Populismi e popoli
2017/2, p. 28
L’ondata del neo-populismo che attraversa l’Occidente
non solo rende evidente la scelta dei movimenti popolari
attuata da papa Francesco. Note e riflessioni sui tre
Incontri finora celebrati.
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Testimoni
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Tre incontri di papa Francesco
Populismi
e popoli
L’ondata del neo-populismo che attraversa l’Occidente non solo rende evidente la scelta dei movimenti popolari attuata da papa Francesco. Note e riflessioni sui tre Incontri finora celebrati.
La vittoria di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti (8 novembre) provocherà e alimenterà un’onda di populismo che, solo per l’asse occidentale, dà conferma alla Brexit (l’uscita della Gran Bretagna dell’Unione Europea), e rafforzerà governi come quello dell’Ungheria, della Polonia e di tutte le forze anti-europeiste, condizionando le future elezioni in Francia e Germania. Forse anche il prossimo appuntamento referendario in Italia.
Trump
e Francesco
Un contesto in cui emerge la novità e particolarità del terzo Incontro internazionale dei movimenti popolari, celebrato a Roma dal 2 al 5 novembre. Basta avvicinare alcuni nomi per comprende: da un lato Trump e Orban (Ungheria), dall’altro J. Mujica (ex-presidente uruguaiano), E. Morales (presidente della Bolivia), B. Sanders (sfidante di Hillary Clinton alle primarie democratiche in USA). Mujica è stato presente al terzo Incontro, Morales lo era al primo incontro, Sanders era atteso al terzo Incontro. E papa Francesco che è stato presente a tutti e tre. A un populismo xenofobo e conservatore si affianca il carattere popolare delle 92 associazioni di 65 paesi, rappresentate dalle 200 persone riunite in Vaticano la settimana scorsa.
Il terzo Incontro, convocato dal Pontificio consiglio Giustizia e pace (ora trasformato in dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale), si è concentrato su cinque temi fondamentali. I primi tre rappresentano lo spunto originario dei movimenti popolari: le cosiddette tre T: terra, lavoro, casa (in spagnolo, tierra, trabajo, techo). Gli altri due sono stati: la democrazia e immigrati-rifugiati. La terra si riferisce al diritto di coltivare e proteggere le campagne dei contadini davanti a fenomeni come l’accaparramento dei terreni, la deforestazione, la privatizzazione dell’acqua. In favore della riforma agraria, della salvaguardia delle sementi, delle pluralità delle colture (contro la monocoltura). La casa è un diritto invocato per tutte le famiglie anche nelle megacittà che costellano buona parte del mondo non occidentale e a favore di quartieri con adeguate infrastrutture. Il lavoro permette la sopravvivenza di sé e della famiglia e la propria dignità. La disoccupazione e la mancanza di diritti sono effetti di un sistema economico-finanziario ingiusto che «produce scarti» fra uomini e nelle cose.
La crisi economica, sociale ed ecologica diventa crisi della politica e della democrazia. Come ha detto uno degli animatori degli Incontri, l’argentino Juan Grabois si tratta di rivitalizzare le democrazie, superando l’assistenzialismo e investendo delle energie morali degli esclusi, un meccanismo che appare sempre meno suggestivo. «All’inizio rifiutavamo la politica. Ora dobbiamo stabilire con essa un rapporto nuovo». «La mancanza di partecipazione popolare ha privato la politica della sua capacità di trasformazione. Svuotando la democrazia. Non possiamo, però, rassegnarci alle attuali “mediocrazie”, in cui élites e grandi imprese impongono l’agenda, manipolando i media. L’antidoto al populismo e alla politica-spettacolo resta il protagonismo dei cittadini organizzati». Migranti e rifugiati sono stati richiamati da mons. Silvano Tomasi, già osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, che ne ha ricordato i numeri, «sono 40 milioni i migranti senza documenti regolari, di cui 7 milioni in USA e 3,5 milioni in Europa. Queste persone hanno diritti umani che devono comunque essere rispettati».
