Ciò che ci sostiene e ci guida
2017/12, p. 16
“Prima di essere un momento di riflessione sulle questioni
pratiche, un Capitolo è l’esperienza spirituale comune di
un ritorno alla sorgente della chiamata, personale e
comunitaria.” (Papa Francesco, udienza alle piccole sorelle
di Gesù, 2 ottobre 2017). Eletto un Consiglio generale
completamente nuovo.
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Testimoni
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Capitolo delle Piccole Sorelle di Gesù
CIÒ CHE CI SOSTIENE
E CI GUIDA
“Prima di essere un momento di riflessione sulle questioni pratiche, un Capitolo è l’esperienza spirituale comune di un ritorno alla sorgente della chiamata, personale e comunitaria.” (Papa Francesco, udienza alle piccole sorelle di Gesù, 2 ottobre 2017). Eletto un Consiglio generale completamente nuovo.
Cerco di esprimere qualcosa del sentire comune del nostro ultimo Capitolo, consapevole che, per quanto sia un’esperienza di gruppo, essa è sentita e vissuta individualmente in modo unico, e quindi è difficile parlare a nome di tutte.
Tutte arriviamo direi con qualche apprensione e inquietudine, magari anche con un po’ di curiosità, per quelle che per la prima volta partecipano a un Capitolo. Per le altre, con la memoria più o meno felice di precedenti Capitoli, c’è magari il timore del lavoro esigente e della stanchezza inevitabile, delle tensioni più o meno leggere a volte intorno alle elezioni, ma anche l’attesa delle sorprese e delle gioie che un Capitolo può riservare.
Attese
e paure reciproche
Scambiando all’inizio su attese e paure reciproche, mi sembra che i nostri timori e le nostre speranze ruotino essenzialmente intorno a due temi. Anzitutto la comunicazione: come condividere, come ascoltarci, come capirci profondamente, di orizzonti e lingue tanto diverse? E poi il carisma e la sua attualizzazione nei vari continenti: come riconoscerci oggi tra noi, nella diversità sempre più grande che ci caratterizza? Che cosa è essenziale, e come distinguerlo dalla forma che cambia secondo epoche e culture? Che cosa è veramente specifico, senza il quale non possiamo dirci piccole sorelle di Gesù?
Così iniziamo, cercando di condividere ciò che ci sta più a cuore, di dire l’essenziale con le parole di oggi. Parliamo addirittura di ridefinire i “pilastri” del carisma, o le sue fondamenta… Ma scopriamo poco a poco che sono proprio questi “pilastri e fondamenta” a sostenerci, che essi sono già lì e non tocca a noi ri-crearli, ma piuttosto riconoscerli oggi, nelle diverse espressioni. Lo sentiamo attraverso la preghiera personale e comunitaria che ritma il Capitolo, il dibattito vissuto più come ascolto profondo e reciproco che come confronto di idee. Il merito va senz’altro, almeno in parte, al nostro moderatore che sa guidarci quasi silenziosamente, ma con grande saggezza e profondità, attraverso le varie tappe, aiutandoci a collegare ogni giorno, attraverso l’ascolto della parola di Dio, il vissuto personale al vissuto del Capitolo, e favorendo un clima di preghiera e di pace che ci accompagnerà lungo tutto il mese. Una grazia che riceviamo piene di gratitudine, consapevoli di tanti nostri limiti e difficoltà, e delle sfide che ci stanno davanti.
Effettivamente, ci sembra di vivere “l’esperienza spirituale di un comune ritorno alla sorgente della chiamata, personale e comunitaria”, come ci ha detto Papa Francesco. Senza che questo diminuisca la concretezza dei problemi e delle questioni che trattiamo e che avranno bisogno di tempo ed energie per essere affrontati. La “leggerezza del clima” di fondo, non nel senso di superficialità, ma di gioia e semplicità, ci fa sentire che non siamo sole nel cammino, che Lui cammina con noi, che non abbiamo nulla da temere.
Che cosa dunque ci sostiene e ci guida in questo tempo? Che cosa ci fa vibrare insieme? A che cosa siamo sensibili?
