scientifico. Infatti, nell’edizione del 1994 queste ultime in larghissima parte si riferivano a Interventi o a Discorsi di Pio XII, che fu quasi un “pioniere” nelle questioni a quel tempo ricondotte alla cosiddetta “etica medica”.
Una profonda
revisione
Rendendosi impossibile operare una semplice Appendice al testo originario, nella Nuova Carta si è proceduto ad una profonda revisione delle questioni che attengono alla “vocazione” di coloro che compongono il complesso e complementare mondo della salute; così, accanto agli operatori sanitari propriamente detti, altre figure professionali sono state prese in considerazione come, ad esempio, i membri dei Comitati etici, i responsabili economico–finanziari delle politiche socio–sanitarie, i decisori delle strategie politiche messe in atto dalle industrie del farmaco, i rappresentanti sindacali delle diverse professioni socio–sanitarie… Lo stesso, dicasi, in riferimento al ruolo e alle responsabilità dei familiari e, nell’ambito propriamente ecclesiale, ai compiti propri degli operatori pastorali, sia nelle strutture specifiche di cura e di accoglienza sia nel territorio diocesano e parrocchiale…
In particolare, conservando la struttura originaria della parabola ascendente–discendente del ciclo vitale (generare, vivere, morire), si è operata una diversa distribuzione di alcuni temi specifici rispetto all’edizione del 1994. In specie, le questioni relative all’aborto e all’eutanasia, quantunque entrambi afferenti al quinto comandamento e originariamente accorpate al morire, sono state rispettivamente ripartite su tutto l’arco della vita della persona, dal suo sorgere fino al suo declinare, operando in tal modo una scelta conforme alle distinte trattazioni presenti anche nell’enciclica Evangelium vitae.
I contenuti
specifici
Per quanto attiene, poi, alle integrazioni di contenuti specifici, si è tenuto conto sia dell’avanzamento delle scienze biomediche e delle loro possibili applicazioni, sia della dimensione globale dei problemi afferenti alla salute, letti e interpretati alla luce dei più recenti interventi magisteriali. In particolare, per quanto attiene all’aspetto dottrinale, in riferimento al pontificato di san Giovanni Paolo II, basti pensare alla lettera enciclica Evangelium vitae e alla Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, pubblicata nel 2002 dalla Congregazione per la dottrina della fede. Questo, in specie, a riprova che l’aspetto politico dei problemi bioetici e della salute in senso ampio non solo richiamano specifiche responsabilità per chi si professa cristiano, ma anche per tutti coloro che ricercano sinceramente la verità e il bene comune nel segno del rispetto e della promozione dell’inviolabile dignità di ogni persona e vita umana.
Durante il pontificato di Benedetto XVI si possono inoltre richiamare due documenti magisteriali pubblicati dalla Congregazione per la dottrina della fede, e cioè le Risposte ad alcune questioni sollevate dai vescovi statunitensi in merito alla alimentazione e all’idratazione artificiali e l’Istruzione Dignitas personae su alcune questioni di bioetica. Non meno importanti, soprattutto per la rivisitazione propriamente teologica della dimensione sociale della salute in senso ampio, sono rispettivamente le due lettere encicliche Spe salvi e Caritas in veritatae di papa Benedetto XVI. Questa lettura integrata dei problemi della salute, iscritti nelle complesse dinamiche della globalizzazione, è fortemente presente anche nel magistero dell’attuale pontefice, papa Francesco. Questi, in particolare nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, esplicitamente richiamata nella Nuova Carta, oltre a riaffermare il valore della giustizia in ambito socio–sanitario, ha riservato una trattazione specifica agli stretti rapporti che per la salute derivano dalla responsabilità in ordine alla custodia del creato e ai problemi dell’ecologia.
Situazioni
inedite
In questo contesto, le questioni in ordine alla giustizia, al rispetto e all’accresciuta sensibilità relativamente ai principi di solidarietà e di sussidiarietà, ai diritti umani e al bene comune, se, da una parte, hanno aperto fronti di riflessione inediti nell’edizione della Carta del 1994, possono rendere ragione anche della volontà intesa da papa Francesco con l’istituzione del nuovo Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale che, in seguito al motu proprio Humanam progressionem del 17 agosto 2016, ha integrato in sé le competenze precedentemente attribuite al Pontificio consiglio degli operatori sanitari (per la pastorale della salute) e, rispettivamente ai Pontifici consigli della pastorale per i migranti e gli itineranti, della giustizia e della pace e “Cor Unum”.
A questa dimensione globale della salute e delle condizioni nelle quali deve essere garantita a ogni persona la possibilità di accedere in egual misura alle prestazioni sanitarie a parità di bisogni, possono essere quindi ricondotti, ad esempio, i problemi relativi alla prescrizione e all’uso appropriato dei farmaci; all’accesso ai farmaci e alle tecnologie disponibili; al diritto alla tutela della salute in relazione alle politiche sanitarie; all’allocazione delle risorse finanziarie in ambito sanitario, a livello nazionale e mondiale; alla sanità sostenibile; alle strategie politiche e finanziarie poste in essere dalle imprese del farmaco, fino alla presa in carico delle malattie rare e di quelle tropicali neglette, sulle quali, in specie, l’impatto esercitato dalla questione ecologica è di assoluta rilevanza.