Un compito per ogni
Chiesa locale
Dopo il secondo Incontro, nel 2015, vennero approvate le dieci proposte, il decalogo di Santa Cruz, sottoscritto poi da 500 organizzazioni in tutto il mondo. Alla fine del terzo Incontro sono state condivise alcune piste di lavoro. Dopo la memoria di Bertha Caceres, dirigente indigena del popolo lenca e protagonista al primo Incontro nel 2014, uccisa in Honduras nel marzo 2016, il testo ricorda: l’urgenza di dare impulso a meccanismi istituzionali che permettano ai movimenti popolari di accedere ai processi decisionali; il rifiuto della privatizzazione dell’acqua; una riforma agraria integrale, proibendo i brevetti e la manipolazione genetica delle sementi; l’introduzione di un salario sociale universale; la riforma urbana per una casa dignitosa e inviolabile; lo smantellamento dei muri dell’esclusione e della xenofobia.
Il protagonista maggiore degli Incontri è stato papa Francesco. Le iniziative hanno un valore programmatico nel pontificato e nel modo in cui la Chiesa intende compiere la propria missione nel mondo. L’incontro con i movimenti popolari è, nei progetti di Francesco, un compito per ogni chiesa locale, una modalità specifica di rapporto con il mondo e di annuncio del Vangelo. I poveri sono al centro e il cammino è comune. «Vedere la Chiesa con le porte aperte a tutti voi – ha detto nel secondo Incontro a Santa Cruz de la Sierra in Bolivia il 9 giugno 2015 – mettersi in gioco, accompagnare, e programmare in ogni diocesi, ogni commissione di Giustizia e Pace, una reale collaborazione, permanente e impegnata con i movimenti popolari». Senza nessuna velleità di egemonia. «Né il Papa né la Chiesa hanno il monopolio della interpretazione della realtà sociale, né la proposta di soluzioni ai problemi contemporanei. Oserei dire che non esiste una ricetta. La storia la costruiscono le generazioni che si succedono nel quadro di popoli che camminano cercando la propria strada e rispettando i valori che Dio ha posto nel cuore». Tutto ciò appartiene non all’ideologia ma alla dottrina sociale. Se parlo di diritti dei poveri «per alcuni il papa è comunista. Non si comprende che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo». Quello «per cui voi lottate, sono diritti sacri. Esigere ciò non è affatto strano, è la dottrina sociale della Chiesa». Nell’ultimo Incontro ha reiterato la condanna dell’imperialismo internazionale del denaro (già formulata da Pio XI) e contro ogni xenofobia e intolleranza. La costruzione di muri è il segnale di una paura che «ci indebolisce, ci destabilizza, distrugge le nostre difese psicologiche e spirituali». Sono la costruzione dei ponti e l’amore nelle relazioni umane a rovesciare il «progetto-muro» del denaro nel «progetto-ponte dei popoli». «Questo sistema atrofizzato è in grado di fornire alcune “protesi” cosmetiche che non sono vero sviluppo … inglobandoci tutti in una vertiginosa dinamica dello scarto». Di «bancarotta dell’umanità» davanti alla tragedia delle migrazioni aveva parlato Jeronimo di Grecia in occasione della visita di Francesco a Lesbo (aprile 2016). Ora il papa lo riprende ricordando che le migrazioni non sono un problema solo del Medio Oriente e dell’Africa, ma del mondo intero.
