Dall'Osto Antonio
Una vita donata fino alla fine
2017/2, p. 5
Di anno in anno aumenta il numero degli operatori pastorali uccisi in varie parti del mondo. Ma ad essi va aggiunta la lunga lista di tanti, di cui forse non si avrà mai notizia o di cui non si conoscerà neppure il nome e che in ogni angolo della terra soffrono e pagano con la vita la loro fede in Cristo.

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Operatori pastorali uccisi nel 2016
UNA VITA DONATA
FINO ALLA FINE
Di anno in anno aumenta il numero degli operatori pastorali uccisi in varie parti del mondo. Ma ad essi va aggiunta la lunga lista di tanti, di cui forse non si avrà mai notizia o di cui non si conoscerà neppure il nome e che in ogni angolo della terra soffrono e pagano con la vita la loro fede in Cristo.
Al termine del 2016, l’Agenzia Fides in un dettagliato servizio speciale ha pubblicato i nomi degli operatori pastorali uccisi nel corso dell’anno. Il loro numero è di 28: 14 sacerdoti, 9 religiose, 1 seminarista, 4 laici. Per quanto riguarda la ripartizione continentale, in America ne sono stati uccisi 12 (9 sacerdoti e 3 suore); in Africa 8 (3 sacerdoti, 2 suore, 1 seminarista, 2 laici); in Asia 7 (1 sacerdote, 4 suore, 2 laici); in Europa 1 sacerdote.
Secondo quanto sta avvenendo negli ultimi anni, scrive l’Agenzia Fides, la maggior parte degli operatori pastorali è stata uccisa in seguito a tentativi di rapina o di furto, compiuti anche con ferocia, in contesti che denunciano il degrado morale, la povertà economica e culturale, la violenza come regola di comportamento, la mancanza di rispetto per i diritti umani e per la vita stessa.
In queste situazioni, simili a tutte le latitudini, i sacerdoti, le religiose e i laici uccisi, erano tra coloro che denunciavano a voce alta le ingiustizie, le discriminazioni, la corruzione, la povertà, nel nome del Vangelo.
Si tratta tuttavia di un elenco provvisorio, avverte l’Agenzia, a cui occorre aggiungere la lunga lista di tanti, di cui forse non si avrà mai notizia o non si conoscerà neppure il nome, che in ogni angolo della terra soffrono e pagano con la vita la loro fede in Cristo. Come ha ricordato di recente papa Francesco: «Oggi ci sono cristiani assassinati, torturati, carcerati, sgozzati perché non rinnegano Gesù Cristo.... I martiri di oggi sono in numero maggiore rispetto a quelli dei primi secoli».
A convalidare questa realtà, il prof. Massimo Introvigne, direttore del Cesnur, Centro Studi Nuove Religioni, in un’intervista a Debora Donnini, (Radio Vaticana 26 dic. 2016), ha citato i dati per il 2016 dell’autorevole Center for Study of Global Christianity che parlano di 90 mila cristiani uccisi per la loro fede, un morto ogni 6 minuti, un po’ diminuiti rispetto ai 105 mila di due anni fa. Di questi, il 70 per cento, cioè 63 mila, sono stati uccisi in conflitti tribali in Africa. Il Centro americano li include nella statistica perché ritiene che in gran parte si tratti di cristiani che si rifiutano di prendere le armi per ragioni di coscienza. L’altro 30 per cento, cioè 27 mila, deriva invece da attentati terroristici, distruzione di villaggi cristiani, persecuzioni governative, come nel caso della Corea del Nord.
Alla domanda sul numero dei cristiani perseguitai nel mondo, il prof. Introvigne ha risposto: «Mettendo insieme statistiche di almeno tre diversi centri di ricerca degli Stati Uniti e anche del mio, il Cesnur, e paragonandoli fra loro in 102 Paesi del mondo, le stime variano fra 500 e 600 milioni di cristiani che non possono professare la propria fede in modo totalmente libero. Senza voler dimenticare o sminuire le sofferenze dei membri di altre religioni, i cristiani sono il gruppo religioso più perseguitato del mondo. Qualcuno può rimanere perplesso di fronte alle statistiche perché da qualche parte il Center for Study of Global Christianity ci dà questa cifra di 90 mila mentre altri ci parlano di alcune migliaia, altri ancora di alcune centinaia. Quando le discrepanze sono così grandi, è chiaro che si stanno contando cose diverse. Chi conta le persone messe di fronte consapevolmente alla tragica scelta: “O rinneghi la tua fede o muori”, ne conta ogni anno alcune centinaia. Chi ha una nozione più larga: non "candidati alla Beatificazione" ma persone che mettevano in conto che potevano essere uccisi compiendo certi gesti o pratiche di fede, parla di alcune migliaia. Se però si parla di persone che sono uccise in senso lato perché sono cristiane, allora arriviamo ai 90 mila cioè un morto ogni sei minuti» (cf. anche l’articolo Persecuzioni contro i cristiani p. 8).
