Brevi dal mondo
2017/12, p. 35
Messico
Mongolia
Santa Sede
Vaticano
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Testimoni
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MESSICO
Sempre più preti uccisi
In Messico negli ultimi anni è nettamente cresciuta la violenza contro i preti cattolici. Come hanno riferito i media messicani mercoledì scorso, 1 novembre, citando Il “Centro multimediale cattolico”, nell’arco di tempo tra il 2012 e il 2017 ne sono stati uccisi 18. Inoltre il numero delle minacce di morte, 8oo dall’inizio dell’anno, è raddoppiato rispetto allo scorso anno. Continua così la minaccia contro i preti messicani.
Mentre durante la presidenza di Carlos Salinas le vittime erano state quattro, tre al tempo di Ernesto Zedillo, e quattro con Vicente Fox, da quando è iniziata la “guerra contro le droghe” con Felipe Calderon (2006 – 20012) il numero dei preti assassinati è salito a 25.
Sotto la presidenza di Enrique Peña Nieto, destinata a durare fino al 2018, il numero dei preti uccisi rimane fino ad oggi, con 18 casi, a un livello molto alto. Recentemente, nel mese di agosto, è stato accoltellato un sacerdote nella cattedrale di Città del Messico. Il mese prima era stato trovato morto con la gola squarciata il parroco della comunità di San Isidro Labrador, nella diocesi di Netzahualcóyotl.
La chiesa cattolica rappresenta una spina nell’occhio per il Cartello della droga messicano soprattutto perché i preti normalmente non si lasciano corrompere e con l’aiuto dei progetti sociali cercano sul luogo di arginare la criminalità e la tossicodipendenza. L’influsso della Chiesa in Messico è inoltre molto alto. Secondo i dati del Ministero degli esteri, circa l’83% della popolazione si professa cattolico.
MONGOLIA
25 anni di evangelizzazione
La piccola comunità cristiana cattolica della Mongolia –1300 fedeli, pari allo 0,04% su una popolazione di circa tre milioni di abitanti, in gran parte buddista, in una superficie di 1 564 900 kmq – ha celebrato quest’anno i suoi primi 25 anni di evangelizzazione. A dire il vero, storicamente i primi tentativi di portare il messaggio del Vangelo nel paese risalgono al 6° secolo, ma con la caduta della dinastia Yuan, la fede cattolica anziché fiorire, scomparve del tutto. L’attività missionaria riprese verso la metà del sec.19°, ma con l’avvento del comunismo finì anche in questo caso nel nulla.
Bisogna arrivare al 10 luglio 1992, quando tre missionari del Cuore Immacolato di Maria giunsero nel paese per iniziare nuovamente l’opera di evangelizzazione, questa volta con successo. Due erano filippini – p. Venceslao Padilla e p. Gilbert Sales – e uno belga, p. Robert Goessens. Il momento era favorevole perché, caduto il comunismo, la Mongolia era diventata un paese democratico e il nuovo governo aveva subito deciso di allacciare relazioni diplomatiche con il Vaticano.
I tre missionari furono accolti con grande cordialità. I primi tempi non furono per loro facili, anche se non erano per così dire dei novizi. Avevano dietro di sé una buona esperienza missionaria: Goessens in Giappone, Sales ad Hong Kong e Padilla a Taiwan.
Padilla, narrando ora i problemi incontrati, ha ricordato anzitutto la difficoltà del clima: in Mongolia, d’inverno il termometro scende fino a 47 gradi sotto zero e d’estate tocca i 37 sopra zero. Un altro ostacolo fu la lingua. I mongoli parlano un idioma che appartiene alle lingue altaiche, oltre tutto difficile da pronunciare perché molto gutturale.
Ma a parte questi aspetti, più difficile risultò l’inserimento in una cultura completamente diversa. Inoltre, portare la fede a gente che aveva già un suo diverso quadro di credenze, relative al buddismo (di tradizione tibetana). Oltre a questo, le tendenze sciamaniche presenti tra la gente.
Poco alla volta, tuttavia, i missionari trovarono il modo di entrare nella mentalità dei mongoli e di comprenderne la cultura. Studiarono la loro lingua e impararono a mangiare il loro cibo.
Sono trascorsi ormai 25 anni. Due dei primi tre missionari sono migrati altrove: Goessens è tornato in Giappone e Sales è diventato preside della Saint Louis University a Baguio City nelle Filippine. È rimasto Padilla che è diventato vescovo. Nel frattempo, sono giunti altri missionari: attualmente sono 78, di 11 congregazioni diverse, e operano in sette parrocchie in varie parti del paese.
Lo scorso anno la piccola comunità cristiana ha avuto la gioia di vedere salire all’altare il suo primo sacerdote: Joseph Enkh-Baatar. E attualmente c’è un altro giovane mongolo che studia in seminario, mentre continuano ad esserci sempre nuovi battesimi.
SANTA SEDE
Il Papa nei Paesi Baltici e forse in Russia
Il papa Francesco ha in programma per il prossimo 2018 un viaggio in Lituania, Lettonia ed Estonia. A darne conferma sono stati i governi dei tre paesi. L’invito è stato rivolto al papa dai presidenti dei tre stati baltici e dai relativi vescovi cattolici in occasione del centenario dell’indipendenza di questi tre stati dalla Russia. La Lituania e l’Estonia erano infatti diventati indipendenti nel febbraio 1918 e la Lettonia nel novembre successivo.
