Regina Coeli quaresimale
2017/4, p. 8
Ricordo che una volta, all’inizio di una delle mie ormai
tante passate quaresime, mi sono ripromesso di cominciare
e concludere ogni giornata, recitando il Regina coeli, laetare,
Alleluja! Non per un’alternativa bizzarra ai soliti propositi,
sovente dimenticati, ma per un motivo forse più serio.
Mi aveva da sempre particolarmente colpito una delle
accuse più sottili e insidiose fatte a noi cristiani: “Non avete
l’aspetto di risorti. Dite di credere nella risurrezione e poi
avete l’aria triste.
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REGINA COELI QUARESIMALE
Ricordo che una volta, all’inizio di una delle mie ormai tante passate quaresime, mi sono ripromesso di cominciare e concludere ogni giornata, recitando il Regina coeli, laetare, Alleluja! Non per un’alternativa bizzarra ai soliti propositi, sovente dimenticati, ma per un motivo forse più serio.
Mi aveva da sempre particolarmente colpito una delle accuse più sottili e insidiose fatte a noi cristiani: “Non avete l’aspetto di risorti. Dite di credere nella risurrezione e poi avete l’aria triste. Siete caduti anche voi nella trappola moralistica, che tende a incupire la vita e fa della religione qualche cosa che va contro la gioia di vivere”.
Di fatto, un’etica senza un’estetica ha scarse probabilità d’essere convincente e coinvolgente.
Come si può perseverare in una scalata impegnativa, se non si ha costantemente presente l’ebbrezza della vetta da conquistare?
A Pasqua tutto dice bellezza: il Signore inaugura un mondo nuovo, giovane, luminoso, accarezzato dalle brezze di una gioia incontenibile. E vuole che ci immergiamo in questo mondo per esserne testimoni.
La bellezza pasquale naturalmente non cancella le brutture del presente, ma invita a guardare al tesoro, all’oro nascosto sotto le crepe di ogni cosa: “C’è una crepa in ogni cosa, è così che entra la luce”, dice una bella canzone di L. Cohen.
Se ogni realtà, anche la più buia, porta con sé questa luce nascosta, allora la tristezza va bandita, il pessimismo va combattuto e la gioia ne sarà il frutto più saporoso e non illusorio.
Tutta la liturgia è memoria di questa realtà, ma ci si è talmente abituati, che una volta tanto, ci si può aiutare con qualche iniziativa personale, come quella di invocare, anche in quaresima la dolce Regina del cielo, già felicemente immersa nella bellezza pasquale, per meglio poter dire Alleluja, invece di un lamento; Alleluja invece di un gesto di sconforto; Alleluja con un sorriso anche quando spunta una lacrima.
Dire Alleluja per dipingere il mio habitat con quei vivaci colori pasquali che ravvivano il non infrequente grigiore del quotidiano…
Risultati di questa creatività extra liturgica?
Almeno uno è verificabile: l’aver cantato poi, con accresciuta gratitudine il Regina coeli, nel “suo” tempo pasquale e l’averlo ripreso quasi istintivamente ogni volta che sentivo affievolirsi in me il fascino del mondo pasquale.
Che noia, infatti, per sé e per gli altri, quando il cuore non è riscaldato dall’intramontabile sole pasquale!
Piergiordano Cabra