Come si sa, la tentazione di un Capitolo è di voler dire o ridire tutto su tutto… Cercando di evitare questo scoglio, ci limitiamo a ciò che ci sembra importante dire oggi, nella forte turbolenza che il nostro mondo attraversa, e non meno in quella che scuote la vita religiosa e che ci tocca da vicino.
Alcuni punti
tra quelli emersi
Spontaneamente è Gesù, e in particolare il Piccolo di Betlemme, che focalizza il nostro sguardo. Come ci ha ricordato Papa Francesco: “… alla sorgente del vostro Istituto c’è l’esperienza travolgente della tenerezza di Dio fatta dalla vostra fondatrice p.s. Magdeleine, sulle orme di Charles de Foucauld. È di vitale importanza per voi ritornare continuamente a questa esperienza originaria della vicinanza di Dio che si dona mite e umile… questo amore deve esprimersi più nell’evangelizzazione dei gesti che delle parole: il sorriso, il silenzio, l’adorazione, la pazienza.” È una gioia sentire in diversi modi ed espressioni che rimane Lui il centro, Lui nel quale ci ritroviamo, e nel quale trovano posto le più svariate situazioni che stiamo vivendo, dai paesi in guerra, in particolare Siria e Iraq, a quelli del Nord del mondo dove la gioia e la gratuità sembrano scomparire dalle relazioni lasciando posto alla solitudine e alla paura dell’altro. E anche le situazioni diverse della Fraternità, là dove cresce e là dove diminuisce o deve chiudere e lasciare. Il senso di ciò che viviamo, la forza per continuare, la resistenza allo scoraggiamento, l’audacia di credere e sperare, anche e soprattutto là dove i segni di morte sono più evidenti e dolorosi, tutto questo non può venire da noi sole, sappiamo che viene da Lui, è la sua opera quotidiana in noi. Così ci riconosciamo come “di nuovo” in questa forma particolare di vita contemplativa che è la Fraternità: una “libertà rispetto alle opere e alle cose, libertà per amare coloro che incontriamo, nelle situazioni umanamente difficili, con i più piccoli e i più poveri”. (Papa Francesco)
Una delle più giovani dice: “Non ho paura della diminuzione di numero, né delle chiusure, se continuiamo a vivere pienamente là dove siamo, se sappiamo scegliere bene dove piantare oggi la nostra tenda, e con chi…”.
Una frase sembra ripetersi fino a imporsi durante le riunioni: “L’appartenenza al mondo dei poveri non è un’opzione, ma parte della nostra identità”.
Spinte da una delle domande provocanti del Capitolo: Che sarà la Fraternità domani? ... dimenticherà forse un giorno i più lontani? Cercherà la sicurezza e avrà paura dei rischi?... ci interroghiamo sulla maniera diversa di comprendere la povertà oggi, partendo dalle nostre diverse origini e contesti. La povertà ci destabilizza sempre e ovunque e riconosciamo che le scelte in questo senso non vanno da sé, che abbiamo bisogno, secondo le parole di papa Francesco, di “mantenere fervente la vostra vita spirituale, perché è da questo amore, ricevuto da Dio in modo incessante e sempre nuovo, che trabocca il vostro amore per i fratelli e le sorelle.”
Oggi incontriamo mille forme diverse di povertà, secondo gli ambienti, i paesi e i continenti. Siamo chiamate a uscire di nuovo, a cambiare e non rimanere ancorate solo a forme conosciute… I migranti e rifugiati fanno parte del nuovo mondo, dei nuovi orizzonti della povertà. Nello stesso tempo diventiamo più consapevoli e facciamo sempre di più l’esperienza della nostra stessa povertà, per esempio quando malattia o vecchiaia ci spogliano di tante illusioni e ci fanno toccare e vivere nella carne la dipendenza, il dolore e l’impotenza. Sentiamo che per ognuna, abbracciare la propria povertà personale, accogliendola profondamente, è un cammino altrettanto, se non più arduo, di quello che ci porta nelle periferie più lontane. Queste due strade, i poveri e il povero che siamo noi, ci conducono a Lui, nell’esperienza concreta dell’uscita da noi stesse e dell’abbandono in Dio, e una non va senza l’altra.