Ritornando ai dati degli operatori pastorali uccisi nel 2016, di cui parla l’Agenzia Fides, particolare impressione ha suscitato anche nell’opinione pubblica, l’assassinio delle quattro suore Missionarie della Carità, di Madre Teresa di Calcutta, nello Yemen, nella città di Aden, uccise il 4 marzo da un commando di uomini armati nella struttura dove assistevano anziani e disabili. Oltre alle suore rimasero uccisi anche l’autista e almeno due altri collaboratori della comunità. Tra le vittime anche anziani e disabili assistiti dalle suore. Papa Francesco ha definito la strage di Aden un «atto di violenza insensata e diabolica» e in un messaggio diffuso attraverso il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, ha pregato che il sacrificio delle suore e dei loro amici e collaboratori “svegli le coscienze, guidi a un cambiamento dei cuori e ispiri tutte le parti a deporre le armi e a intraprendere un cammino di dialogo”.
A suscitare grande emozione è stato anche l’assassinio del sacerdote francese don Jaques Hamel, 84 anni, ucciso la mattina del 27 luglio mentre stava celebrando la messa nella chiesa di Saint Etienne du Rouvray, in Normandia. Padre Jaques era un uomo buono, di pace, ma, ha dichiarato papa Francesco, «è stato assassinato come se fosse un criminale».
Altrettanto drammatico l’assassinio di suor Isabel Solá Matas, 51 anni, originaria di Barcellona (Spagna), missionaria ad Haiti da molti anni, uccisa la mattina del 2 settembre 2016, mentre era alla guida della sua automobile in una strada centrale della capitale haitiana, Port au Prince. È stata raggiunta da due colpi di arma da fuoco durante un tentativo di furto; le sono stati rubati la sua borsa contenente il denaro che aveva appena prelevato in una banca per la sua struttura di amputati e altri oggetti personali. La suora, delle Religiose di Gesù-Maria (RJM), era molto impegnata con le fasce più umili e povere di Haiti, con le quali praticamente conviveva dopo il terremoto del 2010: aveva aiutato a ricostruire case, si impegnava come infermiera e per alleviare le sofferenze di quanti avevano subito qualche amputazione in seguito al terremoto.
Tra le altre persone uccise negli ultimi mesi, si può ricordare soprattutto don João Paulo Nolli, della diocesi di Rondonópolis-Guiratinga (Mato Grosso, Brasile). Scomparso l’8 ottobre, è stato ritrovato cadavere l’11 ottobre, con chiari segni di violenza omicida. La polizia ha arrestato tre giovani mentre cercavano di vendere alcuni oggetti appartenenti al sacerdote, e questi hanno confessato il furto finito in omicidio. I tre giovani tossicodipendenti di 17 anni, cui don João Paulo Nolli, 35 anni, aveva accettato di dare un passaggio lungo una strada di periferia, lo hanno derubato del portafoglio, dell’auto e del cellulare. Don João Paulo era molto noto: riuniva più di 5 mila persone alle Messe che celebrava, inoltre guidava il programma radio televisivo intitolato "Dio si prende cura di me" (Deus cuida de mim).
Un fatto altrettanto drammatico è stata l’uccisione, nella Repubblica democratica del Congo, di una religiosa congolese della Congregazione delle Suore Francescane Scolastiche di Cristo Re, suor Clara Agano Kahambu. È stata uccisa nel primo pomeriggio del 29 novembre 2016, presso la parrocchia Mater Dei di Bukavu, capoluogo del Sud Kivu. Suor Clara si trovava nel suo ufficio con una studentessa, quando un uomo si è presentato al guardiano della struttura dicendo che doveva iscrivere la propria figlia alla scuola religiosa. Una volta entrato, l’uomo si è scagliato contro la suora colpendola con un coltello al collo. L’uomo è stato catturato ma per la religiosa, prontamente soccorsa, non c’è stato nulla da fare. È spirata nel giungere all’ospedale.
Abbiamo citato solo alcuni casi, ma per ognuno dei 28 agenti pastorali uccisi nel 2016 si è trattato di episodi di efferata violenza. Come ha affermato il papa, «tutti vivevano la loro testimonianza di fede nella normalità della vita quotidiana: amministrando i sacramenti, aiutando i poveri e gli ultimi, curandosi degli orfani, dei tossicodipendenti, degli ex carcerati, seguendo progetti di promozione umana e di sviluppo o semplicemente rendendosi disponibili a chiunque potesse avere bisogno. Qualcuno è stato ucciso proprio dalle stesse persone che aiutava».
