Brena Enzo
Abusi tempo di agire
2017/2, p. 26
Dalle affermazioni generali e dalla proclamazione d’intenti è necessario passare ai fatti. Alcuni istituti hanno formulato regole e norme applicative che fanno fronte al problema dell’abuso di minori.

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Testimoni
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Linee guida dei Fratelli maristi e dei dehoniani
ABUSI
TEMPO DI AGIRE
Dalle affermazioni generali e dalla proclamazione d’intenti è necessario passare ai fatti. Alcuni istituti hanno formulato regole e norme applicative che fanno fronte al problema dell’abuso di minori.
L’abuso sui minori è un problema che affonda le sue radici nella patologia e mette a nudo sfasamenti morali di enorme portata. Gli abusi sessuali rappresentano una delle manifestazioni più riprovevoli della mancanza di assimilazione e incarnazione dei valori della vocazione, e rivelano la superficialità della nostra prassi formativa. Il magistero della Chiesa e degli istituti di vita consacrata ha cominciato a dare corpo a documenti che definiscono punti significativi nella formazione e nella prassi pastorale.
Testimoni ribadisce l’urgenza di affrontare seriamente il fenomeno, sottolineando la necessità di «fare della vita consacrata e della Chiesa un luogo di sperimentazione della prevenzione e di sensibilizzazione per tutti coloro che lavorano coi giovani» (Testimoni 1/2017).
Abuso
infantile
Secondo le segnalazioni dell’associazione One in Four – operante in Gran Bretagna e in Irlanda – un adulto su quattro avrebbe subito una qualche forma di violenza sessuale prima del compimento del diciottesimo anno di età.
Il dato può suscitare perplessità, ma di breve durata se commisurato al concetto di “abuso infantile”, che conosce almeno quattro forme caratteristiche, stando all’attuale classificazione del reato nel contesto legale occidentale.
Anzitutto esiste l’abuso fisico, costituito da azioni che mettono in pericolo il minore (punizioni fisiche, maltrattamenti, percosse...), compresa la mancanza di protezione del minore a tutti i livelli.
Vi è, a seguire, l’abuso emotivo, che riguarda tutto ciò che procura al minore sofferenza emotivo-affettiva (minacce, rimproveri sproporzionati, ricatti emotivi...).
C’è, poi, l’abuso sessuale, nel quale il minore viene “usato” per scopi di gratificazione sessuale dell’adulto (sfregamenti, contatti fisici e genitali, rapporti sessuali, acquisizione e divulgazione di materiale pornografico relativa a minori...).
E, infine, vi è la negligenza, cioè quelle omissioni (mancanza di vigilanza, imprudenza...) per le quali un bambino subisce un danno significativo o una compromissione dello sviluppo.
Come si può notare, il concetto di abuso infantile è talmente ampio da meritare la più seria considerazione di chi opera in campo educativo e pastorale. Ordini e congregazioni maschili e femminili, negli anni, hanno dovuto far fronte a casi di abuso infantile in una delle forme sopra descritte nella persone di uno o più dei loro membri.
La presa di coscienza della gravità del problema ha fatto mutare il tipo di risposte istituzionali. Un tempo, per esempio, l’abuso sessuale era considerato principalmente come un grave disordine morale. Oggi si è capito che tale comportamento risponde a uno specifico disturbo psichico/psichiatrico, anche legalmente perseguibile in quanto reato per la legislazione della maggior parte dei Paesi.
Proprio perché una volta lo si considerava un problema morale, si affrontavano i singoli casi con opportuni consigli e raccomandazioni per favorire il pentimento e la conversione, accompagnati da un opportuno trasferimento di comunità. Ma, come diceva tempo fa in un’intervista fratel Emili Turù Rofes, superiore generale dei Fratelli maristi, la “cura geografica” del trasferimento non funzionava, perché la prima persona che il trasgressore incontrava nella sua nuova destinazione era se stesso, con il medesimo problema di prima.
