Cencini Amedeo
Tempo di riflessione e discernimento
2017/4, p. 19
Riflessione, nel tentativo di cogliere quel che lo Spirito dice alle Chiese attraverso queste nuove forme di VC, senz’alcuna pretesa di cogliere tutta la portata dell’evento, e osservandolo dall’esterno nei suoi aspetti positivi, ma anche nei numerosi interrogativi che restano aperti.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Le nuove forme di vita consacrata
TEMPO DI RIFLESSIONE
E DISCERNIMENTO
Riflessione, nel tentativo di cogliere quel che lo Spirito dice alle Chiese attraverso queste nuove forme di VC, senz’alcuna pretesa di cogliere tutta la portata dell’evento, e osservandolo dall’esterno nei suoi aspetti positivi, ma anche nei numerosi interrogativi che restano aperti.
Furono viste, non appena iniziarono a sorgere e affermarsi nella Chiesa, come segno della perenne vitalissima fantasia dello Spirito Santo, in evidente controtendenza con la crisi, di ispirazione e di… vocazioni, che intanto colpiva la vita consacrata tradizionale (VC), e persino indicate a quest’ultima come modello ed esempio da imitare, per la creatività, la passione, il coraggio, il senso del futuro…
Oggi la situazione è un po’ cambiata, com’è normale che sia, e siamo tutti in grado di comprendere meglio il fenomeno, senz’altro tra i più interessanti di questi ultimi decenni per quanto riguarda non solo la VC, ma la vita della Chiesa intera.
Propongo allora questa riflessione, nel tentativo di cogliere quel che lo Spirito dice alle Chiese attraverso questa realtà, senz’alcuna pretesa di cogliere tutta la portata dell’evento, e osservandolo dall’esterno, come può fare uno che non ne fa parte, ma anche avvalendomi dell’esperienza di accompagnamento di un istituto che rientra in questa denominazione in un momento piuttosto complesso della sua vita. Altro limite di quest’analisi: le mie osservazioni sono generali, circa il fenomeno in sé; ogni istituto ha poi le sue problematiche peculiari.
Identità
Nuove forme di vita consacrata (NFVC) sono quelle modalità di sequela Christi che non rientrano in nessuna forma di VC già riconosciuta dalla Chiesa (ovvero istituti religiosi, secolari, società di vita apostolica, vita eremitica, vergini consacrate, individuali o associate). La loro originalità è “nel fatto che si tratta di gruppi composti da uomini e donne, da chierici e laici, da coniugati e da celibi, che seguono un particolare stile di vita, talvolta ispirato all’una o all’altra forma tradizionale o adattato alle esigenze della società di oggi”. Proprio quest’ultimo aspetto aiuta a comprendere la natura di queste realtà, che va cercata nell’azione dello Spirito che distribuisce “nuovi carismi a uomini e donne del nostro tempo, perché diano vita a istituzioni rispondenti alle sfide di oggi”, istituzioni che non sono alternative alle forme storiche di consacrazione, ma semmai si pongono in rapporto di complementarità rispetto ad esse.
Aspetti fecondi
e promettenti
È indubbio il valore di questa nuova realtà. Nata nel momento, come abbiamo accennato all’inizio, in cui si profilavano all’orizzonte i segnali d’una crisi che avrebbe investito la VC nel suo insieme. A dirci che in realtà la crisi non è… fatale e obbligatoria, non è della VC in sé, in quanto tale, ma probabilmente d’un certo modo d’intenderla e viverla, d’una tradizione che s’è irrigidita, d’una missione che non s’apre alle vere necessità, d’una identità che rischia d’essere smarrita, d’una spiritualità non più alimentata da una forte opzione credente… Ed è già un fattore di valutazione indubbiamente positivo. È come se tali NFVC infondessero nuova fiducia alla VC tradizionale, invitandola a farla finita di piangersi addosso per la crisi vocazionale (tant’è vero, dice qualcuno, che se si sommassero ai consacrati degli istituti tradizionali tutti coloro che in un modo o in un altro sono parte di queste nuove espressioni, si raggiungerebbe un numero in assoluto superiore a quello dei tempi più fiorenti!).