Identità
e caratteristiche
I tre Incontri vanno quindi presi nel loro insieme: Roma 27-29 ottobre 2014; Santa Cruz de la Sierra (Bolivia) 9 luglio 2915; Roma, 2-5 novembre 2016. Il sistema giochista, vedere-giudicare-agire è attivo all’interno di ogni evento e nella relazione fra gli eventi. Nel primo Incontro il papa ha sviluppato le 3T: terra, casa, lavoro. Aggiungendo una notazione, che diventerà poi l’enciclica Laudato si’, sulla pace e l’ecologia. Nel secondo Incontro ha sottolineato l’urgenza di un cambiamento sociale e politico, riconoscendo i movimenti popolari come «seminatori di cambiamento e ricordando a tutti alcuni compiti: mettere l’economia a servizio dei popoli; unire tutti nel cammino della pace e della giustizia; difendere la madre terra. Nel terzo incontro le scansioni sono state le seguenti: il terrore e i muri; l’amore e i ponti; bancarotta e salvataggio.
Non è facile identificare in un modello coerente la galassia delle sigle e delle esperienze che fanno riferimento ai movimenti popolari. Si possono ricordare la confederazione dei lavoratori dell’economia popolare argentina, il movimento dei Senza-terra brasiliani, il movimento mondiale dei lavoratori cristiani (a cui aderiscono le ACLI), il coordinamento latino-americano delle organizzazioni contadine, Navdanya Trust in India, Network pantere del Pacifico. Per l’Italia si possono citare la Banca etica, il centro sociale Leoncavallo, Libera, il CNCA ecc.
Le categorie più utili sono quelle dell’economia informale e dell’auto-orgnizzazione. Come hanno scritto M. Czerny e P. Fogliazzo (Aggiornamenti sociali, gennaio 2015) l’economia informale o popolare è caratterizzata da lavoratori e unità produttive totalmente o in larga parte prive di coperture formali, che usano strumenti elementari, spesso scartati dai processi produttivi avanzati (come la raccolta di cartoni o il riciclo di elementi tecnologici obsoleti). Appartengono a quest’area quasi 3 miliardi di persone (sui 7 viventi nel pianeta), rispetto ad altri 3 miliardi che nella crisi attuale rischiano lo scivolamento verso la povertà e 1 miliardo di persone che si possono considerare garantiti o ricchi. «Invitare i rappresentanti dell’economia popolare in Vaticano significa allora mettere al centro dell’attenzione (della Chiesa e non solo) quelle masse popolari che rappresentano oggi la maggioranza della popolazione mondiale e danno vita a quello che possiamo chiamare un proletariato globale».
Fra le altre caratteristiche si possono ricordare il pluralismo politico e religioso ( di «origini, credenze e idee diverse» ha parlato il papa stesso), un percorso che dal movimentismo cammina verso la politica e le istituzioni, stati compresi, e uno spiccato anti-capitalismo (il papa ha avvicinato l’egemonia del denaro al terrorismo di base). Ritorna con molta insistenza la scelta della non violenza, del dialogo e dell’inclusione. Non manca l’autocritica. Nell’ultimo discorso di papa Francesco si mettono in guardia i movimenti popolari da una duplice tentazione. La prima è quella di lasciarsi imbrigliare dal sistema. «Voi, organizzazione degli esclusi e tante organizzazioni di altri settori della società, siete chiamati a rivitalizzare, a rifondare le democrazie che stanno attraversando una vera crisi. Non cadete nella tentazione della casella che vi riduce ad attori secondari o, peggio, a meri amministratori della miseria esistente». «Il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leaders, delle grandi potenze e delle élites. È soprattutto nelle mani dei popoli». La seconda tentazione è la corruzione. «C’è corruzione nella politica, c’è corruzione nelle imprese, c’è corruzione nei mezzi di comunicazione, c’è corruzione nelle chiese e c’è corruzione anche nelle organizzazioni sociali e nei movimenti popolari». «Bisogna vivere la vocazione di servire con un forte senso di austerità e umiltà».
Nel contesto dei movimenti popolari l’annuncio evangelico non è legato né alle strutture pastorali, né alla predicazione formale. Esso avviene «per attrazione», si mescola nell’opera comune e nel confronto interreligioso ed ecumenico. Assume cioè le caratteristiche che l’Evangelii gaudium auspicava e testimoniava.
Lorenzo Prezzi