È ormai assodato, infatti, che proprio le modificazioni indotte sul clima comportino ricadute molto pesanti, se non in alcuni casi anche nefaste, soprattutto in merito a problemi legati alla salute per intere popolazioni, non solo nelle regioni più sviluppate del mondo, ma soprattutto per popolazioni più fragili, ovvero nei Paesi economicamente più svantaggiati, colpendo un numero considerevole di popolazioni povere e vulnerabili, che solitamente vivono in zone rurali tra le più remote del mondo, nelle zone di conflitto e nelle baraccopoli urbane. Ciò vale, in particolare, per le malattie tropicali neglette, che proprio in quelle zone geografiche assumono dimensioni endemiche.
Sono proprio queste disparità con cui i cambiamenti climatici colpiscono le diverse popolazioni che dovrebbero catalizzare ancora più l’interesse di coloro che hanno a cuore la giustizia, veicolata anche nella specifica dimensione ambientale; infatti, il divario tra le aree più povere e più vulnerabili e i Paesi economicamente più avanzati viene amplificato dai problemi legati al clima e inasprisce una situazione già di per sé difficile. Il degrado ambientale, se, da una parte, riduce la disponibilità di acqua e cibo e rischia di esacerbare la malnutrizione e le malattie ad essa legate, dall’altra, produce effetti indiretti, come l’instabilità economica e il potenziale aumento dei conflitti legati alla scarsità delle risorse, che hanno conseguenze sul piano della sicurezza e dell’equità, oltre ad essere fattori determinanti nelle migrazioni climatiche. A questi problemi la Nuova Carta degli operatori sanitari intende offrire uno strumento di riflessione, affinché – come afferma papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ – si operi un «approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e, nello stesso tempo, per prendersi cura della natura» (n. 139).
La scelta
delle cure
Il documento non ha mancato di affrontare anche ambiti che più direttamente concernono il rapporto fiduciario che si istaura fra medico e paziente. Un binomio che investe rilevanti questioni che si stanno imponendo nell’opinione pubblica e nell’odierno dibattito politico del nostro Paese, incidendo nell’esercizio delle professioni sanitarie, in particolare con notevole rilevanza e ricadute non secondarie sul versante medico-legale. Mi riferisco, ad esempio, alla valutazione circa la proporzionalità/sproporzionalità delle cure; al problema del consenso informato – presunto o esplicito – e dei risvolti legali del medesimo, sia per le persone ammalate sia per i loro eventuali rappresentanti legali, come nel caso specifico, ad esempio, di pazienti in età pediatrica. Problemi che afferiscono costantemente alle responsabilità etiche del malato e degli operatori sanitari ma, in particolare, diventano più acuti nella fase terminale della malattia, quando cioè i «professionisti della salute e della consolazione» sono chiamati a tutelare la dignità del morire, ed escludono sia di anticipare la morte (eutanasia) sia di dilazionarla con il cosiddetto “accanimento terapeutico”.
In questo ambito complesso e delicato rientra, ad esempio, la volontà espressa dal paziente nelle dichiarazioni o direttive anticipate circa i trattamenti ai quali desidererebbe o no essere sottoposto nel caso in cui, nel decorso della sua malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso. Al riguardo, la Nuova Carta afferma che devono essere sempre rispettati la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente, di fronte alle quali il medico non è comunque un mero esecutore, conservando egli il diritto e il dovere di sottrarsi a volontà discordi dalla propria coscienza (cf. nn. 149-151).
Ugualmente rilevante e attuale è il tema della nutrizione e idratazione, anche artificialmente somministrate (cf. n. 152). Considerate tra le cure di base dovute al morente, quando non risultino troppo gravose o di alcun beneficio, la loro sospensione non giustificata può avere il significato di un vero e proprio atto eutanasico, ma è obbligatoria, nella misura in cui e fino a quando dimostra di raggiungere la sua finalità propria, che consiste nel procurare l’idratazione e il nutrimento del paziente.
Viene altresì confermata l’eticità della sedazione palliativa profonda nelle fasi prossime al momento della morte, attuata secondo corretti protocolli etici e sottoposta ad un continuo monitoraggio, escludendo comunque la sospensione delle cure di base (nn. 153-155).
Questioni
di frontiera
Come è facile comprendere, si tratta di questioni di frontiera che non si esauriscono nel pur complesso dibattito bioetico, ma investono direttamente anche la dimensione pastorale e l’approccio sacramentale che l’ultimo tratto della vita della persona al contempo richiamano e richiedono. Realizzare una presenza di fede e di speranza è, infatti, per gli operatori sanitari e pastorali la più alta forma di umanizzazione del morire. È questo il contributo che essi sono chiamati ad offrire al morente e ai suoi familiari, perché al rifiuto subentri l’accettazione e sull’angoscia prevalga la speranza.
La Nuova Carta degli operatori sanitari, pur non risultando esaustiva rispetto a tutti i problemi e alle questioni che si impongono nell’ambito della salute e della malattia, intende offrire linee-guida nel giudizio morale il più possibile chiare per singoli e più evidenti problemi etici e che godono del consenso dottrinale dal magistero della Chiesa. L’opera di revisione e di aggiornamento operata testimonia, quindi, la valenza antropologica che le scienze biomediche acquisiscono nella cultura odierna, nello specifico servizio al bene integrale della vita e della dignità di ogni essere umano, in un dialogo fecondo e reciproco tra questioni legate alla vita e alla salute e principi morali, affermati sia da chi ha il dono della fede sia da chi ricerca sinceramente la verità e il bene.
Augusto Chendi