Ma vi sono altri aspetti che vanno sottolineati in positivo. Vedi la riscoperta della relazione fraterna, d’una spiritualità più legata alla vita, d’un senso della missione più coinvolgente, della passione che rende creativo l’annuncio, del coraggio d’affrontare nuovi ambienti e abitare le periferie, della condivisione coi laici, d’una certa radicalità di vita e di testimonianza, d’una particolare capacità di attrazione…
In tal senso è quanto mai forte la provocazione che ne viene per tutta la VC che ha molto da imparare da queste nuove realtà.
Ambiguità
Al tempo stesso anche le NFVC hanno parecchio da apprendere dalle forme storiche di consacrazione, per correggere anomalie e incongruenze. Eccone alcune.
Fragilità fondazionale
Un istituto nasce in forza d’una esperienza spirituale da parte del fondatore, che in un versetto o in una pagina della Scrittura intuisce una forma nuova di vita cristiana, con un suo proprio progetto ascetico e una precisa missione apostolica: sono i 3 elementi costitutivi d’un carisma. Che invece non sempre sono riconoscibili in queste NFVC. In particolare la prima, l’esperienza mistica. Sembra in molti casi più evidente la motivazione pastorale-missionaria, ma meno evidente è quella Parola di vita che ispira il fondatore verace, e più marcato invece è il riferimento a movimenti di spiritualità o a fenomeni particolari del momento (visioni e apparizioni), in una sintesi non sempre convincente. È una debolezza d’impianto fondamentale che è destinata a ripercuotersi sulla solidità della struttura che sta nascendo. Non basta una finalità missionaria per dar vita a una nuova aggregazione e dare senso d’identità ai suoi membri.
Imprecisione identitaria
Spesso in queste nuove comunità convivono uomini e donne, laici e sacerdoti, sposi e celibi. È la loro novità, abbiamo detto, ma tale coesistenza chiede un approfondimento teologico e giuridico, forse addirittura un qualche cambio nel Codice di Diritto Canonico o un adeguamento legislativo al riguardo, perché “la comunione non si trasformi in confusione” (Carballo). Il problema è teorico e anche molto pratico e tocca vari aspetti rilevanti: la distinzione tra membri di pieno diritto e aggregati e federati, il grado possibile di appartenenza a tali forme da parte degli sposati (vedi il problema dei voti, specie di quello di castità), la convenienza d’un inserimento delle famiglie nella vita comunitaria (è proprio l’ambiente ideale per la necessaria intimità del nucleo familiare o per lo sviluppo armonico e integrale dei figli?)… Mi diceva recentemente un fondatore di una di queste comunità miste, con presenza di sposati, che si trovava alle prese con un problema imprevisto, quello di gestire varie relazioni di fidanzamento, con complicazioni facilmente intuibili, all’interno della comunità stessa.
Il problema dei Fondatori
Un problema molto serio, con effetti destrutturanti, e francamente imprevedibile, è stato (ed è) quello relativo alla personalità dei fondatori, a volte non solo poco ispirati, ma con tratti seri di immaturità psichica e spirituale, specie nell’area del potere e della sessualità, che li ha portati a gravi comportamenti con relativi abusi della loro posizione e delle persone loro affidate. Persone affette da una sorta di “complesso del fondatore” con pesantissime ripercussioni sull’istituzione da loro fondata. È un fatto molto triste che un certo numero di queste NFVC sia stato commissariato; e forse ancor più triste è che vari fondatori, una volta riconosciuti colpevoli, non abbiano mai chiesto perdono a nessuno. A ciò s’aggiunge il fatto che, sempre in alcuni casi, il loro abuso di potere facesse il gioco di soggetti deboli, particolarmente attratti-sedotti proprio da questo tipo di personalità, soggetti che mai avrebbero dovuto entrare in una istituzione religiosa e però funzionali a essa e alle sue distorsioni.