Nuove politiche
istituzionali
Le indicazioni vincolanti già espresse nel Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela di Giovanni Paolo II (2001), ribadite in Normae de gravioribus delictis (2010) e confermate nel Motu proprio Come una Madre amorevole di papa Francesco (2016), costituiscono l’ossatura di documenti specifici che ordini e congregazioni hanno cominciato a redigere per affrontare il delicato problema, soprattutto degli abusi sessuali. Ai documenti si sono utilmente affiancati incontri di formazione a livello di istituto o intercongregazionali, focalizzati sul tema della protezione dei minori. Queste determinazioni pratiche danno consistenza alle dichiarazioni ufficiali di rifiuto netto nei confronti dell’abuso sessuale sui minori e alle affermazioni di impegno nella ricerca del benessere dei minori e di sostegno alle vittime.
Prendendo in mano, a titolo esemplificativo, i documenti elaborati dalla congregazione dei Fratelli Maristi e dei Sacerdoti del s. Cuore (Dehoniani) si ha un’idea degli orientamenti e delle linee guida per inquadrare il problema e le necessarie risposte operative.
La sezione iniziale dei documenti si occupa della definizione di obiettivi, destinatari, principi e norme etiche e d’integrità pastorale, per poi passare a trattare dell’opera di prevenzione, che definisce programmi formativi, indicazioni per la selezione dei candidati, l’accompagnamento formativo iniziale e permanente. Si passa, poi, al tema specifico dell’abuso sessuale.
I Fratelli maristi, particolarmente attivi in campo scolastico e formativo, raccomandano l’istituzione di un Consiglio consultivo composto da 4/5 membri per affiancare il superiore maggiore nella gestione di casi delicati di abuso. Tale consiglio dovrebbe fare verifica circa la procedura nelle accuse; dare consigli su come offrire sostegno a coloro che denunciano; valutare l’opportunità che l’accusato rimanga o meno nel ruolo pastorale assegnato; consigliare come difendere i diritti di un fratello, impiegato o volontario accusato; consigliare circa la valutazione del rischio relativa all’accusato; assicurare che siano garantiti i bisogni della comunità allargata (scuola, comunità religiosa, genitori degli alunni, fratelli della provincia).
Leggendo questi documenti, si prende atto di quanto possa essere diversificata la casistica.
Molteplicità
di situazioni
Ci si può trovare di fronte a nove situazioni diverse di accusa di abuso sessuale: 1) quando un minore informa il superiore maggiore circa un abuso; 2) quando una parte terza informa il superiore maggiore circa un avvenuto abuso; 3) quando la denuncia riguarda un religioso ancora vivo e la vittima è ormai adulta; 4) quando l’accusa di un abuso riguarda un religioso ormai deceduto; 5) quando la denuncia di un abuso riguarda un impiegato dell’istituto; 6) quando un religioso confida spontaneamente al superiore maggiore di aver commesso un abuso; 7) quando un avvocato contatta l’istituto per denunciare un abuso; 8) quando è la polizia stessa a contattare l’istituto per la denuncia di un abuso commesso da un religioso; 9) quando il superiore maggiore è contattato da una terza parte che denuncia un religioso di aver scaricato dalla rete materiale pedopornografico.
L’atteggiamento di fondo da mantenere in ognuno di questi casi è la trasparenza: non temere la verità e non nascondere nulla. Semmai, preoccuparsi di coniugare giustizia e misericordia, poiché la ricerca di giustizia può scadere in vendetta, e la misericordia trasformarsi in inganno. Per poter essere esercitata al meglio, la trasparenza necessita di rigorosi protocolli che regolino il modo di procedere nel caso di denunce d’abuso. E sono necessari corsi di formazione sulla protezione dei minori per i responsabili di ogni provincia degli istituti, per prevenire gli abusi, per un’adeguata applicazione delle norme canoniche vigenti in questo settore e per proporre mezzi utili all’accompagnamento delle persone coinvolte.
