Ferrari Matteo
Conoscenza del mistero di Cristo
2017/3, p. 19
Nella Quaresima la Chiesa e ogni credente può riscoprire la verità della propria chiamata e il senso fondamentale della sua vocazione. Significa riacquistare i tratti perduti del volto di Cristo, restaurare, sotto l’azione dello Spirito l’immagine di lui plasmata in noi nel nostro Battesimo.

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Testimoni
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Il tempo di Quaresima (anno A)
«CONOSCENZADEL MISTERO DI CRISTO»
Nella Quaresima la Chiesa e ogni credente può riscoprire la verità della propria chiamata e il senso fondamentale della sua vocazione. Significa riacquistare i tratti perduti del volto di Cristo, restaurare, sotto l’azione dello Spirito l’immagine di lui plasmata in noi nel nostro Battesimo.
Benedetto nella Regola afferma che tutta la vita del monaco dovrebbe essere una continua Quaresima (cf. RB 49). Ma noi potremmo dire, proprio in forza del significato che occupa la vita monastica nella Chiesa, che la vita cristiana in quanto tale dovrebbe essere una continua Quaresima. Probabilmente il padre dei monaci si riferisce alla dimensione ascetica e penitenziale di questo tempo liturgico. Tuttavia noi possiamo riferirci agli elementi essenziali della Quaresima, che la rendono come un «sacramento» della vita cristiana. Infatti nella Quaresima la Chiesa si riconosce come un popolo nato dalle acque del Battesimo, convocato dall’ascolto della Parola, trasformato dal soffio dello Spirito, nutrito dal pane dell’Eucaristia, in cammino verso la Pasqua eterna del Regno. Nella Quaresima la Chiesa e ogni credente può riscoprire la verità della propria chiamata e il senso fondamentale della sua vocazione che consiste, come afferma la Colletta della prima Domenica, nel «crescere nella conoscenza del mistero di Cristo». Potremmo vedere l’itinerario quaresimale come una graduale contemplazione del volto di Cristo in modo da rigenerare in noi quell’immagine di lui alla quale siamo stati conformati nel giorno del nostro Battesimo. Percorrere le tappe della Quaresima significa riacquistare i tratti perduti del volto di Cristo; restaurare, sotto l’azione dello Spirito, l’immagine di lui plasmata in noi nel nostro Battesimo. Seguiamo qualche tratto del cammino che ci viene indicato dal lezionario dell’anno A, che presenta caratteristiche molto particolari, soprattutto per la scelta dei vangeli delle domeniche III-V, rispetto agli altri cicli quaresimali.
Dal deserto
all’alto monte
Nelle prime due domeniche, dal volto di Cristo tentato (I domenica), passiamo alla contemplazione del suo volto trasfigurato (II domenica) per poi giungere, al termine del cammino quaresimale, al volto sfigurato (Domenica di Passione – Venerdì santo) e al volto del Risorto nella celebrazione della nostra rigenerazione pasquale (Veglia Pasquale – Domenica di Risurrezione).
Se pensiamo che originariamente la Quaresima era il periodo in cui coloro che si erano avvicinati al cristianesimo dal paganesimo, percorrevano l’ultimo tratto della loro preparazione al Battesimo scopriamo il senso delle prime due domeniche di Quaresima anche per la nostra vita di credenti.
Nella prima domenica il catecumeno, cioè colui che avrebbe ricevuto i sacramenti dell’Iniziazione cristiana nella Veglia pasquale, viene posto davanti all’immagine del Cristo che attraversa la prova, ma è vittorioso sulla tentazione e rifiutando l’idolatria del potere, della ricchezza e di un rapporto magico con Dio, sceglie una relazione filiale con il Padre. Il catecumeno avrebbe dovuto fare lo stesso: rinunciare a Satana e professare la sua fede in Dio. La prova è un’immagine della vita stessa. Infatti è la vita ad essere per noi una prova, nella quale emerge ciò che abbiamo nel cuore e si manifesta la nostra fedeltà al Battesimo che abbiamo ricevuto.