Ambiguità relazionali
È significativo che la sorprendente esplosione-espansione degli inizi in queste comunità sia stata poi seguita da una contrazione vistosa dell’adesione vocazionale. Ciò è dovuto, oltre al fisiologico calo dell’entusiasmo degli inizi, all’implosione della dinamica relazionale, quando non è vissuta in modo rispettoso della libertà dell’altro. Come quando l’autorità è stata interpretata come potere, e una certa gestione del potere, di nuovo da parte dei Fondatori, ha creato situazioni di dipendenza e soggezione, invadenze indebite nella vita altrui, livellamento delle menti e controllo delle coscienze, al limite del plagio, impossibilità per i membri di formarsi una propria coscienza critica, confusione pericolosa tra foro interno ed esterno (il dover dar conto di tutto, proprio di tutto), “liquefazione” del singolo nell’entità comunitaria, perdita d’una certa intimità spirituale in nome della condivisione, guida spirituale da ricercare (o imposta) all’interno dell’istituzione, identificazione automatica tra volontà dell’autorità e volontà di Dio, infantilismo spirituale indotto, clima di controllo e sospetto, uso strumentale del voto di obbedienza per chiedere sottomissione, gestione del potere come si fosse eterni (il vero fondatore sa quando ritirarsi e lo fa presto e volentieri…) ecc. Queste distorsioni della dinamica relazionale sovente si sono trasmesse come pesante eredità che continua a disturbare la vita fraterna di queste comunità.
L’equivoco della radicalità e della novità
Le chiamiamo “Nuove forme…”, ma a volte viene il dubbio: sono davvero nuove o sono un ritorno al passato? In tanti aspetti della vita di queste nuove comunità si ritrovano, infatti, con la pretesa d’esser radicali, vecchi ascetismi, magari anche esasperati, rigori e regole d’un tempo, stili di vita obsoleti e poco motivati, a volte modelli liturgici ante conciliari…, e quant’altro sembra appartenere a un passato e a una Chiesa che… non c’è più. Il vero rinnovamento è sì ritorno alle origini, ma per camminare con il mondo verso il Regno; la tradizione è rispettata solo quando è rimotivata, non quand’è subìta meccanicamente; l’autenticità d’un carisma è sempre oltre, mai indietro, verso una fedeltà creativa, non semplicemente ripetitiva; l’autentica radicalità non è l’estremismo delle pratiche ascetiche, ma il coraggio di evangelizzare la propria vita e la propria persona dalle radici d’essa. Illudersi di risolvere i problemi della Chiesa e della VC riesumando il passato forse non è segno di apertura allo Spirito che fa nuove tutte le cose.
Presunzione e autoreferenzialità
Qua e là si ritrovano in queste comunità atteggiamenti sottilmente venati d’una certa presunzione, quella di essere i profeti della nuova VC, quelli che stanno realizzando il vero rinnovamento, con conseguente autoreferenzialità e autosufficienza, e a volte implicito sospetto verso gli altri (per cui gli aiuti spirituali sono cercati solo all’interno della comunità, i testi di riferimento sono solo gli scritti del Fondatore), e un sostanziale isolamento nei confronti della Chiesa locale e delle altre forme di consacrazione (pericoloso retaggio d’una certa VC del passato). C’è come una pretesa totalizzante in queste forme di vita, che abbracciano tutti gli stati di vita (sposati e celibi, uomini e donne, laici e consacrati), sono di vita attiva ma anche contemplativa, si rivolgono a tutti e fanno di tutto…
Tale prospettiva piuttosto autoreferenziale in certi casi è favorita da prodigiose e immediate fioriture vocazionali, a volte, però, col dubbio di forme di reclutamento vocazionale poco rispettose della libertà dell’altro (la famosa “aggressione vocazionale”), e di un annuncio piuttosto centrato sui progetti, interessi ed economie del gruppo.