Procedure
canoniche
Chiunque riceva accuse di abusi sessuali, nelle varie forme sopra descritte, deve anzitutto comunicare la notitia criminis al superiore maggiore in un documento scritto e firmato, possibilmente, anche dalle persone coinvolte.
Verificata l’attendibilità dell’accusa, il superiore maggiore deve avviare l’investigazione preliminare e avvisare il superiore generale. Tale investigazione deve appurare l’identità della vittima e dell’accusato, i fatti denunciati, le prove documentali, le dichiarazioni delle parti, i testimoni. Essendo preliminare, non è richiesta l’evidenza del delitto, ma si qualifica come una raccolta di gravi indizi. Come tale, questa fase deve assicurare la privacy e la reputazione di tutte le persone coinvolte nel caso.
Il superiore maggiore deve metter in atto azioni di garanzia verso l’accusato, che gode della presunzione d’innocenza fino a prova contraria. A titolo prudenziale, il superiore maggiore limita l’esercizio del ministero dell’accusato durante il tempo richiesto dalle indagini preliminari. Tali misure cautelari devono essere abrogate, o cessano ipso facto, quando cessa il procedimento penale.
I criteri di “pericolo per i minori” e di “scandalo per la comunità” sono necessari per valutare il ritorno del religioso chierico all’esercizio pubblico del ministero.
L’istituto si impegna a dare piena collaborazione all’autorità civile in caso di comprovata evidenza del delitto, fatto salvo quanto attiene al foro interno sacramentale. La collaborazione con le autorità civili va realizzata secondo le leggi del Paese. Nel caso in cui l’accusa risulti infondata, l’istituto ricondurrà il religioso chierico alle sue funzioni e curerà la riabilitazione della sua reputazione e, qualora opportuno, promuoverà un procedimento civile e/o canonico ei confronti del falso accusatore per diffamazione e calunnia.
Importanti indicazioni pastorali sono fornite dai documenti in relazione ai diversi attori coinvolti nel caso di abuso sessuale.
Riguardo alla vittima si sottolinea l’importanza prioritaria di occuparsi della presunta vittima di abuso sessuale e della sua famiglia. Al di là del diritto della vittima di essere parte attiva nelle procedure canoniche e di chiedere un risarcimento di danni subiti ai più vari livelli, è compito dell’istituzione aiutare la vittima presunta a compiere il cammino che la conduca a una riconciliazione con l’autore del delitto e con la Chiesa, garantendo un accompagnamento umano, spirituale e psicologico.
Accompagnamento
E dialogo
Riguardo all’accusato si raccomanda di offrire un sostegno fraterno quali che siano le pene a lui inflitte e di provvedere a un accompagnamento psicologico e spirituale. «Misericordia evangelica» e «fermezza giuridica» devono caratterizzare il dialogo «onesto e sincero» che il superiore maggiore avrà con il religioso accusato. A lui sarà offerta l’opportunità di una vita comunitaria e un’attività appropriata che possano aiutarlo nel recupero umano e spirituale, oltre ad assicurare un onesto sostentamento. È da ricordare che la pena imposta per questi delitti potrebbe comportare anche la dimissione dallo stato clericale e dall’istituto religioso.
Riguardo alla comunità, essa deve sapere che la Chiesa e l’istituto non sono conniventi con questi delitti, che ha effettiva comprensione e solidarietà con le vittime e le loro famiglie, che si occupa del problema in modo rigoroso e trasparente. Se il delitto è di dominio pubblico, il superiore maggiore valuterà la convenienza di un’informazione precisa sui fatti e sulle misure adattate. Insieme, la comunità sarà opportunamente impegnata nella preghiera e in tutto ciò che fa parte dell’aiuto concreto da offrire a tutte le persone coinvolte.
Enzo Brena