Nella seconda domenica il catecumeno viene posto davanti all’immagine del Cristo trasfigurato. Come nel cammino di Gesù verso la sua Pasqua affiora la consapevolezza per sé e per i discepoli, testimoni di questo evento, della certezza della meta, così il catecumeno, che vive un tempo di penitenza, di digiuno per convertire a Cristo la sua vita, trova sul suo cammino un’anticipazione della meta. Per i battezzati ugualmente questa tappa del cammino quaresimale significa riprendere consapevolezza della propria identità, forse in parte perduta, ed essere sostenuti nel cammino per riacquistarla, riformando in sé l’immagine dell’uomo nuovo.
In queste due domeniche, abbiamo già qui la dinamica di rinuncia e di professione di fede che ritroveremo nella Veglia Pasquale. Nella prima domenica abbiamo ciò che corrisponde alle rinunce al male, nella seconda domenica ciò che corrisponde alla professione di fede, a ciò che positivamente dobbiamo scegliere. Questo è un primo elemento della Quaresima che ci rimanda al suo vertice, cioè alla Veglia di Pasqua. Un cammino dal deserto, il luogo della prova, al monte, il luogo dell’incontro e dell’ascolto. Lo specifico che i racconti tratti da Matteo aggiungono consiste forse nel riferimento molto forte al cammino nel popolo nel deserto verso la terra della promessa: la Quaresima ha come immagine di fondo questo cammino nel quale nasce Israele come popolo.
Acqua,
luce, vita
Come già abbiamo detto, con la III domenica si entra in modo più evidente in ciò che è specifico di ogni ciclo liturgico. Nel ciclo A emerge il tema battesimale grazie ai brani evangelici tratti dal Vangelo di Giovanni che la tradizione romana ha usato per il cammino quaresimale dei catecumeni: la samaritana (Gv 4,5-42), il cieco nato (Gv 9,1-41) e la risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-45).
Non potendoci soffermare, a motivo della loro complessità e ricchezza, sui singoli brani evangelici, cerchiamo unicamente di coglierne i tratti che li accomunano.
Innanzitutto possiamo dire che ognuno di questi lunghi testi giovannei è caratterizzato dalla sottolineatura di un grande tema: l’acqua, la luce e la vita. Si tratta di tre lunghe e articolate “catechesi” a partire da queste immagini così forti per la vita umana in quanto tale. È la parola di Dio annunciata a partire da ciò che tocca la vita. È chiaro il motivo per cui questi testi sono stati naturalmente associati al cammino catecumenale. Qui emerge innanzitutto una visione positiva del Battesimo e quindi della vita cristiana. A partire da questi testi si può parlare del Battesimo non a partire da ciò che esso toglie, bensì da ciò che dona.
I temi fondamentali di questi tre brani giovannei sono molto importanti da un punto di vista biblico e hanno qualcosa a che vedere con l’intera storia della salvezza e in particolare con il cammino di Israele nel deserto, che fu un cammino di liberazione e di nascita. Infatti l’acqua è un dono di Dio a Israele, la luce ricorda la guida che il Signore stesso è stato per il popolo nel cammino, la vita è ciò che Dio ha custodito per il suo popolo nel deserto, che è un luogo di morte. Nel deserto Dio si è mostrato come colui che tiene in vita Israele. Lì il popolo ha potuto sperimentare che la sua vita dipende da Dio. Questo Israele dovrà ricordare quando sarà entrato nella Terra e quando questa realtà sarà meno evidente, ma non meno vera. In ogni Quaresima la Chiesa è chiamata a riscopre che la sua vita dipende solo da Dio.
In secondo luogo questi tre testi di Giovanni sono delle catechesi cristologiche. In tutti e tre i testi il cuore dell’annuncio riguarda la scoperta dell’identità di Gesù, alla quale si giunge attraverso un dialogo e un cammino. Gesù è chiamato uomo, profeta, Cristo, Figlio dell’uomo, Figlio di Dio. Troviamo inoltre anche delle autopresentazioni di Gesù: “sono io che ti parlo” (Gv 4,26); “tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui” (Gv 9,38); “Io sono la risurrezione e la vita” (Gv 11,25).
Da questo dato scopriamo un elemento fondamentale che emerge dai testi stessi e che non può essere dimenticata nella predicazione e nella ritualità quaresimale. La Quaresima è un itinerario di scoperta progressiva della identità di Gesù. Non si arriva alla conversione invitando l’uomo e la donna a comportarsi meglio, ma annunciandogli Gesù, come evangelo/buona notizia per la loro vita. Lo abbiamo già visto e potremmo vederlo anche in modo più approfondito quanto questo tema sia presente nei testi liturgici della Quaresima. Sarebbe importante che anche la ritualità, la predicazione e la catechesi quaresimale non dimenticassero questo dato fondamentale.