Scarsa attenzione formativa
In genere nelle NFVC il modello adottato è molto attento alla dimensione spirituale, e poco attento all’umano, alle storie pregresse con le eventuali ferite, alle risorse naturali-istintive dei singoli (dalla sessualità alla sensibilità). Altro aspetto più volte notato è l’interpretazione della formazione come fenomeno di gruppo e gestito dal gruppo, senza la cura necessaria del cammino dell’individuo, con le attenzioni che richiede (rispetto della privacy, tempo dedicato, formazione dei formatori, ricorso ad apporti esterni o uso di competenze psicologiche). Ma va anche detto che sovente in queste realtà non si dà tanta attenzione alla formazione, sia iniziale che permanente del singolo. Come si desse per scontato che l’ambiente avrà automatiche capacità formative, o ritenendo che basteranno gli scritti o i video o le raccomandazioni del fondatore, in certi casi diffusi e ripetuti ossessivamente. Oltre questo va detto pure che se diverse di queste nuove comunità sono di tipo misto, sono anche particolarmente esposte alla possibilità di coinvolgimenti emotivo-affettivi. Nulla di strano in sé, purché vi sia una formazione adeguata e attenta. Che invece spesso è sostanzialmente assente (o… delegata allo Spirito Santo), e proprio nell’ambito affettivo-sessuale.
Prospettive
La NFVC sono un bene troppo importante per la Chiesa e la VC di oggi per rischiare di perderle. I rilievi che ora abbiamo fatto non scalfiscono quella positività di valutazione del fenomeno in sé, nascono semmai dal desiderio che esse siano davvero quella corrente di novità dello Spirito che rinnova la VC nel suo insieme.
Per questo mi sentirei di indicare tre possibili direzioni di marcia da seguire.
Discernimento più oculato
Abbiamo visto dei seri problemi creati fin dall’origine di alcune di queste comunità dalla personalità dei fondatori. Occorre che l’autorità preposta al riconoscimento di tali forme di vita sia molto rigorosa al riguardo. “Questo discernimento si rende necessario a livello sia locale che universale, allo scopo di prestare una comune obbedienza all'unico Spirito. Nelle diocesi, il Vescovo esamini la testimonianza di vita e l'ortodossia di fondatori e fondatrici di tali comunità, la loro spiritualità, la sensibilità ecclesiale nell'adempimento della loro missione, i metodi di formazione e i modi di incorporazione alla comunità; valuti con saggezza eventuali debolezze, attendendo con pazienza il riscontro dei frutti (cfr Mt 7, 16), per poter riconoscere l'autenticità del carisma” (Vita consecrata, 62).
Commissione (inter)dicasteriale
Sempre Vita consecrata indicava la necessità di “creare una Commissione per le questioni riguardanti le nuove forme di vita consacrata” (62). Oggi, con l’esperienza di questi anni, la costante nascita di nuove comunità, la presenza di problemi sia teologici che giuridici, sul piano dell’identità e della missione, ritengo che la funzione di questa commissione, dicasteriale o –meglio ancora – interdicasteriale, appaia più che mai necessaria.
Dialogo indispensabile
Le NFVC non sono alternative alle precedenti istituzioni, abbiamo detto. Al contrario, pur nella loro novità, si pongono nel solco aperto da una storia quanto mai ricca e feconda. C’è dunque tutto l’interesse, da una parte e dall’altra, di mantenere vivo un dialogo e un confronto che non può che giovare a entrambe le parti: alle NFVC per lasciarsi illuminare da una sapienza plurisecolare e pure, perché no, per non ripetere errori pericolosi; alla VC tradizionale per ritrovare quello slancio creativo e generoso che forse si è un po’ appannato e continuare a credere in se stessa. Nella convinzione che nella Chiesa di Dio o cresciamo tutti insieme o non cresce nessuno.
Se penso alla mia esperienza di contatto diretto e prolungato nel tempo con questa realtà, devo dire che ne sono uscito grandemente arricchito.
Amedeo cencini