Secondo le informazioni disponibili il papa compirà il viaggio nei tre stati dal 16 al 18 settembre 2018. L’Amministratore apostolico della chiesa cattolica dell’Estonia, mons, Philippe Jourdan si è detto sicuro al 99% che questa visita avrà luogo. Finora l’unico pontefice a visitare questi paesi era stato Giovanni Paolo II, dal 4 al 10 settembre 1993.
Ogni tanto riaffiora anche l’interrogativo se il papa potrà compiere un viaggio anche in Russia. La domanda è stata rivolta di recente in un’intervista di un redattore della pagina internet della chiesa tedesca, katholisch.de (15.11.2017) Steffen Zimmermann, a mons. Paolo Pezzi, da dieci anni arcivescovo cattolico di Mosca. Gli è stato chiesto: “Molti cattolici di fronte agli sviluppi positivi nei rapporti tra cattolici e ortodossi russi si domandano se in un tempo prevedibile si potrà giungere a una visita del Papa in Russia. Quale la sua opinione?” Mons. Pezzi ha risposto: «Io spero e sono fermamente convinto che il Papa verrà in Russia – ma nemmeno io so quando ciò potrà avvenire».
La chiesa cattolica in Russia è una piccola comunità della diaspora: soltanto un milione, su circa 147 milioni di russi, si professano cattolici. L’attuale presenza cattolica in Russia è stata ricostituita dal papa Giovanni Paolo II (1978–2005) dopo la fine dell’Unione sovietica. Oggi è formata da quattro diocesi. Presidente della Conferenza episcopale dei cattolici romani è, dal maggio 2017, il vescovo Clemens Pickel. E come lui che è originario della Sassonia, per l’estrema mancanza di preti autoctoni, il 90% dei circa 350 preti cattolici in Russia viene dall’estero. I difficili rapporti protrattisi a lungo tra la chiesa cattolica e quella ortodossa russa sono chiaramente migliorati negli anni scorsi e continuano a migliorare..
«Personalmente – ha affermato mons. Pezzi – conservo un buon ricordo soprattutto degli incontri con l’allora Patriarca Alessio II. È stato per me emozionante quando nel 2007 e 2008 mi ha invitato, per la prima volta, a festeggiare insieme nella cattedrale di Cristo Redentore il Natale e la Pasqua. Mi disse allora: noi cristiani – non importa se ortodossi o cattolici – abbiamo una missione comune e dovremmo collaborare più strettamente. Purtroppo morì pochi mesi dopo, così che non poté approfondire questo desiderio.
Anche tra me e il Patriarca attuale Kyrill esiste un buon rapporto e collaboriamo su molti problemi. Anch’egli mi invita regolarmente alle solennità ortodosse.
Il rapporto ha ricevuto un ulteriore impulso dopo lo storico incontro con papa Francesco nel febbraio dello scorso anno a Cuba.
Ambedue le chiese dopo quell’incontro si sono notevolmente riavvicinate. Oggi in Russia si avverte una grande apertura nel rapporto tra cattolici e ortodossi. Ambedue le Chiese hanno notato di poter collaborare in maniera più decisa, per esempio nell’evangelizzazione e il rafforzamento della testimonianza cristiana. Inoltre, collaboriamo molto concretamente quando si tratta delle persone bisognose in Russia o dei cristiani nel vicino e medio Oriente.
Nello scorso mese di agosto il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin si è recato in Russia. Anche la sua visita è stata considerata un segno dell’accresciuta fiducia tra Mosca e Roma. È in questo nuovo clima che prende sempre più corpo l’interrogativo circa un possibile viaggio del Papa in Russia.
VATICANO
Il Papa ai Francescani
Il Papa, nel discorso ai membri delle Famiglia francescane del primo Ordine e del Terzo Ordine regolare, il 23 novembre scorso, ha rivolto loro l’esortazione a vivere la minorità come elemento essenziale della loro forma di vita. «La minorità – ha detto – pur non mancando di motivazioni ascetiche e sociali, nasce dalla contemplazione dell’incarnazione del Figlio di Dio e la riassume nell’immagine del farsi piccolo, come un seme. È la stessa logica del “farsi povero da ricco che era” (cfr 2 Cor 8,9).
Essa deve esprimersi in tre ambiti particolari. Anzitutto come luogo di incontro con Dio: «Dev’essere quella di un bambino: umile e confidente e, come quella del pubblicano del Vangelo, consapevole del suo peccato. E attenzione all’orgoglio spirituale, all’orgoglio farisaico: è la peggiore delle mondanità». È «una spiritualità di restituzione a Dio. Tutto il bene che c’è in noi o che noi possiamo fare è dono di Colui che per san Francesco era il Bene, «tutto il bene, il sommo bene» tutto va restituito all’ “altissimo, onnipotente e buon Signore”».
In secondo luogo, la minorità come luogo di incontro con i fratelli. Si vive «evitando qualsiasi comportamento di superiorità», e seguendo «il dinamismo della carità... I fratelli sono l’importante, non le strutture». Inoltre, servendo i “più piccoli” gli esclusi e gli ultimi: «Aprite i vostri cuori e abbracciate i lebbrosi del nostro tempo, e, dopo aver preso coscienza della misericordia che il Signore vi ha usato, usate con essi misericordia».
Infine, come luogo di incontro con il creato. «Per il Santo di Assisi, il creato era “come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza”. La creazione è «come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia».
«Dio custodisca – ha concluso il Papa – e faccia crescere la vostra minorità».
a cura di Antonio Dall’Osto