Altro elemento importante che caratterizza tutti e tre i brani evangelici di queste domeniche è la presenza di una professione di fede. I personaggi che incontrano in diversi modi e situazioni Gesù giungono a fare una professione di fede in lui. Tutti e tre gli episodi sono quindi non solo delle catechesi cristologiche, ma anche degli itinerari di fede. Si tratta di un dato importante per la Quaresima. Infatti anche per chi attraversa il tempo di Quaresima c’è una meta e tale meta è la professione di fede battesimale della Veglia pasquale. Anche per il catecumeno, anzi a maggior ragione, la meta è la professione di fede. È quindi importante tener presente fin dall’inizio la meta verso la quale ci si sta incamminando. Questo – soprattutto per la Quaresima – non è affatto scontato. Aver presente la meta è condizione fondamentale per poter percorrere l’itinerario. Come d’altra parte percorrere l’itinerario è essenziale per raggiungere la meta. Citando Bonhoeffer, potremmo dire che c’è un legame tra la meta e il «non perdere neppure un passo della strada». Ma questo è legato all’amore per la meta: se non si conosce la meta non si può «non perdere nemmeno un passo della strada».
I tre brani evangelici sono anche accomunati dal fatto che ci si trovi davanti a incontri personali di Gesù. La fede, la professione di fede, passa attraverso un incontro personale. Ma c’è ancora di più! In tutti e tre i brani la fede nasce grazie ad un dialogo. Potremmo dire che la fede è incontro e che quindi il suo “sacramento” sono gli incontri. Pensiamo a quanto siano importanti gli incontri nel cammino di fede e quanto debba essere chiaro che la meta è l’incontro personale con il Signore. Spesso le nostre azioni liturgiche, pastorali, catechetiche sono troppo sbilanciate verso la conoscenza. Tuttavia la fede non è questione di conoscenza, ma di incontro. Da questi testi la Chiesa viene provocata circa la sua capacità di incontrare personalmente gli uomini e le donne del nostro tempo e di entrare in dialogo con loro.
Non possiamo dimenticare inoltre l’importanza che l’ascolto della Parola ha nei nostri tre brani. Nel brano della Samaritana questo è un dato evidente. Ma questo elemento non è assente nemmeno nel brano del cieco nato e di Lazzaro. Lazzaro esce dalla tomba quando si sente chiamato per nome; il cieco professa la sua fede in Gesù quando si sente dire “sono io che ti parlo”. La Chiesa che attraversa il cammino quaresimale è innanzitutto “in ascolto” di quella Parola che può donare alla sua esistenza freschezza, luce e vita.
Infine in tutti e tre i brani c’è un riferimento alla manifestazione della gloria e dell’opera di Dio. Nel brano della Samaritana si parla della mietitura messianica, nel racconto del cieco nato si fa riferimento a una malattia che è il luogo della manifestazione delle opere di Dio (Gv 9,3): “è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio”, infine anche la malattia di Lazzaro «non è per la morte ma per la gloria di Dio» (Gv 11,4).
In questo modo possiamo scoprire che gli itinerari personali ed ecclesiali ai quali la Quaresima dà corpo, non sono estranei alla storia della salvezza e che nelle nostre lontananze si può manifestare la gloria di Dio. La nostra vita con le sue povertà e le sue ferite diventa, per grazia, il luogo nel quale Dio compie le sue opere (i sacramenti) e manifesta la sua gloria, cioè la sua presenza operante nella storia dell’umanità.
Una continua
Quaresima
Anche solo a partire da questo sguardo sui testi evangelici della Quaresima dell’anno A, possiamo intuire il senso profondo dell’espressione di Benedetto dalla quale siamo partiti. Impariamo dalla Quaresima a riscoprire ogni anno i tratti fondamentali della nostra vita di credenti, per rendere sempre più bello il volto della Chiesa, che è sempre bisognosa di lasciarsi giudicare dalla parola di Dio ed evangelizzare dall’incontro con il suo Signore.
Matteo Ferrari, monaco di Camaldoli