Internazionalità
e interculturalità
La sfida forse più forte ed evidente di questa generazione è nell’internazionalità e inter-culturalità, diventate ormai una realtà con la quale fare i conti. Stiamo uscendo da una visione idilliaca di incontri e dialoghi facili, constatiamo che le differenze e le diversità hanno un prezzo e che “abbiamo ancora un lungo cammino da percorrere per arricchirci davvero le une dalle altre, e accettare di impoverirci personalmente, cioè di saper rinunciare alle proprie idee e visioni parziali, per formare un solo Corpo. Ciò che possiamo capire oggi, è che Dio vuol donarci una Fraternità dai molteplici volti, e che questo è il nostro futuro, come è il futuro del mondo. Perciò ogni tipo di chiusura su di sé, sul proprio paese o provincia o continente è una scelta miope, che mette a rischio la sopravvivenza stessa della comunità.” (Conclusioni del Capitolo). “La fraternità è nata da un incontro con il diverso (in contesto musulmano). Oggi, ogni volta che un incontro ci è donato, la fraternità nasce di nuovo” (una capitolare). La fraternità continua dunque a nascere anche tra di noi grazie all’apertura: là dove accogliamo l’altro, diverso e simile, tocchiamo la Presenza di Colui che ci riunisce.
La parola
“Islam”
Infine, la parola Islam è stata pronunciata, da Oriente a Occidente e da Nord a Sud, in tutti i continenti, come un appello pressante e più che mai attuale a rafforzare e approfondire il senso della nostra consacrazione a Dio per i nostri fratelli e sorelle dell’Islam oggi, in questo tempo, a partire dalla tormentata situazione mediorientale fino a quella caotica mondiale. Come riassumono le conclusioni del Capitolo “Questa relazione con i fratelli e sorelle musulmani è percepita come una pietra angolare nella costruzione della Fraternità oggi. Poiché essa rappresenta per noi una realtà ben concreta, oggettiva, attuale e universale, e nello stesso tempo essa è simbolo di tutte le relazioni con l’altro, il diverso. Relazioni che sono spesso possibilità d’amicizia e di dialogo, e che a volte possono rappresentare una minaccia, un luogo d’incomprensione, di sofferenza. L’amore si misura là, e la nostra offerta a Dio passa inevitabilmente da là.”
Ci sentiamo ben piccole per questa missione, ma, senza potercelo spiegare a parole, la sentiamo tutte senza eccezione come un’eredità preziosa che ci è stata affidata per questo tempo ed esprimiamo il desiderio di continuare a portare dentro il cuore e nel concreto delle nostre scelte la cura e l’attenzione per la relazione con i musulmani. Non è neutro per noi ascoltare l’accorato appello da parte delle nostre sorelle mediorientali, le prime a soffrire nella carne la violenza di oggi, anche attraverso le vicende delle loro famiglie, paesi, comunità cristiane di varie Chiese, le prime anche a domandare con forza che la nostra presenza in quei paesi continui e si rafforzi…
Arriviamo così poco a poco alla fine del Capitolo, dopo aver toccato tanti altri punti di riflessione, dopo aver eletto, in un clima quasi di festa, un consiglio generale completamente nuovo, per la prima volta nella nostra storia. E ci lasciamo con l’invito del moderatore a riprendere nella preghiera questo tempo di grazia chiedendoci che cosa ha trasformato in me questa esperienza.
Partendo, ognuna di noi porta con sé il vissuto di questo mese, conclusosi con l’udienza da Papa Francesco. Un ricordo dolce nel cuore, la sua presenza viva, la sua voce e la sua parola incoraggiante:
“Non abbiate paura di andare avanti, portando nei vostri cuori il piccolo Bambino Gesù, in tutti i luoghi in cui ci sono i più piccoli del nostro mondo”.
Piccola sorella Maria Chiara di Gesù