L’agenzia Fides pubblica anche la cifra dei missionari e operatori pastorali che hanno perso la vita in modo violento a partire dal 1980 fino al 2015. Sono 1084, ma è un dato che pecca per difetto poiché si riferisce solo ai casi accertati: 115 dal 1980 al 1989; 604 dal 1990 al 2000 e 365 dal 2001 al 2015.
Alcuni anniversari
nel 2016
L’agenzia Fides ricorda inoltre alcuni anniversari, nel 2016, di uccisioni tra cui i 40 anni della morte di mons. Enrique Angelelli, vescovo della diocesi argentina La Rioja, avvenuta il 4 agosto 1976; i 20 anni dell’uccisione, avvenuta il 29 ottobre 1996, di un altro vescovo, mons. Christophe Munzihirwa (oggi Servo di Dio) nell’est della Repubblica democratica del Congo; il decimo anniversario dell’assassinio di don Andrea Santoro, ucciso a Trabzon, in Turchia, il 5 febbraio 2006: il suo assassino, il ventiseienne turco Oguzhan Ayudin, condannato a 18 anni e 10 mesi di prigione, è già stato liberato con più di 10 anni di anticipo rispetto alla scadenza della pena, insieme a decine di migliaia di detenuti, scarcerati per far posto a migliaia di persone arrestate dopo il fallito colpo di stato dello scorso mese di luglio. Sono trascorsi anche 20 anni da quando, tra il 26 e 27 marzo 1996, furono rapiti dal monastero di Notre Dame de l’Atlas, in Algeria, sette monaci trappisti, poi uccisi da terroristi islamici. «L’anniversario, scrive l’agenzia Fides, è stato ricordato senza grandi eventi, ma nella preghiera e nel silenzio, mentre è continuato in questi anni il flusso di quanti, anche musulmani, vengono a raccogliersi in meditazione sulla loro tomba».
Verso gli altari
Durante il 2016, il 2 dicembre scorso, papa Francesco ha riconosciuto il martirio del missionario padre Stanley Rother, dell'arcidiocesi di Oklahoma City, quale primo martire nato negli Stati Uniti d’America. Arrivato in Guatemala nel 1968 come missionario, si radicò nella regione, imparò lo spagnolo e il Tzutuhil, e fu invitato a far parte della fratellanza di questi popoli indigeni. Oltre ai suoi compiti pastorali di parroco, tradusse il Nuovo Testamento in Tzutuhil e iniziò la celebrazione della Messa in quella lingua. Costretto a lasciare il paese per il conflitto armato, poco dopo tornò per sostenere i suoi parrocchiani. Fu ucciso il 28 luglio 1981, ed è uno dei 10 sacerdoti assassinati in Guatemala quell'anno
Il 9 aprile è iniziato a Padova, il processo rogatoriale diocesano per la causa di beatificazione del servo di Dio padre Ezechiele Ramin, missionario comboniano (MCCJ) padovano, ucciso il 24 luglio 1985 a Cacoal, in Brasile, per il suo impegno a favore dei piccoli agricoltori e degli indios Surui, nella loro lotta contro i latifondisti locali. Era stato definito da papa Giovanni Paolo II un "martire della carità".
Inoltre il 6 gennaio 2016, solennità dell’Epifania, è stata aperta nella Cattedrale di Nostra Signora del Santo Rosario a Dipolog, sull’isola di Mindanao, nelle Filippine, la fase diocesana del processo di beatificazione del missionario gesuita italiano, padre Francesco Palliola (1612-1648), ucciso il 29 gennaio 1648. Fu il primo europeo ad apprendere la lingua della tribù dei subanos, che abitavano la costa nord orientale di Mindanao, nelle Filippine, per questo gli fu affidata la loro evangelizzazione, ma alcuni di loro non tolleravano la sua opera e la ostacolavano. Rifiutata la scorta, padre Palliola venne ucciso a pugnalate.
Da ricordare, infine, che la Chiesa cattolica in Laos ha celebrato l’11 dicembre, scorso, nella Cattedrale della capitale Vientiane, la solenne liturgia di beatificazione di 17 martiri, missionari e laici laotiani. Si tratta di un gruppo formato da missionari stranieri e catechisti locali uccisi tra il 1954 e il 1970 dai guerriglieri comunisti. Cinque di loro appartengono alla congregazione delle Missioni estere di Parigi (Mep); sei sono Oblati di Maria Immacolata (Omi) e tra questi il giovane missionario italiano Mario Borzaga, scomparso nel 1960 a 27 anni, insieme al catechista locale Paolo Thoj Xyooj. Tra i laotiani proclamati beati figura anche il sacerdote Joseph Thao Tien, il primo prete laotiano, ucciso nel 1954, e altri quattro catechisti indigeni.
A.D.